Dialogo e collaborazione per scoraggiare derive violente

ivorianiUn incoraggiamento a «proseguire il dialogo con i musulmani, in modo da scoraggiare qualsiasi deriva violenta e qualsiasi interpretazione religiosa errata del conflitto» che in Costa d’Avorio ha provocato sofferenze e divisioni.
Lo ha rivolto Papa Francesco ai presuli del Paese africano ricevuti in udienza giovedì mattina, 18 settembre, in occasione della visita «ad limina». Di seguito una nostra traduzione del discorso in francese che il Pontefice ha consegnato loro.


Cari Fratelli Vescovi,
Sono molto lieto d’incontrarvi in occasione della vostra visita ad limina . Porgo al Cardinale Jean-Pierre Kutwa e a ognuno di voi i miei fraterni saluti, e ringrazio Monsignor Alexis Touabli Youlo, Presidente della vostra Conferenza episcopale, per le parole che mi ha appena rivolto. Tengo anche a ricordare il Cardinale Bernard Agré che da poco il Padre ha richiamato a sé.
Auspico che troviate presso i santi Pietro e Paolo l’aiuto di cui avete bisogno per svolgere il vostro ministero pastorale, sia mediante l’esempio che essi danno di un ardente amore per Cristo, sia attraverso la loro potente intercessione presso Dio. Il pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli è sempre una bella occasione per rinsaldare i vincoli di comunione con il successore di Pietro e con tutto il Collegio episcopale. Questa unità è indispensabile alla missione della Chiesa: «perché tutti siano una sola cosa… perché il mondo creda» ( Gv 17, 21), ci dice Gesù. Allo stesso modo, la comunione fraterna che riunisce attorno a Cristo i Vescovi di una stessa nazione è indispensabile per la crescita della Chiesa, così come per il progresso dell’intera società. Ciò è ancor più vero in un paese che ha subito gravi divisioni, e che ha bisogno della vostra testimonianza e del vostro deciso impegno per ricostruire la fraternità. «Non lasciamoci rubare l’ideale dell’amore fraterno!» ( Evangelii gaudium , n. 101). È mostrandovi veramente fratelli tra voi, aperti al dialogo nella fiducia reciproca, all’ascolto di tutti — anche nella diversità e nella contraddizione — e lasciando a ognuno il proprio posto, in particolare ai più giovani tra voi, che conferirete un nuovo slancio evangelizzatore e trasformerete realmente la società, al fine di renderla più conforme all’ideale evangelico. Sono molto lieto di sapere che siete già risolutamente impegnati su questa via, e vi incoraggio di tutto cuore. Non posso dunque che invitarvi a svolgere appieno il ruolo che vi corrisponde nell’opera di riconciliazione nazionale, rifiutando qualsiasi coinvolgimento personale nelle dispute politiche, a detrimento del bene comune. Ma è importante che manteniate relazioni costruttive con le Autorità del vostro paese, come pure con le diverse componenti della società, in modo da diffondere un vero spirito evangelico di dialogo e di collaborazione. Il ruolo della Chiesa — che è apprezzata e ascoltata — può essere determinante. Vorrei ricordare qui Monsignor Ambrose Madtha, zelante Nunzio Apostolico, che si è adoperato molto per la riconciliazione della società ivoriana. In quello stesso spirito, vi incoraggio a proseguire il dialogo con i musulmani, in modo da scoraggiare qualsiasi deriva violenta e qualsiasi interpretazione religiosa errata del conflitto che avete vissuto. Naturalmente non siete soli nell’immenso compito di evangelizzazione e di conversione dei cuori che si schiude dinanzi a voi, ma siete assistiti da un clero generoso e motivato, il cui numero è in continua crescita. Vi chiedo di trasmettere ai sacerdoti delle vostre diocesi tutto il mio affetto. Essi operano coraggiosamente nel campo del Signore, in condizioni molto spesso difficili. Al fine di prevenire le difficoltà e le mancanze che alcuni di loro sperimentano, gli strumenti migliori sono certamente la qualità della loro formazione, iniziale e permanente, l’incoraggiamento di una fraternità sacerdotale che trascenda i divari etnici, e soprattutto la vicinanza e l’attenzione che, quali padri amorevoli e attenti, dovete rivolgere a ognuno di loro. Che possiate — se possibile — ricorrere più alla dolcezza, alla persuasione e all’incoraggiamento per risvegliare lo zelo pastorale che a sanzioni frettolose e severe. Vi invito a rendere spesso visita ai vostri sacerdoti per ascoltarli, al fine di conoscerli sempre meglio. È formando un p re s b y t e r i u m fraterno e unito attorno al loro Vescovo che i sacerdoti si sentiranno