IL CONTROLLO DELLE NASCITE ATTRAVERSO LA STERILIZZAZIONE DELLE DONNE

- Intervista a Padre Marco Paini, della Comunità Missionaria di Villaregia, missionario in Brasile

- I programmi di sterilizzazione di massa del nazismo.


- L'eugenetica: l'uso della biologia per eliminare dall'umanità gli "indesiderati" e aumentare i "desiderabili".


- Gli organismi internazionali finanziano e promuovono campagne anti-nataliste: la sterilizzazione è il mezzo più diffuso di controllo delle nascite.

- Miseria e programmi di sterilizzazione.

- La "quinacrina".

- La logica dei "diritti riproduttivi".

- Esiste il boom demografico?

- Il "terrorismo dal volto umano".

- Intervista a Eugenia Roccella, scrittrice, ricercatrice universitaria, editorialista dell'"Avvenire", co-portavoce del "Family Day".


 

Il caso Brasile.

Intervista a Padre Marco Paini, della Comunità Missionaria di Villaregia.


Se in Europa la sterilizzazione sta divenendo sempre più una pratica volontaria anticoncezionale - nel Regno Unito, ad esempio, stando ai dati del Servizio Sanitario e di una ricerca del Marie Stopes International del settembre 2007, ogni anno, circa quarantamila donne sceglierebbero la sterilizzazione, che ha fatto registrare, nel 2007, un incremento dell'1%, rispetto all'anno precedente, del numero di interventi privati di ragazze non ancora trentenni - in molti paesi del mondo è stata usata e viene ancora usata come strumento di controllo della natalità. "(...) Le leggi civili che hanno favorito il divorzio e minacciano la vita cercando di introdurre ufficialmente l'aborto, le campagne di controllo della natalità che, invece di invitare ad una procreazione responsabile, attraverso i ritmi naturali di fertilità, hanno portato alla sterilizzazione di migliaia di donne, soprattutto nel nordest, e hanno diffuso l'uso di metodi anticoncezionali, rivelano ora i loro risultati più drammatici. La stessa mancanza di un'informazione obiettiva e lo sradicamento geografico danneggiano la convivenza sociale, dando origine a un processo disgregante del nucleo familiare nei suoi elementi essenziali. Questa situazione, nonostante gli innegabili sforzi di varie iniziative pastorali o di movimenti religiosi, volti al recupero della visione cristiana della famiglia, sembra continuare ad influire sulla realtà sociale brasiliana (...)".


Così, tra l'altro, si esprimeva Giovanni Paolo II, il 16 novembre 2002, nel Discorso ai Vescovi della Conferenza Episcopale del Brasile. Qualche settimana prima della visita di Benedetto XVI a San Paolo, avvenuta nel maggio 2007, il Presidente del Brasile lancia un programma di pianificazione familiare, che prevede l'acquisto di anticoncenzionali alle "farmacie popolari" ad un decimo rispetto al prezzo di mercato: una pillola monofasica a basso dosaggio contenente etinilestradiolo e levonogestrel, un'altra a base di norestisterone consigliata alle donne durante l'allattamento e un contraccettivo iniettabile da assumersi mensilmente.  Per questo programma, il governo brasiliano stanzia cento milioni di reais, circa 38 milioni di euro e prevede 3.500 punti di vendita, con l'obiettivo di distribuire 50 milioni di confezioni di pillole ogni anno. Nel programma vengono garantiti anche agli uomini brasiliani interventi di vasectomia nella rete sanitaria pubblica. Tutto questo in un paese dove la cifra degli aborti clandestini è stimata tra gli 800.000 e il milione.


Del caso Brasile, abbiamo parlato con Padre Marco Paini, Sacerdote Missionario della Comunità Missionaria di Villaregia (www.cmv.it).


La Comunità Missionaria di Villaregia nasce negli anni '80 e s'inserisce in quella corrente di grazia che investe la Chiesa per rispondere alle attese dell'uomo contemporaneo. Essa ha alle spalle un cammino di ricerca e di discernimento della volontà di Dio, che prende le mosse da quello di due persone: Padre Luigi Prandin, sacerdote missionario originario della diocesi di Padova, e la dott.ssa Maria Luigia Corona, di Cagliari. Attorno a loro si costituisce un gruppo di giovani che, ricalcando la radicalità e la vita di comunione delle prime comunità cristiane, e solidarizzando con i più poveri delle missioni, maturano la disponibilità ad un progetto di vita completamente dedito alla causa del Vangelo. Cogliendo anche in questa ricerca dei giovani un segno della chiamata di Dio ad una fondazione, il 7 novembre 1980, P. Luigi e Maria Luigia offrono la loro disponibilità al Signore per dare inizio ad una nuova Opera. La prima cellula di Comunità nasce nel marzo 1981, in Sardegna, con la benedizione di Mons. Giuseppe Bonfiglioli, l'allora Arcivescovo di Cagliari. Le missionarie incominciano a vivere insieme in un appartamento messo a disposizione da una famiglia a Quartu S. Elena (CA); mentre i missionari in una casetta di campagna, a circa 25 chilometri di distanza. La povertà dei mezzi e i disagi iniziali trovano senso nella scelta di radicalità evangelica e di fiducioso abbandono alla Provvidenza. Ad assumere la responsabilità giuridica dell'Opera è Mons. Sennen Corrà, allora Vescovo di Chioggia (VE) che, a nome della Chiesa, riconosce l'originalità e l'autenticità del carisma. La Diocesi di Chioggia benedice e incoraggia l'inizio della nuova Opera, mettendo a disposizione due case nel Basso Polesine: una per i missionari, a Villaregia di Contarina, oggi Porto Viro, e una per le missionarie a Ca' Pisani, una frazione a due chilometri di distanza. Nel 1985, 16 missionari aprono Comunità in missione a Belo Horizonte (Brasile) e a Lima (Perù). Negli anni successivi sorgono altre 8 Comunità, sia in Italia sia all'estero. Nel 2002 la Comunità Missionaria di Villlaregia riceve dalla sede pontificia, tramite il Pontificio Consiglio per i Laici, il riconoscimento come Associazione Pubblica Internazionale di fedeli, di diritto pontificio e l'approvazione degli Statuti.


Carisma dell'Associazione, è essere comunità per la Missione ad gentes: vuole porgersi come annuncio e testimonianza della vita di Dio all'umanità, a quei popoli, per lo più provati dalla povertà materiale e morale, che ancora non hanno ricevuto la Buona Notizia del Vangelo. "Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,33) è l'esperienza che i missionari vivono quotidianamente attraverso fatti concreti, piccoli e grandi: dal chilo di pane giunto inaspettatamente quando era terminato, al dono insperato di case e altre strutture necessarie al servizio di evangelizzazione. Per i missionari vivere di Provvidenza è vivere da figli, amando concretamente ciò che Dio, come Padre, dona e permette. È gioire di vestire con abiti che non si sono scelti o che altri non usano più; è libertà di mangiare quanto il Signore fa giungere quotidianamente; è gratitudine per i tanti segni con cui Dio si fa presente.

L'Associazione è composta da 540 membri effettivi, che si distinguono in: Missionari (Sacerdoti e non), Missionarie, Missionari nel mondo e Sposati missionari. Essi sono coloro che s'impegnano a vivere i consigli evangelici con radicalità, assumendo i voti di povertà, obbedienza e castità celibataria (o coniugale per gli Sposati) e un quarto voto di Comunità per la missione ad Gentes. Appartengono, inoltre, all'Associazione 15.000 membri aggregati, persone che collaborano con i suoi fini, senza il vincolo dei voti e si distinguono in: Volontari, Aderenti ai gruppi GimVi (Gruppi di Impegno Missionario di Villaregia), Animatori missionari e Amici della missione.


In Italia la Comunità è presente a Villaregia di Porto Viro (RO), sede della casa madre, a Quartu S. Elena (CA), a Nola (NA), a Pordenone, a Roma e a Lonato (BS). In missione, invece, opera a Belo Horizonte e a San Paolo (Brasile), a Lima (Perù), a Texcoco (Messico), ad Arecibo (Porto Rico) e a Yopougon (Costa d'Avorio). Imminente è la fondazione di una Comunità in Mozambico, alla periferia della capitale Maputo. In tutte le sue sedi essa è a servizio esclusivo della missione ad gentes attraverso attività di evangelizzazione e di cooperazione sociale per la promozione e lo sviluppo integrale dell'uomo.


Concretamente, la missionarietà dell'Associazione si esprime nell'andare tra i popoli che ancora non hanno conosciuto Cristo o in quei Paesi in cui la Chiesa è ancora giovane e bisognosa di aiuto da parte di Chiese sorelle. Dall'ascolto attento della realtà e dalle diverse urgenze di ogni contesto nascono i progetti di promozione umana. Tra questi, i centri di accoglienza per minori a rischio, strutture che si propongono di sottrarre bambini e ragazzi alla strada ed al giro della violenza, per mezzo di un'azione preventiva svolta in un ambiente educativo e familiare. In essi i bambini possono sperimentare la sicurezza dell'essere accolti e amati anche attraverso un piatto caldo, una doccia o un gioco. Possono, inoltre, accedere a corsi di sostegno scolastico, corsi di formazione professionale e ricevono un'assistenza medica di base. Le attività che vi si svolgono sono rese possibili dal servizio di tanti volontari che donano gratuitamente il loro tempo libero e dall'impegno generoso di un'equipe di educatori. I centri sono sostenuti dal contributo economico offerto da tante famiglie italiane, che, con gratuità, amano a distanza un bambino, anche se questo non ha un nome e un volto conosciuto. I centri culturali sorgono come risposta ai bisogni di numerosi giovani, che vivono in situazioni economicamente svantaggiate e sono impossibilitati ad accedere all'istruzione primaria, secondaria e ai corsi per l'ammissione all'università. Essi offrono, inoltre, corsi di formazione professionale per infermieri, tecnici informatici ed elettronici, operatori contabili...per favorire l'inserimento nel mondo del lavoro.  Tra i progetti di solidarietà anche i centri medici sono nati per far fronte alle esigenze della precaria situazione sanitaria. Sono semplici strutture che garantiscono un'assistenza immediata di pronto soccorso a quanti non possono sostenere i costi dell'ospedale; realizzano un servizio di prevenzione e controllo delle malattie; danno a prezzi accessibili i farmaci per le malattie più comuni e propongono alle madri corsi di informazione su norme igieniche e alimentari, per fronteggiare le malattie infantili.

