Rassegna stampa formazione e catechesi

La mano sapiente di Dio

Famiglia 3di GUALTIERO BASSETTI

C’è una domanda ricorrente che mi sembra emergere con forza dal dibattito pubblico e anche dall’incontro personale con molti fedeli: cosa c’è da aspettarsi dal sinodo sulla famiglia e dal giubileo della misericordia? La risposta è semplice ed è sempre la stessa: non stiamo attendendo un congresso di partito o una competizione sportiva in cui bisogna aspettarsi che qualcuno vinca un’elezione o una gara. Stiamo in attesa, invece, con «una fede retta e una speranza certa » — come diceva san Francesco quando pregava davanti al crocifisso — che l’azione dello Spirito Santo possa ispirare sia i padri sinodali, nel loro discernimento pastorale in questa “strada comune” che è il sinodo, sia tutti gli uomini e le donne di buona volontà in questo anno di grazia. Anche perché la domanda che bisogna porsi è un’altra: quali frutti porterà nell’esistenza di ogni persona, non solo nella vita della Chiesa, questo eccezionale accostamento tra il sinodo sulla famiglia e il giubileo della misericordia? Anche in questo caso la risposta è oltremodo semplice: i frutti dell’azione della misericordia saranno visibilmente concreti e non saranno soltanto un vago richiamo ideale. Infatti, non c’è niente di più stupefacente e consolante che toccare con mano la misericordia di Dio.
Per esempio, attraverso il sacramento della confessione. La facoltà data a tutti i presbiteri, per l’anno giubilare, di «assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono» è un momento di grande significato in cui si misura la millenaria sapienza della Chiesa. Su questa concessione fatta da Papa Francesco, alcuni religiosi mi hanno scritto delle lettere piene di gioia in cui hanno manifestato la loro commozione. Gioia e commozione che ho avuto l’onere e l’onore di conoscere personalmente. Ho infatti conosciuto delle donne che hanno pianto per tutta la vita. Mi raccontava una donna, ora in cielo, madre di quattro figli, che in un’epoca di grande povertà per la sua famiglia aveva interrotto due gravidanze, ma ogni giorno, in qualsiasi momento, pensava con rimorso a quelle due creaturine. Ho incontrato altre donne invece che, per ignoranza, ritenevano che dopo la legalizzazione civile dell’aborto, il peccato non ci fosse più e, che quindi, l’aborto fosse legittimo anche religiosamente. E ho incontrato infine delle giovanissime donne che in lacrime mi hanno raccontato come fossero state costrette ad abortire da un compagno che poi le ha lasciate sole nel dolore e nell’angoscia. Questi fatti drammatici penetrano come una spada affilata nelle viscere di una persona. Per togliere quella spada, che si è andata a conficcare tra il cuore e l’anima di una donna, non è sufficiente, però, la forza di una mano d’uomo, ma è necessaria, inderogabilmente, la mano sapiente di Dio. Una mano che cura e consola, che risana e accarezza. E che versa la medicina della misericordia sulle ferite sanguinanti delle persone. Il compito principale di ogni donna e di ogni uomo consiste, quindi, nel mettersi nella giusta condizione per ricevere questa medicina e per non impedirne gli effetti con una serie di schemi mentali fissi e logori, con gli egoismi camuffati da buoni propositi e con una verità a volte confusa solo con la propria opinione personale. In definitiva, il bisogno di senso che le persone sperimentano in ogni tempo è la radice del dinamismo della misericordia. Solo chi si apre ne può scorgere e sorseggiare la bellezza.

© Osservatore Romano - 3 ottobre 2015