Rassegna stampa Speciali

Un respiro a due polmoni:Oriente e Occidente

papagiovannipaolo.jpgGiovanni Paolo II:
Interviste ai cardinali Giovanni Battista Re e Leonardo Sandri,
già sostituti della Segreteria di Stato negli anni del pontificato di Karol Wojtyla

di Nicola Gori

È stato la voce di Giovanni Paolo II negli ultimi giorni in cui l'aggravarsi della malattia gli impediva di comunicare. Ed è stato anche colui che, la sera del 2 aprile 2005, vigilia della domenica della Divina Misericordia, annunciò in piazza San Pietro la morte del Pontefice. È legato anche a queste due esperienze il ricordo personale che il cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, conserva di Papa Wojtyla a tre anni dalla scomparsa. In questa intervista il porporato ripercorre gli anni in cui ha lavorato fianco a fianco con Giovanni Paolo II, soprattutto dal 2000 come sostituto della Segreteria di Stato, partecipando, tra l'altro, personalmente alla preparazione e allo svolgimento dei viaggi apostolici in varie parti del mondo. Nel terzo anniversario del ritorno alla Casa del Padre di Giovanni Paolo II, quali sentimenti accompagnano il suo ricordo?

Nella messa di suffragio che Benedetto XVI presiede mercoledì 2 aprile in piazza San Pietro troveranno espressione la gratitudine che dobbiamo a Dio per averci dato in Giovanni Paolo II un segno così luminoso della vicinanza del Buon Pastore; l'affetto dei figli per il Padre che li ha amati fino al suo ultimo respiro; la speranza di rimanere sempre con Cristo, il Crocifisso Risorto, al quale egli aveva consegnato se stesso in modo incondizionato. Sono questi i sentimenti che provo quando penso agli anni passati accanto al compianto Pontefice. Ritengo si tratti di una grazia speciale ricevuta dal Signore ed è confermata nella collaborazione che ho l'onore di poter offrire al suo Successore. La gratitudine, se è autentica, diventa atto di fede nel Cristo, nella santa Chiesa e nell'uomo, che costituivano i grandi valori ai quali Papa Wojtyla volle consegnare la sua esistenza di credente e di pastore. E rimane autentica se cerca sempre di accogliere l'esempio e il magistero da lui offerti tanto generosamente.

Cosa ritiene peculiare nella sua testimonianza?

L'adesione a Cristo. Egli la viveva in compagnia di Maria Santissima, a lode e gloria del Dio dell'amore e per la salvezza di tutti. Questa era la testimonianza che si percepiva soprattutto quando celebrava l'Eucaristia e nella sua devozione al sacramento dell'altare. Era impressionante assistere alla sua preparazione alla messa, e poi alla celebrazione e al ringraziamento. Disarmante e coinvolgente poiché il desiderio di imitare cresceva istintivamente nel cuore. Nella Eucaristia quotidiana trovavano novità e fecondità la sua parola e le sue opere. Nel "perdersi eucaristico" di Cristo servo, nel suo farsi pane e bevanda di salvezza per ogni uomo, nella comunione che rinvigoriva il suo inserimento nel Corpo di Cristo e nel mistero della santa Chiesa, Giovanni Paolo II trovava la capacità di presentare a tutti, soprattutto ai sofferenti nel corpo e nello spirito, ai dubbiosi e agli stanchi sotto il profilo religioso, e con quale impeto ai giovani, il Cristo vivo, il Redentore misericordioso sempre amico dell'uomo. La certezza, poi, che il Signore lo precedeva nel cuore di coloro ai quali come pastore si sentiva inviato rendeva costante e fiducioso il suo lavoro apostolico. Dava coraggio ai ministri della Chiesa, ma anche ai fedeli, questa sua convinzione di fede, dalla quale si avvertiva la verità di quanto dice la scrittura:  "La nostra fede vince il mondo". Tanto più eloquente divenne questa testimonianza nella lunga stagione della malattia fino al silenzio dell'addio.

Molti esaltano il suo servizio alla storia umana e la sua missionarietà.

Certo non si possono dimenticare la responsabilità missionaria che lo portò in ogni angolo della terra e la sensibilità ecumenica e interreligiosa. Come del resto la fedeltà alla tradizione e l'apertura alle novità dello Spirito felicemente intrecciate nel suo magistero e governo pastorale. E l'attenzione ai temi sociali; il servizio alla pace, alla giustizia, alla verità quali fondamenta della concordia e solidarietà mondiali. Potremmo continuare a lungo nell'elencare i suoi meriti. Ma la peculiarità rimane il Cristo, amato in compagnia della Madre del Signore. Tutti i santi e i beati che egli nel lungo pontificato ha proclamato attestano questa peculiarità ed esaltano l'attualità della santità cristiana, quale vita pienamente salvata e perciò felicemente realizzata grazie a Cristo Signore.

Può farci dono di qualche "inedito" ricordo personale di Papa Wojtyla?

Abbiamo la responsabilità di non disperdere il suo carisma, ma aggiungo che dobbiamo custodirlo con la riservatezza di chi ama, di chi è riconoscente e di chi cerca di imitare. Certo, sento viva commozione e immensa riconoscenza al Signore e allo stesso Papa Giovanni Paolo II ricordando il compito che mi aveva affidato di prestare la mia voce alla sua parola, allorché sempre più sofferente avvertiva ormai impedita la capacità di comunicare. Rimane indelebile nel mio animo la conclusione di un Angelus domenicale quando impartendo la benedizione a nome del Santo Padre scorgevo lo stesso Pontefice tracciare su di sé a fatica il segno di croce. Era padre e fratello, e, mentre percorreva la personale Via Crucis col suo Signore, voleva riversare su tutti la grazia del salvifico dolore di Cristo.
Ma c'è un altro pensiero per così dire "inedito" che vorrei lasciare e riguarda quella che ritengo una "speciale introduzione all'Oriente cristiano" ricevuta da Giovanni Paolo II. Dalla fine dell'Anno santo ho potuto condividere numerosi viaggi papali e in maggioranza erano compiuti in Paesi orientali. L'accurata preparazione delle tappe di ciascuno di essi e poi il loro svolgimento, con le celebrazioni e gli innumerevoli incontri aperti alle categorie più diverse e qualificate della comunità ecclesiale, ai fratelli di altre Chiese e comunità ecclesiali, di altre religioni, alle autorità civili, ai giovani, mi hanno disposto al servizio che Benedetto XVI mi avrebbe poi affidato come Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali Cattoliche. Il servo di Dio Giovanni Paolo II mi ha personalmente dato prova della sua profonda venerazione per i tesori costituiti dalle tradizioni teologiche, liturgiche e disciplinari dei cattolici orientali e dalla testimonianza dei martiri cristiani antichi e contemporanei figli dell'Oriente. Egli ha allenato anche me al pieno respiro ecclesiale. La Chiesa deve respirare a due polmoni! La Chiesa ha bisogno dell'apporto dell'Oriente e dell'Occidente per continuare a glorificare il nome del Signore e parlare in modo convincente del Redentore misericordioso all'uomo contemporaneo. Papa Wojtyla ne era gioiosamente convinto!

(©L'Osservatore Romano - 2 aprile 2008)

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