Ogni Comunità, in Italia e in missione, è anche centro permanente di formazione missionaria e di educazione alla mondialità, con particolare attenzione ai giovani e alle coppie.


A Padre Marco Paini, Sacerdote Missionario della Comunità Missionaria di Villaregia, chiediamo:

Può raccontare la Sua esperienza missionaria? Come si è sviluppata nel tempo?


Originario di Mantova, sono il terzo dopo due sorelle: tutti missionari nella Comunità Missionaria di Villaregia. Sono partito per Belo Horizonte (Brasile) a 23 anni, insieme al primo gruppo di missionari che iniziavano l'esperienza diretta in missione dopo soli quattro anni dalla Fondazione della nostra Comunità. Ho terminato gli ultimi due anni di Teologia in Brasile, lì sono stato ordinato diacono ed ho iniziato il mio ministero sacerdotale. Dopo 4 anni sono rientrato in Italia e sono ripartito dopo nove anni per Belo Horizonte, dove sono stato fino ad oggi, in una Comunità che ormai ha 22 anni di vita. Dal 1998 ho lavorato più direttamente nella pastorale della nostra missione di Betânia, che conta circa 40.000 abitanti, e, negli ultimi tre anni, ho prestato servizio nella vicaria e nella Arcidiocesi di Belo Horizonte.

Riassumendo la mia esperienza missionaria a Belo Horizonte, posso dire che, insieme a questo popolo, sono cresciuto nella capacità di amare le cose belle e importanti della vita, nella capacità di avere sempre fede, soprattutto nei momenti difficili, e nella capacità di sperare in ciò che il futuro può riservare di positivo.


Quali sono stati i problemi principali che ha dovuto affrontare?


Credo fondamentalmente tre. Il primo riguarda il processo di inculturazione. Spesso possiamo rischiare di sottovalutare l'importanza di questo aspetto nella vita missionaria. Per me ha significato farmi semplice e povero per accostarmi alla gente che incontravo come fratello e amico, con il desiderio di conoscere e di imparare, di rallegrarmi per ogni bellezza vista e di rispettare quello che non riuscivo a comprendere. Il secondo si riferisce alla sfida di un meccanismo ingiusto, in cui le persone non possono realizzare i propri sogni a causa delle precarie condizioni economiche. In questi anni, innumerevoli volte mi sono trovato nella situazione di non sapere come aiutare gente capace e animata da buona volontà, ma costretta a lottare ogni giorno per la propria sopravvivenza; giovani, papà e mamme, adulti, persone intelligenti e buone, desiderose di realizzare tanti progetti per loro importanti, ma che, ogni giorno, devono fare i conti con una povertà che schiaccia, che opprime, che impedisce di vivere con dignità. Per loro esiste solo la speranza, o, in casi peggiori, la rabbia e la rassegnazione. Il terzo problema si situa a livello religioso. La presenza in Brasile di tantissime denominazioni religiose, cristiane e non, lascia spesso le persone confuse e insicure, sempre alla ricerca di quella "chiesa" che può soddisfare maggiormente le proprie esigenze e necessità. E' stata questa una difficoltà che ci ha spinto a cercare le modalità più autentiche di testimoniare la nostra fede, prima ancora di annunciarla e predicarla.


Il Centro di Amore alla Vita. Quando è stato istituito? Perché? Quante donne ha assistito finora?


Il Centro di Amore alla Vita (CEAVI) è nato nella nostra missione di Betânia nel 1992. Davanti ad sistema sociale che incentiva una mentalità contro la vita con una propaganda sfacciata dei metodi contraccettivi tradizionali: la pillola, la spirale, il diaframma... (addirittura questi sono forniti gratuitamente presso i centri di salute statali!), abbiamo tentato di individuare proposte alternative per sostenere e incoraggiare chi desidera fare scelte in favore del diritto alla vita. È nato così il CEAVI, ideato e realizzato grazie alla collaborazione di alcune giovani coppie, impegnate a vivere con autenticità il proprio matrimonio nel rispetto della vita e dei valori della fede cristiana. Attraverso la loro preparazione e specializzazione, il Centro ha orientato il proprio lavoro alla scelta e applicazione dei "metodi naturali", come via ad una sana ed equilibrata pianificazione familiare, rispettosa delle leggi naturali e delle persone. L'applicazione di tali metodi richiede un profondo rispetto dei ritmi naturali ed è possibile solo a persone che, in nome dell'amore, sanno rinunciare alla ricerca egoistica del proprio piacere per cercare sinceramente il bene del proprio partner e l'armonia del rapporto a due.

Il CEAVI quindi da subito si è impegnato a offrire una formazione circa i metodi naturali di pianificazione familiare. Come insegna il Magistero della Chiesa, infatti, sono proprio queste le vie più idonee per una sessualità che risponda in pienezza al disegno del Creatore e diventi perciò fonte di realizzazione e di felicità.

Esso, inoltre, si propone di offrire alle coppie:

- uno spazio di formazione umana, per favorire l'integrazione e l'armonizzazione della convivenza familiare;

- incontri e seminari, con l'apporto di persone competenti per studiare le differenze psicologiche maschili e femminili;

- la ricerca di metodologie e dinamiche relazionali per giungere a una comprensione serena dell'altro e superare le piccole tensioni che nascono all'interno del focolare domestico;

- un accompagnamento psico-fisico delle gestanti, per prepararle al parto e sostenerle nella fase post-natale.

In questi anni, le attività del CEAVI si sono mosse sempre nella linea della formazione, rivolta a giovani e a coppie, offrendo conferenze e incontri sia nelle parrocchie e nei gruppi dell'Arcidiocesi di Belo Horizonte sia in diverse città dello stato di Minas Gerais.

Durante questi anni il gruppo del CEAVI si è consolidato e ha potuto approfondire la sua competenza partecipando a congressi e raduni a livello nazionale su temi quali la donna, la conoscenza della fertilità umana e la pianificazione familiare. Il Centro è composto da una decina di coppie e può contare sull'appoggio di due infermiere professionali e di una ginecologa. Tutte queste coppie sono "istruttrici" del metodo Billings e prestano il loro servizio come volontari. Molte altre coppie, invece, sono "divulgatrici" del metodo. Una volta al mese il gruppo si riunisce per la propria formazione. Queste persone con generosità e impegno, oltre che con professionalità, si alternano per offrire la loro consulenza quattro volte alla settimana. Ogni coppia che sceglie di adottare il metodo è accompagnata, attraverso incontri periodici, da un membro del CEAVI. L'unica condizione richiesta per una coerente applicazione del metodo, è la collaborazione e la partecipazione di entrambi gli sposi. Dalla sua nascita il Centro ha potuto accompagnare direttamente circa 1.100 coppie. Questo numero può sembrare ancora esiguo rispetto alla vastità del problema, ma è comunque un segno e una testimonianza che comincia a portare i suoi frutti. Coscienti che si tratti di una piccola goccia in un mare di necessità, i promotori del CEAVI continuano con instancabile fedeltà il loro lavoro a sostegno della vita e si rendono disponibili a sensibilizzare quanti si avvicinano a questa realtà.


Quali sono i problemi principali che vive la donna e la famiglia in Brasile?


Quel che segue, si riferisce alla situazione della donna in Brasile, ma è anche significativo per cogliere quali sono i principali problemi che, in questo paese, vive la famiglia.

Per quanto riguarda il lavoro, si sta verificando in Brasile la "femminilizzazione della povertà": si tratta, in altri termini, di una disparità dei salari tra uomini e donne. In media, gli uomini ricevono uno stipendio del 42% superiore a quello delle donne. Inoltre, mentre essi occupano i posti di lavoro meglio retribuiti, le donne svolgono attività legate a servizi personali e sociali, con salari più bassi.

