Rassegna stampa formazione e catechesi
Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura
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- Creato: 25 Gennaio 2025
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Annunciare il Vangelo non è un optional. Non è solo per qualcuno. Non è un privilegio riservato ai "missionari".
Annunciare il Vangelo è costitutivo dell'essere cristiani, battezzati, cresimati, figli della Chiesa.
Ma cos'è l'annuncio?
È donare ciò che si è ricevuto sia attraverso la catechesi che attraverso la propria esperienza personale.
L'una illumina l'altra. La catechesi kerygmatica, l'annuncio ricevuto dalla Chiesa muove a conversione.
La salvezza sperimentata illumina e rende viva sulla propria carne la catechesi ricevuta.
Non c'è limite di luogo, di spazio o situazione; i limiti, semmai, li pone il "politicamente corretto", che, tra le scuse inventate dall'uomo è tra le più subdole e meschine.
Dove tu vivi e sei, lì annuncia.
Di fatto, San Paolo, non avrebbe potuto annunciare il vangelo sopra ogni fatica se non avesse incontrato Cristo e la Chiesa a Damasco.
Non avrebbe potuto annunciare Cristo, il fariseo Saulo che perseguitava Cristo stesso nella Chiesa, se non fosse andato da Anania e non fosse stato confermato nella fede e non gli fossero cadute le scaglie dagli occhi.
Non sarebbe stato fecondo nell'annuncio se non avesse incontrato "le colonne" della Chiesa e non avesse ricevuto la loro benedizione.
Ecco che il tema della conversione, perno del vangelo della imminente festività, ritorna come fulcro portante dell'essere di Paolo.
Paolo è un convertito che sempre si converte.
È uno che ha veramente incontrato Gesù e la Chiesa e che da zelante e finanche prepotente dottore della legge diventa umile discepolo della scuola di Dio.
Ma l'umiltà è un cesello che Dio opera attraverso le innumerevoli prove che quest'uomo ha dovuto vivere sulla propria pelle.
Se non fosse passato per il crogiolo della fatica, a volte umanamente insostenibile; se non fosse passato attraverso la tortura, l'incomprensione, il dileggio, la prigionia, l'impotenza, non avrebbe spezzato se stesso in seme di polvere e non sarebbe stato fecondo.
Quindi se Maria è la credente (πιστεύσασα - pisteusasa), Paolo è l'uomo che si converte (leshuv - metanoeinen - epistrephein).
L'uomo che cammina nella conversione.
Questo è il suo insegnamento e la sua icona per noi.
Ed entrambe le icone, Maria e Paolo, sono figura della Chiesa, chiamata a credere e a convertirsi continuamente lasciando le vanità di questo mondo.
Ma anche un altro segno traspare dalla vita di Paolo che, tra l'altro significa il suo "nome nuovo", dal nome regale di Saul al nome di "piccolo", Paolo.
Paolo si convertiva annunciando; annunciando si convertiva.
È l'annuncio, opportuno o inopportuno (cioè umanamente non conveniente - non buonista, arruffa consensi, di piaggeria, piacione, corretto politicamente, ecc.), che converte Paolo.
È annunciando che si rafforza la fede del credente perché lo trasforma e trasfigura dall'interno. Il Kerygma irrora.
Se infatti la fede non viene donata e ri-donata ma rimane nella sfera del privato (quello che vogliono i "liberalisti" o i "mondani" di ogni tempo), pian piano si affievolisce e spegne o si trasforma in uno sberleffo che accarezza i sensi carnali dell'uomo ma non lo eleva. Non lo trasfigura.
Anzi lo uccide piano piano con la parvenza di spiritualità e, talvolta, con il manto, anch'esso di politicamente corretto, di critica.
Infatti è noto, a chi ha un minimo di libertà interiore, che il clericalismo si riveste di tante forme, sia di narrazioni del "potere" sia di contro-narrazioni di "potere" di cuori feriti e scellerati che fanno tanto danno a sé e alle anime.
Perché in entrambe le forme di clericalismo regna l'ego.
Chi non annuncia, libero da sé, cioè non condivide il bene ricevuto, è un folle e un suicida.
La morte del cattolico è pari alla sua accidia.
Accidia nell'annuncio, pigrizia nella ricerca di piacere sempre più a Dio.
Se il cattolico vuole piacere a sé stesso e al quieto vivere calpesta e bestemmia il dono ricevuto.
Sia quando si omologa a non trascendersi sia quando si omologa alla vanità del mondo, sia quando si omologa alla vanità della carne che porta dentro e su cui non ha mai fatto, seriamente e rersponsabilmente, un cammino di Fede e di Conversione.
Chi ricevendo in dono un patrimonio inestimabile di beni lo getterebbe in una tangenziale perché sia calpestato dalla furia disordinata del traffico?
Ebbene noi facciamo di peggio con i doni che abbiamo ricevuto nella Chiesa e per la Chiesa con il Battesimo.
Senza litigiosità e sedimentazioni rancorose, ma con fermezza, il cattolico annuncia tutto il bene che ha ricevuto perché sa che in gioco è la propria salvezza e la salvezza dei fratelli.
Questo è il bene più grande e non certo la salute fisica, come San Paolo ci ha mostrato con la sua vita; Paolo, discepolo e servo del Cristo povero e crocifisso.
Se infatti c'è la salute del cuore c'è la vita anche se si è prigionieri come San Paolo, o derisi, vilipesi, impotenti.
Non c'è stato infatti periodo più fecondo per l'apostolo di quello in cui, prigioniero con catene, in arresti domiciliari - tanto che in ogni suo bisogno veniva seguito dal carceriere e dalle sue catene - poteva effondere l'amore per Cristo e per la Chiesa.
Anzi proprio nell'impotenza e nella persecuzione (e nella prigionia delle catene imposte dall'esterno) risplende l'agire di Dio e quindi, se stiamo seguendo veramente Cristo, anche la nostra gioia profonda e la gioia autentica della Chiesa, dei fratelli e delle sorelle.
Quella Gioia che nessuno ci può togliere e che si fonda su l'amore di Dio in Cristo per noi e per i fratelli.
Paul Freeman