Apologetica

L’inconsistenza culturale del dott. Eugenio Scalfari

luce-2.jpgInconsistenza "Scalfariana"

“Al di là della palese inconsistenza politica e culturale di papa Ratzinger, che da Ratisbona in qua si comporta come un allievo di questo o quel dignitario della sua corte spostando la barra del timone secondo i suggerimenti che gli vengono da chi di volta in volta lo consiglia, esiste più che mai un disagio profondo nella Chiesa e nel laicato cattolico”.

Parola del papa laico Eugenio Scalfari che dalle colonne della sua “Repubblica” (13 gennaio) tuona contro Benedetto XVI e contro questo cristianesimo militante che osano, nella loro ignoranza oscurantista e dogmatica, invadere il terreno della politica, della ragione, della scienza e finanche quella del pensiero illuminista e illuminato. Scalfari si sente come un imperatore romano accerchiato dai barbari e non riesce a darsi pace perché la sua “civiltà” rischia di essere distrutta da questi novelli barbari del pensiero condotti da quell’inconsistente (culturalmente parlando) marionetta che va sotto il nome di Benedetto XVI. Scalfari, anzi il dottor Scalfari, non è però certamente uno sprovveduto. Laureato in Giurisprudenza, dal 1950 diventa collaboratore, prima de “Il Mondo” di Mario Pannunzio famoso giornalista e uomo politico (uno dei fondatori del Partito Liberale Italiano), poi dell’ “Europeo” di Arrigo Benedetti. Nel 1955 partecipa alla fondazione del Partito Radicale che lascerà dopo le scissioni interne del 1962 per passare l’anno dopo al Partito Socialista. Nello stesso anno diventa Direttore de “L’Espresso” e nel 1968 viene condannato, insieme al giornalista Lino Jannuzzi, a 15 mesi di reclusione per aver pubblicato un’inchiesta sul SIFAR che faceva conoscere il piano Solo. Scalfari evita il carcere grazie all’offerta del PSI che gli offre l’immunità parlamentare facendolo eleggere come deputato nelle elezioni del 1968. Nel 1976 fonda “La Repubblica” che in breve tempo diventa il quotidiano più venduto in Italia. Nel 1996, dopo vent’anni, abbandona il posto di Direttore del suo giornale, assumendo il ruolo di editorialista. Tra le innumerevoli onorificenze non vanno dimenticate le due più prestigiose: Scalfari è infatti Cavaliere di Gran Croce e Cavaliere della Legion d’Onore. Come si vede il dottor Scalfari e tutt’altro che uno sprovveduto o un ignorante, ma di fronte a tematiche essenziali come la fede, la Chiesa, la realtà più profonda dell’uomo, il dottor Scalfari entra in corto circuito e non brilla certamente né per logica, né per umiltà, né tanto meno per cultura. In due interviste, una rilasciata a Ferrara nel programma 8 e ½ e l’altra a Garimberti nello studio di Repubblica Radio-TV, il dottor Scalfari precisa il suo pensiero sulla laicità dello Stato e sulla Chiesa di Benedetto XVI. Il problema è che nella sua foga anti-clericale il fondatore di “Repubblica” va incontro a grossolani strafalcioni culturali e storici oltre che ad arditi salti logici affrontati con supponenza.
Vediamone alcuni.
Rispondendo a Garimberti, afferma, per esempio, che “nel Concilio Vaticano II il vescovo Ratzinger aveva sostenuto le tesi conciliari”. L’affermazione è corretta.
Molto meno corretto è affermare che Ratzinger era vescovo.
Quando iniziò il Concilio (1962) Ratzinger aveva appena 35 anni ed era semplicemente un giovane professore che grazie proprio al suo spessore culturale fu invitato a partecipare come consulente teologico del cardinale di Colonia Joseph Frings, e poi niente meno che come perito del Concilio, su interessamento dello stesso Frings. Ratzinger  divenne vescovo il 28 maggio 1977, ben 15 anni dopo l’apertura del Concilio. Si dirà che uno svarione capita a tutti. Certo. Il problema è che nella stessa risposta il dottor Scalfari di svarioni ne fa altri due affermando prima che Lefevbre, il vescovo tradizionalista era un cardinale (mai stato) e poi scagliandosi contro il papa che aveva osato celebrare una messa di rito antico in lingua latina nella cappella Sistina alla vigilia della sua visita alla “Sapienza” di Roma.
La realtà è che Benedetto XVI ha semplicemente celebrato la Messa riformata da Paolo VI e quindi in italiano, anche se celebrava rivolto verso l’altare (è più preciso dire rivolto verso Cristo) o come, infelicemente, dicono tutti, “con le spalle” ai fedeli. E’ curioso che la risposta di Scalfari voleva proprio mettere in evidenza “l’inconsistenza culturale” del papa, e per quanto gli strafalcioni appaiano banali a farli non è stato l’ultimo arrivato ma un giornalista che, insieme a Indro Montanelli, è sicuramente il più famoso giornalista italiano degli ultimi cinquant’anni.
Ma le gaffes culturali del dottor Scalfari non finiscono qui. Deciso a muover guerra al papa nel suo stesso campo l’ex direttore di “Repubblica” si addentra in un campo piuttosto ostico per lui e dove si trova subito impantanato: la teologia.
“Non è causale – afferma Scalfari – che il papa celebri con le spalle rivolte ai fedeli. Il motivo è: voi fedeli per parlare con Dio dovete passare attraverso di me. Ecco, questo è!” Ognuno è libero di interpretare le cose a modo proprio ma, forse, qui una maggiore onestà intellettuale e una conoscenza più approfondita della realtà storica e liturgica di questo atto della Chiesa andava fatto.
