Epifania del Signore

teofania-4.jpgO Dio, che in questo giorno, con la guida della stella,
hai rivelato alle genti il tuo unico Figlio,
conduci benigno anche noi,
che già ti abbiamo conosciuto per la fede,
a contemplare la grandezza della tua gloria.
Per il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.


LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura
  Is 60,1-6

La gloria del Signore brilla sopra di te.
 
Dal libro del profeta Isaìa

Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce,
la gloria del Signore brilla sopra di te.
Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra,
nebbia fitta avvolge i popoli;
ma su di te risplende il Signore,
la sua gloria appare su di te.
Cammineranno le genti alla tua luce,
i re allo splendore del tuo sorgere.
Alza gli occhi intorno e guarda:
tutti costoro si sono radunati, vengono a te.
I tuoi figli vengono da lontano,
le tue figlie sono portate in braccio.
Allora guarderai e sarai raggiante,
palpiterà e si dilaterà il tuo cuore,
perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te,
verrà a te la ricchezza delle genti.
Uno stuolo di cammelli ti invaderà,
dromedari di Màdian e di Efa,
tutti verranno da Saba, portando oro e incenso
e proclamando le glorie del Signore.

Parola di Dio



Salmo Responsoriale  Dal Salmo 71

Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.

O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto.

Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.

I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba e di Seba offrano doni.
Tutti i re si prostrino a lui,
lo servano tutte le genti.

Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.
Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri.



Seconda Lettura  Ef 3,2-3a.5-6
Tutti i popoli sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità.
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero.
Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.

Parola di Dio



Canto al Vangelo  Cf Mt 2,2
Alleluia, alleluia.
Abbiamo visto la sua stella in oriente

e siamo venuti per adorare il Signore.
Alleluia.

  

  
Vangelo  Mt 2,1-12
Siamo venuti dall'oriente per adorare il re.
 
Dal Vangelo secondo Matteo

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Parola del Signore

Dopo la lettura del Vangelo, il diacono o il sacerdote, o anche un cantore, può dare l'annunzio del giorno della Pasqua.

  
Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno.
Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza.
Centro di tutto l'anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua il 31 marzo.
In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte.
Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi:
Le Ceneri, inizio della Quaresima, il 14 febbraio.
L'Ascensione del Signore, il 12 maggio.
La Pentecoste, il 19 maggio.
La prima domenica di Avvento, il 1° dicembre.
Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli apostoli, dei santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.

A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli.
Amen.




Commento

"Alla Tua Luce vediamo al Luce"

I Magi, discepoli della luce, ci mostrano il corretto percorso della ragione e dei sensi per incontrare Gesù luce del mondo.
Alla Tua Luce vediamo la Luce dice il salmo 36. Ed è vero.
Senza questa luce depositata nel cuore dell'uomo che grida a Dio, risvegliata e alimentata dalla grazia, l'uomo è cieco.
Cieco totalmente o parzialmente.
Totalmente quando non riconosce Dio nel bambino di Betlemme;
parzialmente quando "riconosce" Cristo ma non la Sua Chiesa e la successione apostolica.


Meno frequente la prima cecità, assai più frequente la seconda con una miriade di sfumature.
Da quella liberale a quella progressista a quella anticlericale. Da quella di una teologia della liberazione a quella del dissenso sterile.
Celebrare l'Epifania, la manifestazione di Gesù, vuol dire, dunque, non solo riconoscere Cristo, Luce del Mondo e quindi Stella della mia storia personale.
Ma riconoscere la Chiesa come luce della mia storia. Le ombre che, inevitabilmente, sono presenti nella storia della Chiesa, passata o presente, non oscurano il fiume di grazia che essa porta e che appare "manifesto" ai semplici e ai dotti, che, alla Luce vedono la Luce.

Questo perché questa Luce entra nell'intimo e fa la differenza; la totale diferenza di un uomo che si ferma (e si siede) nella ricerca e invece di un uomo che vive per la sua fede; fede che presuppone una ricerca sincera, sofferta, dinamica e umile.
Una ricerca che coinvolge tutta la persona in scelte e tagli anche scomodi.
Questa Luce consente alla ragione di "ragionare" bene e di vedere oltre la cortina (a volte un muro) delle proprie disconosciute dinamiche e ferite categoriali ed affettive.

