Nella città del cielo
- Dettagli
- Creato: 31 Ottobre 2012
- Hits: 2972
di Inos Biffi
«Oggi ci dai la gioia di contemplare la città del cielo»: lo diciamo nel prefazio. Veramente è una contem-plazione che avviene nella fede, nel ricordo e nel desiderio. Si tratta della città dei santi: «Pensare a essi — dice san Bernardo — è come vederli».
Noi siamo già in parte nella terra dei viventi; e non in una piccola parte, se alla memoria tien dietro il desiderio; i santi sono là con la presenza, noi attraverso il ricordo. Il primo desiderio che la memoria dei santi suscita e alimenta è di poter godere della loro comunione gioiosa, di meritare di essere concittadini delle anime beate, di essere di casa con loro, e di associarci al gruppo dei patriarchi, alla schiera dei profeti, al senato degli apo-stoli, al numeroso esercito dei martiri, al collegio dei confessori, al coro delle vergini: d’essere riuniti alla beata comunione di tutti i santi. I santi sono la porzione di Chiesa già perfettamente riuscita; gli uomini nei quali la predestinazione si è realizzata; i figli di Dio, nei quali si è già rivelato, nella similitudine con Cristo, il mistero che già era presente in loro su questa terra. La santità non è qualche cosa che si aggiunga in sovrappiù al fine dell’uomo, ma è il suo compimento corrispondente al disegno di Dio; è l’effettuarsi dell’immagine di Cristo nell’uomo. Cristo è l’esemplare, il primo dei santi e l’artefice della nostra santità. Ogni santità è redenzione, riscat-to, e possibile grazie al Sangue di Gesù, nel quale il peccato è lavato. Ogni grazia viene dalla Croce. Ogni santo ne porta il segno. La moltitu-dine immensa che san Giovanni ve-de nell’Apocalisse sta in piedi da-vanti all’Agnello, il loro splendore ha un’origine precisa: «Essi sono co-loro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello». Ogni santo vi-ve una storia di sofferenza, di “mar-tirio”, a immagine del martire, del Testimone primo, che è Gesù Cristo. Diversamente la santità non è possi-bile. Intorno al santo tutto sembre-rebbe concorrere a farlo fallire; ciò che è sorprendente è il fatto che Dio riesce a raggiungere, dove trova fede e docilità, esattamente il suo fine, dominando le avversità e le incon-gruenze, e mostrando che, proprio attraverso gli ostacoli posti dagli uo-mini o dagli eventi, il suo piano non solo non è intralciato ma è poten-ziato. Certo la santità cristiana è varia: ognuno ha la sua storia, il suo volto interiore, ognuno fa una sua “sinte-si” dei doni di Dio. Le strade non sono identiche per tutti, poiché ogni uomo è un mondo incomparabile e originale. Siamo nel campo della libertà di Dio, e non è di pertinenza dell’uo-mo di fissare dei canoni: là dove non ci sia peccato, la santità è possi-bile, per le vie che noi ignoriamo. La Chiesa canonizza qualcuno: non è detto che questi siano i più santi. A Dio solo è dato di riconoscere e di ammirare il panorama della santi-tà, questo deve rendere cauti nei giudizi, per non diventare ridicoli e pretenziosi: non dobbiamo attribuir-ci la prerogativa del giudizio che può dar solo il Figlio dell’uomo, Gesù. San Bernardo parla della «fe-sta comune ma non uniforme dei santi», proprio perché «la santità non è uniforme», ma differisce «non tanto quantitativamente, ma qualita-tivamente», nel senso che i santi lo sono «chi in un modo, chi in un a l t ro » . C’è però un criterio unico per tut-ti che determina e definisce la santi-tà, ed è la carità. «La differenza del-la beatitudine dipende solo dalla differenza della carità, e non dall’una o dall’altra virtù. Molti fu-rono più mortificati degli apostoli, ma nella beatitudine essi precedono tutti gli altri per l’eccellenza della lo-ro carità; essi ebbero le primizie del-lo Spirito. Per cui la differenza della beatitudine si fonda sul diverso gra-do di amore» (san Tommaso) Que-sto amore è diversamente esprimibi-le, può suscitare differenti storie, tut-te meravigliose, se sono cristiane: dall’amore pastorale a quello coniu-gale, a quello verginale, a quello che sa animare la più semplice e inavver-tita ferialità. Si può però dire che la via della santità cristiana è uguale per tutti; è quella delle beatitudini, oggi procla-mate nel Vangelo, che è, poi, come dire la via della fede. Nessun santo confida nel mondo: la sua mentalità e il suo gusto sono quelli di Gesù Cristo, e quindi quelli di un povero, di un mite, di un affamato e assetato del regno di Dio, di un misericor-dioso, di un puro di cuore, di