Intanto cerchiamo di chiarire un concetto liturgico.
Dire che il papa, o un sacerdote celebra con le spalle rivolte ai fedeli non ha senso.
In chiesa durante la messa ogni fedele rivolge le spalle a chi gli sta dietro, ma nessuno si sogna di chiedere a quello davanti il perché gli volge le spalle, semplicemente il perché è ovvio: tutti stanno guardando dalla stessa parte. E il punto è proprio questo.
Nella messa pre-conciliare veniva messo in evidenza questo essere rivolti tutti verso il Signore, compreso il sacerdote. A differenza di quel che dice Scalfari per parlare con Dio, nella Messa, nessuno deve, o doveva, passare attraverso il sacerdote, semplicemente perché tutti i fedeli, compreso il sacerdote, sono chiamati ad andare incontro al Signore che si presenta realmente nelle sacre specie eucaristiche.
L’unica mediazione, se vogliamo chiamarla così, è che il sacerdote, grazie al potere conferitogli da Cristo (così crede la Chiesa), attraverso la consacrazione trasforma il pane e il vino nel corpo e nel sangue di Cristo. E’ comprensibilissimo che Scalfari non possa capire appieno questo o se lo ha capito, che non lo condivida. Ma da un uomo di cultura si presuppone anche una certa onestà intellettuale e un maggior sforzo nel conoscere, e nel far conoscere, in modo obiettivo realtà che non appartengono al suo mondo.
E veniamo all’affermazione più interessante delle due interviste, un’affermazione che mette in evidenza la filosofia di Scalfari e forse la filosofia oggi imperante nel laicismo, cioè in quella parte laica che oggi affronta la sfida della Chiesa, non cercando di capire la novità portata avanti sia dall’avanzare impetuoso di un islamismo decisamente combattivo sia da questo Papa, estremo difensore dell’uomo e della ragione (come ha messo bene in evidenza Ferrara), ma che affronta questa sfida arroccandosi nei suoi dogmi chiusi e intoccabili e difendendosi solo con slogans beceri e logori che alimentano una contrapposizione in cui vengono svilite le potenzialità di un ragionamento e di un dialogo tra credenti e non, che sul piano teorico, potrebbe arricchire entrambi.
Afferma dunque il dottor Scalfari “Io non metto affatto l’uomo al centro dell’Universo, anzi il contrario. L’uomo è una forma della natura come la mosca. Non c’è differenza qualitativa. La natura esplode forme continuamente nel modo più casuale. Queste forme diventate quella forma hanno quella attualità e quella potenzialità. L’uomo pensa. Ma è superiore perché pensa? E chi l’ha detto? E’ la sua forma. L’uomo è fatto per pensare. Nel pensiero che io ho Dio non c’è. La mia forma non prevede Dio”.
In questa frase è contenuta non tanto la superficialità o l’ignoranza (nel senso che ignora palesemente la storia affascinante e complicata dell’umanità) del dottor Scalfari. In questa frase è invece contenuta tutta la drammaticità del suo pensiero e del pensiero laicista (o laico-laico, come si usa dire oggi). Intanto rinchiudere la realtà complessa e vitale dell’uomo solo nella “forma pensiero” è una grande stupidaggine oltre che una palese menzogna. E’ evidente anche all’uomo più semplice e meno dotato culturalmente che l’uomo non è solo fatto di pensiero. Non è uno slogan cristiano affermare che l’uomo è un mistero e non bisogna essere credenti per vederlo. La storia stupenda dell’uomo nel corso dei secoli lo sta a dimostrare e le grandi civiltà non sono solo il risultato di un pensiero puro ma dell’unione del pensiero con l’anima, con la spiritualità, con i sentimenti, con appunto tutto ciò che fa grande l’uomo e che, a differenza di quel che dice Scalfari, lo differenzia nettamente qualitativamente dalle altre creature e lo rende unico nel “genere animale”. Ma nella frase sopra c’è di più e c’è di peggio. Il dottor Scalfari si contraddice in modo clamoroso proprio nella sua affermazione filosofica primaria. Afferma che l’uomo è solo “forma pensiero”, ma un attimo prima lo smentisce clamorosamente. “Io non metto affatto l’uomo al centro dell’Universo”.
Ma dottor Scalfari, il pensiero si è sviluppato, è maturato, ha formato varie civiltà proprio perché ha messo l’uomo al centro dell’universo. La filosofia occidentale che a differenza di quella orientale privilegia il pensiero puro non esisterebbe se non avesse messo l’uomo al centro della riflessione.
I greci non avrebbero potuto sviluppare il proprio pensiero razionale se non si fossero concentrati sull’uomo. Diciamolo francamente la vera filosofia nasce con i Sofisti che hanno scaldato i motori prima per un umanista geniale come Socrate, poi per due fuori classe come Platone ed Aristotele.
Da quei due geni in avanti la filosofia, cioè il pensiero sull’uomo non si è più fermato. Non mettere l’uomo al centro dell’universo, non considerarlo superiore alle “altre forme” significa proprio rinnegare quel pensiero tanto caro al dottor Scalfari.
Ed è questa la sua vera inconsistenza culturale che evidenzia il vero dramma suo e del laicismo oggi. Chiuso nei suo dogmi, il pensiero laicista è incapace di dare una risposta alle sfide di oggi perché si sta allontanando dall’umanità stessa, dalla ricchezza dell’uomo integrale.
Ma questo è un discorso che a Dio piacendo faremo successivamente...