Quelle cortine e quei muri abbattutti a fatica ma con gioia dai santi come Francesco di Assisi che hanno fatto dell'illuminazione e della devozione la direttiva portante dell'amore a Cristo e alla Chiesa.
Qui si presenta il dissenso fecondo, quello che obbedisce e che ripara la "casa del Signore". Qui sta la vera Luce.
La Manifestazione sceglie la logica del nascondimento alla logica mondana, al fasto, al clamore e alla superbia del razionalismo.
La Manifestazione sceglie la via dell'umiltà e della temperanza; della coscienza illuminata e non confusa dalla propria pazzia e dalle proprie ferite.
Una Manifestazione che si comprende in ginocchio davanti a Gesù bambino e nel rispetto carico di ascolto davanti ai pastori della Chiesa, al di la dei propri meriti o demeriti.
Non perché questi ultimi meritino adorazione, anzi, ma perché ciò è gradito a Dio e a chi conosce l'umiltà di Betlemme.

Perché la fede in Gesù fa compiere quel salto, impossibile ad una coscienza ferita, di riconoscere il dito di Dio anche nelle contraddizioni, forse presenti, nel pastore che ci sta innanzi nell'esercizio del suo ministero.
Luce donata per tutti, credenti e non credenti ma che, specialmente in questi tempi, è chiamata ad illuminare coloro che si chiamano cattolici ma che si sono creati un Gesù ed una Chiesa a propria immagine e somiglianza.

L'Epifania dunque è festa anche Ecclesiale ed è uno stile di vita fatto di umiltà, sobrietà e temperanza.
E' la conquista del posto che il Singore ti dona anche attraverso le contraddizioni della tua storia.
Lo stile dei semplici e dei dotti che cercano la Luce e non la calpestano con le proprie ferite e con le proprie malignità.
Che amano Cristo come unico sposo e che amano la Chiesa e danno la vita per lei.
Senza cercarne un'altra da quella che si presenta storicamente... ma... lavorando umilmente e assiduamente, pagando di persona, dentro di essa. Senza cercare fughe; senza cercare sconti.
Come servi inutili e, proprio per questo, cristologicamente utilissimi.
Non alla ricerca di un ruolo o di un posto ma alla ricerca "nuda" del posto che il Signore ti dona.

Manifestazione, Epifania, vuol dire scegliere finalmente di fidarsi di Dio.
Essere cattolici infatti significa essere uomini che vivono di provvidenza. Su ogni aspetto della propria vita.
Essere cattolici è un cammino verso la nudità per essere rivestiti solo del manto e della veste che il Signore nel suo tempo e nel suo amore vuole darti.
Qui comincia la pace; nel deporre le armi e le immagini distorte che ci siamo costruiti pensando di adorare Dio ed invece servivamo solo la nostra miseria e il potere rubato con le nostre mani, l'invidia, la gelosia, la maldicenza, l'arroganza, l'arrivismo, la superbia.

Cristo Luce del mondo conceda a ciascuno di noi questa Sapienza e il desiderio di cercarla, ancora e ancora.

Francesca 
e Paul




Qui le meditazioni proposte dal Monastero del Sacro Cuore

6_gennaio_EPIFANIA_A.pdf

docAnno_B_6_gennaio_Epifania.doc

pdf6_gennaio_Epifania_C.pdf




"Abbiamo visto sorgere la Sua stella...".

La stella che ci guida a Gesù è la Chiesa. Una stella visibile anche da paesi lontani purché si abbia il cuore puro.

La stella mette gioia perchè permette di "entrare nella Casa" cioè il luogo di intimità con Cristo.

Il luogo che è famiglia, Sacra Famiglia appunto.

Il Santo Padre in questi giorni ci ha detto che il canale prioritario di incontro con Gesù, il modo che Egli ha scelto per manifestarsi nel mondo, è la famiglia.

