III DOMENICA DI PASQUA - Anno A
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- Creato: 03 Maggio 2011
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O Dio, che in questo giorno memoriale della Pasqua raccogli la tua Chiesa pellegrina nel mondo, donaci il tuo Spirito, perché nella celebrazione del mistero eucaristico riconosciamo il Cristo crocifisso e risorto che apre il nostro cuore all'intelligenza delle Scritture, e si rivela a noi nell'atto di spezzare il pane.
Prima Lettura At 2, 14a. 22-33
Non era possibile che la morte lo tenesse in suo potere.
Dagli Atti degli Apostoli
Nel giorno di Pentecoste, Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così:
«Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete -, dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l'avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l'avete ucciso.
Ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: " Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; poiché egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua; ed anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai l'anima mia negli ìnferi, né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza ".
Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e la sua tomba è ancora oggi fra noi. Poiché però era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: "Questi non fu abbandonato negli ìnferi, né la sua carne vide corruzione".
Questo Gesù Dio l'ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni.
Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 15
Mostraci, Signore, il sentiero della vita.
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto a Dio: « Sei tu il mio Signore ».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio cuore mi istruisce.
Io pongo sempre innanzi a me il Signore,
sta alla mia destra, non posso vacillare.
Di questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima.
Anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro,
né lascerai che il tuo santo veda la corruzione.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena nella tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.
Seconda Lettura 1 Pt 1, 17-21
Siete stati liberati con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza macchia.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo
Carissimi, se pregando chiamate Padre colui che senza riguardi personali giudica ciascuno secondo le sue opere, comportatevi con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio.
Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l'argento e l'oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia.
Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi per voi. E voi per opera sua credete in Dio, che l'ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria e così la vostra fede e la vostra speranza sono fisse in Dio.
Canto al Vangelo Cf Lc 24,32
Alleluia, alleluia.
Signore Gesù, facci comprendere le Scritture;
arde il nostro cuore mentre ci parli.
Alleluia.
Vangelo Lc 24, 13-35
Lo riconobbero nello spezzare il pane.
Dal vangelo secondo Luca
In quello stesso giorno, il primo della settimana, due dei discepoli erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?».
Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Cleopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?».
Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto». Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?».
E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?».
E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Commento
Inizialmente Cleopa e il suo compagno conversavano animatamente su quanto accaduto nella Città Santa poi si affiancò loro un'altra persona, Gesù velato. . .
Gesù dice loro: "Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?"
Quest'ultimo finge di non sapere nulla dell'accaduto e chiede interessato.
Con questa domanda i due discepoli lo considerarono un "forestiero" oggi qualcuno direbbe "ma dove vivi? ... non lo sai ...".
Avevano svolto un'operazione comune: mischiare i fatti con il gossip. La salvezza con la morbosità del prurito e del pettegolezzo.
Non erano entrati dentro il reale. Proprio per questo Gesù era nascosto.
Dio non è prodotto da mercato, non si compra al mercato delle ideologie e delle buone opere.
Non si trova in svendita come un oggetto tra i tanti.
Dio è Dio.
Poco dopo infatti avrebbero scoperto che proprio loro erano "forestieri" incapaci di vedere e di capire il significato degli eventi.
Troppo bloccati per vedere e sentire. La sclerocardia, male non solo degli atei ma anche di noi credenti.
Gesù cammina con loro prima di rivelarsi e non li stravolge; cammina, cerca di prepararli e lavora dentro il loro desiderio.
Dio cammina con il suo popolo educandolo all'ascolto e a vedere la realtà.
L'infedeltà, l'esilio, la durezza di cuore nascono dall'incapacità di vedere la realtà come essa è.
Il peccato originale è la deformazione del reale, della ragione e della vita affettiva.
Ma Gesù non è solo la via; Egli è la Scienza, la realtà di ogni cosa.
Proprio per tale motivo Egli educa a "vedere" finalmente con il cuore sgombro dalla patina del peccato, della sclerocardia, della distrazione, dell'affanno e dei fantasmi.
I discepoli di Emmaus pensavano che potevano camminare da soli ed invece imparano a camminare con Lui.
Pensavano di vedere gli avvenimenti e stavano perdendo l'incontro fondamentale della loro vita.
La Pasqua è proprio questo mettersi in cammino con Dio, riconoscere i segni, passare da morte a vita e annunciarlo per le strade del mondo.
La strada appunto e non la casa.
La strada luogo di passaggio e non la casa luogo statico.
Si percorre una strada per raggiungere o allontanarsi da qualcuno o qualcosa.
La nostra vita è come una strada; vogliamo raggiungere o allontanarci, annullare o edificare, vogliamo la felicità anche se la cerchiamo per vie sbagliate.