Don Marco



Inconsistenza e malafede in un feedback dogmatico
Caro Don Marco grazie del tuo intervento.
Aggiungo solo qualche piccola postilla.

Due cose mi appaiono evidenti dal pontificare di Scalfari in queste due interviste.
La prima che con l'affermazione inconsitente, ma secondo me anche disonesta, su Ratzinger che "sosteneva le tesi conciliari" si vuole far apparire una Chiesa divisa in se stessa.
E' lo slogan continuo dei radicali, dei socialisti alla Boselli, dei Liberali alla Scalfari e alla Ezio Mauro: cercare di contrapporre la Chiesa istituzionale con quella dei fedeli. Come se l'istituzione (il Papa, il collegio dei Vescovi, i parroci le curie) non fosse essa stessa un fedele.
In breve una emerita e disonesta propaganda politica ed ideologica.
Ci provano anche i circoli dell'Arcigay o uomini come Grillini.
Ma anche comici "drammatici" come Beppe Grillo.

La realtà è diversa, come abbiamo sostenuto innumerevoli volte. A loro fa comodo dire così perché vogliono dividere e contrapporre.
Sono seminatori di zizzania. Più o meno consapevolmente.
Questa contrapposizione esiste solo nella loro testa.
Oppure hanno bisogno di fare gli "zorro" o i portavoce di qualche testa calda.

Se hanno raccolto qualche dissenso è perché pescano da fiumi già inquinatii.
Il dissenso quando è sano è segno di vivacità nello Spirito ma privilegia sempre l'unità in Pietro.
Se uno è cattolico non può non esserlo. Non può non amare Pietro e i pastori che Cristo gli ha affidato.
Non può non riconoscere e vedere la realtà e la ricchezza del mistero dietro ogni eventuale povertà umana.
Se non vede questa realtà, che Gesù ha consegnato a Pietro e agli apostoli, significa che:
o non ha mai avuto una fede cristiana matura
oppure che la luce della fede è stata toccata da un problema riguardante la sfera affettiva e l'ha inquinata.
Così nascono le eresie. Ma questo aprirebbe un capitolo a parte...