Il tasso di disoccupazione è del 6,7% tra le donne e del 5,9% tra gli uomini. Sono meno, poi, le donne che vanno in pensione rispetto agli uomini che, quando raggiungono questo traguardo, ricevono uno stipendio maggiore. Negli ultimi anni, si è registrato, tuttavia, un maggior inserimento delle donne sia nel mondo del lavoro sia negli ambienti politici. Per quanto attiene la sanità, alcune politiche pubbliche del governo, dirette sia alle gestanti sia ai neonati, hanno portato alla diminuzione della mortalità infantile, ma i numeri sono ancora molto alti. 5.000 donne muoiono dando alla luce un bambino, sebbene il 96% di esse potrebbe essere salvato attraverso interventi adeguati. Circa un milione di donne ricorre ogni anno all'aborto che, realizzato in condizioni poco sicure, è la quarta causa di mortalità delle donne in Brasile. Il 45% della popolazione brasiliana è composta da negri e mulatti; essi costituiscono il 69% dei poveri. Il 40,7% delle brasiliane negre o mulatte muore prima dei 50 anni. Su 1.000 bambini, figli di madri bianche, 37 muoiono; il numero sale a 62 in caso di figli di madri negre o mulatte. Oggi in Brasile ogni 15 secondi una donna viene picchiata. Dopo l'approvazione del Nuovo Codice Civile, nel 2003, alcune leggi nuove hanno cercato di proteggere la donna. Alcuni esempi sono la criminalizzazione della violenza sessuale, la proibizione della discriminazione contro la donna nella legislazione del lavoro, l'inclusione della pianificazione familiare nelle normative sanitarie, la notifica in territorio nazionale di casi di violenza contro la donna che abbia ricevuto servizi sanitari pubblici o privati. Il Brasile possiede 339 posti di polizia specializzati per attendere le donne. Il primo è stato installato nel 1985. Nonostante il numero, essi non coprono neppure il 10% dei Comuni brasiliani, hanno poco prestigio all'interno della polizia e si trovano impreparati e sprovvisti di mezzi per il servizio che devono svolgere. Per quanto riguarda l'educazione, il Brasile presenta tassi similari di bambini e bambine, riguardo all'ingresso e alla conclusione della scuola dell'obbligo.


In Europa, in particolare in Italia, si parla molto in questi tempi di aborto. In Brasile, come è la situazione rispetto all'aborto?


In Brasile la pratica dell'aborto è sempre più diffusa come sistema di controllo delle nascite. Trattandosi di una pratica illegale, non esistono statistiche ufficiali a riguardo. Comunque, è risaputo che la frequenza è altissima e le modalità tra le più svariate: dall'intervento fatto presso cliniche clandestine alla classica "pesada" (un calcio dato con violenza nel ventre della gestante) diffusissima negli ambienti di povertà estrema. E' interessante sapere che ogni anno, in coincidenza con il tempo quaresimale, la Chiesa brasiliana vive la "Campagna della Fraternità", che propone un'approfondita riflessione e conseguenti programmi d'azione su problemi di carattere sociale, particolarmente urgenti nel territorio nazionale. La proposta di quest'anno è quella di assumere un atteggiamento coraggioso in favore della vita, proprio a partire dalla constatazione del valore incondizionato e inviolabile che la vita umana possiede. Il tema della "Campagna della fraternità 2008", "Fraternità e difesa della vita", e lo slogan "Scegli, dunque, la vita" (cf. Dt 30, 19) vogliono esprimere la preoccupazione verso la vita umana, minacciata fin dal suo concepimento e nelle diverse fasi del suo sviluppo, fino alla morte. La "Campagna della Fraternità" suggerisce tra le diverse linee d'azione quella di accogliere e aiutare le gestanti in difficoltà ed il loro figlio e quella di far conoscere i servizi sanitari che offrono assistenza alle donne prima della nascita, durante il parto e dopo.

Lo scorso anno si è sentita con una certa forza la voce del laicismo del governo Lula, che tra gli altri temi, ha proposto quello della legalizzazione dell'aborto. Per di più questo dibattito è coinciso con la visita del Papa in Brasile. Esiste una buona parte della società brasiliana schierata a favore della legalizzazione dell'aborto; tanti la ritengono necessaria, in particolare, in riferimento ad una situazione molto triste, quella cioè della prostituzione infantile. Con tutta la crudeltà e la violenza che la accompagna, la prostituzione infantile assume in questo Paese dimensioni e caratteristiche terrificanti. Secondo l'espressione di un funzionario dello Stato del Parà, "si tratta di una realtà tanto barbara che, se non esistesse la documentazione fotografica e video, non si riuscirebbe a credere che un essere umano possa fare questo con un bambino". Ciò che rende il problema ancora più drammatico è il fatto che esso si sta espandendo a macchia d'olio dal nord al sud del Brasile. La voce profetica della Chiesa, quindi, in Brasile ripete a tutti, senza stancarsi, "Scegli, dunque, la vita!".


Ha conosciuto casi di donne sterilizzate in Brasile? Se si, come vive la donna questa situazione?


In Brasile ho conosciuto molte donne che hanno scelto la sterilizzazione come "metodo anticoncezionale". La maggior parte di esse non ha una chiara coscienza di cosa comporta questa pratica e delle sue inevitabili conseguenze. Ho conosciuto diverse donne che si sono pentite dopo aver fatto ricorso a questa scelta irreversibile: donne che si trovano ad avere un altro compagno o che hanno perso un figlio soffrono molto quando vorrebbero mettere al mondo un bambino, ma questo ormai non è più possibile.

I dati sono allarmanti: il 30% delle donne di età inferiore ai 25 anni si sottopone alla sterilizzazione, spinte da forti pressioni sociali e familiari. Molte senza istruzione e senza denaro, dinanzi al dubbio sull'efficacia degli altri metodi anticoncezionali, optano per la sterilizzazione: "Così - pensano - non dobbiamo più preoccuparci!".

Nei decenni scorsi, molte donne, appartenenti alle classi sociali più povere, subito dopo il parto, a loro insaputa, erano sottoposte alla sterilizzazione tramite il legamento delle tube. Con eccessiva facilità e leggerezza si ricorreva al taglio cesareo, anche quando non era necessario, per ridurre la possibilità di successive gravidanze. Le accese polemiche nate attorno a questi procedimenti illegali hanno favorito l'attenuazione della prassi, sebbene non si siano potute cancellare le profonde "cicatrici" lasciate nelle donne vittime di una sterilizzazione forzata.

In Brasile siamo di fronte ad un grande paradosso. Mentre s'impongono tagli drastici alle spese per la sanità pubblica, mentre il ricovero in ospedale è un lusso di una élite, le poche risorse destinate al benessere del cittadino sono investite contro il diritto alla vita. Per una polmonite si può morire perché lo Stato non fornisce gli antibiotici agli indigenti, ma per controllare la fertilità e favorire la sterilizzazione non si bada a spese. Ovviamente si evita ogni informazione sugli effetti deleteri dei contraccettivi, della sterilizzazione stessa, esaltandone, invece, la praticità e garanzia.

Un'esperienza che mi piace ricordare è quella di una giovane mamma, Catarina, felicemente sposata con Sergio. Hanno avuto due gemelli, un bimbo e una bimba, quest'ultima però con seri problemi di salute che mettevano a rischio la sua vita. Ha bisogno di un'assistenza costante e di cure specialistiche. Mentre il fratellino corre e salta, la bimba lo osserva sulla sedia a rotelle. Dopo quasi 4 anni dalla nascita dei gemellini, è nato il terzo figlio. Ricoverata in ospedale per il parto, Catarina ha ricevuto la proposta di sottoporsi alla sterilizzazione. Per il medico era qualcosa di scontato, una prassi a cui certamente la sua paziente, mamma ormai di tre figli, non si sarebbe sottratta. In realtà la giovane donna è stata pronta e decisa, lasciando il medico stupito e pensieroso: "Dottore, io e mio marito amiamo la vita e, dopo questo bambino, desideriamo averne ancora un altro!".



I "programmi di sterilizzazione di massa" del nazismo.


Per i nazisti, la sterilizzazione di massa aveva un doppio obiettivo operativo: favorire l'aumento della popolazione tedesca da un lato e creare le premesse per una costante diminuzione delle nascite delle popolazioni "subumane" (slavi, zingari e, ovviamente, ebrei), dall'altro. Tra il 1933 (dopo la "Legge sulla sterilizzazione") e il 1936, circa 400.000 cittadini tedeschi furono sottoposti, al costo di circa 5 milioni di dollari attuali, a sterilizzazioni chirurgiche (legamento delle tube per le donne, vasectomia per gli uomini), troppo costose e inadatte, per problemi temporali, ai programmi di sterilizzazione su larga scala. Obiettivo prioritario, e anche ossessivo, della ricerca medica nazista, fu quindi quello di trovare metodi di sterilizzazione pratici, efficaci, economici. L'"opportunità" di disporre nei campi di concentramento di un larghissimo numero di cavie umane diede il via ad una corsa per sperimentare i metodi alternativi alla chirurgia più assurdi e letali.


Dopo un anno di lavoro nel campo di concentramento di Auschwitz, nel giugno 1943, Carl Clauberg, il più noto ginecologo tedesco, comunicò a Himmler, che il suo metodo era quasi a punto e che un medico, con dieci assistenti, poteva sterilizzare mille donne al giorno mascherando l'operazione come semplice visita ginecologica. In realtà, le operazioni di Clauberg non erano assolutamente mascherabili e a questo proposito le testimonianze delle detenute sono impressionanti (come documenta il sito www.olocaustus.org): Clauberg non stava risolvendo il problema nel senso voluto da Himmler. Nella Cancelleria di Hitler, Viktor Brack, già animatore del progetto di eutanasia, sosteneva sin dal 1941 che il metodo dei raggi X era decisamente il miglior sistema per sterilizzare enormi quantità di persone senza che se ne avvedessero. Ipotizzava la creazione di "banconi" destinati a mascherare l'attrezzatura a raggi X. Le vittime avrebbero dovuto esser fatte sostare davanti a questi banconi e irrorati di raggi X in modo da essere sterilizzati a loro insaputa.