La strada è il luogo dell'incontro, forse talvolta sbagliato, ma anche luogo di verifica e di salvezza.
Qui Gesù ci appare e ci mostra, illuminandoci, il senso vero e il sapore del nostro camminare, dei nostri passi e del nostro desiderio.
Occorre però avere tempo per l'ascolto della Parola per essere educati dalle scritture.
Occorre farsi incendiare il cuore da Cristo con il disarmo dei bimbi.
Occorre avere il cuore spezzato dal perdono e dal desiderio per accedere all'Eucarestia.
Occorre fare Pasqua.
Qui nasce la gioia fonte di ogni annuncio e di ogni missione.
La condivisione di un incontro; dell'incontro:
io lo ho incontrato!
Venite anche voi. Alleluja!
Non a noi Signore, non a noi
ma al Tuo nome da gloria. - Sl. 155, 1 -
Francesca
Sussidio proposto dal Monastero del Sacro CuoreAnno_A_-__III_Pasqua.doc
Citazioni di
Act 2, 14.22-33 : www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9avypgb.htm
1P 1,17-21 : www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9a10tla.htm
Lc 24,13-35 : www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9auha5x.htm
Il primo giorno della settimana, dopo la grande festa dei Giudei, Gerusalemme tenta di tornare ad assumere l’aspetto di sempre, mentre i commercianti contano i molti guadagni, i sacerdoti del Tempio possono dirsi più che soddisfatti - anche perché erano riusciti a mettere a morte il “Galileo”- e per i discepoli, ma in generale coloro che erano “forestieri”, si tratta di ritornare alle proprie case, alla propria vita.
Chiuso il sipario e spente le luci, non tanto sulle solenni celebrazioni di Gerusalemme, quanto su quell’uomo che tutti speravano«fosse colui che avrebbe liberato Israele» (Lc 24,21), i due discepoli di Èmmaus si ritrovano, lungo il viaggio, a parlare con “Gesù in persona”: «Eppure i loro occhi erano impediti a riconoscerlo» (Lc 24,16)!
Ma perché il Signore non ha detto subito chi in verità Egli fosse? Anzi, nel dialogo che la liturgia oggi ci propone, sembra quasi che Gesù faccia di tutto pur di non svelare la propria identità, prima facendo finta di non sapere di cosa Clèopa e il compagno stessero discutendo, poi spiegando «loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24,27), ma senza fare accenno diretto alla propria persona!
Infine, «fece come se dovesse andare» (Lc 24,28): Gesù non vuole prendersi gioco dei suoi discepoli, ma sta cercando di educare il loro - e il nostro - cuore, affinché non sia “lento”! Il cuore, infatti, quando ci troviamo di fronte alla sua Presenza, è veloce, “arde” all’ascolto della sua parola, riconoscente del fatto che «non a prezzo di cose effimere» siamo stati liberati«ma con il sangue prezioso di Cristo», Lui che è l’Agnello“senza difetti e senza macchia” (Cfr. 1Pt 1,19).
Quanta delicatezza usa con noi il Risorto! Non ci obbliga a “credere”, ma ci offre gli strumenti perché noi possiamo arrivare a giudicare, in base alla misura infallibile del nostro cuore, se sia vero quello che in modo straordinario sant’Agostino ha posto in apertura delle Confessioni: «Il mio cuore è inquieto, finché non riposa in Te».
Ma c’è ancora un particolare che richiama la nostra attenzione e suscita molte domande: perché ad un certo punto, mentre i discepoli si trovavano a tavola con Gesù, gli occhi si aprono e lo riconoscono? È innegabile il contesto eucaristico: i discepoli sono a mensa; c’è il Signore con loro; viene preso del pane; si dice la preghiera di benedizione; il cibo viene spezzato. È da quest’ultimo gesto che i compagni di Gesù lo riconoscono: non solo per l’azione in sé, quanto piuttosto perché finalmente Clèopa e l’amico poterono posare gli occhi su quelle mani, forate dai chiodi della passione, che fino a quel momento dovevano essere rimaste coperte dall’ampia veste che veniva usata durante i lunghi tragitti!
È nel momento in cui riconoscono di essere alla presenza del Crocifisso, però, che Egli “sparisce dalla loro vista” - con il suo corpo glorificato - (Cfr. 24,31), mentre gli occhi dei discepoli rimangono fissi su quel pane spezzato che viene lasciato cadere “sull’altare”. Non è forse la stessa esperienza che ciascuno di noi può fare ad ogni celebrazione eucaristica?
