Rassegna stampa formazione e catechesi

500 anni dopo #Lutero è (anche) tra di noi

papa Francesco EucarestiaL’anno di commemorazione della riforma luterana volge appena al termine ma non accennano a smorzarsi, se non di poco, le polemiche che hanno infiammato gli scorsi mesi: si evinceva soprattutto un’ansia di mostrarsi tanto incompetenti quanto fervorosi, riguardo alla figura e all’opera di Lutero

Paul Freeman

 


Le opere della carne ed il cammino ecumenico

Non vi è opera di Dio più rettamente spirituale e più compiutamente carnale della Transustanziazione Eucaristica.
Fonte di cammino ecumenico.

 

Premessa. Il documento recente

“Oggi, 31 ottobre 2017, ultimo giorno dell’anno della Commemorazione comune della Riforma, siamo molto grati per i doni spirituali e teologici ricevuti tramite la Riforma; si è trattato di una commemorazione condivisa non solo tra noi ma anche con i nostri partner ecumenici a livello mondiale. Allo stesso tempo, abbiamo chiesto perdono per le nostre colpe e per il modo in cui i cristiani hanno ferito il Corpo del Signore e si sono offesi reciprocamente nei cinquecento anni dall’inizio della Riforma ad oggi.

Noi, luterani e cattolici, siamo profondamente riconoscenti per il cammino ecumenico che abbiamo intrapreso insieme negli ultimi cinquant’anni. Questo pellegrinaggio, sostenuto dalla nostra comune preghiera, dal culto divino e dal dialogo ecumenico, ha condotto al superamento dei pregiudizi, all’intensificazione della comprensione reciproca e al conseguimento di accordi teologici decisivi. Alla luce di così tante benedizioni lungo il nostro percorso, solleviamo i nostri cuori nella lode del Dio uno e trino per la grazia ricevuta. Tra le benedizioni sperimentate durante l’anno della Commemorazione, vi è il fatto che, per la prima volta, luterani e cattolici hanno visto la Riforma da una prospettiva ecumenica. Ciò ha reso possibile una nuova comprensione di quegli eventi del XVI secolo che condussero alla nostra separazione. Riconosciamo che, se è vero che il passato non può essere cambiato, è altrettanto vero che il suo impatto odierno su di noi può essere trasformato in modo che diventi un impulso per la crescita della comunione ed un segno di speranza per il mondo: la speranza di superare la divisione e la frammentazione. Ancora una volta, è emerso chiaramente che ciò che ci accomuna è ben superiore a ciò che ci divide.” (dal Comunicato congiunto della Federazione Luterana Mondiale e del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani a conclusione dell’anno della Commemorazione comune della Riforma, il 31 ottobre 2017)

 

Sono arrabbiato ma..

Forse per comprendere in parte lo slancio ecumenico della Chiesa Cattolica occorre che racconto questo aneddoto personale. Tra le esperienze belle e preziose con cui il buon Dio ha riempito il sacchetto del cuore e della vita c’è stata quella di aver fatto da aiuto-infermiere per diversi mesi all’infermeria provinciale di Santa Maria degli Angeli. Quante perle, quanti fatti che mi hanno fatto amare di più Gesù attraverso le debolezze di questi frati anziani e disabili. Vite gloriose ed a loro modo “famose”, che erano state ridotte alla necessità di ogni cosa. Sono queste, più che altro, che mi hanno reso carne la grazia e la devozione verso Frate Francesco ed i suoi figli. Sono queste le Fonti che mi hanno fatto interpretare e leggere correttamente le Fonti Francescane. Vengo all’episodio. Ero di turno, nel 1992, come aiuto all’altro infermiere laico, questo sì specializzato, nell’estate di un Luglio umido e pieno di caldo. Tra i frati in infermeria c’era Padre Francesco, un frate mite, ex esorcista, molto attivo a suo tempo nella Provincia umbra, che, avendo avuto un paio di ictus, si era un po’ imbrunito ma soprattutto aveva rivelato un lato del temperamento veramente “dissonante” per chi lo conosceva. Borbottava e si lamentava di tanto in tanto. Ingrugnito. Spesso fra sé e sé.

