Rassegna stampa formazione e catechesi

I mussulmani tra Francesco d’Assisi e Raimondo Lullo Per evitare lo scontro d’ignoranza

s. Francesco e mussulmaniFrate Francesco d’Assisi si recò in Egitto nel 1220 dove incontrò il sultano Malik al Kāmil – nipote del più noto Saladino – e lasciò in una prima redazione della regola per i frati Minori delle indicazioni per coloro che vanno tra i saraceni, ossia i mussulmani. Come lui e dopo di lui altri francescani si confrontarono con l’Islam con esiti diversificati a seconda dei tempi e dei territori.

Nella posterità di san Francesco d’Assisi un ruolo particolare ha il laico maiorchino Raimondo Lullo che da sposato e padre di due figli si pose tre obiettivi: dedicare la sua vita all’annuncio del Vangelo fino al martirio, comporre un’opera utile per confrontarsi con i mussulmani e infine istituire centri dove poter imparare la lingua e la cultura dei non cristiani. Onde raggiungere tali finalità attraversò più volte il Mediterraneo toccando le varie sponde, da Maiorca a Napoli, da Pisa a Tunisi, da Gerusalemme e Genova, da Cipro a Messina: un vero e proprio “uomo mediterraneo”, oltre che europeo! E lui stesso si definì christianus arabicus. Se Francesco d’Assisi indicava che tra i comportamenti d’avere con i saraceni vi fosse il “non fare dispute”, Lullo dà molta importanza alla conoscenza reciproca e all’educazione come mostra il seguente brano di una sua opera autobiografica in cui parla in terza persona, ossia il Liber de participatione christianorum et sarracenorum: «Mentre Raimondo si trovava in queste riflessioni, si propose di recarsi dal molto nobile e virtuoso signore Federico, re di Trinacria [antico nome della Sicilia], perché questi, conosciuto come fonte di devozione, congiuntamente con il molto alto e potente re di Tunisi, disponesse che cristiani ben preparati e che padroneggiano la lingua araba (bene litterati et lingua arabica habituati), andassero a Tunisi per esporre la verità della fede mentre, a loro volta, saraceni ben preparati venissero nel regno di Sicilia per discutere sulla loro fede con i sapienti cristiani. Forse con questo metodo, generalizzato per tutto il mondo, potrebbero farsi la pace fra cristiani e saraceni, in modo che né i cristiani vadano a distruggere i saraceni, né i saraceni i cristiani». Un progetto del genere richiedeva delle istituzioni che si occupassero della formazione dei cristiani che volevano andare tra i saraceni: Lullo instancabilmente propose alle autorità del suo tempo la fondazione di scuole di specializzazione missionaria per l’apprendimento delle lingue degli infedeli. Nel 1276 ottenne l’istituzione del monastero di Miramar dove 13 frati Minori avrebbero appreso l’arabo, la teologia, l’arte della contemplazione, avrebbero letto il Corano e si sarebbero confrontati con la cultura islamica; nel 1311, il concilio di Vienne riconobbe il suo impegno con un decreto che stabiliva la costituzione di cattedre di lingue orientali presso le principali università cristiane. La preoccupazione missionaria concretizzata nella proposta al re di Sicilia, negli ultimi anni della sua lunga attività, era stata rappresentata da Lullo in una delle sue prime opere: il Libro del Gentile e dei tre Savi, dove si illustra quale sia il modo migliore per dialogare sulle fedi.

Sara Muzzi

Centro Italiano di Lullismo

Pontificia Università Antonianum

© Osservatore Romano - 26 aprile 2017


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