Rassegna stampa nazionali Italia

La Croce Quotidiano, tra i quotidiani nazionali, l’isola felice, ed aperta a tutti, che sola parla dell’umano

la croceSi svolgerà a Riolo Terme il 23 ed il 24 settembre la seconda Festa Nazionale del giornale online (per ora) denominato “La Croce Quotidiano”. Per chi non lo conoscesse, si tratta dell’organo ufficiale del Popolo della Famiglia, il movimento di Mario Adinolfi e Gianfranco Amato, sorto dall’esperienza del Family Day del 2016. Ne parliamo con il Coordinatore del Nord Italia del PDF e organizzatore della festa, Mirko De Carli.         


Gentile Mirko De Carli ci si appresta, a breve, alla seconda Festa Nazionale del giornale La Croce quotidiano. Ci ricorda le peculiarità e l’importanza della ricorrenza?

Mirko De Carli: L’esperienza della Croce Quotidiano, senza esagerare, è quella di un miracolo che si rinnova ogni giorno. Siamo nati nel 2014, ancor prima dei Family Day, per dare voce a chi non si rassegnava al silenzio di fronte alla marea montante dei falsi miti di progresso. Quella di Mario Adinolfi e di pochi amici, inizialmente, è stata la sana incoscienza di chi sentiva l’imperativo di avere qualcosa da dire pur non avendo i mezzi per dirla. Solo per questo motivo, molti pensavano che saremmo durati assai poco. Come tante altre avventure di carta che in Italia nascono grazie ad apporti improvvisati, o interessati, ma poi non girano la boa del primo anno di vita. Invece, anche se la mancanza di contributi pubblici unita alla crisi dell’editoria ci ha costretti ad essere soltanto on-line, per gli eccessivi costi di distribuzione, noi continuiamo a garantire ogni giorno ai nostri lettori un’avventura editoriale di qualità. Mediante la Croce Quotidiano non solo i cattolici, ma tutti coloro che hanno la sensibilità di avvertire la grande crisi dell’umano che attanaglia la cultura e la politica, hanno l’occasione di leggere quello che gli altri non dicono. Da un punto di vista cristiano, sul nostro giornale si può approfondire quello che altrove, nemmeno dove più ce lo si aspetterebbe, non viene più analizzato nella giusta prospettiva della dottrina sociale della Chiesa. Il miracolo di cui parlavo consiste soprattutto nei collaboratori che ogni giorno danno vita alla Croce Quotidiano. Questi, pur non essendo professionisti dell’informazione, dimostrano una sorprendente vitalità culturale. La loro sensibilità si è affinata non solo in anni di studi - spesso storici, filosofici e teologici se andiamo a vedere i curriculum dei più - ma soprattutto nella preghiera, che dona la capacità di leggere tra le righe della realtà di ogni giorno ciò di cui ha veramente bisogno il cuore dell’uomo moderno. Siamo la dimostrazione di come, in questo tempo, ciò che veramente merita di essere conosciuto il più delle volte è nascosto, o quasi.



Purtroppo, con sofferenza, nel panorama dei giornali italiani di ispirazione cattolica, e le agenzie legate alla CEI, si registra, da qualche anno, una flessione al ribasso sull’umano, almeno su argomenti significativi. Un fraintendimento operativo grave che a dispetto di tutte le indicazioni fornite negli anni dai Pontifici per la Comunicazione, ed anche dal Santo Padre, Papa Francesco, si privilegia l’aspetto del contenitore salottiero che mette in equivalenza tutte le voci e gli argomenti ivi presenti senza dare un punto, un ragionevole dubbio stimolante, autentico, su argomenti di morale naturale quali i fatti sulle persone omo-affettive, capi-scout, gender, ecc. È come se tali giornali ed agenzie siano rimaste incatenate nel pur buono desiderio di pluralità e di accoglienza di altre voci senza, però, nel contempo, proporre con chiarezza, con sapienza salante, con dimensione profetica, la dimensione preternaturale necessaria e che deve essere con pazienza, e sempre linguaggio nuovo, svelata, per la buona veicolazione del Vangelo. Manca proprio un et-et logico. Un rispetto del reale, dell’incarnazione e della propria vocazione luminosa. C’è solo lo scendere giù e non c’è il risalire verso gli ampi respiri. Però ci rendiamo conto che ognuno compie le battaglie con i soldati che ha. Peccato perché, pur con diversi accenti, c’è veramente spazio per molti nel servire l’uomo.