E così «partirono senza indugio» (Lc 24,33): arrivare a comprendere che la morte non è l’ultima parola sulla vita di ciascuno di noi, perché non è possibile che questa ci “tenga in suo potere” (Cfr. At 2,24), è l’inizio di una speranza così grande che rende la nostra gioia incontenibile; e quanto il cammino per Gerusalemme - per le strade di ciascuno di noi - doveva essere sembrato, tante volte, lungo e stancante, ora invece, appariva ai loro occhi come la condizione privilegiata per poter dire a tutto il mondo: «Davvero il Signore è risorto» (Cfr. Lc 24,34).
Secondo commento
È celebre e famigliare la vicenda dei due discepoli che incontrarono Gesù sulla via di Emmaus, una delle prime manifestazioni del Risorto. La condizione in cui i due si trovano ci è famigliare; avevano creduto in Gesù e lo avevano seguito, nutrendo grandi aspettative circa quello che Egli avrebbe fatto. Ma le cose erano andate assai diversamente, con la condanna e la morte di Gesù e con la “sconvolgente” notizia della sua risurrezione, difficile da accettare. È quanto capita ad ognuno di noi quando seguiamo Gesù, cercando di imbrigliarlo nei nostri schemi e nelle nostre attese. Crediamo che ci ama e ci vuole aiutare, ma anche inconsciamente, abbiamo la pretesa che ciò debba avvenire a modo nostro. La nostra fede, come quella dei discepoli di Emmaus, diviene in questo modo “condizionata”, limitata; resta fede solo se le cose vanno in un certo modo.
Ma Gesù ha detto che la verità ci farà liberi, anche da noi stessi, dalla nostra precomprensione delle cose, a volte troppo stretta, e ci viene incontro, sempre, ma a modo suo e secondo i suoi tempi. Essere discepoli perciò richiede una grande libertà interiore, una “elasticità spirituale” che permetta di riconoscere il Signore quando ci si presenta dove e quando non lo attendiamo.
Come può avvenire questo? Il racconto del vangelo odierno ci permette di trovare una risposta. Dobbiamo distinguere tra il Gesù dei nostri pensieri, la nostra “personale” immagine di Gesù, ed il Gesù vero, quello che oggi ci viene incontro nella sua Parola e nei Sacramenti. Un “Gesù privato” è facilmente limitato, inadeguato a rispondere ai bisogni reali della vita, si manifesta solo quando serve e, soprattutto, quando non disturba i nostri piani; un “Gesù privato” è un Messia comodo, che ci asseconda in tutto e non ci invita mai davvero a conversione.
Viceversa, il Gesù vero, quello che la Chiesa annuncia e testimonia da sempre – lo vediamo nella prima lettura – e che si rende presente nei Sacramenti e nella Parola continua a fare ciò che faceva al tempo della sua esperienza terrena. Incita, accoglie, riprende, sostiene, insomma guida il suo popolo sulla via da lui aperta verso il Regno dei Cieli. Senza l’ascolto della Parola e senza i Sacramenti, cioè, rischiamo che Gesù sia una bella foto, appesa al muro, che ogni tanto guardiamo e che ci fa venire in mente qualche pensiero edificante. Attraverso la preghiera – personale e comunitaria – attraverso la lettura della Parola di Dio – che il Santo Padre ha con efficace semplicità richiamato come strumento quotidiano della nostra vita spirituale – attraverso i Sacramenti – che ci donano la Grazia, la forza e la pace di Dio…siamo in relazione con la persona di Gesù risorto, uniamo la nostra vita alla sua e, attraverso una familiarità che sempre si rinnova, sappiamo riconoscerlo nella vita di tutti i giorni, nei poveri, nei bisognosi, anche in persone “moleste” e semplicemente poco simpatiche.
Il tempo della Pasqua è quindi il tempo della memoria e della testimonianza. Facciamo memoria di ciò che Cristo ha fatto per noi, per tutti gli uomini, una memoria che non è un semplice atto intellettuale, bensì un fatto esistenziale. Infatti, ricordiamo la Risurrezione di Cristo prima di tutto con le nostre parole e le nostre azioni, con le nostre scelte e comportamenti quotidiani. In questo modo, lo annunciamo agli altri e lo ricordiamo a noi stessi.
Chiediamo per ciascuno di noi la semplice fermezza di Pietro. Noi cristiani siamo custodi di un messaggio unico, che ci tramandiamo da duemila anni da persona a persona; Cristo è risorto, le porte del cielo sono aperte, andiamo verso di esse insieme, come fratelli. Questo è il cuore della nostra testimonianza, ciò che ci fa seguire Gesù e, per amore, ci porta a trasformare la nostra vita.
Chiediamo anche la grazia di sapere ogni domenica – ed ogni altra volta che partecipiamo alla Santa Messa o che ci confessiamo – di saper riconoscere Gesù presente accanto noi, costruendo così una relazione vitale con la sua persona, e non coltivando uno sbiadito ricordo della sua immagine.