Rassegna stampa formazione e catechesi

LA DICHIARAZIONE NON APRE ALLE BENEDIZIONI MA APRE AL DISCERNIMENTO. ED È QUI IL PROBLEMA DI CARATTERE PASTORALE E SOTERIOLOGICO

aiuto cordataCari amici giornalisti e vaticanisti perché scrivete "apre"? Possibile che di ogni cosa occorra farne un mercato? Una ricerca al sensazionale? Al finalmente le cose cambiano?

La dichiarazione "Fiducia supplicans" non apre un bel niente ma ri-conosce quanto già si faceva e si sapeva, la Persona vale più del suo peccato e del suo errore. La sua intangibile "Immagine" viene rispettata dalla Chiesa portandola, con ogni mezzo rispettoso ed onesto alla "Somiglianza".

È la sua missio evangelica di servizio soteriologico. Ed è punto serissimo, la salvezza delle anime è il punto più serio.

E pertanto non bisogna mortificare le sincere ed oneste richieste di Bene; purché siano tali. E questo sì apre, ma apre al capitolo difficilissimo e dolente del discernimento che non occorre dare per acquisito in chi "benedice", basta guardarsi intorno con sincerità ed onestà. Perché se per dare fiducia allo Spirito (che sempre attira al Bene) mortifico lo Spirito che invita, nel contempo, a chiarezza teologica chi "benedice" e a conversione sia chi "benedice" sia chi chiede la benedizione non ho più servito lo Spirito ma la vanità di pensare che amo come Dio quando sto solo servendo la piacioneria; una rinnovata forma di clericalismo, altamente ideologica.

Il crinale è sottile ed è delittuoso mandare soldati in trincea senza che siano preparati e che sono chiamati, piuttosto, ad essere in formazione permanente di catecumenato. Guai a chi non tiene conto di questo con leggerezza filo-animista.

Vogliamo parlare poi delle "benedizioni" richieste non per aprire il cuore al Bene ma per "legittimare" la coscienza intorpidita? La stessa dichiarazione afferma: "... desiderano affidarsi al Signore e alla sua misericordia, invocare il suo aiuto, essere guidate a una maggiore comprensione del suo disegno di amore e verità". Ed ancora "È un seme dello Spirito Santo che va curato, non ostacolato.". Ricorda C. S. Lewis “Non riesco, cioè, a osservare sempre la legge naturale, e appena qualcuno mi fa notare che non la osservo, nella mia mente nasce una sfilza di scuse lunga da qui a lì. La questione non è se siano o meno scuse valide: è che queste scuse sono la riprova di quanto profondamente, ci piaccia o no, crediamo alla legge naturale. Se non crediamo che bisogna comportarsi bene, perché ci affanniamo tanto a scusarci per non averlo fatto?” (C.S.Lewis, Il cristianesimo così com’è, Adelphi, 1997, pp.25-31).

E dunque perché ci affanniamo tanto a "scusarci" e a silenziare la coscienza di colpa chiedendo una "benedizione". È questo il punto, anzi il luogo soteriologico.

Pertanto la vera apertura non è verso le situazioni "irregolari" ma nella richiesta che chi "benedice" sia realmente formato al discernimento e alle mozioni dello Spirito, in formazione permanente. Perché solo il discepolo, consapevole del proprio essere un poveraccio amato da Dio, radicalmente, riconosce le mozioni spirituali e sa coltivarle senza rubare; senza incorrere nel danno proprio ed altrui.

Ed è qui il problema, perché non basta saper parlare di discernimento perché si sappia discernere.

E la preghiera infiammi la Chiesa.

PiEffe