Nell'agosto 1942, gli esperimenti iniziarono ad Auschwitz, sotto la direzione del dottor Horst Schumann, un veterano del progetto di eutanasia già attivo nella clinica della morte di Grafeneck. Stesso destino per le donne che, dopo l'esposizione ai raggi X venivano operate e sterilizzate chirurgicamente. Privi di qualsiasi attenzione alla sterilità degli ambienti, Schumann ed il suo assistente Dering operarono centinaia di ragazze dai 16 ai 18 (per la quasi totalità ebree greche), mietendo un numero imprecisato di morti per complicanze post-operatorie.


Da Auschwitz, Schumann venne trasferito a Ravensbruck, dove continuò le sue operazioni su bambine zingare di 13-14 anni. Sostanzialmente Schumann non riteneva valida l'idea dell'irrorazione ai raggi X e, nei suoi rapporti cercò di dissuadere le autorità naziste dal perseguire queste ricerche a suo dire assolutamente inutili.


Il 29 aprile 1944 Blackenburg, vice di Viktor Brack, scriveva una lettera a Himmler nella quale sosteneva che si doveva prendere atto del sostanziale fallimento del metodo ai raggi X: l'unica sterilizzazione efficace rimaneva la chirurgia. Per capirlo erano occorsi tre anni, infinite sofferenze ed un numero imprecisabile di vittime.


L'eugenetica: l'uso della biologia per eliminare dall'umanità gli "indesiderati" e aumentare i "desiderabili".


Le sterilizzazioni obbligatorie a sfondo ritenuto eugenetico non possono considerarsi un'esclusiva del regime nazista. Gli Stati Uniti furono il primo paese ad approvare la sterilizzazione eugenetica per coloro che furono ritenuti "non idonei". Lo Stato dell'Indiana disponeva di una legge sulla sterilizzazione già dal 1907, legge che veniva applicata contro le colpevoli di reati minori, le alcolizzate, le senzatetto, le ragazze madri, le prostitute e le bambine con cosiddetti "problemi disciplinari" una volta che queste persone fossero state "accolte" nelle carceri, i manicomi, gli istituti e le fattorie per i poveri, gli orfanotrofi e le scuole correzionali. Alla fine degli anni '20, ventiquattro Stati degli USA (nel Midwest e in California, in modo particolare), avevano introdotto leggi per la sterilizzazione. La fondatrice di "Planned Parenthod", Margaret Sanger, che molti, negli anni '70, considerarono una delle prime femministe, propose nel 1932 un "Programma per la pace" in cui chiese al Congresso di creare un ufficio apposito per lo studio dei "problemi di popolazione" e di nominare un "Parlamento della popolazione", per la direzione ed il controllo della popolazione mediante un direttorio rappresentativo dei vari rami della scienza.


Sanger volle fortemente, come obiettivo principale del "Parlamento", la "chiusura delle porte all'immigrazione di alcuni alienati la cui condizione si sa essere dannosa alla salute della razza, quali gli imbecilli, gli idioti, i cretini, i pazzi, chi soffre di sifilide o epilessia, i criminali, le prostitute professioniste ed altri di questa classe a cui l'ingresso nel paese è già negato dalla legge sull'immigrazione del 1924". Una volta si cominciasse "l'ingresso e la produzione di cretini, imbecilli [ed] epilettici", secondo la Sanger, "il secondo passo sarebbe fare un inventario del secondo gruppo composto da analfabeti, indigenti, non occupabili, criminali, prostitute, tossicomani; registrarli in reparti speciali sotto la protezione medica del governo e tenerli segregati in fattorie e spazi aperti fin quando necessario perché si rafforzi e si sviluppi la condotta morale".


Per molto tempo, le donne povere statunitensi, soprattutto coloro che percepiscono sussidi, sono state costrette a sottoporsi a mezzi rischiosi di contraccezione come il Norplant, un composto  da sei capsule di silicone riempite di levonorgestral, un ormone sintetico, che vengono impiantate sotto la cute della parte superiore del braccio della donna. Una volta inserito, il Norplant impedisce la gravidanza sino a cinque anni. Solo la sterilizzazione ha un'efficacia maggiore nel prevenire le gravidanze.


La maggior parte dei test clinici sul Norplant si è svolta in Brasile, Indonesia ed Egitto. Si sono verificate numerose violazioni delle norme etiche durante i test sulle donne che erano in gran parte poverissime e spesso analfabete. Inoltre, i ricercatori hanno perso le tracce di molti utenti - anche fino al 30% del totale. In Bangladesh, quasi 600 donne delle baraccopoli sono state oggetto di test clinici, senza essere adeguatamente informate e senza che gli operatori dei test ottenessero l'anamnesi delle donne. A queste donne sono stati corrisposti degli incentivi finanziari per incoraggiarle a partecipare ai test, e sono state dissuase, invece, dal denunciare eventuali effetti negativi. A svolgere i test era un'organizzazione statale per la contraccezione e la ricerca biomedica, il Bangladesh Fertility Research Program.


In Scandinavia, la sterilizzazione fu elemento della progettazione del nascente Stato sociale. In Svezia, migliaia di donne furono sterilizzate per motivi eugenetici fra il 1930 e gli anni '70: quasi 60.000 furono sterilizzate senza il loro consenso. La sterilizzazione ebbe largo sostegno in tutta la Scandinavia, nonché in parti del Canada e degli USA meridionali, ma il sostegno va attribuito a motivi economici piuttosto che eugenetici, dal momento che la sterilizzazione rappresentava un modo di ridurre l'assistenza e le cure istituzionali ai poveri. Ad Alberta, Canada, la legge sulla sterilizzazione del 1928, era principalmente mirata agli inquilini dei manicomi, ma anche alle donne indigene, le immigrate, le disabili, le ragazze madri. Fu abolita solo nel 1972, dopo la sterilizzazione di 2.000 donne di Alberta.


Anche oggi, in alcuni paesi occidentali, in particolare Stati Uniti e Gran Bretagna, la sterilizzazione delle tube delle donne è ritenuta e praticata come il più sicuro metodo contraccettivo. In questi paesi, viene anche praticata, soprattutto su giovanissime donne, la cosiddetta sterilizzazione temporanea. Esistono due modi di sterilizzazione temporanea. Il primo, consiste nell'inserimento di un tubetto lungo cinque centimetri sotto l'ascella della donna (in anestesia locale). Il tubetto libera ormoni sintetici ad intervalli regolari interrompendo nei fatti la produzione di ovuli. Questo intervento sterilizza per tre anni. L'altro intervento è più semplice e meno duraturo: si tratta infatti di praticare una iniezione di anti-concezionali che blocca la produzione di ovuli per tre mesi.



Gli organismi internazionali finanziano e promuovono campagne anti-nataliste: la sterilizzazione è il mezzo più diffuso di controllo delle nascite.


Oggi, la sterilizzazione obbligatoria di massa - praticata per lo più nei confronti delle popolazioni più povere - quale obiettivo si propone?

Nel giugno 1984, Giovanni Paolo II rivolse un messaggio a Rafael Salas, allora Segretario Generale della Conferenza Internazionale sulla Popolazione e Direttore Esecutivo del "Fondo delle Nazioni Unite per le attività concernenti la Popolazione".


In quell'occasione, il Santo Padre, tra l'altro, scriveva: "(...) le politiche demografiche non devono considerare le persone come semplici numeri, o solo in termini economici, o alla luce di qualunque altro pregiudizio. Esse devono rispettare e promuovere la dignità e i diritti fondamentali della persona umana e della famiglia. (...) La Chiesa condanna come grave offesa della dignità umana e della giustizia tutte quelle attività, dei governi o di altre autorità pubbliche, che tentano di limitare in qualsiasi modo la libertà dei coniugi nel decidere dei figli. Di conseguenza, qualsiasi violenza esercitata da tali autorità in favore della contraccezione e, peggio ancora, della sterilizzazione e dell'aborto procurato è del tutto da condannare e da respingere con forza. Allo stesso modo è da esecrare come gravemente ingiusto il fatto che nelle relazioni internazionali l'aiuto economico concesso per la promozione dei popoli venga condizionato a programmi di contraccezione, sterilizzazione e aborto procurato". Le parole di Giovanni Paolo II del 1984 e degli anni successivi su questo tema, sono state profetiche.

Come ben spiegano Eugenia Roccella e Lucetta Scaraffia nel loro libro "Contro il cristianesimo, l'ONU e l'Unione europea come nuova ideologia",  "nell'accezione dell'Onu i diritti riproduttivi sono, più che altro, diritti a non riprodursi. La politica delle Nazioni Unite su questo tema, infatti, segue un doppio binario: da una parte si inzeppano risoluzioni e documenti di proclami sulla libera scelta delle donne (ma contemporaneamente si espelle dal vocabolario internazionale il termine maternità); dall'altra, attraverso organismi come l'Unfpa (il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione), si finanziano e promuovono campagne di controllo demografico molto pressanti e talvolta prive di sostanziale rispetto nei confronti delle donne e della loro concreta libertà".


Il dato sulla sterilizzazione è estremamente significativo. Oggi, nel mondo, la sterilizzazione è il metodo più diffuso di controllo delle nascite. Secondo stime del 1995, le ultime a disposizione, centosessanta milioni di donne in età riproduttiva hanno fatto ricorso alla legatura delle tube; di queste, centotrentotto milioni vivono in paesi in via di sviluppo. Nei paesi occidentali, il ricorso alla legatura delle tube come metodo anticoncezionale è minimo: l'intervento è pesante e radicale, quasi impossibile tornare indietro. Inoltre, è vissuto psicologicamente dalle donne come una mutilazione, una ferita. Quando diventa una pratica di massa, in zone del mondo povere e ad alta densità demografica, è difficile credere che sia davvero una scelta libera, nonostante le rituali assicurazioni sul consenso informato da parte delle donne. Più facile  che ci siano di mezzo incentivi, disinformazione o politiche coercitive.



