La sua lampada è l'Agnello
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- Creato: 06 Agosto 2011
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Ap 21, 10.23
L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. La città non ha bisogno della luce del sole né della luce della luna, perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello.
Nella logica del Regno di Dio è presente il principio della gradualità. Principio stesso che Dio ha radicato nella storia e nella Sacra Scrittura. Principio fondante del cammino pastorale universale e locale.
Nessuno può raggingere un obiettivo se, dal punto in cui si trova, non comincia a fare un cammino di trascendenza e di trasfigurazione. La vita cristiana è un cammino, di gloria in gloria.
Quando il Padre ci ha detto sul monte Tabor "Ascoltatelo!" (Mt. 17,5), non ci ha indicato solo un moto della mente e del cuore ma una promessa, un impegno che Dio stesso ha preso con noi: guardate a Lui e sarete raggianti! (Sl. 34,6)
Dio stesso ci ha ripetuto questo invito sul monte delle Ascensioni quando ci ha detto, tramite i suoi angeli, «... Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo".» (Atti 1,11)
Dunque con il comando di Ascoltare il proprio Figlio, il Padre ci ha detto sin d'ora qual è la nostra casa.
E se la nostra casa è il Cielo perché mai desideriamo possederne una su questa terra?
Il camminare sulla terra, il "possedere" delle cose dev'essere funzionale alla nostra vera "residenza", il Cielo.
Ma questo non è atto distaccato dal quotidiano anzi è atto che impegna ogni istante del quotidiano di farci scala verso il Cielo. E come?
Vivendo la propria sequela non come atto solipsistico o privato ma come atto che "informa" i nostri passi.
Se tu vivi da onesto cittadino, adempi i tuoi doveri di uomo, sei fedele alla parola data, piccola o grande, vivi con onestà le tue relazioni e con pudore i tuoi passi, se fai tutto questo nel nome di Cristo, cercando di elevare la terra al Cielo, allora per te il Tabor non è vano.
Se non vivi la tua spiritualità come "cosa tua" ma come perenne rendimento di grazie.
Se sui tuoi occhi si vede che appartieni a Cristo e non sei spaccato tra Dio e la vanità del mondo.
Se ti senti pellegrino su questa terra e vuoi che le radici raggiungano il Cielo.
Se sei forte e gentile nel nome di Cristo, tenero e fermo, materno e paterno nel nome di Gesù Risorto.
Se giudichi senza giudicare, scegli senza condannare.
Se la gioia di Cristo è più forte di ogni tribolazione, interna ed esterna.
Se sei affabile ed acogliente così come Dio accoglie te e la tua miseria ogni giorno.
Se servi la Chiesa intorno a te come Dio serve te con amore e appartenenza ogni istante.
Se ti trasfiguri nella lotta gioiosa di ogni giorno ascoltando con docilità i moti dello Spirito Santo, il tuo "uomo nuovo si sta rinnovando di giorno in giorno!" (2Cor. 4,16)
Il Tabor dunque non è solo una manifestazione ed un incipit ma una promessa, un dono, una eredità da accogliere e da custodire, con "i denti" e con passione.
Tu sei responsabile anche del Paradiso dei tuoi fratelli, tanto quanto desideri per loro, con rispetto e passione, che essi siano santi santificando te stesso e ponendoti come Gesù, come un servo.
Per il principio dei vasi comunicanti spirituale, più ti avvicini al Cielo e più attiri al Cielo ogni uomo e donna, anche i nemici. Non sta a te sapere come né i tempi. Anzi meno sai più porti frutto, perché non permetti all'avarizia e alla ferita del tuo cuore di impossesarsi di certezza, ma piuttosto di vivere, il "perfetto abbandono nella mani del Padre!"
Vivi la promessa e il dono come un impegno, non perdere un istante, un fiato ed un sussurro. Non curvarti nella tua miseria ma sii grato di poter guardare in alto.
Dunque, "Ascoltalo!", questa è la tua dignità.
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