Un giorno lo vedo camminare a suo modo, nel corridoio dell’infermeria, con piglio deciso e borbottante, questo frate–bambino, “.. ghgh.. bbobbo.. mannag..”. “Che ha Padre Francesco?” mi pongo accanto, “Sono arrabbiato!”, mi risponde il frate. “Ah, mi spiace, Padre Francesco. Come mai?”. “No.. non.. Non me lo ricordo”, mi risponde.
Non potevo che sorridere, grato, ed abbracciarlo.

Questo piccolo evento ci aiuta a comprendere che, talvolta, siamo così attaccati ai motivi del nostro dissenso e della nostra rabbia che dimentichiamo il perché dissentivamo ed eravamo arrabbiati.
Il cammino ecumenico di vicinanza ai nostri fratelli nasce dal voler superare le opinioni dimenticate, a sciogliere la rabbia emotiva e cristallizzata, una rabbia quasi liturgizzata, e tornare all’essenziale. Che è Cristo. Lui lo vuole. Tuttavia ciò non toglie che, con tutto il tatto possibile e la delicatezza possibili, non disprezziamo la Misericordia e le sue opere, che ricordano che dobbiamo camminare nella Verità. 

L’analisi delle ferite ecumeniche con i fratelli protestanti è complessa ma non possiamo compensare la rigidità delle posizioni con la moda e con il cerchiobottismo e dimenticare che per quanto tendiamo alla comunione vi sono degli ostacoli e delle prese di coscienza che necessitano del tempo.
Il tempo in questo è galantuomo, anzi compie e rivela. E compie la giustizia. A ciascuno il suo.

Il Luteranesimo ortodosso e le mille galassie di cui è composto, parliamoci chiaro, in Europa, sta scomparendo, perché il cammino teleologico di Lutero non può che capitolare nel secolarismo passando dallo spiritualismo soggettivista. E così avverrà anche in America latina. È questione di tempo. È proprio la dimensione “latina”, calda ed in parte animista, che in realtà fa sopravvivere e rinvigorire la dimensione protestante. Ma è questione di tempo.  
La dimensione “solo cuore”, come quella “solo testa”, non sazia l’animo umano, lo ingolfa e lo predispone alla fuga. La sintesi cattolica è vincente per natura perché risponde pienamente alla natura.

La Chiesa, anzi lo Spirito Santo, ne sono certo, si avvantaggia e spinge verso il ritrovamento autentico dell’equilibrio tutto cattolico, et-et, della dimensione dell’io e del noi, della Parola e dei Sacramenti; non senza passare per una necessaria purificazione.
Di tutti.

E tale purificazione non è uno scherzo, perché restaurare i fondamenta su cui si basa ogni sano annuncio Evangelico, ed a cui ritorna, cioè la bontà della ragione, l’oggettività della morale naturale e la conoscenza possibile, è opera delicata e lunga; di cui Dio è il principale attore ed orchestratore.
Incatenati dal soggettivismo teologico di Lutero ed in quello filosofico di Cartesio si cade in quella deformazione tale per cui la realtà è in sé inconoscibile se non per emotività del soggetto e quindi privata di ogni dimensione che esiste in sé per sé, come la realtà del Sacramento.
Si elimina dunque la “fides quae” e si arriva a proferire sciocchezze tali come il dire che:La transustanziazione non è un dogma di fede e come spiegazione ha i suoi limiti: ad esempio contraddice la metafisica" (Andrea Grillo, facebook).
A parte il narcisismo, tutto adolescenziale, di fondo, insito in tali affermazioni, fatte sui social, per “stupire il popolo borghese” con effetti speciali, viene così reso noto il cammino di errore che Pio IX tracciava nella Pascendi:
L'errore dei protestanti dié il primo passo in questo sentiero; il secondo è del modernismo: a breve distanza dovrà seguire l'ateismo.”

Lo ricordava Papa Benedetto XVI nell’Assemblea CEI del 4/11/2010: “Lo stesso Concilio Lateranense IV, considerando con particolare attenzione il Sacramento dell’altare, inserì nella professione di fede il termine “transustanziazione”, per affermare la presenza reale di Cristo nel sacrificio eucaristico: “Il suo corpo e il suo sangue sono contenuti veramente nel Sacramento dell’altare, sotto le specie del pane e del vino, poiché il pane è transustanziato nel corpo e il vino nel sangue per divino potere” (DS, 802).”