Miseria e programmi di sterilizzazione.


La salute riproduttiva è uno degli aspetti più delicati e vulnerabili nell'ambito dei diritti umani, per tutte le donne, senza eccezione. Quanto avvenuto in uno dei più grandi paesi sudamericani, il Perù, durante gli anni '90, dimostra fino a che punto può arrivare questa vulnerabilità. Fu praticata una sterilizzazione di massa nei confronti delle donne indigene, in base al cosiddetto "Programma Nazionale di Salute Riproduttiva". Sembra che tale campagna fosse stata finanziata dall'"Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti" (USAID), tramite un contratto concesso alla "Association for Voluntary Surgical Contraception" (AVSC). Le donne, minacciate da funzionari o costrette a cedere al ricatto per ottenere cibo e medicinali, furono sottoposte a interventi chirurgici. Molte morirono. Un'indagine  indicò che tra il 1995 e il 2000,  331.600 donne furono sterilizzate contro la propria volontà, a causa di una politica eugenista e in nome di un Piano di salute pubblica, il cui vero obiettivo era quello di ridurre il numero di nascite tra i settori più poveri, cioè tra le popolazioni indigene delle zone più disagiate del paese.


Nel 2000, alcuni dottori uzbeki raccontarono all'"Institute for War and Peace Reporting" che esisteva un decreto riservato del Ministero della Salute, che ordinava la riduzione del tasso di natalità nelle aree rurali del Paese, suggerendo di praticare isterectomie e di applicare spirali alle donne subito dopo il parto. Il regime del presidente Islam Kharimov avviò effettivamente un programma ufficiale per il controllo delle nascite al fine di rallentare la crescita della popolazione ed evitare una situazione demografica incompatibile con le scarse risorse del territorio (acqua e terreni coltivabili). Su questa situazione, l'Iwpr raccolse la testimonianza di Gulbahor Turaeva, direttrice del Dipartimento di Patologia della regione di Andijan, la quale raccontò che solo in quella zona del paese e solo nel periodo settembre-dicembre 2004 lei contò 207 casi di asportazione di uteri sani, cioè non motivati da ragioni mediche d'emergenza. Operazioni condotte in quasi tutti i casi senza alcun consenso delle interessate. Gulchekhra Okhunova, 32 anni, aveva già avuto quattro figli, raccontò sempre all'Iwpr: "Sono andata all'ospedale per praticare un aborto. Alla fine dell'operazione mi sono trovata senza utero. Quando me ne sono accorta mi sono infuriata con i dottori, che mi hanno risposto ‘Hai già quattro figli, quindi non hai più bisogno del tuo utero'".


Nonostante il rapporto dell'inizio del 2007 dell'omnbudsman (difensore civico) Otakar Motel, il governo ceco non dà ancora alcuna risposta rispetto alla sterlizzazione forzata documentata che subiscono le donne rom. Come dice l'"Associated Press", sono dozzine i casi di sterilizzazioni forzate avvenute tra il 1979 e il 2001 "senza che vi fosse stato consenso formale ed esplicito". Sempre secondo l'"Associated Press" e il sito www.newsdesk.org  non c'è volontà di rifondere le vittime, gli ospedali cechi rifiutano di riconoscere questa pratica come illegale. Gli avvocati delle vittime dicono che le vera ragione è il razzismo.

Molte romnì hanno portato i loro casi in tribunale. Nel 2005, Helena Ferencikova è stata la prima a denunciare l'ospedale per sterilizzazione forzata. Il Tribunale distrettuale di Ostrava ha condannato l'ospedale per pratica illegale e ha richiesto una scusa formale. L'ospedale a sua volta ha ignorato la richiesta e richiesto una revisione del caso in appello.


In India, sono più di 3 milioni le donne sottoposte alla sterilizzazione negli ultimi 10 anni nel Tamil Nadu, sotto l'egida di un programma di "pianificazione familiare", cioè controllo delle nascite, promosso dal governo indiano. Per le donne sterilizzate che hanno perso figli nello tsunami, lo stato del Tamil Nadu ha deciso di concedere in modo gratuito il processo inverso alla sterilizzazione in strutture sanitarie pubbliche. "Il procedimento di annullamento della sterilizzazione" - ha affermato di recente Pinagapni Manorama, direttore della Società di educazione sanitaria di Chennai - "garantisce risultati positivi al 60% per le donne e al 70% per gli uomini: quando lo sanno, gli uomini e le donne sterilizzati diventano impazienti di sottoporsi all'operazione. Alcuni di questi genitori stanno andando in ospedali privati nelle città vicine per sottoporsi all'operazione chirurgica e la pagano usando i soldi ricevuti come risarcimento statale per i figli uccisi dallo tsunami". Già durante lo stato di emergenza proclamato nel 1975 vennero intraprese misure del genere. ma i risultati furono disastrosi non solo per il programma di pianificazione familiare, ma per la nazione stessa. Con un tasso di incremento demografico annuo pari all'1,40%, l'India registra attualmente una crescita demografica costante, tuttavia notevolmente inferiore ai picchi raggiunti tra gli anni Cinquanta e Settanta che portarono a drastiche misure di pianificazione familiare, tra cui impopolari campagne di sterilizzazione.



La "quinacrina".


Da circa tre decenni, alcuni organismi legati alle Nazioni Unite sostengono piani di controllo delle nascite che in molti casi si configurano come violazione dei diritti umani. L'idea che la crescita della popolazione debba essere ridotta è così diffusa ed accettata che anche l'utilizzazione di sostanze chimiche non ancora testate sugli animali e di cui non si conoscono gli effetti collaterali viene permessa. Una di queste sostanze è la "quinacrina", una sostanza chimica molto economica, che è stata utilizzata per sterilizzare più di 100.000 donne nei paesi in via di sviluppo. Fu scoperta negli anni venti per combattere la malaria. Nella metà degli anni sessanta, il medico cileno Jaime Zipper la utilizzò come sostanza per la sterilizzazione chimica delle donne. Il dottore Kessel venne a conoscenza delle ricerche effettuate dal dott. Zipper e nel 1973 si recò in Bangladesh, a Dacca, dove sperimentò la sostanza su una donna di 28 anni, che morì per gli effetti tossici. Nonostante quanto accaduto, il Dottor Kessel decise di sperimentare la sostanza in Vietnam, dove, tra il 1989 ed il 1993, pillole di quinacrina furono inserite nell'utero di 31.780 donne.


Il metodo di sterilizzazione con la quinacrina funziona così: sette pillole di quinacrina vengono inserite nell'utero causando una forte infiammazione locale che distrugge il rivestimento interno delle tube, al punto da procurare un'occlusione delle tube stesse. Nessun anestetico viene utilizzato, la procedura è estremamente dolorosa, molte donne svengono dal dolore. Per un certo periodo gli effetti includono flussi mestruali irregolari con perdite di sangue cospicue, febbre, dolori addominali, forti emicranie e mal di schiena. Per una sterilizzazione efficace il trattamento dovrebbe essere ripetuto dopo un mese. Nel giugno del 1994, la "Commissione per la Consultazione sui metodi per la sterilizzazione femminile" dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) condusse una serie di quattro studi tossicologici sulla quinacrina.


L'associazione "Family Health International" ("La salute della famiglia a livello internazionale") pubblicò i risultati di questi studi nel settembre del 1994. Tre dei quattro studi provavano che la quinacrina può causare il cancro. Per questo motivo, l'OMS ha raccomandato che nessun altro tentativo di utilizzo della quinacrina su essere umani può essere fatto prima che vengano completati ulteriori studi tossicologici. Nonostante questi divieti, il Dott. Kessel, insieme al Dott. Mumford, ha organizzato una vasta campagna di distribuzione ed utilizzo della quinacrina arrivando a sterilizzare più di 100.000 donne in 20 paesi diversi: Vietnam 50.000; India 26.000; Pakistan 15.000; Cile 5000; Bangladesh 4.700; Indonesia 900; Costa Rica 700; Cina 700; Iran 250; Colombia 235; Venezuela 200; Romania 200; Egitto 200; Croazia 170; Filippine 100; Marocco 30; Malesia 25; per un totale di 104.410 donne sterilizzate con la quinacrina.


Questo utilizzo di una sostanza tossica e gravemente lesiva della salute delle donne, è stato favorito dal fatto che nei paesi in via di sviluppo non esistono controlli adeguati nei confronti delle violazioni all'etica medica. Per raggiungere più facilmente i loro scopi i due americani hanno fondato un'associazione chiamata "Centre for Research on Population and Security" che fornisce alla loro attività una veste scientifica. Il Dottor Kessel si presenta come il segretario generale della "International Federation for Family Health" (IFFH). Attraverso questa organizzazione essi finanziano la distribuzione della quinacrina tra dottori e cliniche private nel Terzo mondo. 


In un documentario trasmesso dalla BBC qualche anno fa, Kessel e Mumford hanno spiegato che a loro giudizio "la crescita della popolazione nel Terzo mondo rappresenta un pericolo ed è una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti", spiegando che se non verranno adottate misure efficaci di riduzione, la popolazione crescente dei Paesi in via di sviluppo invaderà gli Stati Uniti e li trasformerà "in un paese del Terzo mondo".



La logica dei "diritti riproduttivi".


