Essere piccoli, abbandonati e resi nella mani del Padre

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"In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli.
E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me." (
Mt 18,1-5.10.12-14)

Erroneamente si confonde l'infanzia spirituale con l'infantilismo spirituale.

Essere "infanti" per il Vangelo significa essere pienamente compiuti e adulti ma pienamente abbandonati e resi nelle mani del Padre. Qui Dio ci chiama.


Inoltre si confonde l'essere piccoli del Vangelo come una questione anagrafica. Anche un anziano può essere "piccolo" per il Vangelo. Anzi. Anche un adulto con disabilità; anche un emarginato a causa del Vangelo. Persino un grave peccatore che riconosce veramente di essere schiacciato dalla propria miseria e dalle proprie scelte errate.

Pertanto "scandalizzare i piccoli" significa "incrinare o depauperare gravemente la fede" dei fratelli.
 
Anche la comunità ecclesiale che "mette al bando i peccatori e gli scandalizzatori" e non il peccato, cade nello "scandalo" e nel moralismo.

Nella vita sociale e politica le ideologie e i partiti fortemente ideologici cadono in questa supponenza, perché ogni ideologia vuole avere le coordinate morali dell'esistente. E quindi anche una comunità, una associazione moralistica, una setta religiosa, un partito politico, può cadere in una sorta sottile di "disprezzo dei piccoli".
Che è tutt'altro di un cammino morale.

Questo non significa che non bisogna essere duri, chiari e fare verità e chiamare il peccato peccato e lo scandalo scandalo.
Persino l'atto estremo, e talvolta necessario, della scomunica dev'essere un atto di misericordia e di chiarezza in cui, tuttavia, non si cessa di pregare per la persona che ha rotto la comunione affinché torni alla comunione. Questa è responsabilità battesimale e continua.

La differenza tra cammino morale e moralistico è tutta qui nella fiducia nella Persona come dono di Dio perché sempre vi sia un ritorno alla Sua piccolezza.

Chi fa un cammino morale non cessa, su questa terra, finché c'è possibilità di scelta, di coniugare verità e amore.
Di pregare per quella persona - magari largamente peccatrice - per cui Cristo è morto e risorto; e prega senza giudizio sulla Persona, perché quella Persona è di Dio, è proprietà di Dio, è scaturigine di Dio persino se sceglie volutamente e gradatamente di allontanarsi da Lui per permanere, nella seconda morte, nel suo disordine.

Questo ci rende discepoli "infanti di Cristo" perché consegniamo noi stessi e quella Persona, quella storia, quel cammino "disumano" e "disumanizzante" nelle mani del Padre, con totale resa.

Perché solo chi è piccolo nel Piccolo consente al Piccolo di fare i miracoli della guarigione del cuore e della vita.
E testimonia nella Sua piccolezza che "a Dio nulla è impossibile" (Lc. 1,37).

PiEffe