legati alla propria diocesi e spinti a servirla in modo prioritario, mentre troppi sono tentati di partire per luoghi lontani, a detrimento del popolo di Dio che ha bisogno del loro ministero. D’altronde, non sono solo i sacerdoti a trarre profitto dalla presenza assidua del Vescovo nella loro diocesi, ma anche le comunità cristiane in tutte le loro componenti; esse hanno bisogno di essere sostenute e di avere un legame personale e regolare con il Vescovo. Penso anche agli Istituti religiosi ai quali dovete essere attenti. Sono «un aiuto necessario e prezioso all’attività pastorale, ma anche una manifestazione della natura intima della vocazione cristiana» ( Africae munus , n. 118). Che i religiosi e le religiose vengano calorosamente ringraziati per il considerevole lavoro che svolgono, con i laici associati, negli ambiti dell’insegnamento, della salute e dello sviluppo. Il loro lavoro è apprezzato da tutti; è inoltre assolutamente insostituibile, poiché c’è un’intima connessione tra evangelizzazione e promozione umana (cfr. Evangelii gaudium , n. 178). Vi invito a fare il possibile per favorire l’instaurazione di rapporti costruttivi e per risolvere le incomprensioni, affinché i religiosi e le religiose possano operare in armonia con gli altri agenti di pastorale. Peraltro molte comunità e associazioni nuove che si stanno formando hanno bisogno del vostro discernimento attento e prudente — ma voi già lo fate — per garantire una salda formazione ai loro membri e accompagnare i mutamenti che sono chiamati a vivere. Siete chiamati a far sentire la vostra vicinanza pastorale a tutti i fedeli laici, in particolare alle famiglie. Queste ultime si sono oggi molto indebolite, a causa sia del processo di secolarizzazione che interessa ormai la società ivoriana, sia dei movimenti di popolazioni e delle divisioni provocate dai conflitti, e anche delle proposte, meno esigenti sul piano morale, che spuntano da ogni parte. Vi incoraggio a perseverare nei programmi di formazione al matrimonio che molti tra voi hanno già avviato, senza dimenticare l’imp egno indispensabile tra i giovani, in vista della loro educazione spirituale e affettiva. Infine, che le persone anziane non siano assenti dalle vostre preoccupazioni. Nonostante la mentalità tradizionale africana le «circondi di una venerazione particolare» ( Africae munus , n. 47), molte di loro si trovano oggi sole o abbandonate, perché la cultura dello “scarto” è ormai comparsa nelle vostre società. Ebbene, la loro partecipazione è indispensabile all’equilibrio di un popolo e all’educazione della gioventù (cfr. Africae munus , n. 48). Cari Fratelli Vescovi, tengo a esprimervi la mia gioia e la mia riconoscenza per il bel lavoro di evangelizzazione che svolgete in Costa d’Avorio. Le vostre Chiese locali sperimentano un reale dinamismo e manifestano gioia ed entusiasmo nell’annuncio di Cristo morto e risorto. Tuttavia si percepisce che la fede resta fragile e soffia il vento contrario. Molto spesso — i conflitti recenti l’hanno purtroppo dimostrato — i particolarismi etnici hanno il sopravvento sulla fraternità evangelica, molti battezzati, stanchi o delusi, si allontanano dalla luce della verità e aderiscono a proposte più facili, altri non mettono in pratica nella loro vita le esigenze della fede. La chiave del futuro si trova certamente in un radicamento più profondo della Parola di Dio nei cuori. È però anche necessario approfondire il dialogo con la realtà culturale e religiosa tradizionale al fine di giungere a un’autentica inculturazione della nostra Fede, rifiutando senza ambiguità ciò che le è contrario ma accogliendo e portando a compimento ciò che è buono. Vi incoraggio di conseguenza a perseverare senza posa nell’opera di evangelizzazione. La formazione dei laici a tutti i livelli, e in particolare dei catechisti il cui lavoro indispensabile è considerevole — e vanno ringraziati per questo — deve aprirli all’«incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» ( Deus caritas est , n. 1). È così che la Chiesa in Costa d’Avorio potrà affrontare serenamente le sfide del futuro. Affidando tutti voi, così come i sacerdoti, le persone consacrate, i catechisti e tutti i fedeli laici delle vostre diocesi, all’intercessione di san Giovanni Paolo II e alla protezione di Nostra Signora della Pace, vi imparto, di tutto cuore, la Benedizione apostolica.

© Osservatore Romano - 19 settembre 2014


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