Rassegna stampa formazione e catechesi

L’ombra buona di Giovanni XXIII

Incontri - Loris Capovilla 

Era impossibile parlare con il futuro cardinale Capovilla senza figurarsi accanto a lui, benevolo e benedicente, il suo Papa, san Giovanni XXIII. Don Loris, come desiderava essere chiamato, era a sua volta uno straordinario uomo di Chiesa, un appassionato di lettere e storia. Parlava quasi sempre del suo Papa ma ogni tanto gli sfuggiva qualche aneddoto che evidenziava la sua anima sacerdotale.

Ricordava così quando, giovane sacerdote, era andato a benedire la salma di un ragazzo poco più che adolescente che si era suicidato. Un gesto all’epoca severamente proibito. Denunciato al suo vescovo e da lui rimproverato, aveva obiettato che un giovane, suicida a quell’età, non poteva avere quella piena avvertenza e deliberato consenso richiesti dal catechismo per commettere un peccato grave. Burbero ma benevolo, il vescovo l’aveva mandato via con la sua benedizione. Oppure quando, avanti negli anni, aveva raccomandato un giovane uscito di carcere perché l’assumessero in banca. L’ex detenuto aveva poi organizzato un colpo e il bancario aveva telefonato per esprimere il suo disappunto. Al che Capovilla aveva risposto serafico: «Ma questo è il Vangelo. Anche un uomo di banca può correre il rischio della generosità».

Vi erano poi i suoi interessi letterari, in particolare per gli scrittori francesi, per Jacques e Raissa Maritain, per Mounier e de Lubac. In Italia era nota la sua vicinanza alle edizioni di Storia e Letteratura, la sua amicizia con don Giuseppe De Luca e con esponenti della politica come De Gasperi o della letteratura come Bargellini e Bo e delle arti figurative come Giacomo Manzù. Insomma un uomo tutt’altro che sprovveduto che aveva, tra l’altro, la passione per il giornalismo.

Inviato a Parigi come membro di una piccola delegazione venuta a dare il benvenuto al nuovo patriarca, venne da questi immediatamente notato e prontamente invitato a far parte del suo staff come segretario personale. Don Loris diede di buon grado il suo assenso e da quel momento fu al suo fianco come un’ombra buona e protettrice.

Io lo conobbi verso la fine degli anni Novanta quando in vista della beatificazione di Papa Giovanni venni contattato per una serie di opere di e sul nuovo beato. Anzitutto la biografia ufficiale della diocesi di Bergamo scritta in buona parte da monsignor Mario Benigni, vice postulatore della causa, poi una nuova edizione del Giornale dell’anima. Potei così constatare che quest’opera che meglio di ogni altra rivela la bontà d’animo di Papa Roncalli è giunta a pubblicazione grazie all’acuta intuizione di don Loris. Solo dietro le insistenze del suo segretario Papa Giovanni diede alla fine il suo consenso: «Comprendo che di un Papa si voglia conoscere tutto e tutto possa servire alla storia... La mia anima è in questi fogli più che in qualsiasi altro mio scritto». Fu ancora don Loris a trascrivere, dare un ordine, trasformare in un imponente e ordinato volume dei quaderni sparsi. Seguendo l’amico don De Luca, Capovilla si mostrava a sua volta attento alla pietà, all’evoluzione e crescita di un’anima attraverso i diversi e molteplici passaggi di una vita sacerdotale straordinariamente varia e altrettanto straordinariamente vissuta nella ricerca della santità, dell’imitazione di Cristo.

Da giovane seminarista di 14 anni fino agli ultimi mesi di vita Giovanni XXIII rimase fedele al proposito di annotare i suoi stati d’animo, il suo costante desiderio di tendere alla santità. A qualche mese dalla morte scriveva nell’ultima annotazione: «Nell’ora dell’addio, o meglio dell’arrivederci, ancora richiamo a tutti ciò che più vale nella vita: Gesù Cristo benedetto, la sua santa Chiesa, il suo Vangelo e, nel Vangelo, soprattutto il Pater Noster e nello spirito e nel cuore di Gesù e del Vangelo la verità e la bontà, la bontà mite e benigna, operosa e paziente, invitta e vittoriosa».

Come affermava Capovilla nell’introduzione, l’opera rappresentava una caso pressoché unico nella storia della pietà: la vita di un sacerdote divenuto Papa, raccontata nella semplicità e spontaneità di chi non ha preoccupazioni di essere letto o interpretato da altri. Solo a solo con Dio il Papa buono raccontava se stesso, la storia della sua anima. Ed è proprio questo il fascino segreto di un’opera «la chiave — come scriveva ancora il segretario del Papa — per entrare nel mistero della sua anima sacerdotale che riuscì a mettersi in contatto con l’anima del suo tempo, suscitando una così profonda, sincera, direi meditata, commozione, da non potersi a tutt’oggi spiegare». Si può dunque dire che monsignor Capovilla fu lo scopritore e insieme quasi il coautore di un volume che dovrebbe essere una lettura obbligata per ogni anima sacerdotale, per ogni fedele innamorato di Gesù e del Vangelo.

Mirabile in vita, la fedeltà di don Loris fu ancora più straordinaria nel mezzo secolo che sopravvisse al suo Papa. Nominato arcivescovo di Chieti da Paolo VInel 1967 introdusse nella diocesi le riforme del Vaticano II. Successivamente venne trasferito a Loreto dove cercò di indirizzare i pellegrini di uno dei più importanti santuari mariani d’Italia verso una pietà più consapevole e biblicamente fondata. Terminato il suo ministero episcopale, si ritirò a Sotto il Monte, il paese natale di Papa Giovanni. Poté così dedicarsi a tempo pieno al compito di coltivare e trasmettere la memoria dell’amato Pontefice. Prese dimora nella casa di Roncalli a Ca Maitino, vi istituì il museo di Papa Giovanni, diede avvio alla pubblicazione del suo esteso epistolario, favorì l’istituzione della fondazione Giovanni XXIII cui trasmise documenti, foto e altri cimeli raccolti negli anni e circa duemila volumi di e su Papa Giovanni. Ebbe infine la grande consolazione di assistere alla proclamazione della santità del suo Papa. Creato cardinale da Papa Francesco, morì centenario nel 2016. Non si può dimenticare infine che fu ancora lui all’origine del famoso discorso della luna, della carezza ai bambini. Ricordava l’allora monsignore: «Quella sera dell’11 ottobre del 1962, la data d’inizio del Vaticano ii, il Papa era stanco e stava per andare a letto. Io, però, socchiudendo le tende come d’abitudine, vidi piazza San Pietro inondata di fedeli che esprimevano con una fiaccolata il sentimento di gioia per quella giornata indimenticabile. Dissi dunque al Papa: “Santità, dite una parola di ringraziamento”. Con grande sforzo il Papa si alzò e improvvisò quel breve messaggio che commosse il mondo: “Si direbbe che persino la luna si è affrettata, stasera — osservatela in alto! — a guardare a questo spettacolo... Tornando a casa, troverete i bambini; date una carezza ai vostri bambini e dite: Questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare. Fate qualcosa, dite una parola buona. Il Papa è con voi specialmente nelle ore della tristezza e dell'amarezza”». Anche per questo dobbiamo gratitudine al cardinale Capovilla.

di Elio Guerriero



© Osservatore Romano - 25 ottobre 2019