Certo per una mentalità "libertina", allergica al senso dell'autorità, alla paternità, come alcuni "liberali" Bohemienne questo è impossibile.
Ma non è un problema teologico, né filosofico, ma ideologico.
Anzi ancora prima, affettivo.
L'incapacità di cogliere il valore dell'autorità ha radici profonde, personali, condivise da coloro che in fin dei conti hanno sempre obbedito al proprio ombelico. Non si pensi che costoro siano così differenti da coloro che "bigottisticamente" aderiscono in un obnubilamento di coscienza a un leader o a un potere costituito.
Il problema è lo stesso: sono, o per lo meno si comportano, come degli adolescenti. Lo affrontano in maniera diversa. Alcuni obbedendo senza ragione, altri innalzando la "propria ragione" e il "proprio sentire" a vessillo di libertà.
Magari sono sopra gli anta o sugli anta ma sempre adolescenti.  L'età, purtroppo, talvolta conta poco.
Non hanno capito il valore né dell'autorità, né dell'autorevolezza, né della paternità. Sono spesso e volentieri privi del "minimum" civico.
Hanno un bisogno sviscerato di "sentirsi" liberi e così cadono inevitabilmente schiavi di un dogmatismo che altro non è che una razionalizzazione di un problema affettivo ed educativo.
E qui il secondo punto.

Come tutti gli adolescenti hanno un bisogno viscerale di credere nell'apparenza di ragione, della loro ragione.
Sono dunque fortemente ideologici. Magari pensatori sopraffini ma allo stesso tempo contorti perché schiavi e, guarda un pò, ciecamente ideologici.
Pertanto dietro affermazioni pseudo-filosofiche o gnostiche, atee o agnostiche, si nasconde, in realtà, un atto di fede senza spessore, superstizioso, pagano.
Non che, evidentemente, Scalfari e Micromedia adorino Giove o Minerva ma che negando Cristo così come Egli si è presentato, con il gusto sotterraneo di sentirsi indipendenti, cadono in atti di fede palesi in ciò che atto di fede non merita razionalmente.
In tal senso sono pagani e superstiziosi.
Anche se magari, la maggior parte, non si fa fare i tarocchi e non crede negli oroscopi ma crede piuttosto in una visione positivistica della storia e scientista della realtà.
Non sono bambini. Il bambino è innocente. Si comportano, piuttosto e spesso, in maniera infantile.
Ma sono talmente corto-circuitati in questo infantlismo che questo diventa struttura. Magari per una vita.

Da un comportamento, da una voglia di fare gli originali, ad un "Habitus" con la scorza di essere fautori del nuovo o liberi pensatori.
Sotto sotto, dietro il fascino di essere leader o razionali, si nasconde, appunto, l'inconfessato bisogno di fare i "fighetti", di sentirsi "alternativi", illuminati. Un narcisistico compiacimento, magari, di fare "il bene" e diffondere civiltà prodotta, però, dalle proprie categorie di pensiero. Una deificazione di se stessi anticipo di ogni tirannia.
Ma ancora, sotto sotto, si respira il solito e reiterato atto di ribellione contro Dio.

Sono, tutto sommato, nuove forme di religiosità che negano il Cristo come Egli si è rivelato e fanno violenza alla ragione, alla storia, al buon senso.
Ma non deve apparire che loro sono senza buon senso. Pur di sentirsi liberi, innovativi, autonomi e finalmente pensanti fanno di tutto.
Insomma qui tocchiamo le corde dell'autostima con quel peccato, di cui si parla poco, che è la vanità.

Certo c'è la vanità dell'immagine ma quella del pensiero è sopraffina e inganna e auto-inganna per una vita.
Crea struttura, ideologie e brutalizza l'uomo. Si è schiavi della vanità e si pensa di essere liberi.
Non a caso nel film "L'avvocato del diavolo" viene messa in bocca ad Al Pacino, che interpreta satana, l'affermazione "la vanità, di tutti, è il mio peccato preferito".

Non sappiamo quanto un fratello (o una sorella) abbia più o meno calpestato la grazia della luce che viene data ad gni uomo. E' Dio che illumina.
Il credente può solo fornire argomenti e testimoniare la propria fede, soprattutto con la radicalità del perdono e armato dell'Amore di Dio.
Le corde dell'intimo le tocca Dio. Perché, come abbiamo visto, non è certo, solamente, un problema razionale ma un problema dell'intimo ciò di cui stiamo parlando.

Ecco perché l'apologetica, se è tale, dev'essere sempre accompagnta dall'orazione e dall'unzione.
Perché è Dio che conosce l'abisso del cuore dell'uomo e lo sazia con la luce della vera Scienza.
A tutti, in modo diverso viene data questa opportunità; non tutti la colgono.
Il credente non è superiore ma piuttosto è in debito verso Dio e verso i fratelli.
Ciascuno di noi può farsi carico di ogni fratello e di ogni sorella. Soprattutto quando in nome della "ragione" ha perso la "Ragione".
Per questo d'ora in poi abbiamo un "debito" di preghiera verso e a favore di Eugenio Scalfari.

Paul