Quando, negli anni ‘70, alla "pianificazione familiare" si sostituisce la dizione "diritti riproduttivi", l'ottica interpretativa è una sola: non bisogna riprodursi. Con il trascorrere degli anni, l'antinatalismo è divenuto componente culturale fondamentale proprio di quelle organizzazioni internazionali che si occupano di controllo demografico: l'Ippf ("International Planned Parenthood Federation"), il "Population Council", fondato dal finanziere John Rockfeller III e dal presidente della "Società Eugenetica Americana", Frederick Osborn, hanno come scopo il calo delle nascite nei paesi in via di sviluppo. Anche l'UNICEF, per molti anni, sotto la guida di Carol Bellamy, si è mossa in questa direzione.


Il "Population Council" e dell'IPPF nascono nel 1952. Il primo è un centro di studi e ricerca sulla popolazione che fin dall'inizio ha una chiara impronta antinatalista ed eugenista, definito, nel sito della Società Filosofica Americana come "il volto rispettabile della ricerca eugenetica nel periodo successivo alla guerra mondiale". La messa in pratica delle teorie del controllo delle nascite e della pianificazione familiare è invece a cura della IPPF, nata dalla federazione di otto associazioni nazionali di pianificazione familiare, quasi tutte di origine eugenista, e presieduta dalla già citata Margaret Ranger.

Nel 1968, alla Conferenza Internazionale sui Diritti Umani delle Nazioni Unite, a Teheran, il diritto alla pianificazione familiare viene annoverato fra i diritti umani e nel 1974, alla Conferenza ONU sulla popolazione mondiale a Bucarest, la parola "genitori", usata nella Dichiarazione di Teheran per definire la pianificazione familiare, viene sostituita con "persone", a sottolineare l'individualità della procreazione. Del resto, quelli sono gli anni in cui, a livello delle Nazioni Unite, si teorizza l'"individualità di genere": oggi, nei documenti delle Nazioni Unite, non esistono più il termine maschio e il termine femmina, ma il termine genere.

Nel 1975, la 1a Conferenza Mondiale della Donna, a Mexico City, apre quello che l'ONU definisce il Decennio della Donna, che si concluderà nel 1985 con la III Conferenza Mondiale della Donna, a Nairobi, nella quale si introduce il concetto di sviluppo visto esplicitamente dal punto di vista delle donne.


Dal 1992 al 1995 tre conferenze internazionali ONU segnano una svolta: nel documento finale della Conferenza di Rio de Janeiro su Ambiente e sviluppo, o Summit della Terra, nel 1992, viene espresso il concetto di sviluppo sostenibile, attraverso la promozione di appropriate politiche demografiche.


Nel 1994, al Cairo, si tiene la Conferenza Internazionale sulla Popolazione e Sviluppo, in cui si definiscono i concetti di salute riproduttiva e diritti riproduttivi, che saranno poi ripresi e fatti propri nella IV Conferenza Mondiale della Donna, l'anno successivo, a Pechino.

Sviluppo sostenibile, ma soprattutto salute riproduttiva e diritti riproduttivi sono le parole d'ordine delle recenti politiche demografiche delle principali agenzie ONU e attualmente anche di molte risoluzioni dell'Unione Europea.


Assuntina Montesi, docente di Chimica Fisica all'Università di Perugina, è l'autrice di una indagine specifica volta a scoprire l'ammontare del denaro stanziato dall'UE e le organizzazioni cui era destinato. Da quest'indagine, risulta - anche se bisogna considerare che i piani di controllo delle nascite ed i relativi finanziamenti, spesso, vengono mascherati attraverso l'uso delle parole che viene fatto nei documenti ufficiali - che nel solo periodo tra il 1994 ed il 2001, l'Unione Europea ha speso ben 665 milioni di euro per finanziare piani di riduzioni delle nascite, aborti, sterilizzazioni, programmi contraccettivi ecc., nei paesi più poveri del mondo. Nel dibattito parlamentare sulla relazione annuale sui diritti umani nel mondo nel 2003 (rel. De Kaiser), viene infatti affermato "Dal 1994 la Commissione è diventata uno dei maggiori partner nell'affrontare le esigenze di salute riproduttiva nei paesi in via di sviluppo, nel quadro degli obiettivi concordati alla Conferenza internazionale dell'ONU sulla popolazione e lo sviluppo svoltasi al Cairo dieci anni fa. Nel periodo compreso tra tale conferenza e il 2001 abbiamo stanziato oltre 655 milioni di euro per assistenza esterna esplicitamente destinata alla pianificazione familiare, alla salute riproduttiva, alla maternità sicura, all'HIV/AIDS e alla politica e alla gestione demografiche". Questo, mentre dal 2001, l'amministrazione statunitense si è rifiutata di sostenere i programmi di pianificazione familiare ed ha negato i fondi pubblici all'IPPF e all'UNFPA (Fondo per la Popolazione delle Nazioni Unite).


Per perseguire l'obiettivo planetario del controllo delle nascite, si sono mobilitati i movimenti neomalthusiani ed eugenisti. I primi considerano la crescita della popolazione come una diretta minaccia al benessere dell'Occidente, al suo accesso privilegiato alle risorse fondamentali. I secondi spingono per un processo di selezione e miglioramento genetico delle popolazioni, e ritengono che i poveri, i deboli, i malati, i disabili, non debbano riprodursi. Naturalmente le motivazioni addotte pubblicamente sono più caute, ma basta sfogliare un classico come il famoso "The population bomb" ("La bomba demografica") di Paul Ehrlich, per verificare di quale profondo antiumanesimo sia impregnato questo pensiero.

Enormi sono le pressioni a livello internazionale per utilizzare massicciamente l'aborto come mezzo privilegiato di controllo demografico. La presa di posizione di "Amnesty International", dell'agosto 2007, che ha deciso, dopo un'ampia consultazione al suo interno, di considerare il divieto di aborto come violazione dei diritti della persona, ne è testimonianza. Peraltro, né Amnesty, benemerita organizzazione che si occupa dei diritti umani nel mondo, né altre organizzazioni di questo tipo, né tanto meno le organizzazioni istituzionalmente preposte dalle Nazioni Unite al cosiddetto controllo demografico, si pongono il problema di oltre 160 milioni di donne nel mondo che vengono sottoposte alla sterilizzazione, spesso senza piena consapevolezza o in cambio di piccoli compensi, che nei paesi poveri sono decisivi. E tutto questo, in nome dei "diritti riproduttivi" e del "boom demografico".

La verità è che attraverso la nuova definizione dei diritti umani si stanno affermando la


disgregazione dell'identità maschile e femminile, l'eutanasia, la selezione genetica, i piani autoritari di controllo delle nascite. Se sono 160 milioni almeno le donne sterilizzate nel mondo, perché la dizione corrente di diritto riproduttivo sta a significare diritto a non riprodursi, la percentuale di mortalità materna nel mondo è però sempre la stessa, perché i programmi internazionali non mirano tanto a salvare le donne in gravidanza, quanto ad assicurare loro il "diritto di abortire". 


Esiste il boom demografico?


Nel 2002, le Nazioni Unite convocarono una riunione di esperti sul tema demografico, che portò a queste conclusioni: "con delle implicazioni enormi la Divisione per la popolazione delle Nazioni Unite prevede che la fecondità futura dei Paesi in via di sviluppo cadrà al di sotto della media di due figli per famiglia". Le "implicazioni enormi" sono che per il 2050, l'80% della popolazione mondiale non avrà abbastanza figli per il ricambio generazionale, il che condurrà ad un rapido declino demografico. Così, la prima pagina del New York Times annuncò con stupore, all'indomani della riunione, che gli esperti erano convinti che ci saranno 600 milioni di persone in meno del previsto in India nel 2100 e così via per il mondo.


Lo studio degli esperti Onu ("Il futuro della fertilità nei paesi a fertlità intermedia") era stato preceduto da analoghe previsioni. In un saggio su "Nature" - dei ricercatori Wolfgang Lutz ("International institute for applied systems analysis", di Laxemburg, Austria), Warren Sanderson ("State University", New York), Serghei Scherbov ("Università di Groningen", Paesi Bassi), si parlava di di un picco di 9 miliardi di abitanti nel 2070, destinati, con una probabilità dell'80%, a scendere a 8,4 miliardi per il 2100. Anche i francesi dell'"Institut nationale de études démographiques" tendevano a spostare le previsioni "verso le ipotesi basse: cioè tra 7,3 a 8,9 miliardi entro il 2050". Per la prima volta, nel 2002, uno studio dell'Onu previde l'ipotesi "media", una diminuzione, non solo un aumento sotto controllo.


Le proiezioni "medie" si erano fondate, fino a poco tempo prima, sull'ipotesi che tutti i paesi puntassero tendenzialmente all'equilibrio, cioè a un tasso di fertilità di 2,1 bambini per ogni donna. E', questo, il tasso di pura "sostituzione". In Europa questo tasso è crollato per quasi 45 anni consecutivi: dal 2,66 degli anni '50 all'attuale 1,34; in Giappone dal 2.75 all'1,33. La Russia, oggi la "peggiore", ha un tasso di 1,14 su cui pesa anche l'aumento di mortalità di vecchi e bambini oltre alla diminuzione delle nascite. Gli Stati Uniti rappresentano un'eccezione, mantenendo anche negli anni '90, un tasso del 2,00. Ma la novità, che scombussola le precedenti valutazioni, è che sta scendendo, più rapidamente di quanto chiunque se l'aspettasse, anche il tasso di fertilità "intermedio", nei paesi in cui si collocava tra il 2,1 e il 5.

