
Quando Giovanni XXIII annunciò la convocazione del concilio il 25 gennaio 1959 il padre Umberto Betti stava per compiere 37 anni.
Nato il 7 marzo 1922 a Mignano di Pieve Santo Stefano ed entrato nell’Ordine dei Frati Minori dove fece la professione solenne nel 1943, ha compiuto i suoi studi a Roma e Lovanio dove ha fatto prima l’edizione critica di un testo medievale e poi una ricerca storica inerente al concilio Vaticano I; dal 1954 è ordinario di teologia dogmatica al Pontificio Ateneo Antonianum (dal 2005 Università). Nel 1961 è convocato, quale consultore della Commissione teologica, a preparare il Vaticano II; il giorno stesso della solenne apertura dell’assise conciliare, ossia l’11 ottobre 1962, l’arcivescovo di Firenze, monsignor Ermenegildo Florit, gli chiede di essere suo perito personale, incarico che Betti per impegni già presi comincia a svolgere solo da dicembre 1962. Nella prima intersessione (25 marzo 1963), Giovanni XXIII lo nomina perito mentre dal 1964 è qualificatore della Sacra Congregazione del Sant'Uffizio.
Quindi quando è coinvolto nei lavori conciliari Betti è un giovane teologo mentre, ad esempio, Henri de Lubac (1896-1991), Gérard Philips (1899-1972) e Yves Congar (1904-1995) giunsero al concilio sessantenni, già teologi affermati e con diverse pubblicazioni alle spalle. Lo stesso vale per monsignor Carlo Colombo (1909-1991), il vescovo-teologo di Paolo VI tanto che i suoi interventi nell’assemblea erano colti come indicazioni del papa stesso, il quale sembra avesse una buona intesa proprio con il padre Betti. Poi, finito il Concilio (per dirlo in termini tanto semplicistici quanto espliciti), mentre questi teologi tornarono a casa, padre Betti rimase a Roma continuando a lavorare per il post Concilio. Non è un caso che quando nel 1982 Giovanni Paolo II convocò alcuni giuristi con cui rivedere assieme per l’ultima volta il nuovo codice di diritto canonico volle assieme a loro anche un teologo e scelse proprio Betti, e nel 1983 il papa definì il nuovo Codice di Diritto Canonico l’ultimo documento conciliare.
L’opera di padre Betti si è esplicata nella stesura delle costituzioni dogmatiche Lumen gentium (soprattutto nei capitoli dedicati alla collegialità episcopale e al primato papale) e alla Dei Verbum. Ben presto fu apprezzato per la sua competenza e apertura mentale, ben sintetizzata in ciò che scrisse nel suo Diario il 13 maggio 1964: «Ma il Concilio è anche una scuola, che vale più di ogni altra finora frequentata o tenuta. Pensare di non aver più niente da imparare sarebbe come congelare la propria intelligenza, metterla in pensione per invecchiamento precoce».
Terminato il Concilio, oltre ai vari incarichi accademici, Betti fu coinvolto nell’ampio e complesso processo di ricezione del medesimo e, tra altri incarichi, nel 1968 divenne consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel 1984 consultore della Segreteria di Stato e nel 1988 consultore della Congregazione per i Vescovi. Tale importante opera la riconobbe espressamente l’allora cardinale Joseph Ratzinger che quale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il 28 novembre 1995 partecipò a un atto accademico in onore di padre Betti, che terminava il suo servizio romano per ritirarsi presso il Santuario della Verna. In tale occasione pronunciò un discorso che non fu solo un atto formale, ma espresse in sintesi il ruolo e compito del teologo e quindi della teologia all’interno della Chiesa. Tale intervento, pubblicato da un numero speciale del Notiziario della Provincia Toscana dei Frati Minori (Firenze 1996) è rimasto pressoché inedito circolando in un ambito ristretto. A nove anni dal termine del pontificato di Benedetto XVI, durante il quale ebbe modo di creare cardinale padre Betti nel concistoro del 24 novembre 2007, la rilettura del testo di Ratzinger mostra le linee di fondo del suo pensiero e magistero, ossia il connubio di fede e cultura in un’autentica dimensione ecclesiale.
