Rassegna stampa formazione e catechesi

SPAZI E PROCESSI

Marcantonio Franceschini saint Joseph and the Christ childMatteo 20,22-23: "Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli soggiunse: «Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio»

Οὐκ οἴδατε τί αἰτεῖσθε· δύνασθε πιεῖν τὸ ποτήριον ὃ ἐγὼ μέλλω ⸀πίνειν; λέγουσιν αὐτῷ· Δυνάμεθα.

λέγει αὐτοῖς· Τὸ μὲν ποτήριόν μου ⸀πίεσθε, τὸ δὲ καθίσαι ἐκ δεξιῶν μου καὶ ἐξ ⸀εὐωνύμων οὐκ ἔστιν ⸀ἐμὸν δοῦναι, ἀλλ’ οἷς ἡτοίμασται ὑπὸ τοῦ πατρός μου."

Pietro, in linea con il Magistero precedente, ed in linea con il magistero petrino precedente, ci ha ricordato, con il linguaggio che gli è proprio, la differenza tra spazi e processi.

E di come occorre soprattutto avviare processi. Ne è così piena l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, che invito ciascuno di noi alla lettura e alla meditazione.

È lezione che dimentichiamo sovente. Il clericalismo, che si riveste di varie forme, compresa la contestazione al medesimo clericalismo con forme clericale di “chiesa dal basso”, punta comunque ad acquisire spazi.

Spazio ai laici, si dice, come vuole il Concilio.. quando si dice così, “il Concilio”, si pensa sempre che la Chiesa cominci con il CVII, calpestando la natura stessa del Concilio Vaticano II e il promotore sapienziale della lettura dei Segni dei tempi che è lo Spirito Santo, agente sempre nella Chiesa e nei Concili precedenti. Si ragiona ancora in termini di spazi e non di processi che ci superano nel tempo e nello spazio.

È modo tipico degli adolescenti i quali pensano che tutta la realtà cominci da loro.

beati gli operatori di paceSpazio alle donne, si dice, scimmiottando dinamiche che di femminile hanno ben poco e cadono, talvolta, nel più becero maschilismo travestito dalla “maschera” di un certo femminile. Senza portare quell’unicum di bellezza che la donna, solo la donna può portare è che paritetico nella dignità dell’uomo ma è complementare, non uguale, distinto, parimenti prezioso a quello maschile; ineludibile e che illumina ogni spazio.

Non ho mai trovato il tempo – e me ne dolgo assai – di terminare un lungo excursus sulla Sacrosanctum Concilium che inizio e poi accantono su cui espongo, nella parte che gli è propria, quello che mi pare sia un cammino da percorrere per una Diakonia, anche di governo e di discernimento nel governo, tutta femminile e che nulla ha a che vedere con un presunto “diaconato femminile”. Ben di più, piuttosto.

Spazio alla sinodalità, si dice. Come se la Chiesa non sia per natura propria, sin dal Battesimo in cui siamo immersi, necessariamente sinodale. Come Pentecoste immette. Chiesa sinodale significa dire Chiesa, tout court, non è un valore aggiunto, una scoperta di moda, un lessico modaiolo, ma è la natura di ciò che la Chiesa è.

Insomma sia dato spazio allo spazio.

Ma Gesù ci ricorda, nella pericope di oggi un’altra realtà che il testo italiano purtroppo non riesce a tradurre e che supera persino l’esortazione del Santo Padre.

Non si tratta di avviare processi piuttosto che spazi. Anzi si tratta di immetterci in un Processo, nel “Processo dinamico” (δύνασθε) che parte come “Dono” (δοῦναι) dal Padre.

Potremmo per così dire ed affermare che la ricerca di avviare processi funziona, ed è efficace, pur con tempi propri, se si immette in questa dignità di un Processo che parte dal Padre.

Qui, ad esempio, si comprende correttamente e pienamente la “Actuosa participatio” di cui parla la Sacrosantum Concilium al n. 14.

I discepoli (cioè noi), proprio non capiscono, perché sono colmi di buone intenzioni ma ancora decisamente carnali, non pneumatizzati, ed infatti rispondono “lo possiamo!”, sì ne abbiamo la “facoltà dinamica!”.

Poveri stolti e benedetta l’immensa pedagogia di Cristo.

Che la Quaresima ci aiuti a cogliere il Processo e vivere in esso con tutte le nostre forze e soprattutto con spirito di Lode e di Rendimento di Grazie.

Con la resa dei piccoli e dei santi, nostri maestri.

Ciò che libera il Processo è la consapevolezza radicale e profonda che la Parola che Dio pronuncia su di te è viva e vivificante.

Non è lessico ma seme incontenibile che svela te a te stesso e svela la Chiesa alla Chiesa e produce processi nel Processo.

Perché ciò che libera il Processo, e persino aiuta i processi, è il tuo sì a Dio, al Processo e al Dono che parte da Lui, il tuo affermare:

“Avvenga di me e per me, ora, secondo la Tua Parola!” (Lc. 1.38)

PiEffe


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