Fate tutto senza mormorare e senza esitare
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- Creato: 07 Novembre 2012
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Dalla prima lettura della S. Messa del giorno: Fil 2,12-18
"Fate tutto senza mormorare e senza esitare".
Ogni "mormorazione" e "detrazione" (per dirla con Francesco di Assisi) che compiamo verso i nostri fratelli e che è un morbo che avvelena le nostre comunità, oltre che noi stessi, prende spunto dalla "mormorazione" e "detrazione" che facciamo verso Dio.
"Fate tutto senza mormorare e senza esitare".
Ogni "mormorazione" e "detrazione" (per dirla con Francesco di Assisi) che compiamo verso i nostri fratelli e che è un morbo che avvelena le nostre comunità, oltre che noi stessi, prende spunto dalla "mormorazione" e "detrazione" che facciamo verso Dio.
Per tal motivo l'apostolo ci esorta a fare ogni cosa senza mormorare e senza esitare.
Qualunque prova della vita, anche durissima, tanto più se autentica e non "auto-creata", comporta una reazione, talvolta legittima.. eppure i santi e i profeti prima di loro ci insegnano che esiste una reazione, persino una rabbia nei confronti di Dio che è presente come domanda, come richiesta ma il fondo del cuore appartiene a Dio, è obbediente, non mormora, accetta, accoglie anche se non capisce; anche se sperimenta lo scuotimento delle fondamenta.
Così Giobbe, il quale, in tutta la sua vicenda pur lamentandosi con il Signore per le sue prove in realtà non smuove di un millimetro il suo abbandono.
Gli amici che lo circondano sono "catechistici" e ribadiscono la buona dottrina ma anche il limite della ragione: se subisci prove hai compiuto qualche cosa di male.
Eppure Dio li riprende, anche duramente, e ricorda loro che "non hanno detto cose sagge come il suo servo Giobbe".
Perché questo?
Perché Giobbe in cuor suo non ha permesso alla "mormorazione" e alla "detrazione" di smuovere la fiducia in Dio. Come se, pur lamentandosi, chiedendo e scalpitando, persino quasi "bestemmiando", il suo cuore però fosse fisso in Lui. Senza indietreggiare, senza esitare. Senza togliere (detrarre) in alcun modo la gloria di Dio. La lode e l'ossequio, il rispetto e il timore.
Per tal motivo, appena Dio si fa sentire con la sua brezza leggera, Giobbe si scioglie come un bambino davanti all'immensità e riconosce che Dio ha ragioni più grandi e migliori della nostra piccola testa e della nostra piccola esperienza. Riconosce che Dio è Dio, ed è meraviglioso per se stesso e per il suo essere "oltre".
Per questo suo rimanere fisso in Dio, nonostante tutto, Giobbe è un uomo di Dio, che non mormora e non esita.
E questo è si un dono ma anche una quotidiana ginnastica del cuore per giungere al perfetto abbandono per cui siamo stati creati.
Abbandono che è la lode più grande e tutto quello che noi, solo noi, possiamo unicamente dare a Dio: la nostra resa.
Qualunque prova della vita, anche durissima, tanto più se autentica e non "auto-creata", comporta una reazione, talvolta legittima.. eppure i santi e i profeti prima di loro ci insegnano che esiste una reazione, persino una rabbia nei confronti di Dio che è presente come domanda, come richiesta ma il fondo del cuore appartiene a Dio, è obbediente, non mormora, accetta, accoglie anche se non capisce; anche se sperimenta lo scuotimento delle fondamenta.
Così Giobbe, il quale, in tutta la sua vicenda pur lamentandosi con il Signore per le sue prove in realtà non smuove di un millimetro il suo abbandono.
Gli amici che lo circondano sono "catechistici" e ribadiscono la buona dottrina ma anche il limite della ragione: se subisci prove hai compiuto qualche cosa di male.
Eppure Dio li riprende, anche duramente, e ricorda loro che "non hanno detto cose sagge come il suo servo Giobbe".
Perché questo?
Perché Giobbe in cuor suo non ha permesso alla "mormorazione" e alla "detrazione" di smuovere la fiducia in Dio. Come se, pur lamentandosi, chiedendo e scalpitando, persino quasi "bestemmiando", il suo cuore però fosse fisso in Lui. Senza indietreggiare, senza esitare. Senza togliere (detrarre) in alcun modo la gloria di Dio. La lode e l'ossequio, il rispetto e il timore.
Per tal motivo, appena Dio si fa sentire con la sua brezza leggera, Giobbe si scioglie come un bambino davanti all'immensità e riconosce che Dio ha ragioni più grandi e migliori della nostra piccola testa e della nostra piccola esperienza. Riconosce che Dio è Dio, ed è meraviglioso per se stesso e per il suo essere "oltre".
Per questo suo rimanere fisso in Dio, nonostante tutto, Giobbe è un uomo di Dio, che non mormora e non esita.
E questo è si un dono ma anche una quotidiana ginnastica del cuore per giungere al perfetto abbandono per cui siamo stati creati.
Abbandono che è la lode più grande e tutto quello che noi, solo noi, possiamo unicamente dare a Dio: la nostra resa.