A Giesu nel deserto
- Dettagli
- Creato: 23 Febbraio 2015
- Hits: 3968

La venerabile clarissa Francesca Farnese (1593-1651) è una delle figure rappresentative della spiritualità del Seicento in cui l’affezione a Gesù e Maria si esprime anche attraverso la poesia, ossia un genere letterario privilegiato dai mistici in cui partecipazione emotiva e passionalità sono ben presenti, come mostra la sottostante composizione dedicata alla contemplazione di Gesù nel deserto.
Chi vuol vedere cose stupende, e nuove
Corra al deserto, e con acceso cuore,
Quivi contempli il sommo alto motore,
Quel, ch’il tutto governa, ordina, e muove.
Quel, che nel cielo ha la sua stanza, hor stassi
In orrido deserto aspro, e sassoso,
Siede soletto à ogni mortal’ascoso
Tra sterpi, e pruni, e tra dirupi, e sassi.
Et è pur quel, cui fan corona intorno
Mille migliaia di beate schiere
D’elette spirti, che con gran piacere
Lodano il nome suo la notte, e’l giorno.
E quello ancor, che sopra i cherubini
Siede, e si posa, e à cui si curva, e piega,
A terra ogni ginocchio, e alcun nol niega
Di far’al di lui nome humil’inchini.
Quello che tremar fa la terra, e’l cielo.
Stà con le membra sue divine, e sante
All’aria, al freddo, pallido, e tremante,
Fatte per amor mio quasi di gelo.
Quello che regge il mondo, e che nutrisce
Fin i polli de’ corvi, et à ciascuno
Il cibo porge in tempo più opportuno,
Hor fatto huomo mortal fame patisce.
Povero è divenuto, erme, e meschino,
Esule fuor del suo celeste regno,
Per far che l’huom, che se ne rese indegno,
Torni a esser del ciel cittadino.
Sono i palazzi suoi caverne, e grotte,
gl’apparati, le spine, i tronchi, i sassi,
Son le sue feste, le delitie, e spassi
I digiuni, il patir di giorno, e notte.
Sono i suoi corteggiani orsi, e leoni,
cervi, caprij, conigli et altre fiere,
Che d’intorno gli vanno à schiere, a schiere,
E stanno al suo cospetto humili, e proni.
Chi d’immenso stupor non verrà meno,
Vedendo tra le fiere habitar Dio?
Chi sarà sì crudele, ingrato, e rio,
A cui di compassion non s’empia il seno?
Chi sarà quel, che non s’elegga in sorte,
Nel deserto habitar fin c’haurà vita,
Facendo compagnia cara, e gradita
Al suo dolce Giesù fin’alla morte?
Io per me quest’eleggo, e vò soletta
Starmi sempre con lui fissa, e mirando
Quel bellissimo volto, contemplando
La deitate in lui chiusa, e ristretta.
Mirando tutt’i moti, gesti, i passi,
Riscalderò delle sue membra il gelo,
Lo seguirò con amoroso zelo
Tra le fiere, trà tronchi, e spine, e sassi.
Asciugarò dalla fronte divina
Il gelido sudor, de gl’occhi il pianto,
Dalle ingiurie del ciel con il mio manto
Cuoprirollo, e starommi à lui vicina.
Infin che venga l’hora fortunata,
Che dal deserto al ciel voli quest’alma,
Dove non meritata eterna palma
Per sua bontà gli tiene Iddio serbata.
Per un approfondimento cfr. Da santa Chiara a suor Francesca Farnese. Il francescanesimo femminile e il monastero di Fara in Sabina, a cura di S. Boesch Gajano e T. Leggio (Sacro/santo, 21), Viella, Roma 2013.
Altre poesie della venerabile suor Francesca Farnese in:
http://www.ilcattolico.it/rassegna-stampa-cattolica/formazione-e-catechesi/la-venerabile-francesca-farnese-in-onore-di-maria-assunta.html