un operatore di pace e di un perseguita-to a motivo del Vangelo. La diffe-renza delle vocazioni non significa possibilità di essere santi per vie di-verse da quelle che Gesù ha procla-mato nel discorso della montagna, poiché lui per il primo ha seguito la via delle beatitudini, consumata alla fine sul Calvario. Nessuno può essere santo se non si fida di Dio, ascoltandone la Parola, come Abramo, come la Vergine Maria; né può esserlo se è violento e senza misericordia; se soddisfa i de-sideri del possesso e si trova saziato dai beni che offre il mondo; oppure, se non sa incontrare Dio e viverne l’amicizia, e se non accetta di essere testimone di Gesù fino alla passione. Non siamo qui nell’ambito, come si usa dire, dei consigli evangelici, ma nelle condizioni semplicemente per essere discepoli veri del Signore. Perciò la santità cristiana è conte-stazione e antitesi con i gusti e le at-tese naturali, proprio come Gesù Cristo fu inatteso e rigettato. Solo l’illusione può pensare a una santità secolarizzata, o senza la morte e mortificazione di croce. Terminiamo ancora con qualche pensiero dai bei sermoni di san Ber-nardo per la festa d’O gnissanti: «Nella povertà, nella mansuetudine, nel pianto si rinnova nell’anima una certa somiglianza, un’immagine dell’eternità che comprende ogni tempo. Ai poveri e ai martiri è pro-messo il regno dei cielo; lo si acqui-sta con la povertà mentre nella pas-sione per Cristo immediatamente lo si riceve. Le anime sante che Dio ha insignito della propria immagine, che ha redento col proprio sangue, ti desiderano, ti aspettano, senza di te la loro letizia non è completa, la loro gloria non è perfetta, la loro beatitu-dine non può essere colma». È la ragione per la quale sentiamo vicina la fraternità dei santi, e a essa ci affidiamo come preghiera. Oltre che «amici e modelli di vita» sono intercessori. Oggi è la festa della co-munione dei santi: «Voi stessi, dice san Bernardo rivolgendosi a loro, avete conosciuto i nostri pericoli, la materia di cui siamo fatti, la nostra ignoranza, gli inganni dei nostri av-versari, avete sperimentato le nostre passioni e la nostra fragilità. Parlo a voi che avete sentito le medesime tentazioni, superati gli stessi conflit-ti, sfuggiti gli stessi lacci, che avete imparato la compassione da quello che avete patito».
È questa compassione che diviene intercessione.
(©L'Osservatore Romano 1 novembre 2012)

Noi siamo già in parte nella terra dei viventi; e non in una piccola parte, se alla memoria tien dietro il desiderio; i santi sono là con la presenza, noi attraverso il ricordo. Il primo desiderio che la memoria dei santi suscita e alimenta è di poter godere della loro comunione gioiosa, di meritare di essere concittadini delle anime beate, di essere di casa con loro, e di associarci al gruppo dei patriarchi, alla schiera dei profeti, al senato degli apo-stoli, al numeroso esercito dei martiri, al collegio dei confessori, al coro delle vergini: d’essere riuniti alla beata comunione di tutti i santi. I santi sono la porzione di Chiesa già perfettamente riuscita; gli uomini nei quali la predestinazione si è realizzata; i figli di Dio, nei quali si è già rivelato, nella similitudine con Cristo, il mistero che già era presente in loro su questa terra. La santità non è qualche cosa che si aggiunga in sovrappiù al fine dell’uomo, ma è il suo compimento corrispondente al disegno di Dio; è l’effettuarsi dell’immagine di Cristo nell’uomo. Cristo è l’esemplare, il primo dei santi e l’artefice della nostra santità. Ogni santità è redenzione, riscat-to, e possibile grazie al Sangue di Gesù, nel quale il peccato è lavato. Ogni grazia viene dalla Croce. Ogni santo ne porta il segno. La moltitu-dine immensa che san Giovanni ve-de nell’Apocalisse sta in piedi da-vanti all’Agnello, il loro splendore ha un’origine precisa: «Essi sono co-loro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello». Ogni santo vi-ve una storia di sofferenza, di “mar-tirio”, a immagine del martire, del Testimone primo, che è Gesù Cristo. Diversamente la santità non è possi-bile. Intorno al santo tutto sembre-rebbe concorrere a farlo fallire; ciò che è sorprendente è il fatto che Dio riesce a raggiungere, dove trova fede e docilità, esattamente il suo fine, dominando le avversità e le incon-gruenze, e mostrando che, proprio attraverso gli ostacoli posti dagli uo-mini o dagli eventi, il suo piano non solo non è intralciato ma è poten-ziato. Certo la santità cristiana