Preparati Betlemme

icona-tenerezza-modernadi MANUEL NIN

La tradizione liturgica bizantina, nei giorni tra il 15 novembre e il 24 di-cembre inquadra la cosiddetta “Quaresima di Natale”, dove troviamo una serie di tropari chiamati theotòkia —cioè de-dicati alla Madre di Dio — assai ric-chi teologicamente. Facendo ecce-zione delle due domeniche che pre-cedono il Natale, nelle quali si commemorano i padri, gli antenati del Signore, si potrebbe dire che la liturgia bizantina non ha in se stessa un periodo liturgico, con delle particolarità eucologiche proprie, che preceda il Natale. Ci sono co-munque nella tradizione bizantina alcuni tropari e la stessa festa del 21 novembre, l’ingresso della Madre di Dio nel tempio, e quella del 9 di-cembre, la concezione di Maria nel seno di Anna, che in qualche modo rimandano alla celebrazione della nascita secondo la carne del Verbo eterno di Dio. La liturgia bizantina prepara al Natale in un modo molto discreto, molto umile. Una serie bellissima di tropari ci fa pregustare tutto il mistero dell’Incarnazione: l’attesa fiduciosa, la povertà della grotta, i personaggi e anche i luoghi vetero-testamentari che si affacciano in questi giorni. Pensiamo alle volte che Betlemme col-legata con l’Eden viene inserita nei testi, a Isaia che si rallegra, alla Madre di Dio presentata come agnella, cioè colei che porta in seno Cristo l’Agnello di Dio. Attraverso immagini poetiche e per mezzo di un intreccio di reminiscenze bi-bliche siamo posti di fronte al mi-stero della nostra salvezza, al miste-ro indicibile di Dio che per amore si incarna, si fa uno di noi, si fa uo-mo, “si fa piccolo” come piace dire ai Padri. «Oggi la Vergine si dirige verso la grotta per dare a luce ineffabil-mente il Verbo che è prima dei se-coli. Rallegrati terra tutta, glorifica con gli angeli e i pastori, avendo udito che il Dio che è prima dei se-coli ha voluto apparire come tenero bambino». Questo tropario si canta nei giorni festivi che precedono il Natale, a partire dal 26 novembre, dopo la conclusione della festa dell’ingresso della Madre di Dio nel tempio. Si può dire che questi testi siano frutto di una lectio divina che la Chiesa fa della Sacra Scrittu-ra alla luce del mistero celebrato. «L’Antico Testamento usa l’im-magine di una ragazza o di una vergine per parlare del popolo, di tutto il popolo: «la vergine figlia di Sion» (Isaia, 37, 22). Nel tropario, però, il riferimento biblico è chiara-mente un altro, pure di Isaia (7, 14): «la vergine concepirà e partori-rà un figlio che chiamerà Emma-nuele». Già il Nuovo Testamento nel vangelo di Matteo, i Padri e tutta la tradizione cristiana hanno letto questo passo di Isaia in chiave cristologica. «Si dirige verso la grotta per da-re a luce ineffabilmente il Verbo che è prima dei secoli». Nell’Antico Testamento la grotta è sempre pre-sentata come luogo di rifugio, sia di fronte al nemico sia di fronte a Dio stesso. «Per dare a luce ineffa-bilmente il Verbo che è prima dei secoli». Il testo del tropario rie-cheggia in modo diretto, quello di Giovanni: «In principio era il Ver-bo, il Verbo era presso Dio e il Ver-bo era Dio» (1, 1) e: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (1, 14). Ma nello stes-so tropario, e non in modo meno diretto, troviamo anche una serie di passi dell’Antico Testamento, so-prattutto della letteratura sapienzia-le e dei salmi: «la Parola del Signo-re è veritiera» (Salmi, 32, 4); «la tua Parola, Signore, è eterna» (Salmi, 118, 89); «la tua Parola è lampada ai miei passi» (Salmi, 118, 105). E, testo fondamentale: «la tua Parola onnipotente scese dal cielo» (Sapienza, 18, 15). «Rallegrati terra tutta, glorifica con gli angeli e i pastori». Il tropario prose-gue riprendendo la gioia di tutta la creazione, e si fa eco di due “rallegramenti” di tutto il popolo: quello delle vittorie di Saul e soprattutto quello di David sui nemici. Questa gioia del popolo vie-ne collegata a quella degli angeli e dei pastori (Luca, 2, 8. 18. 20). «Avendo udito che il Dio che è prima dei secoli ha vo-luto apparire come tenero bambino». Qui il tropario riassume tutto il mistero, tutta l’economia della nostra salvezza. Il testo biblico che è retroterra di questa conclu-sione sembra chiaramente quello diFilippesi: «il quale essendo di natura divina, non considerò un tesoro ge-loso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo» (2, 6-7). E il tropario: «ha voluto apparire come tenero bambi-no (...) il Dio invisibile rivelato nel suo tempio, una persona umana vi-sibile». Un secondo testo, preso sempre dalla liturgia bizantina che precede il Natale, è il tropario Preparati Be-tlemme, uno dei testi teologicamente più belli della liturgia bizantina in questo periodo. Qui troviamo una lettura cristologica di diversi fatti dell’Antico Testamento: dal giardi-no dell’Eden dove fiorì l’albero del-la vita all’altro giardino, la Vergine, da dove fiorisce l’Albero della Vita. «Preparati, Betlemme, l’Eden viene aperto a tutti; esulta, Efrata, perché l’Albero della vita, nella grotta, fio-risce dalla Vergine. Paradiso spiri-tuale si è mostrato il suo seno, nel quale (si trova) il frutto divino, di cui, mangiandone, vivremo e non moriremo come Adamo. Cristo è nato per rialzare — risuscitare — l’immagine caduta (dell’uomo)». Il tropario si distende in tre par-ti: la prima contiene tutta una para-frasi del testo di Michea: «E tu, Be-tlemme di Efrata così piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore di Giuda» (5, 1). Il tro-pario propone un paragone tra il giardino dell’Eden, contenente l’al-bero della vita, che era stato chiuso e custodito dai cherubini, e la Ver-gine che vede fiorire l’Albero della Vita, cioè Cristo, il Verbo di Dio. Il testo sottolinea che l’Albero della Vita fiorisce nella grotta, cioè na-scosto, nel mistero; l’Albero della Vita apparirà agli uomini, chiara-mente e visibilmente, quando lo si vedrà non più nella grotta ma sulla montagna, cioè innalzato sulla cro-ce nel Calvario. La seconda parte del tropario: «Paradiso spirituale si è mostrato il suo seno, nel quale (si trova) il frut-to divino, di cui, mangiandone, vi-vremo e non moriremo come Ada-mo», sviluppa il paragone tra il Pa-radiso e il grembo di Maria. Men-tre l’albero del Paradiso è diventato fonte di morte per Adamo, dal grembo di Maria invece germoglia il Frutto della Vita per coloro che ne mangiano. Infine leggiamo: «Cristo è nato per rialzare l’immagine caduta (dell’uomo)». In questa terza parte troviamo una chiara conclusione cristologica. Adamo, fatto a imma-gine e somiglianza di Dio verrà rialzato — risuscitato — da Cristo stesso nella sua Pasqua.

© Osservatore Romano - 2 dicembre 2012

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