Da quando in qua la Fede, se retta, e qui lo possiamo dire perché è realmente dato rivelato, contraddice la Metafisica? Anzi essa compie quello che la Metafisica cerca ed anela perché chiama la Metafisica ad andare oltre i suoi limiti e crescere nelle sue finalità.
Lo spiega molto bene San Tommaso nella Summa (
San Tommaso d’Aquino –Summa Theologiae – III,75). Il dono di fede rivelato aiuta la ragione a compiere sé stessa.

Altrimenti si costringe la ragione in una prigione dorata come il “loto d’oro” che costringeva i piedi delle donne cinesi ai soli fini di camminata oscillante, carnale. Vanesia.
Come non vedere dietro l’affermazione vanesia di cogliere una contraddizione metafisica dove non c’è, un moto tutto carnale e superbo del cuore?
Uno sfacciato contrasto al volto del Padre?

Infatti se si ricentra soggettivisticamente il ragionamento, e che cioè la mia ragione comprende e parla solo di ciò pensa e comprende, essa rimarrà impantanata e non seguirà il moto necessario dell’incarnazione, che è quello di trascendersi, e mi confermerà in quel delirio, proprio di Lutero, di fondare un’oggettività a partire dal soggetto.
Il ché è proprio un cortocircuito, logico e metafisico.
Oltre che scientifico. Foriero di tanti mali moderni.
Non vi era altra via Metafisica, Logica e possibile, per Dio che quella di rendersi realmente presente nelle specie del Pane e del Vino per poterci assimilare a sé e compiere un cammino simile all’incarnazione, per ciascuno di noi.

Ogni soggettivismo, maschile o femminile, nasce da un “sospetto” su Dio.
Sospetto sulla Paternità di Dio, provvidente ed amante.
Però mentre il soggettivista si inganna con sé stesso nel trovare il fondamento dell’oggettività dentro di sé, travisando la reale dimensione trascendente che ha la coscienza personale e rimanendo incartato nei propri ragionamenti, cadendo nell’empietà, piuttosto, l’uomo di fede, cioè colui che accoglie il dono della Fede, viene completato, ed esce da sé. E conosce. Non dobbiamo dimenticare che diverse figure “ereticali” nella storia, gnostiche e non, hanno avuto un problema di relazione con la paternità. Lo si evidenzia a posteriori con la confusione che essi fanno tra il senso di colpa e la coscienza di colpa e quindi nel loro depauperare l’ordine della Grazia. È d’altronde il male di ogni tempo specie del nostro, iperfemminilizzato, anche nel linguaggio e nell’educativa. I nostri tempi assomigliano a certe dimensioni di matriarcato che puntano e capitolano inevitabilmente nell’immanente. Evidentemente abbiamo disimparato la coscienza dell’umanità che ha auto-riconosciuto, per protezione, la negatività della forzata immanenza, tutta accoglienza e poca trascendenza di questi modelli simbolici.

Francesco di Assisi, piuttosto, ad esempio, supera il problema affermando chiaramente e pubblicamente a mo’ di impegno: “non dirò più padre mio Pietro di Bernardone ma Padre Nostro che sei nei cieli”. Non è un caso che persino Freud riconosce in Francesco di Assisi la figura più riconciliata nell’amore capace di alta genialità al di fuori degli schemi. (Sigmund FREUD, Il disagio della civiltà e altri saggi, Torino, Bollati Boringhieri, 2008; Freud S. (1912-13) “Totem e Tabù” in “Opere” vol. VII, Boringhieri, Torino, 1975).

 

La comunione è un debito nello Spirito

“Fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.” (Rm. 8,12-13)

Essere debitori per San Paolo significa ricevere il dono di un co-mandamento, cioè di una spinta interiore (Rm. 8,1ss). Questo è vivere secondo lo Spirito una vita nuova. È catechesi e realtà battesimale.
La carnalità, cioè tutto ciò che è legato alla colpa di origine, spinge alla ribellione e all’obnubilamento della ragione. O ancora peggio a considerare che tutto ciò che compie la ragione, in una trascendenza accogliente, e che quindi è via naturale e necessaria della ragione, deve essere piegato, negato, sconfessato. Sono i fomiti della superbia, della vanagloria e della vanità. Che portano al mal ragionare e all’assurdo ontologico e logico di ri-centrare il soggetto sul soggetto.

