Rassegna stampa formazione e catechesi
L’obbedienza è un dono
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- Creato: 16 Marzo 2018
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Tutto infatti ricade nel «precetto dell’amore del prossimo». È questo uno degli aspetti maggiormente legati alla quotidianità, emerso dalla quarta predica di quaresima tenuta da padre Raniero Cantalamessa venerdì mattina, 16 marzo, nella cappella Redemptoris Mater, alla presenza del Pa p a . Nel ciclo di meditazioni dedicate quest’anno alla santità cristiana secondo l’insegnamento di san Paolo, il predicatore della Casa pontificia si è soffermato sulla virtù dell’obbedienza. E così andato a toccare un aspetto verso il quale la volontà ma anche la fragilità di ciascuno sono continuamente sollecitate: «Ognuno di noi — ha infatti notato il cappuccino — vive in una fitta tela di dipendenze: dalle autorità civili, da quelle ecclesiastiche e, in quest’ultime, dal superiore locale, dal vescovo, dalla congregazione del clero o dei religiosi, dal Papa». Ma, ha aggiunto, non possiamo mai dimenticare che tutto fa riferimento a una «obbedienza essenziale, dalla quale scaturiscono tutte le obbedienze particolari, compresa quella alle autorità civili», ovvero l’«obbedienza a D io». Questa, ha spiegato utilizzando un esempio preso dalla natura, è «come il filo dall’alto che regge la splendida tela del ragno». Da esso parte la costruzione della tela, «esso sorregge tutto l’intreccio; senza di esso tutto si affloscia». Così «l’obbedienza a Dio è il filo dall’alto: tutto è costruito su di essa, ma essa non può essere dimenticata neppure dopo che è finita la costruzione. In caso contrario, tutto si ripiega su se stesso e non si capisce più perché si deve obbedire». Con l’ausilio, quindi, dei testi paolini, in particolare della lettera ai Romani, padre Cantalamessa è andato a scavare nella «natura dell’obb edienza cristiana» che risiede non in un’«idea» ma in un «atto». Il fondamento, infatti, è che «Cristo “si è fatto obbediente fino alla morte”». Un’obb edienza al Padre coltivata in tutta la vita, nel quotidiano, e manifestata nella maniera più compiuta «dalle cose che patì» con amore e libertà. Il predicatore ha fatto emergere il fatto che san Paolo presenti Cristo «come capostipite degli obbedienti, in opposizione ad Adamo che fu il capostipite dei disobbedienti». E i cristiani sono inseriti in questa storia attraverso il battesimo. In esso, infatti, «noi abbiamo accettato un Signore, un Kyrios , ma un Signore “obb ediente”, uno che è diventato Signore proprio a causa della sua obbedienza». Perciò «l’obb edienza non è tanto sudditanza quanto piuttosto somiglianza». Da qui la conclusione del cappuccino: «L’obbedienza prima che virtù è dono, prima che legge è grazia. La differenza tra le due cose è che la legge dice di fare, mentre la grazia dona di fare». Cristo, quindi, come «modello da imitare con la vita». Del resto, se il Vaticano II ha enunciato il principio della universale chiamata alla santità del popolo di Dio, allora visto che «non si dà santità senza obbedienza», c’è anche «un’universale chiamata all’obb edienza». Un’obbedienza a Dio — ed è questo il passaggio successivo della meditazione — che deve essere vissuta anche oggi, in un continuo divenire, mettendosi in ascolto dello Spirito santo che «guida la Chiesa alla verità tutta intera». Certo, «l’obbedienza spirituale a Dio non distoglie dall’autorità visibile e istituzionale, ma al contrario, la rinnova, la rafforza, la vivifica». Naturalmente, ha spiegato il predicatore, si può porre il problema di «un conflitto tra le due obbedienze», quando ad esempio il superiore umano «chiede di fare una cosa diversa da quella che si crede essere comandata da Dio». Il criterio allora è sempre uno, ovvero «ciò che fece Gesù», il quale «accettò l’obbedienza esterna e si sottomise agli uomini, ma così facendo non rinnegò, ma compì l’obbedienza al Padre». Tuttavia, ha aggiunto padre Cantalamessa, può anche accadere che «la volontà di Dio e la sua libertà» esigano dall’uomo «che egli obbedisca a Dio piuttosto che agli uomini». Allora «si deve accettare, come ogni vero profeta di morire a se stesso, e spesso anche fisicamente». Fondamentale, in ogni caso, è l’obbedienza a Dio, alla quale tutti, sudditi e superiori, sono chiamati sempre. Anzi, «la vera fonte dell’autorità spirituale risiede più nell’obb edienza che nel titolo o nell’ufficio che uno ricopre». Perciò ogni battezzato, prima di ogni decisione, è bene che chieda al Signore nella preghiera di guidarlo nella scelta, affinché «tutta la vita, giorno per giorno» possa essere vissuta «all’insegna delle parole: “Ecco, io vengo, o Dio, a fare la tua volontà”».
© Osservatore Romano - 17 marzo 2018