Rassegna stampa formazione e catechesi

RECIPROCITÀ DEI GENERI

take careAmoris Lætitia 286: Non si può nemmeno ignorare che nella configurazione del proprio modo di essere, femminile o maschile, non confluiscono solamente fattori biologici o genetici, ma anche molteplici elementi relativi al temperamento, alla storia familiare, alla cultura, alle esperienze vissute, alla formazione ricevuta, alle influenze di amici, familiari e persone ammirate, e ad altre circostanze concrete che esigono uno sforzo di adattamento.

È vero che non possiamo separare ciò che è maschile e femminile dall’opera creata da Dio, che è anteriore a tutte le nostre decisioni ed esperienze e dove ci sono elementi biologici che è impossibile ignorare. Però è anche vero che il maschile e il femminile non sono qualcosa di rigido. Perciò è possibile, ad esempio, che il modo di essere maschile del marito possa adattarsi con flessibilità alla condizione lavorativa della moglie. Farsi carico di compiti domestici o di alcuni aspetti della crescita dei figli non lo rendono meno maschile, né significano un fallimento, un cedimento o una vergogna. Bisogna aiutare i bambini ad accettare come normali questi sani “interscambi”, che non tolgono alcuna dignità alla figura paterna. La rigidità diventa una esagerazione del maschile o del femminile, e non educa i bambini e i giovani alla reciprocità incarnata nelle condizioni reali del matrimonio. Questa rigidità, a sua volta, può impedire lo sviluppo delle capacità di ciascuno, fino al punto di arrivare a considerare come poco maschile dedicarsi all’arte o alla danza e poco femminile svolgere un incarico di guida. Questo, grazie a Dio, è cambiato, ma in alcuni luoghi certe concezioni inadeguate continuano a condizionare la legittima libertà e a mutilare l’autentico sviluppo dell’identità concreta dei figli e delle loro potenzialità.

Estrarre una parte di un documento complesso e spesso mal letto come Amoris Lætitia è sempre azzardato. Come è azzardato e fortemente inesatto leggere tale documento staccato dal Magistero che parte dall’Humanæ Vitæ.
Approccio dicotomico molto grave.

Tale capitolo proposto nel post all'attenzione fa parte di una pars importante che viene titolata
"La vita familiare come contesto educativo",
e lì è e va inserita.

Cioè inserita a supporto della valorizzazione del talento di un ragazzo e di una ragazza nel valorizzare la loro sensibilità non rinchiudibile nella dimensione sessuata.
Per capirci, ad esempio, personalmente cambio sempre i pannolini e aiuto nel mangiare mia figlia piccola e non per questo sono meno maschio e uomo in famiglia; anzi. Su molte cose, con mia moglie, siamo interscambiabili. Necessità ci ha educato, nella Sapienza. Su altre cose non siamo interscambiabili, decisamente no, ed è qui che nasce la reciprocità e la ricchezza umana, spirituale e psichico-educativa. Qui si innesta la responsabilità genitoriale e, soprattutto, la Grazia di Stato.

Se invece taluni prendono il testo del Santo Padre, come alcuni professori di teologi morale e non solo, per sottolineare che il confine è modificato (addirittura saltato) e c’è una “fluidità” di generi, questo non solo violenta il testo stesso, la sua esegesi, la sua ermeneutica e il suo Sitz im Leben magisteriale ma è disonesto intellettualmente.

Ecco certuni non solo non fanno il bene delle persone con omo-affettività e con difficoltà di identità di genere, anzi rafforzano il danno antropologico che la teologia morale in alcuni settori sta producendo nel tessuto ad intra ecclesiale (sia in settori specializzati, come le accademie, che comunicativi, come i giornali) e nel tessuto esterno, come presenza “salante” e grata nel mondo.

Non si combatte uno stereotipo con un altro gravissimo stereotipo ideologico di matrice fortemente soggettivista e selfista.

Questo è il danno più frequente della riflessione anche pastorale (e dolentemente non solo di teologi ma anche di pastori) che viene fatta nei confronti delle persone con omo-affettività; ed è una menzogna patinata su cui ci si inganna e si inganna molti. Specie i più deboli, cioè alcuni fratelli e sorelle con omo-affettività. E questo è inescusabile.

Ed anche questo è un modo carsico di fare cultura dello scarto.

Perché realmente ogni persona merita di essere profondamente amata e merita il nostro “prendersi cura”.

PiEffe