Cioè in principio è la superbia e da essa vengono tutti i mali.

Ora se c’è una cosa imperdonabile, e carnale, è un’adesione Eucaristica che non tenga conto della Transustanziazione. Ed è limite grave di tutti, anche di noi cattolici.

Due sono i modi.

Uno è quello di non credere che l’ontologia del volere di Cristo possa compiere ciò che la ragione non coglie immediatamente ma di cui ha tremendamente bisogno. Cristo è lì completamente ed interamente. Cristo, con la Sua Parola, il Suo Volere e soprattutto il Suo Amore crea ex-nihilo una essenza-presenza inimmaginabile.
È la conseguenza inevitabile dell’Incarnazione, come accennavamo.
Potremmo dire che se l’Incarnazione è il prototipo simbolico e paradigmatico per cui viene pensata ed avviene la creazione (Ef. 1,1ss), indipendentemente dal percorso del peccato dell’uomo, l’Eucarestia ne è il Centro fondante.

Gesù dice appunto: "Questo è il mio Corpo, questo è il calice del mio Sangue, del Sangue della nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per molti (cioè, in forma ebraica, per un grande numero) per la remissione dei peccati. Quindi il Salvatore ha detto: "Questo è il mio Corpo, questo è il calice del mio Sangue".

Il secondo modo realmente dannoso è quello di non tenere conto che in quell’ «È il mio corpo» vi sia anche, in realtà e potenza, tutto l’amore per ogni fratello e sorella in Cristo. Sia in senso incompleto per chi non è battezzato o per chi ha rinnegato la fede e spezzato la comunione, sia per chi è battezzato e cerca, per quanto possibile di vivere la Fede stessa. Sia per i santi, confermati in grazia. Questo significa che l’Amore vuole l’Eucarestia e l’Amore tende a dispiegare nella storia l’Eucarestia.
La Carità urge, con sana e creativa inquietudine, nei cuori di chi crede nella Transustanziazione.

Lutero non aveva i mezzi per comprendere il primo modo, anche per vicende personali.
Molto interessante il film voluto dai luterani, Luther, con Joseph Fiennes, che rivela un Lutero in perenne conflitto con la dimensione paterna e che vive il conflitto, per lui non sanato, tra senso di colpa e coscienza di colpa.
Rivela un Lutero scrupoloso, incapace di una sintesi cattolica nel cuore ed una visione umile della coscienza. Mancanza di equilibrio che diventa poi proiettiva.
Dietro la teologia, sovente, c’è una dimensione affettiva ferita, inquieta, che come un pessimo filtro, pilota idee, teologia, meschinità e prassi verso disastri ereticali. Ecco perché un cuore casto è la prima medicina alla superbia, perché si abbevera alle fonti dell’umiltà.

Forse è proprio la dimensione scollegata della devozione dalla dimensione solidale che spingeva Lutero a critica verso i cattolici e lo riduceva a concentrarsi solo sul secondo aspetto. Sulle mancanze inerenti la dimensione “orizzontale” dell’Eucarestia. (Vd omelia/sermone a clero e laici del 1520).

Egli credeva in una presenza “consustanziale”, e non poteva essere altrimenti per le Parole inequivocabili del Signore, ma veniva per così dire “scandalizzato” dalla mancanza di Carità e dall’intimismo di taluni fedeli cattolici. La consustanzialità lo muoveva ad una dimensione operativa. Non potendo spiegare quell’È, lo riduceva, ed in certo qual modo, lo violentava. Pertanto Lutero non era per niente Eleutherios, come amava in un primo tempo chiamarsi, cioè uomo liberato. Perché limitava la Parola a ciò che soggettivamente egli comprendeva e a ciò che soggettivamente credeva; mancando di quella fede che egli stesso poi vedrà come sola necessitante.

Lutero cadeva inevitabilmente nell’antica visione Gnostica che è fortemente soggettivistica. Come reductio omnia ad mihi.

Ricorda Stefano Fontana: “La Gnosi è un’eresia complessa. Tra i tanti suoi aspetti voglio qui ricordarne uno particolarmente importante per il nostro discorso. La Gnosi nega la realtà e la vuole riplasmare.”