«Mi è particolarmente gradito unirmi […] in occasione di questo Atto Accademico, dedicato all’omaggio del Rev.mo P. Umberto Betti, insigne teologo […]. Da parte mia, desidero cogliere l’opportunità che mi è offerta per esprimere la gratitudine della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ho l’onore di presiedere, nei riguardi di P. Betti, che al pubblico dei teologi è certamente anzitutto noto e apprezzato per le sue opere e per i suoi qualificati articoli, ma che al Dicastero per la Dottrina della Fede è conosciuto e stimato anche per il suo – già da lungo tempo – valido e sempre apprezzato contributo in qualità di consultore. È sotto questo profilo che mi permetto di richiamare alcune date significative: l’inizio della collaborazione del P. Betti con la congregazione risale all’agosto del 1964 […] In seguito, e precisamente nel maggio 1968, fu nominato consultore della Congregazione […] In questo lungo arco di tempo, che comprende il periodo della conclusione del Concilio e si estende nel dopoconcilio fino ad oggi, e che è stato segnato da una vicenda ecclesiale teologica intensa, per certi versi anche travagliata, ma comunque sempre stimolante, la Congregazione per la Dottrina della Fede si è vista impegnata nell’affrontare molteplici problemi e argomenti, intervenendo con la pubblicazione di Documenti, mirati a chiarificare e puntualizzare aspetti essenziali e fondamentali della dottrina cattolica in riferimento a tematiche più importanti e urgenti in materia di fede e costumi. Il contributo della Consulta in questo impegnativo lavoro è certamente prezioso, ed è doveroso testimoniare il riconoscimento dell’aiuto e della collaborazione prestati dai Consultori, sia nella fase di esame di una questione o in quella preparatoria di un Documento che si ha intenzione di promulgare, sia anche nella fase successiva alla pubblicazione, con il contributo di qualche commento qualificato. […] La riconoscenza della Congregazione per il lavoro assiduo e altamente qualificato, e nello stesso tempo nascosto, svolto dai Consultori, data la riservatezza esigita dalla natura delle materie trattate nel Dicastero della Dottrina delle Fede, è testimonianza del fatto che la teologia è veramente tale quando è “a servizio della fede”. È realmente a beneficio di tutti poter esprimere un sincero grazie a chi ha dimostrato e dimostra con la sua vita e con le sue opere l’immagine di una teologia, nella quale la fede e la fedeltà al Magistero entrano come elementi costitutivi, non già per mortificare l’intelligenza teologica, ma per conservarle tutta la sua dignità, al servizio della crescita e dell’edificazione dell’intero popolo di Dio».
Nelle parole dell’allora cardinale Joseph Ratzinger si coglie l’importante ruolo che padre Umberto Betti svolse nel concilio Vaticano II e nella sua ricezione tanto da essere indicato come un esempio di una retta ermeneutica. Ritiratosi nel convento di San Francesco a Fiesole, padre Betti vi morì nel 2009; fu sepolto nel Santuario della Verna dove all’inizio del corridoio che conduce alla cappella delle stimmate di san Francesco vi è la tomba del confratello cardinal Ferdinando Antonelli che lavorò in modo particolare per il primo documento conciliare, ossia la costituzione Sacrosanctum concilium sulla liturgia.
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Una redazione sintetica del presente testo è stata pubblicata in L'Osservatore Romano - sabato 5 marzo 2022, p. 7 con il titolo Un giovane teologo al concilio Vaticano II. Il 7 marzo di cent’anni fa nasceva il cardinale Umberto Betti.
Nella fotografia al concilio Vaticano II il giovane padre Umberto Betti con la chioma nera che guarda alla sua sinistra il più anziano p. Henri de Lubac dai bianchi capelli.