"Rapisca ti prego Signore,
l'anima mia da tutto ciò che è sotto il Cielo
e concedimi di morire per amore dell'Amore Tuo
come tu ti sei degnato di morire per amore dell'amore mio" (attribuita a San Francesco - Absorbeat)
Nel mese di Ottobre abbiamo un susseguirsi di memoria e festività straordinarie anticipate dalla Festa dei Santi Arcangeli, Gabriele, Michele e Raffaele. Sono accenti liturgici di luce; quella vera che illumina l'anima.
C'è infatti un legame strettissimo tra il dono di Scienza e gli angeli e gli arcangeli.
Un dono di contemplazione. Una stele di puro desiderio nello Spirito Santo.
Contemplazione fatta propria da Santa Teresina e dal poverello di Assisi, nostro patrono, San Francesco.
Se c'è un santo che è stato chiamato alter Christus è lui. Se c'è un santo che più di ogni altro ha svettato nella contemplazione questi è lui. Una contemplazione sigillata con il dono delle stimmate. Dono che, come dice San Bonaventura, è esplosione di ciò che aveva avuto dentro tutta la vita.
Infatti nelle stimmate di Francesco contempliamo non solo un dono straordinario concesso a pochi altri, ma un dono che, come in Maria, è stato un continuo e costante collaborare, sinergico, tra umanità e grazia.
Le stimmate sono per Francesco quasi un "concepimento" ed una nascita di conformazione.
Sembra che le stimmate di Francesco non fossero semplici fori, ma chiodi ricurvi di carne. Segno che Francesco stava sulla croce come "Madonna povertà". Egli era conforme al suo sposo perfettamente. In Francesco i misteri di Cristo e della sua vita si compivano ed erano compiuti. Francesco è dunque uno dei perfetti discepoli di Cristo. Un "campione" dell'umanità riconciliata.
In queste gemme di Scienza, purissima Scienza, va fissato il nostro sguardo e mentre appare non solo ridicolo ma anche irrispettoso chi si "appropria politicamente" di Assisi e di San Francesco, sia a destra che a sinistra. Costoro estrapolano alcuni effetti senza le midolla di questa sostanza che è l'amore di Cristo fatto carne nella vita di Francesco.
Parlano di pace, natura, rispetto e della parola più terribile: dei "valori".
Affermazione che vuol dire proprio nulla se non c'è la luce di Cristo, anzi, talvolta, nominare i valori è l'inizio di un dualismo pratico, di un ateismo operativo, di un borghesismo della fede, di uno "stupro" di Francesco e dei sui passi nella terra Umbra. Un'operazione anti-culturale oltre che stupida.
Francesco è Francesco perché ha amato e ama Cristo, Crocifisso, povero e nudo. Lo abbiamo cantato nel salmo "Sei Tu, Signore, l'unico mio bene!"
Francesco è Francesco perché ha amato e obbedito alla Chiesa sempre anche quando è stato mandato a pascolare i maiali.
Non ha proiettato la sua idea di Chiesa ma ha accolto quella che storicamente gli veniva innanzi e l'ha amata nell'obbedienza e nel servizio evangelico. Non ha obbedito con riserve, con camere stagne del cuore. Non ha cercato "conferme democratiche" delle sue intuizioni. Non ha cercato conferme se non l'adeguarsi totale a Cristo e l'amore perfetto per "riparare la casa del Signore". Egli è il "piccolo" nel vangelo che, conforme all'unico vero "piccolo", Cristo Gesù, è ripieno dei doni di Scienza e di Sapienza.
Quella che chiediamo per noi e per la nostra cara terra. A cominciare da noi cattolici.
Spesso tiepidi e poco amanti.
Incapaci della passione di Cristo e della passione per la Sua Chiesa; incapaci di vivere carnalmente i desideri di Cristo e di bruciare in essi.
Paul e Francesca