“Ma perché sostengo il carattere gnostico del pensiero di Lutero? Il motivo principale è che il Monaco tedesco sostituisce la fides qua alla fides quae. La fede ha due versanti: l’atto di fede della persona da un lato (fides qua) e il contenuto delle verità di fede rivelate da Dio in Cristo Gesù (fides quae). La fede di Lutero si fonda sulla sincerità fiduciale dell’atto individuale di fede e non sull’adesione alle verità rivelate. Si fonda sulla coerenza con sé stessi e non sulla coerenza con Cristo.” (Stefano Fontana, Riforma luterana: La Gnosi contro il Logos. Relazione tenuta il 21 ottobre 2017 a Salerno).

Ma se vogliamo veramente essere uomini e donne della Parola dobbiamo riconoscere che per l’uomo della Bibbia tutto il moto che gli viene chiesto è un ritorno a sé per uscire da sé. “Sed iuxta te est sermo valde in ore tuo et in corde tuo, ut facias illum (Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica)” (Det. 30,14) In questo la Sacra Scrittura, pur non essendo inquadrata ed inquadrabile nei termini della filosofia, è profondamente metafisica.

È infatti estremamente chiaro per l’uomo della Bibbia, sia veterotestamentario che neotestamentario, che Dio, quando parla, compie. È Dio origine è principio di questo movimento, che prende spunto paradigmatico dagli eventi del Roveto ardente, del Passaggio del Mar Rosso e, nel Vangelo, nell’evento degli eventi, l’Annunciazione a Nazareth.

Così Cristo rende possibile l’impossibile, indipendentemente dalla fede di colui che accede all’Eucarestia. Nelle Sue Parole si compie una transubstanzia e non una presenza consustanziale. Lui è il garante di quanto dice che fa eco all’angelo Gabriele, “Nulla è impossibile a Dio” (Lc. 1,37). Egli compie la metafisica stessa significandola nell’Eucarestia. Quell’È regge ogni cosa, come dicevamo, e quell’È significa, cioè dona peso e senso, ogni cosa.
Così la Chiesa, nella Sua autocoscienza, sia gerarchica che di popolo, l’ha sempre accolta ed intesa, e non può essere altrimenti.

Ora possiamo certamente cogliere la sofferenza che animava Luther nel vedere l’intimismo sterile, ed oggi potremmo dire anche lussurioso di certi cattolici, ripiegati nell’intimismo, e con le mani spente alla Carità. Questi fratelli non erano cattolici, nel senso Biblico appena inteso, ma anch’essi soggettivisti e protestanti. È un rischio di sempre, su cui vigilare. Ma ci si ferma qui. Non si combatte una dimensione gnostica con un’altra dimensione gnostica. Ci si inganna e si inganna. Perché se vediamo i santi della Chiesa Cattolica vi troviamo tutto. L’Amore alla Parola, la Carità ardente, l’Adorazione Eucaristica, l’amore compiuto e reso carne dall’Eucarestia, una potente fantasia Eucaristica che si dispiega nella storia con mille meravigliosi colori ed accenti.

Sarebbe veramente un paradosso cercare e vivere il cammino ecumenico senza Transustanziazione. Perché è proprio da qui che Cristo spinge alla riconciliazione dei fratelli in Lui.

Altrove si rischia di essere in debito, velato o, peggio, modaiolo e patinato, con quella carne che invece non è più fonte di debito nello Spirito Santo ma laccio verso la seconda morte. E questo non è più ecumenismo o cammino ecumenico ma cammino tutto carnale. Noi invece diciamo un chiaro “no!” alla carne, proprio perché abbiamo detto “sì!” a Cristo ed alla Sua presenza Eucaristica transustanziata; fonte di ogni bene ed anche fonte del cammino ecumenico.

 


Gnosi e protestantesimo serpeggiano nella Chiesa Cattolica

Affermare che siamo radicalmente corrotti e che la ragione è una “prostituta” porta inevitabilmente al suo contraltare buonista. È semplicemente un meccanismo di difesa superficiale alla colpa. Altro che Davide davanti al profeta Natan. (2Sam. 12,13)

Diceva il card. Ratzinger a Vittorio Messori:

“Il fatto è che oggi tutti, anche nel clero, ci crediamo talmente buoni da non poter meritare altro che il paradiso. Siamo impregnati di una cultura che, a forza di alibi e di attenuanti, vuol togliere agli uomini il senso della loro colpa, del loro peccato”. E aggiungeva: Lo osservi: tutte le ideologie della modernità sono unite da un dogma fondamentale. E, cioè, la negazione di quella realtà che la fede lega all’Inferno: il peccato. Eppure è proprio per salvarci dalla drammatica e incombente possibilità della dannazione eterna che il Figlio di Dio è venuto sulla terra a morire con un supplizio orribile. Ma nei tempi moderni si preferisce glissare su un pericolo così angosciante” (Vittorio Messori, Una realtà sgradevole e misteriosa. Ma necessaria alla libertà dell’uomo, Corriere della Sera 26 marzo 2007)

Delirio tra i protestanti, vecchi e nuovi, dentro la Chiesa Cattolica

Mi ricordava Mons. Marchetto (“Per amare il Concilio, legare l’amore a Cristo con quello alla Chiesa”, intervista a Mons. Marchetto su www.ilcattolico.it ) che i fedeli tradizionali devono poter dialogare con i fedeli dell’oggidì. E viceversa. Altrimenti, aggiungo, diventa una lotta tra forme similari di soggettivismo protestante.

I deliri della corrente all’interno del Concilio Vaticano II che depaupera la lettura corretta dello stesso Concilio sino ai giorni nostri è ben presente. Come già detto se togliamo la retta ratio della Sacrosanctum concilium, culmen et fons, non possiamo comprendere né la Gaudium et Spes, né la Dei Verbum e diamo alla dimensione “scientifica”, cioè profetica, secondo dono di Scienza dello Spirito, del saper leggere “i segni dei tempi” una dimensione ideologica, modaiola e totalmente carnale. Soggettivistica. Diventa un delirio, tutto clericale, su cui i laici sono stati, loro malgrado, coinvolti, dal “diamoci un nome” (Gen. 11,4). Si capitola in “Villa Pizzone” o “Pax Christi”, per capirci, o in altre realtà che usano come vessillo ideologico il Concilio Vaticano II. Depauperandolo e viziandolo con la cessazione dell’et-et, presente talvolta in queste realtà laicali.
Con questo sarebbe insano, ingiusto e folle, negare il bene che viene da queste realtà ecclesiali, che hanno all’interno del corpo ecclesiale il loro perché e la loro bellezza.
Non dobbiamo cadere in terribili semplificazioni, le stesse operate da questi “movimenti” ecclesiali.
E quale il loro rischio? Il rischio di trasformare intuizioni ed accenti, nell’intera orchestra.
Come quel folle che dice di dirigere un’orchestra ma sta facendo suonare monotematicamente un solo strumento. Filtrando, tra l’altro, tutta l’opera sinfonica attraverso quel solo strumento e negando l’esistenza e l’importanza, ai fini sinfonici, degli altri strumenti.
Invece il Concilio Vaticano II rimane un libro chiuso senza il Magistero che lo precede e senza il Senso del Sacro voluto e ribadito dalla Sacrosanctum Concilium.
In questo i Vescovi sono chiamati ad essere sapienti.
Perché il loro compito è orchestrale, non opportunisticamente politico di cavalcare correnti e papati.
Non settoriale e che segue pruriti. Né accidie omertose.
Guai, e ripeto guai, quando un Vescovo è monotematico ed è magari “uomo” piazzato da alcuni per acquisire centri di potere.
Ricadiamo nella Gnosi Luterana in cui si stravolge la realtà con le nostre mani. Mentre Cristo ci dimostra che le nostre mani vanno ri-educate. A questo serve il Senso del Sacro e la Cultura liturgica. Ed anche la vita fraterna tra Vescovi e sacerdoti.

Dopo si può operare il discernimento tanto voluto da Papa Francesco e dispiegare la “grazia di stato”. Che altresì rimane “legata”.

L’Eucarestia, dunque, rettamente donata alla Chiesa, da sempre, come evento transustanziato, è l’unica via per ri-educarci, trasfigurarci e compiere rettamente il Cammino Ecumenico e comprendere, nel contempo, tutto il bene di ogni Concilio. Anche del Concilio Vaticano II.

Cristo porti avanti la Sua opera:

“Signore, la tua bontà dura in eterno:
non abbandonare l'opera delle tue mani.” (Sl. 138,8)


http://www.lacrocequotidiano.it  - 7 novembre 2017

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