Durante quella riunione del 2002, gli esperti delle Nazioni Unite ammisero che dal 1970 hanno gonfiato sistematicamente le loro previsioni demografiche per il futuro. E' noto, d'altra parte, che i paesi industrializzati erano già al di sotto dei due figli per coppia dagli anni settanta ed è solo l'immigrazione che ha posticipato il crollo demografico in zone come l'Europa Occidentale. Con l'eccezione fatta per alcuni Paesi sub-sahariani, dove la fertilità è alta, ma dove la diffusione dell'Aids sta falcidiando le popolazioni, il mondo è già al di sotto di due figli per donna o lo sarà in breve tempo. Il tasso mondiale di fecondità si trova ora all'incirca a 2.7 figli per donna. La crescita zero si raggiunge con 2,1 figli per donna. Una domanda, quindi, s'impone: tutti i miliardi di dollari spesi per il controllo della popolazione, tutte le vite umane distrutte con l'aborto, e con le campagne di sterilizzazione dal Perù all'India, che hanno sterilizzato centosessantamilioni di donne secondo le ultime stime a disposizione (e in molti casi anche ucciso), a quale logica appartenevano?



"Il terrorismo dal volto umano".


Michel Schooyans, docente di filosofia politica all'Università di Lovanio, in Belgio, per un suo libro pubblicato nel 2006 - scritto insieme a Anne-Marie Libert - ha scelto una foto dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per spiegare il "terrorismo dal volto umano". In un'intervista ad "Avvenire"  del dicembre 2006, Schooyans sostiene che nei testi delle organizzazioni del sistema delle Nazioni Unite (Fondo delle Nazioni unite per la Popolazione, Organizzazione mondiale della sanità, Unicef, ecc.) appare esplicitamente l'ispirazione malthusiana: sulla Terra ci sarebbero troppi poveri e quindi bisognerebbe controllarne il tasso demografico. Nelle stesse dichiarazioni compare anche l'ideologia neomalthusiana, ovvero il diritto di tutti al piacere sessuale senza rischio, cioè senza la nascita di bambini. Spesso le due fonti di ispirazione si combinano negli stessi documenti.


A parere di Schooyans, l'ONU è in effetti uno dei principali agenti della deriva che denuncia. Si riferisce all'utilizzazione della biologia, della medicina, ma anche della filosofia del linguaggio, della demografia, del diritto e di altre discipline per attentare alla vita dell'uomo e per dominarla. Il filosofo belga ritiene si sia in presenza di una "rivoluzione culturale, di un cambiamento perverso di queste discipline che, per loro natura, dovevano restare al servizio degli uomini".


Nei testi delle organizzazioni internazionali e negli interventi delle Agenzie dell'Onu nei paesi in via di sviluppo, viene usata la "tattica del salame", così la definisce Schooyans : si cerca di condurre gli avversari a sottoscrivere, poco a poco, in maniera impercettibile, quei programmi che essi rifiuterebbero se fossero loro sottomessi in blocco. Il ricorso a questa tattica è oggi molto comune da parte di chi è nemico della vita umana. Questa metodologia è facilitata dall'uso dell'antifrase, facendo dire alle parole l'esatto contrario di ciò che esse significano abitualmente.


Sotto il termine "salute riproduttiva" si nasconde il diritto all'aborto; la parola "eutanasia" nasconde l'atto di dare la morte. La stessa giurisprudenza viene così sfregiata nella sua dignità perché ciò che è giusto o sbagliato viene definito come un atto di pura volontà del più forte. "Laddove il diritto alla vita non è rispettato, tutti gli altri diritti sono minacciati e la democrazia diventa impossibile - sostiene il filosofo belga - Oggi la Chiesa si trova molto sola nella difesa di questo diritto fondamentale. Non è mai stato così pressante il dovere profetico della Chiesa".



Intervista a Eugenia Roccella, scrittrice, ricercatrice universitaria, editorialista dell'"Avvenire", co-portavoce del "Family Day".



Che origine ha l'eugenetica? E' d'accordo con chi sostiene che l'eugenetica consiste nell'uso della biologia per eliminare dall'umanità gli ‘indesiderati' e aumentare i ‘desiderabili'?


L'eugenetica è l'ultima utopia della perfettibilità umana, un'utopia che è riuscita incredibilmente a sopravvivere mentre le altre sono crollate con la fine del novecento. Dietro ogni utopia di questo genere c'è l'idea che l'uomo così com'è è inaccettabile, e che è necessario modificarlo, perfezionarlo, se si vuole ottenere il paradiso in terra, la felicità nel mondo. Anche il comunismo aveva alla base questo concetto, solo che il terreno su cui riteneva di dover rimodellare l'uomo era quello sociale e materiale; per il nazismo era quello della purificazione della razza. Bisogna sottolineare che non esistono utopie della perfettibilità "buone", che magari partono da intenzioni lodevoli e poi si perdono per strada: l'idea che sia necessario "raddrizzare il legno storto dell'umanità", secondo la nota definizione kantiana, è in sé sbagliata e non può produrre che violenza e sopraffazione. L'eugenetica nasce da un trasferimento della vulgata darwiniana nell'ambito della procreazione umana. Se la natura produce adattamenti e miglioramenti attraverso la selezione, perché non imitare il metodo, e selezionare anche tra gli uomini i migliori? Impedendo ai malati, ai portatori di forme di disabilità psichica o fisica, ai devianti, ai neri, a chiunque sia ritenuto inferiore, di riprodursi, l'umanità - grazie all'ereditarietà - diventerà più intelligente e più sana, quindi più forte e ricca di potenzialità. Margaret Sanger, grande divulgatrice del controllo delle nascite e membro della ‘American Eugenic Society', classificava le persone come ‘fit' e ‘unfit', cioè adatte e inadatte, giuste e sbagliate. L'eugenismo, viene in genere identificato con il nazismo, ma in realtà non ha un preciso colore politico, e non è morto con la fine della II guerra mondiale. E' sopravvissuto, per esempio, nella Svezia socialdemocratica degli anni '50, e in Giappone le ultime leggi eugeniste sono state abrogate negli anni '80 sotto la spinta delle associazioni di disabili. In particolare  l'eugenismo è riuscito a sopravvivere associandosi alle correnti antinataliste nate negli anni '60. In questo modo si è arrivati al predominio internazionale di una cultura neomalthusiana, basata su un eugenismo mascherato e mescolato a concetti nuovi, come quello di sostenibilità ambientale, o di equilibrio tra risorse e sviluppo.


Qual è, a Suo avviso, la ragione sostanziale, e in questo senso più vera, dei diritti riproduttivi intesi come diritti a non riprodursi e della politica antinatalista promossa per decenni dalle organizzazioni internazionali, ONU e Unione europea, innanzitutto?


Nel dopoguerra, dopo una prima fase di boom delle nascite, ha cominciato a diffondersi il timore che le risorse disponibili a livello mondiale non sarebbero bastate se la popolazione continuava a crescere a ritmi troppo sostenuti. Secondo molti economisti e scienziati lo sviluppo demografico avrebbe frenato quello economico; le risorse, esaurendosi, avrebbero fatto impennare i prezzi provocando terribili crisi. In realtà tutte le previsioni fatte in quegli anni si sono rivelate totalmente sbagliate, perché le risorse non sono un fattore fisso: su di esse incidono l'innovazione tecnologica, la capacità inventiva dell'uomo, la crescita delle conoscenze, i cambiamenti di cultura e di stili di vita, ecc. La paura del mondo occidentale era rivolta però soprattutto verso i paesi terzi, il cui livello di fertilità era ritenuto eccessivo. Si pensava che la sovrappopolazione non solo costituisse un ostacolo per lo sviluppo di quei paesi, ma che alla fine avrebbe direttamente minacciato il benessere e la tranquillità dei paesi ricchi. E' per bloccare la natalità nel terzo mondo che sono stati costituiti organismi come l'Unfpa, il ‘Fondo internazionale delle Nazioni Unite per la popolazione', che finanzia i piani di controllo delle nascite dei governi locali. Ed è a questo scopo che vengono largamente foraggiate organizzazioni non governative come l'Ippf (‘International planned parenthood federation'), nata da un gruppo di associazioni eugeniste, per iniziativa della già citata Margaret Sanger. Negli anni ‘70, la nascita dei movimenti delle donne in Europa e negli Usa ha fornito una perfetta copertura ideologica all'antinatalismo delle Nazioni Unite. La pianificazione familiare è diventata un diritto umano, e la rivendicazione femminista della maternità come libera scelta si è trasformata nei cosiddetti diritti riproduttivi. Ma questi cosiddetti diritti, nella pratica, non sono altro che le vecchie politiche governative di controllo delle nascite, messe in atto spesso con violenza e cinismo, senza nessun rispetto per la volontà delle donne. Quando dico che i diritti riproduttivi sono solo i diritti a non riprodursi, intendo che sono stati inventati al solo scopo di fermare la crescita demografica, e che nessuno ha veramente a cuore la libertà delle donne di essere madri.


Lei ha scritto: per perseguire l'obiettivo planetario del controllo delle nascite, si sono mobilitati i movimenti neomalthusiani ed eugenisti. I primi considerano la crescita della popolazione come una diretta minaccia al benessere dell'Occidente, al suo accesso privilegiato alle risorse fondamentali. I secondi spingono per un processo di selezione e miglioramento genetico delle popolazioni, e ritengono che i poveri, i deboli, i malati, i disabili, non debbano riprodursi. Questo antiumanesimo - come Lei lo definisce - che rapporto ha con i progetti di sterilizzazione di massa promossi ed attuati dal nazismo?