La famiglia è figura della Chiesa ed è il luogo luminoso dove Egli si manifesta. A sua volta la Chiesa prende le "midolla" della sua costitutività dalla Famiglia, luogo che è intimità e comunione, distinzione e crescita. Una casa.

Il legame strettissimo tra Chiesa e famiglia come luogo luminoso in cui Gesù sceglie di manifestarsi è la via prioritaria, la via sacramentale ordinaria in cui Egli, bimbo-Dio incontra l'uomo.

Erode, il nemico di Dio e dell'uomo, cerca proprio di minare questa "casa", questo luogo di luce perché è geloso ed invidioso.

Di fatto egli sarà causa, ieri come oggi, della strage di molti innocenti.

Erode sa che minando la famiglia come luogo-Chiesa di incontro luminoso con Cristo può, invidiosamente, far brillare la sua "stella" decaduta che conduce l'uomo non ad incontrare Cristo ma il nulla e la perdizione.

Noi invece, che abbiamo scelto di "entrare nella casa", portiamo volentieri a Gesù i "nostri doni".

Senza risparmiarci nel donare "tutto a colui che tutto ci ha donato". E quando diciamo tutto, diciamo proprio tutto; senza riserve.

Doniamo dunque tutto l'oro di ciò che è per noi più prezioso; tutto l'incenso della nostra più totale adorazione; tutta la mirra di tutte le nostre preziose sofferenze, piccole e grandi.

Don Paolo



Citazioni di

Is 60,1-6: http://www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9abuxwb1.htm

Eph 3,2-6: http://www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9absu0c.htm

Mt 2,1-12: http://www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9abttkb.htm



«I re di Tarsis e delle isole portino tributi, i re di Saba e di Seba offrano doni. Tutti i re si prostrino a lui, lo servano tutte le genti» (cf. Sal 71). L’odierna Solennità ci mostra il compimento di questa profezia nella vicenda dei Magi, i sapienti “pagani” che giunsero alla mangiatoia di Betlemme. La nascita del Salvatore appare, così, come l’Avvenimento che interessa non solo il Popolo di Israele, ma ogni uomo in quanto tale. La Liturgia presenta un fatto particolare – l’adorazione dei Magi – e, attraverso di essa, ci attira dentro la Realtà divina. È il metodo di Dio: l’Incarnazione.

I tre Magi, le cui spoglie mortali sono custodite nella Cattedrale di Colonia, erano uomini in profonda attesa, che scrutavano il cielo, cercando di scorgervi i segni del Creatore. Per farsi incontrare anche da loro, il Signore utilizza ciò che è loro più familiare: la stella. È una stella di luminosità e dimensione simili ad ogni altra, ma, al contempo, assolutamente unica: brillando sui loro volti, infatti, ridesta il cuore, mostrando per quale Luce essi fossero davvero fatti e mettendoli, così, in cammino.

Si trattava cioè di un “segno”: qualcosa di assolutamente misurabile, ma che rimanda ad una Realtà più grande.

Ad un certo punto del loro viaggio, quando giungono a Gerusalemme, la stella sembra scomparire. In verità, erano giunti dinanzi ad una stella ben più grande, per riconoscere la quale occorre sempre un passo ulteriore. Riconobbero, infatti, di essere stati condotti nel cuore di Israele, il Popolo che il Signore aveva scelto per Sua dimora, e a quella nuova stella si affidarono per il prosieguo del cammino. Dopo il cosmo, il creato, la prima Alleanza è il “grande segno” che Dio ha posto nel mondo, attraverso il mistero della predilezione.

Tuttavia, pare che questa, pur essendo la medesima luce, non risplendesse con la stessa purezza dell’astro celeste, poiché in diversi indicarono ai Magi la via, ma animati dalle intenzioni più disparate: il re Erode si serviva di loro per eliminare un possibile rivale nel potere e concorrente al titolo di re, e i capi dei sacerdoti e gli scribi usavano della sapienza ricevuta da Dio per assecondare le richieste di Erode, tanto da rimanere a Gerusalemme, piuttosto che accompagnare i Magi fino a Betlemme.

