Il potere necessario. I vescovi di Roma e la dimensione temporale nel Liber pontificalis da Sabiniano a Zaccaria

il-potere-necessarioAndrea Lonardo, Il potere necessario. I vescovi di Roma e la dimensione temporale nel Liber pontificalis da Sabiniano a Zaccaria (604-702) (Medioevo, 22), Ed. Antonianum, Roma 2012.

Nel 2013 ricorrono i 1700 anni dall’editto di Milano del 313 mediante il quale l’imperatore Costantino diede termine alle persecuzioni dei cristiani. A quell’evento la tradizione lega la “donazione di Costantino” secondo la quale lo stesso imperatore avrebbe fatto dono al papa san Silvestro del territorio della Chiesa.

Sebbene tale “donazione di Costantino” sia un falso – come dimostrò definitivamente nel 1440 l’umanista Lorenzo Valla, che peraltro fu sepolto nella Basilica costantiniana di San Giovanni in Laterano come canonico della stessa – il potere temporale del Papa a partire dall’VIII secolo è certamente un dato di fatto da spiegare altrimenti, poiché esso non dipende né da donazioni, né da conquiste militari.

Tale potere temporale, contrariamente a quanto talvolta si afferma, esiste ancora oggi sullo stato della Città del Vaticano riconosciuto dai Patti Lateranensi siglati l’11 febbraio 1929 mediante cui la Santa Sede ha sovranità in una porzione di territorio molto più piccola di quella antica. Proprio in quel giorno il papa Pio XI paragonò l’ampiezza del nuovo stato al corpo di San Francesco d’Assisi: «Ci pare di vedere le cose al punto in cui erano in San Francesco benedetto: quel tanto di corpo che bastava per tenersi unita l’anima». Senza quel corpo, per quanto piccolo, il papa non avrebbe goduto di un’effettiva libertà, mentre proprio quella sovranità territoriale gliela consentì, come venne dimostrato nei giorni dell’occupazione nazista di Roma: l’intangibilità extraterritoriale della Santa Sede permise al papa di salvare tanti membri della futura Repubblica Italiana, a partire dallo statista Pietro Nenni, e soprattutto di mediare fra le parti belligeranti perché non si combattesse in Roma. Se il pontefice fosse stato, come voleva Giosuè Carducci, il “cittadino Mastai”, questo non sarebbe stato possibile.

Il volume Il potere necessario, di Andrea Lonardo, appena edito dalla Casa editrice Antonianum, spiega l’effettiva origine storica del potere temporale della Chiesa. Fu lo spostamento della capitale dell’Impero a Costantinopoli, voluta da Costantino nel 330, a dare avvio al processo. La lontananza del potere imperiale, costretto ad affrontare prima la minaccia persiana e poi quella araba, generò una situazione nella quale Roma si strinse sempre più intorno all’autorità pontificia. Nonostante l’imperatore esercitasse ancora il potere su Roma – venne a risiedere ancora nel 663 nell’urbe, deportò il papa Martino I a Costantinopoli nel 653 e cercò più volte di far uccidere papa Gregorio II (715-731) – il vescovo di Roma divenne di fatto l’arbitro degli eventi romani, dalla gestione degli affari amministrativi alla difesa dell’urbe contro i longobardi. Quando Ravenna cadde nel 751 in mano longobarda si levò ormai solo il pontefice a difendere l’antico territorio romano-bizantino.

 

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