Intervista di Papa Francesco al quotidiano La Nación

intervista la nacionDurán Barba non è neppure l’unico anticlericale che approfitta di un momento in cui la politica sta mettendo in discus- sione la figura del Papa. La campagna sulla stampa contro di lui — denunciano alcuni officiali vaticani, escludendo «La Nación» — si avvale di anticlericali che stavano nascosti.
Il Pontefice è rimasto anche schiacciato tra due estremismi, il kirchnerismo e l’antikirchnerismo, quando ha deciso di compiere alcuni gesti pubblici, come ricevere Bonafini o mandare un rosario a Milagro Sala. «Non ho nessun rimprovero personale da fare al presidente Macri» ripete il Papa. Non dirà più nulla sulle voci che girano (rumorología).

È Gustavo Vera il suo portavoce in Argentina?
«C’è molta confusione sui miei portavoce in Argentina. Circa due mesi fa, la sala stampa del Vaticano ha chiarito ufficialmente di essere l’unico portavoce del Papa. Non ci sono altri portavoce, in Argentina e in nessun altro Paese, oltre a quelli ufficiali del Papa. C’è bisogno di ripeterlo? Allora lo ripeto: la sala stampa del Vaticano è l’unico portavoce del Papa». Quello che sì esiste è un rapporto di lunga data tra il Papa e Vera. «Ciò che Francesco riscatta di Vera è la storia della sua vita, che può essere stata marginale ma che la tenacia e il coraggio hanno reso interessante» aggiungono officiali molti vicini al Pontefice. Vera ha una storia come militante dell’estrema sinistra; il Papa lo ha portato pian piano verso posizioni più ragionevoli. «Non cercate altre spiegazioni oltre a questa, perché non ci sono» ribadi- scono. Tuttavia Macri è molto preoccupato perché Vera lascia intendere di essere il portavoce del Papa in Argentina. Vera è per il macrismo quello che Durán Barba è per il Vaticano. Entrambi causa del fatto che girino voci su dissapori tra il Papa e il presidente argentino.

Il rifiuto della donazione da parte del go verno argentino a Scholas Occurrentes è stata una sua decisione contro il governo di Macri?
«Per nulla. Questa interpretazione è assolutamente scorretta. Io ho detto ai due responsabili di Scholas, con tutto il mio affetto, che li stavo salvaguardando, li stavo tutelando da eventuali tentazioni o errori nella gestione della fondazione. Non mi riferivo in alcun modo al governo. Al presidente Macri ho detto quando l’ho incontrato qui che si tratta di una fondazione privata con il riconoscimento della Santa Sede. Il governo aveva accolto la richiesta di Scholas perché aveva questa informazione. Continuo a credere che non abbiamo diritto di chiedere un soldo al governo argentino quando ha tanti problemi sociali da risolvere».
A rigore questa interpretazione è anche quella data dal governo Macri, che ha sempre apprezzato la spiegazione verace e precisa della questione scritta dal corrispondente della Nación a Roma, Elisabetta Piqué. In sintesi, non c’è mai stato, per questo sussidio rifiutato, un conflitto tra il Papa e il governo argentino. C’è stato uno scambio di idee tra il Pontefice e i suoi amici José María del Corral ed Enrique Palmeyro, responsabili della fondazione Scholas, che il Papa continua a considerare.

Lei ha offerto un sostegno ai giudici argentini quando li ha ricevuti poco tempo fa?
«Qui c’è stato un congresso mondiale dei giudici sulla mafia e la tratta di esseri umani, come c’era già stato un congresso dei sindaci di tutto il mondo sullo stesso tema. Vi hanno partecipato circa duecento giudici di tutto il mondo. Sei erano argentini. Alcuni di loro hanno chiesto di salutarmi in privato e io ho accettato. E questo è tutto. Non posso appoggiare né smettere di appoggiare, visto che non sono al corrente dei dettagli delle vicende giudiziarie argentine».
Delle riunioni private ha ricordato quelle avute con il presidente della Corte Suprema, Ricardo Lorenzetti, e con il giudice María Servini de Cubría, perché conosce entrambi da molto tempo. «Nella lotta contro la corruzione bisogna andare fino in fondo» è solito dire Francesco. È un concetto globale. Nulla di più. Lui arriva fino al giusto limite consentitogli dalla sua condizione di capo di Stato. Nonostante questo, si nota che è informato sulle linee principali della politica del suo Paese. Piccoli dettagli lo rivelano. Sa anche che due sondaggi recenti (di Poliarquía e di Isonomía) lo definiscono il personaggio pubblico più stimato dalla società argentina. Gode della simpatia popolare del 75 per cento della popolazione. E solo un 6 per cento degli intervistati ha un’opinione negativa su di lui. Nessun politico argentino può contare su simili numeri a suo favore tra l’opinione pubblica.

Qual è il suo rapporto con gli ultraconservatori della Chiesa?
«Fanno il loro lavoro e io faccio il mio. Voglio una Chiesa aperta, comprensiva, che accompagni le famiglie ferite. Loro dicono di no a tutto. Io continuo il mio cammino senza guardare di lato. Non taglio teste. Non mi è mai piaciuto farlo. Glielo ripeto: rifiuto il conflitto». E conclude con un grande sorriso: «I chiodi si tolgono facendo pressione verso l’alto. O li si mette a riposare, di lato, quando arriva l’età della pensione».
Genio e particolarità di Papa Bergoglio.

© Osservatore Romano - 4-5 luglio 2016