Un rapporto di continuità inconsapevole; l'eugenismo, come abbiamo detto, è un'utopia di perfezione, e spesso i suoi sostenitori si sentono benefattori dell'umanità. Ma nei fatti comporta sempre un tasso altissimo di disumanità e violenza, che sia praticato dai nazisti o dai socialdemocratici svedesi. Nei paesi in via di sviluppo, comunque, ha prevalso l'ideologia neomalthusiana, anche se le venature razziste sono sempre presenti (basta leggere i testi di Beaulieu, l'inventore della pillola abortiva Ru486, o quella bibbia degli antinatalisti che è ‘The population bomb' di Paul Ehrlich ). I programmi di controllo delle nascite nei paesi terzi, in gran parte finanziati dall'Onu, sono forme di pianificazione demografica verticistica e spesso cruenta, che non vanno tanto per il sottile. Dietro le belle parole delle risoluzioni Onu, c'è spesso la complicità con le sterilizzazioni e gli aborti forzati, con le sperimentazioni selvagge di metodi contraccettivi, nel silenzio di troppe organizzazioni umanitarie. Nei paesi terzi ci sono circa 160 milioni di donne sterilizzate, mentre in Occidente sono pochissime; è evidente che nessuna donna sceglierebbe spontaneamente la sterilizzazione come metodo contraccettivo. La sterilizzazione chirurgica viene imposta attraverso diverse forme di pressione, che siano piccoli incentivi economici, o forme velate di ricatto. E' noto il ruolo di Puerto Rico nella sperimentazione sulle donne della pillola contraccettiva  (gli scienziati che lavoravano su metodi anticoncezionali, da Pincus a Beaulieu, sono passati praticamente tutti da lì), ma c'è anche l'India, il Bangladesh, e così via. In India il governo di Indira Gandhi cadde perché ci fu una ribellione popolare contro le campagne massicce per la vasectomia (la sterilizzazione maschile, tecnicamente più semplice di quella femminile); i governi da quel momento hanno capito che era meglio agire sulle donne, che non hanno voce pubblica, e non protestano quasi mai. Bisognerebbe citare almeno l'adozione della Quinacrine per la sterilizzazione chimica (si tratta di un farmaco antimalarico che provoca una sorta di necrotizzazione delle pareti uterine) oppure parlare dell'uso cinico di farmaci pericolosi per la salute femminile, che nel mondo occidentale non sono permessi. E naturalmente va ricordata la campagna ventennale della Cina per il figlio unico, condotta a base di aborti forzati, galera, sottrazione dei neonati alle famiglie, controllo poliziesco, repressione violenta e ritorsioni nei confronti dei parenti di chi disobbediva. Al responsabile ufficiale di questa politica (il ministro cinese per la popolazione) il segretario dell'Onu, Perez de Cuellar, diede un premio nell'83, senza che nascesse un caso internazionale o che si levassero molte voci di protesta.


La decisione di Amnesty International dell'agosto scorso, che, dopo ampio dibattito al suo interno, decide di considerare il divieto di aborto come violazione dei diritti della persona, senza porsi neanche il problema di circa 160 milioni di donne che vengono sottoposte a sterilizzazione forzata, si può collocare all'interno di una nuova definizione dei diritti umani, che sembra affermarsi, che comprende, tra l'altro, disgregazione dell'identità maschile e femminile, eutanasia,  selezione genetica, piani autoritari di controllo delle nascite?


Sulla progressiva modificazione dei diritti umani in sede internazionale ci sarebbe molto da dire. Ma voglio limitarmi alla questione di Amnesty, perché fa capire come coloro che agiscono in campo internazionale siano esposti alle pressioni dei poteri forti antinatalisti (Unfpa, Banca mondiale, Fondazione Rockfeller, Fondazione Ford, e così via). Amnesty International non aveva mai, prima d'ora, affrontato la spinosa questione dei diritti riproduttivi. Tanto da non aver mai denunciato le sterilizzazioni e gli aborti forzati come violazioni primarie dei diritti umani. Oggi invece sostiene che i paesi dove l'aborto è vietato calpestano (almeno nei casi di stupro) i diritti umani. Due pesi e due misure: se subisco una violenza e non mi permettono di abortire, secondo Amnesty, hanno violato un mio diritto, ma se vado in ospedale per curarmi, e mi sterilizzano senza nemmeno dirmelo, no. Forse per la prima volta nella sua storia, Amnesty ha preferito schierarsi con i più forti, con la maggioranza. Ci sono moltissime organizzazioni che si occupano di praticare aborti nelle zone a rischio; anche l'Unfpa aveva approntato un kit per l'interruzione di gravidanza da distribuire nei campi profughi. Purtroppo, invece, sono pochissime quelle che si occupano di denunciare l'enorme numero di violenze e soprusi commessi in nome dei cosiddetti diritti riproduttivi. La definizione stessa è umiliante per le donne: il termine ‘riproduzione' si riferisce alla riproduzione dell'identico. Si riproduce un'immagine, un testo, un animale, non l'uomo, che è unico. Sarebbe meglio, dunque, parlare di procreazione o generazione. Ma ‘diritti riproduttivi' si adatta meglio a quel processo di spersonalizzazione della maternità e paternità che è in atto. Il figlio diventa un diritto individuale, e non il frutto naturale di una relazione tra un uomo e una donna che si amano e assumono un impegno reciproco. Così la generazione umana viene sottratta alla sua vera particolarità, l'essere al centro di rapporti affettivi e di responsabilità reciproche. Questa individualizzazione dei diritti riproduttivi va di pari passo con il tentativo di decostruire la differenza sessuale, e farne semplicemente una delle tante differenze possibili. Ricordiamo la proposta, avanzata nel 1994 durante la preparazione della conferenza di Pechino (fortunatamente poi scartata) di riconoscere ‘almeno' cinque sessi; oppure la cancellazione, da tutti i documenti delle Nazioni Unite, delle parole cosiddette sessuate, in favore di quelle non connotate sessualmente; parole come madre o padre sono sostituite da genitore; uomo e donna da persona o individuo;  famiglia da progetto parentale".


Nel 2002, le Nazioni Unite convocarono una riunione di esperti sul tema demografico, che portò a queste conclusioni: "con delle implicazioni enormi la Divisione per la popolazione delle Nazioni Unite prevede che la fecondità futura dei Paesi in via di sviluppo cadrà al di sotto della media di due figli per famiglia". Durante quella riunione del 2002, gli esperti delle Nazioni Unite ammisero che dal 1970 hanno gonfiato sistematicamente le loro previsioni demografiche per il futuro. Lei non crede che uno dei problemi più seri che la politica dovrebbe affrontare sia relativo alla Riforma dell'intero sistema delle Nazioni Unite?


Sicuramente. Oggi ci sono contraddizioni intollerabili, perché non si fa alcuna differenza tra paesi con regimi totalitari o autoritari e paesi democratici, perché il funzionamento dell'Onu è farraginoso, burocratico e caotico, e perché il nucleo di nazioni che dovrebbe prendere decisioni è sempre quello uscito dagli equilibri della II guerra mondiale, tra l'altro bloccato nella sua capacità di iniziativa dal gioco dei veti incrociati. Ma è difficile condurre in porto un'operazione di riforma, e alla fine prevale l'idea che è meglio comunque avere una sede in cui poter mediare politicamente tra tutti i paesi, sia pure senza grandi risultati.


Nel giugno 1984, Giovanni Paolo II rivolse un messaggio a Rafael Salas, allora Segretario Generale della Conferenza Internazionale sulla Popolazione e Direttore Esecutivo del ‘Fondo delle Nazioni Unite per le attività concernenti la Popolazione'. Il Papa usò parole profetiche: ‘(...) è da esecrare come gravemente ingiusto il fatto che nelle relazioni internazionali l'aiuto economico concesso per la promozione dei popoli venga condizionato a programmi di contraccezione, sterilizzazione e aborto procurato'. La voce della Chiesa è rimasta a tutt'oggi in gran parte inascoltata. Questo procedere ‘contro il Cristianesimo', contro la vita e la dignità della persona umana, quali conseguenze può avere per il futuro delle relazioni tra gli esseri umani e per il pianeta?


Non voglio essere catastrofista, ma certo oggi siamo a una svolta, o perlomeno in equilibrio su un crinale difficile. E' in gioco l'uomo come l'abbiamo conosciuto fino a qui, l'uomo con la sua antropologia millenaria, la sua imperfezione e la sua preziosa unicità. La sfida del mondo laico, raccolta per esempio da filosofi come Habermas, è di trovare un'etica condivisa, universalmente valida e fondata sulla ragione, che freni la deriva relativista, e possa orientare anche la ricerca scientifica. Nulla di quello che è umano può sottrarsi al giudizio etico, all'idea di bene e di male, e quest'idea non può valere per uno sì e per l'altro no. Chi pensa che il relativismo crei un maggior rispetto tra le diverse culture e religioni sbaglia, perché solo se esiste un territorio comune di concetti e criteri condivisi si può discutere. Se io ritengo che uccidere sia lecito e tu no, ogni confronto è impossibile, la partita è chiusa. La polarizzazione tra laici e cattolici è tutta ideologica, e serve soltanto a mascherare i problemi concreti. La difesa della vita e della dignità umana non sono, e non dovrebbero essere, prerogative dei soli cattolici. Se arriviamo a questo punto, vuol dire che la cultura laica ha fallito.

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Dossier a cura di D.Q. - Agenzia Fides 23/8/2008; Direttore Luca de Mata