Mirko De Carli: Mi piace ricordare le parole del compianto Cardinale Carlo Caffarra, che per imperativo di coscienza negli ultimi anni non si nascose, e non nascose a noi tutti, che “la confusione che oggi c’è nella Chiesa la vedrebbe anche un cieco”. L’editoria cattolica sembra proprio essere quel cieco evangelico che è tale non per disgrazia e nemmeno per malevolenza, bensì per una sorta di mistero, per il quale ha occhi ma non vede e orecchi ma non ode. E dire che l’editoria cattolica ha conosciuto in tempi anche recenti una relativa vivacità. C’è da chiedersi, considerato tra l’altro che in molti casi il personale giornalistico è lo stesso, che fine abbia fatto quella stagione di “Avvenire” nella quale tutto il mondo dell’informazione italiana doveva riconoscergli di essere il meno provinciale nello stabilire la gerarchia delle notizie. Pare che, invece di leggere i segni dei tempi, la stampa cattolica ufficiale si sia adeguata, per volere delle gerarchie, a una stagione che trova la sua cifra specifica proprio nell’inadeguatezza rispetto ai tempi che viviamo. La fine della stagione dei cosiddetti valori non negoziabili ha portato a uno spostamento dell’attenzione. La crisi dell’umano, che invece sarebbe il punto dal quale partire per uno sguardo consapevole sulla realtà, si è quasi eclissata dietro la crisi sociale. Purtroppo, su questo versante si è persa completamente l’originalità del pensiero cattolico, e tornano in mente i giudizi sferzanti che già negli anni ‘70 furono di Augusto Del Noce, che nel rispondere a Gramsci e alla sua idea di cattolicesimo democratico che “amalgama, ordina, vivifica e si suicida” commentava che è solo a partire dall’idea del suicidio che si può intendere il compromesso col mondo voluto da tanti cattolici.



Dove c’è un vuoto propositivo si affacciano risposte non adeguate, legate magari a dimensione stataliste e/o liberiste. Per questo è indispensabile far conoscere la Croce quotidiano e sperare che quanto prima possa andare in edicola con il cartaceo.

Mirko De Carli: Tornare in edicola, nonostante si sia nell’era digitale, è uno dei nostri obiettivi perché il mercato continua a richiederlo. Speriamo di riuscirci quanto prima, ma essere relegati on-line è il prezzo che paghiamo volentieri per conservare la nostra indipendenza e diversità. La Croce Quotidiano è un’esperienza di informazione nella quale veramente si ritrovano le radici dell’umano che la nostra società rinnega più decisamente. Quello che andrebbe urgentemente detto agli italiani e agli europei di oggi, anche quando proviene dalla Chiesa, è un messaggio che viene sempre più edulcorato, fino a confondersi in un generico fervorino egualitario e filantropico. Nel mondo della comunicazione, i grandi organi di stampa inseguono la battuta informale di Papa Francesco e la trasfigurano, affinché sembri venire incontro ai desideri del mondo. Noi invece siamo gli unici che danno ampio spazio a quei discorsi del Pontefice che al contrario richiamano alle responsabilità che il mondo continua a non volersi sentir ricordare. Quel che nella comunicazione rimane nascosto, anche per colpa del giornalismo cattolico ufficiale, noi lo spariamo in prima pagina. Intanto, come detto all’inizio, il prossimo 23 e 24 settembre a Riolo Termine ci sarà la seconda festa nazionale della Croce Quotidiano, e quella sarà una festa nel senso più pieno del termine. Intendo dire che sarà il momento nel quale il nostro popolo ritroverà tutta la consapevolezza di essere tale, e di avere quell’identità collettiva e militante senza la quale un popolo è solo un insieme di individui disorientati. Come la ritroverà? È presto detto: tra gli applausi. Non per autoreferenzialità, ma per profonda capacità di riconoscersi. Ad alternarsi negli incontri politici e culturali saranno soprattutto i nostri militanti, nonché le varie firme della Croce Quotidiano, come già accaduto lo scorso anno a Bologna, nel corso della prima edizione della kermesse. Dalla consapevolezza di essere popolo nasce una gioia che è lo specifico della festa, e chi non vi è coinvolto solo nel sentire l’eco degli applausi potrà riuscirne ad assaporarne il significato. Sarà un’esperienza emozionante anche per chi non fa parte del Popolo della Famiglia, ma sa guardare alla politica ancora con occhi limpidi.



La potenza del Popolo della Famiglia è che esso è un partito politico che spezza l’ordinaria categoria degli ordinari partiti. Con questo non vogliamo negare le fragilità dell’umano, di uomini e donne che compongono questo tessuto, con tutte le loro povertà, ma che in linea di fondamenti e di obiettivi, piccoli e grandi, c’è il servire la Polis, con le colonne del Patrimonio umano naturale e della Dottrina Sociale della Chiesa. Patrimonio obnubilato dai cattolici in politica, per accidia esistenziale, prima che pragmatica. Questa ventata di aria fresca, umana, civica, profetica, nella vita della politica italiana è necessaria. Così come è necessario nel panorama dei giornali quotidiani nazionali La Croce Quotidiano.

