La dottrina sociale della Chiesa nacque a fine '800 come risposta alle teorie economiche "moderne": il liberismo capitalista di Adam Smith e successori, e il collettivismo statalista organizzato in teoria scientifica da Carl Marx. Due teorie l'un contro l'altra armate, tra le quali la proposta cattolica poteva sembrare essenzialmente quella di una terza via moderata?
In realtà, così non è. La dottrina sociale della Chiesa essenzialmente diversa dalle due teorie "scientifiche", perché parte da presupposti radicalmente differenti. È una visione fondata non sul capitale o sui mezzi di produzione, ma sulla persona umana. La dottrina cattolica compie quindi il "salto" essenziale di non considerare il lavoro dall'uomo come semplice "merce". Essa afferma poi la centralità del "bene comune" e mostra grande attenzione ai temi del solidarismo e del cooperativismo (ben diverso dal collettivismo imposto) che tanti sviluppi avrebbero avuto nel tempo. La proprietà privata è accettata come diritto dell'individuo, così come la redistribuzione delle risorse a favore delle classi sociali più deboli; la ricchezza, in questa visuale, ha un fine sociale, la carità è più che mai cuore pulsante del messaggio cristiano. «Senza la carità non sarei nulla», come insegna Paolo. Al di là della radicale divergenza in tutto le due teorie economiche "scientifiche" si dipartono da una radice comune che permette di considerare il lavoro umano come merce; fatto che porta in sé la radice di una disumanizzazione possibile. Non è poi così importante se il lavoro-merce può essere trattato come un bene da acquisire, speculandovi sopra, o da ripartire collettivamente su indicazione statale, in modo fatalmente coercitivo.
La trasformazione implicita dell'uomo in merce e quindi in una "cosa" è un rischio sempre presente in teorie che non mettono al centro l'uomo stesso e il bene comune, che pongono l'uomo in funzione di un qualcos'altro che può essere il profitto nato dal plusvalore, o gli astratti interessi del proletariato o la produttività. La ricerca del bene di tutti e di ciascuno non ha molto in comune con la durissima coercizione imposta per il benessere del proletariato (basta leggere qualche pagina di quei campionari di orrori che sono Arcipelago Gulag di Solzenycin o I racconti di Kolima di Salamov); la libera iniziativa e il diritto alla proprietà privata, similmente, non hanno molto in comune con le raffinate speculazioni che hanno portato alla crisi di questi mesi. Il disastro della finanza creativa, dell'economia del debito, dimostra anche che certe critiche rivolte alla Dottrina sociale della Chiesa potevano essere risparmiate. Si era infatti scritto che la Dottrina sociale cattolica era "antiquata" se paragonata ai grandi perfezionamenti degli ultimi anni in materia di strumenti finanziari. Gli eventi hanno dimostrato che tali sviluppi nell'arte della finanza non erano poi così "perfezionati". Le parole del Papa, da Leone XIII ad oggi, sono e saranno più che mai preziose nel momento di sbandamento che il mondo attraversa dopo l'ennesimo fallimento delle "magnifiche sorti e progressive". Se non si pone Dio al centro dei nostri cuori, vi si pone Mammona: denaro, profitto, ideologia, tecnica. Ecco allora che fatalmente il posto dell'uomo, invece di assumere maggiore centralità per l'eliminazione di Dio, si riduce spaventosamente. Infatti, la vera fede in Dio si accompagna sempre con la centralità dell'uomo.
S.E. Mons. GIROLAMO GRILLO - Vescovo emerito
di Civitavecchia-Tarquinia
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