L’Evangelista ci mostra così il Mistero stesso della Chiesa, la Comunità di coloro che, per grazia divina, sono stati fatti figli nel Figlio, ma che, al contempo, sono chiamati a divenire, con l’aiuto divino, pienamente partecipi della Vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte.

Fidiamoci del Signore Gesù che, soprattutto tramite quegli “astri” particolarmente splendenti che sono i Santi, indica, indefessamente e con divina fedeltà, la Chiesa come luogo dell’incontro con Lui, e, insieme ai Magi, apprendiamo dalla Beata Vergine Maria e dalla fede dei semplici, come i pastori, a sostare dinanzi alla Presenza di Cristo, soprattutto quella Eucaristica, offrendo al Re dei re l’oro dei nostri “tesori”, al Dio-con-noi l’incenso della nostra preghiera e al Redentore Crocifisso e Risorto la mirra della nostra sofferenza.

Ci scopriremo così sempre più partecipi della Vita del Signore Gesù, unico vero “Astro del Ciel”, e si compirà anche in noi la profezia di Isaia: «Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l'abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti» (cf. Is 60,5).


«Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce». Con quest’espressione del Profeta Isaia, che apre la prima Lettura di questa Solennità luminosissima dell’Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo, ogni uomo è posto di fronte al grande annuncio: Dio si è fatto uomo; il Mistero nascosto nei secoli, che «non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni […] ora è stato rivelato» (Ef 3,5).
L’invito: «Alzati», dice del profondo appello alla libertà di ciascuno, che l’Epifania rappresenta. Gli uomini non sono chiamati a discutere di un’idea o a giudicare della moralità di un comportamento; ma a stare di fronte ad un fatto: su Cristo «risplende il Signore, la Sua Gloria appare» su di Lui (cfr. Is 60,3), e questa libertà umile, che muove i Magi, che vennero da Oriente a Gerusalemme e che dicevano: «Dov’è Colui che è nato, il Re dei Giudei? […] Siamo venuti ad adorarLo» (Mt 2,2).
Per venire ad adorare il Signore, per riconoscere la Sua luminosa Presenza, non sono richieste pre-condizioni morali, ma, come ricordato dal Santo Padre nella Notte di Natale: «Se vogliamo trovare il Dio apparso in quel Bambino, allora dobbiamo scendere dal cavallo della nostra ragione “illuminata”. Dobbiamo deporre le nostre false certezze, la nostra superbia intellettuale, che ci impedisce di percepire la vicinanza di Dio» (Omelia, 24/12/2011).
Riferisce il testo evangelico di Matteo, che i Magi «al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il Bambino, con Maria Sua Madre, si prostrarono e Lo adorarono» (Mt 2,11). In questa espressione è racchiusa tutta la dinamica di un autentico incontro con il Signore: la gioia profonda, grandissima, di chi vede “la stella”, di chi cioè intuisce la verità dell’incontro fatto, è colpito dall’eccezionalità di una Presenza e può intimamente pregustarne l’ineffabile corrispondenza al cuore; la semplicità e l’oggettività del “vedere” («videro il Bambino, con Maria Sua Madre»), in un umile, cioè realistico “arrendersi alla realtà”, oggi così estraneo alla cultura dominante, eppure così necessario e salutare per la vita dell’uomo; e, da ultimo, dopo aver gioito per l’intuizione del vero ed aver visto, la prostrazione e l’adorazione indicano il moto della libertà e della volontà, che aderiscono a ciò che hanno contemplato, riconoscendone la verità e, perciò, il significato della propria stessa esistenza.
Solo la fede permette agli uomini di «aprire i propri scrigni», ad imitazione dei Magi, per offrire a Dio e ai fratelli il meglio di ciò che ciascuno è, purificato e santificato dalla grazia. Per questa ragione, e solo per questa, la Solennità dell’Epifania invita anche all’attenzione verso tutti i popoli, perché tutti, rappresentati nei Magi, sono ordinati alla Chiesa Cattolica, chiamati a riconoscere la manifestazione definitiva di Dio in Gesù Cristo. Più che la “festa dei popoli”, dovremmo affermare che, nell’Epifania, tutti i popoli sono in festa, perché Dio si è manifestato.


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