Mirko De Carli: Ovviamente, non avrei saputo dire di meglio. Tuttavia, il Popolo della Famiglia più che spezzare la categoria dei partiti vuole ricondurli alla loro funzione. Abbiamo vissuto una lunga stagione di partiti personali, ai quali si sono contrapposti movimenti che non sono mai riusciti ad essere veramente di popolo, nel senso pieno, comunitario e identitario del termine. Noi stiamo riproponendo tutta l’originalità del pensiero della dottrina sociale della Chiesa, come terza via della quale la nostra società ha tanto bisogno, proprio perché si ostina a non ammetterlo. Altre esperienze editoriali di questo tipo, non di testimonianza indiretta ma connesse a un movimento politico militante, che non ha paura di mostrarsi come tale, in Italia non ce ne sono. Persino “La Croix” francese, lo storico quotidiano al quale appare ispirato il nome della nostra testata, non riesce più ad incarnare l’identità cattolica e anzi sembra volerla un po’ condurre a tutti i costi a quel compromesso di sapore gramsciano del quale parlava Del Noce. Lo dimostra anche il suo endorsement per il candidato Emmanuel Macron alle ultime elezioni politiche transalpine. Insomma, ci sono logiche non soltanto commerciali, ma strettamente mondane, che impediscono a tanta parte del pensiero cattolico di saper dire una parola originale e coerente sul mondo, continuando tuttavia non essere del mondo come il Vangelo richiede. Eppure, il favore che noi riusciamo progressivamente a incontrare tra la gente, ci fa capire che questa parola sul mondo che solo noi continuiamo a dire è veramente attesa dalla gente comune, dal popolo italiano che si sente minacciato nella sua identità e sicurezza. Anche se questa parola viene censurata da parte del resto dell’informazione, e nello stesso tempo confusa con le reazioni di pancia del populismo, che non ci appartengono.



Lo spessore, il target, nel contempo l’aspetto divulgativo ed autentico delle notizie, tutto questo è ciò di cui ha bisogno il popolo italiano per continuare a pensare ed avere l’ampio respiro del Bene Comune. Un giornale che sia rispettoso e si fondi anche sull’Educazione Civica, su quella disciplina ed onore richiesta dalla Costituzione all’art. 54.

Mirko De Carli: Il fatto che il nostro Paese abbia il profondo bisogno di un ritorno all’educazione, è indubbio. Questa è la dimensione costitutiva di un quotidiano come “La Croce”, così come di tutto il Popolo della Famiglia. È la nostra missione. Facile che torni in mente a questo punto il messaggio di Don Giussani sul rischio educativo, ma si tratta di un discorso che anche i grandi pensatori laici avevano saputo individuare. E questo non da ieri, ma da ormai ben più di un secolo: la mancanza di un’educazione popolare come grande limite del nostro paese. Penso, ad esempio, all’opera di rinnovamento civile che ebbero agli inizi del ‘900 riviste come quelle fiorentine tipo il Leonardo, il Regno, e poi la più famosa Voce. Nessuno può dire che si trattasse di fogli cattolici, perché la conversione di Giovanni Papini all’epoca era al di là da venire. E Giuseppe Prezzolini si firmava come Giuliano l’Apostata, il che è tutto dire. Ma nonostante la grande artigianalità, e il fatto che quelle riviste venissero redatte da giovani ancora meno che ventenni, con un centinaio (!) di abbonati o poco più, non ha impedito di avviare un meccanismo che ha cambiato nel profondo la cultura italiana. Tanto è vero che tra quei pochi abbonati c’erano tutti i migliori nomi della cultura e della politica nazionale del prosieguo del secolo. I cattolici non sono rimasti a margine di quel processo, anche se il loro apporto è stato molto al di fuori dei canoni imposti dalla gerarchia del tempo. Ma anche loro, già in quel momento, dissero che il problema fondamentale dell’Italia era educativo. Non economico, né politico, né sociale, ma educativo. Oggi dopo quasi centoventi anni ci ritroviamo più o meno con le stesse problematiche. L’Ocse continua a dare giudizi impietosi sulla scuola italiana, che tuttavia andrebbero interpretati con meno provincialismo. È vero che in Italia non esiste ancora un adeguato equilibrio tra il sapere umanistico e quello tecnico, ma non nei termini nei quali normalmente i pensatori laicisti osservano il problema. Purtroppo esiste ancora la mentalità borghese e azionista, per cui i ritardi culturali del nostro Paese dipenderebbero dal fatto di non aver avuto una riforma protestante, come invece accaduto nel nord Europa. Niente di più sbagliato, perché al contrario è proprio la cultura civile cattolica che ha plasmato ciò che di buono ancora resta nelle nostre comunità, ed è proprio la mancanza di una libertà educativa e civile per i cristiani, in senso strettamente cattolico, che fa sì che il nostro Paese stia faticando a ritrovare la sua strada.


A cura di Paul Freeman per il sito www.ilcattolico.it

Memoria di S. Maria Addolorata
15 settembre 2017