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Da Monistrol la strada sale in stretti tornanti. È un’apparizione improvvisa, a una curva, il massiccio di Montserrat: splendido, tanto che accosti, ti fermi, per restare a guardare. Una schiera di guglie color oro, una accanto all’altra come sorelle; le forme più bizzarre – bambole, frati, teschi. Ma tutte arrotondate, limate da milioni d’anni di vento; da quando, qui, le acque del mare si ritirarono, e lasciarono indietro questo conglomerato di roccia, come un immenso trono. Come se si aspettasse una regina. In cima, il santuario. La facciata degli anni Quaranta, dura, d’impronta littoria, fa pensare a una fortezza. Ma in fondo alla navata centrale, in alto, c’è la cappella della Vergine. È nera e bella, austera; vestita d’oro, il Bambino in braccio. Nella mano destra regge il cosmo. Senza alcuno sforzo; come se naturalmente le appartenesse.
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