è varia: ognuno ha la sua storia, il suo volto interiore, ognuno fa una sua “sinte-si” dei doni di Dio. Le strade non sono identiche per tutti, poiché ogni uomo è un mondo incomparabile e originale. Siamo nel campo della libertà di Dio, e non è di pertinenza dell’uo-mo di fissare dei canoni: là dove non ci sia peccato, la santità è possi-bile, per le vie che noi ignoriamo. La Chiesa canonizza qualcuno: non è detto che questi siano i più santi. A Dio solo è dato di riconoscere e di ammirare il panorama della santi-tà, questo deve rendere cauti nei giudizi, per non diventare ridicoli e pretenziosi: non dobbiamo attribuir-ci la prerogativa del giudizio che può dar solo il Figlio dell’uomo, Gesù. San Bernardo parla della «fe-sta comune ma non uniforme dei santi», proprio perché «la santità non è uniforme», ma differisce «non tanto quantitativamente, ma qualita-tivamente», nel senso che i santi lo sono «chi in un modo, chi in un a l t ro » . C’è però un criterio unico per tut-ti che determina e definisce la santi-tà, ed è la carità. «La differenza del-la beatitudine dipende solo dalla differenza della carità, e non dall’una o dall’altra virtù. Molti fu-rono più mortificati degli apostoli, ma nella beatitudine essi precedono tutti gli altri per l’eccellenza della lo-ro carità; essi ebbero le primizie del-lo Spirito. Per cui la differenza della beatitudine si fonda sul diverso gra-do di amore» (san Tommaso) Que-sto amore è diversamente esprimibi-le, può suscitare differenti storie, tut-te meravigliose, se sono cristiane: dall’amore pastorale a quello coniu-gale, a quello verginale, a quello che sa animare la più semplice e inavver-tita ferialità. Si può però dire che la via della santità cristiana è uguale per tutti; è quella delle beatitudini, oggi procla-mate nel Vangelo, che è, poi, come dire la via della fede. Nessun santo confida nel mondo: la sua mentalità e il suo gusto sono quelli di Gesù Cristo, e quindi quelli di un povero, di un mite, di un affamato e assetato del regno di Dio, di un misericor-dioso, di un puro di cuore, di un operatore di pace e di un perseguita-to a motivo del Vangelo. La diffe-renza delle vocazioni non significa possibilità di essere santi per vie di-verse da quelle che Gesù ha procla-mato nel discorso della montagna, poiché lui per il primo ha seguito la via delle beatitudini, consumata alla fine sul Calvario. Nessuno può essere santo se non si fida di Dio, ascoltandone la Parola, come Abramo, come la Vergine Maria; né può esserlo se è violento e senza misericordia; se soddisfa i de-sideri del possesso e si trova saziato dai beni che offre il mondo; oppure, se non sa incontrare Dio e viverne l’amicizia, e se non accetta di essere testimone di Gesù fino alla passione. Non siamo qui nell’ambito, come si usa dire, dei consigli evangelici, ma nelle condizioni semplicemente per essere discepoli veri del Signore. Perciò la santità cristiana è conte-stazione e antitesi con i gusti e le at-tese naturali, proprio come Gesù Cristo fu inatteso e rigettato. Solo l’illusione può pensare a una santità secolarizzata, o senza la morte e mortificazione di croce. Terminiamo ancora con qualche pensiero dai bei sermoni di san Ber-nardo per la festa d’O gnissanti: «Nella povertà, nella mansuetudine, nel pianto si rinnova nell’anima una certa somiglianza, un’immagine dell’eternità che comprende ogni tempo. Ai poveri e ai martiri è pro-messo il regno dei cielo; lo si acqui-sta con la povertà mentre nella pas-sione per Cristo immediatamente lo si riceve. Le anime sante che Dio ha insignito della propria immagine, che ha redento col proprio sangue, ti desiderano, ti aspettano, senza di te la loro letizia non è completa, la loro gloria non è perfetta, la loro beatitu-dine non può essere colma». È la ragione per la quale sentiamo vicina la fraternità dei santi, e a essa ci affidiamo come preghiera. Oltre che «amici e modelli di vita» sono intercessori. Oggi è la festa della co-munione dei santi: «Voi stessi, dice san Bernardo rivolgendosi a loro, avete conosciuto i nostri pericoli, la materia di cui siamo fatti, la nostra ignoranza, gli inganni dei nostri av-versari, avete sperimentato le nostre passioni e la nostra fragilità. Parlo a voi che avete sentito le medesime tentazioni, superati gli stessi conflit-ti, sfuggiti gli stessi lacci, che avete imparato la compassione da quello che avete patito».
È questa compassione che diviene intercessione.
(©L'Osservatore Romano 1 novembre 2012)