La mistica anima della teologia

adorazione-Eucaristica-1di INOS BIFFI

La teologia è un sapere che nasce dalla grazia. Prende il suo avvio dall’iniziativa di Dio che comunica all’uomo la sua Parola e dalla fede dell’uomo che vi corrisponde. Tommaso d’Aquino parla dell’«energia della verità», di fronte alla quale la fede non può restare inoperosa e indolente; non può non «pensare» dopo aver «assentito» (Summa Theologiae, II-II, 2, 1).
Ora, la teologia può incominciare perché prima è Dio stesso che attira l’uomo (Summa Theologiae, I-II, 26, 3, 4m), e lo dispone e trae nel suo mistero, provocando in lui il desiderio di esplorarlo e di intenderlo. La sacra dottrina si annoda sull’accondiscendenza divina e sul consenso e assenso del credente, che vi si affida. Essa si muove quindi nel campo suscitato e delineato da una relazione di amore. Se poi assegna-mo a questa relazione il nome che più le si conviene, cioè quello di mi-stica, appare rigorosa e ineccepibile l’affermazione che la teologia nasce dalla mistica; ne è alimentata e vi si risolve. La conseguenza è il supera-mento della deleteria giustapposizio-ne o separazione, se non opposizio-ne, tra dimensione speculativa e di-mensione contemplativa della sacra dottrina, tra teologia e spiritualità. Questa dicotomia si può fondare soltanto su una concezione errata sia della scienza sacra sia della mistica e della spiritualità. Anzitutto della scienza sacra, risolta in una specie di arido giuoco intellettualistico, miran-te a ridurre la Rivelazione a rigorose enunciazioni razionali, e alle loro trame logiche, divelte dal rapporto di grazia e di comunione che ha ini-ziato la teologia, per poi esserne l’in-cessante risorsa. Ricordiamo la luminosa definizio-ne del teologo data da Marie-D omi-nique Chenu: «Il teologo è colui che osa parlare umanamente della Parola di Dio», e le seguenti considerazioni: avendo udito questa Parola, il teologo «la possiede; o più esatta-mente: essa lo possiede al punto che egli si mette a pensare attraverso e dentro tale Parola; si mette a pensar-la. Il dono di Dio è talmente dono da divenire proprietà umana. [La fe-de] è incarnazione della verità divina nel tessuto stesso del nostro spirito. (...) Essa risiede nella ragione, abili-tata così a teologare. (...) La fede, generando la teologia, è nella logica stessa della sua perfezione». D’al-tronde, «tutte le tecniche della ra-gione saranno poste in atto all’inter-no e a beneficio della percezione mi-stica del credente». Esse equivalgo-no all’«armatura interiore che la fede stessa si crea in tutta la sua total-mente divina e totalmente umana sa-nità intellettuale», fermo restando che, mentre crea i suoi strumenti, la fede mantiene la signoria su di essi, e senza dubbio nella lucida persua-sione che, di fronte alla trascendenza indominabile del mistero, le conclu-sioni degli strumenti speculativi so-no segnate da una insuperabile pre-carietà. D’altro canto, a trovarsi affatto travisate, se non si supera quella contrapposizione o quel divario, so-no la stessa mistica o spiritualità, che risulterebbero inevitabilmente ri-dotte a esperienza religiosa soggetti-va, posta confusamente sotto l’inse-gna di una vita “i n t e r i o re ”, autono-ma, e sovrapposta alla riflessione teologica. Sempre Chenu: «La teolo-gia, la fede in esercizio di intelligen-za teologica, è veramente e propria-mente un fattore di vita spirituale. Non si fa teologia, aggiungendo dei corollaria pietatis — dei “pii corollari” — a tesi astratte, sradicate dal loro dato oggettivo e soggettivo, ma te-nendosi nell’unità profonda dell’or-dine teologale». Vita spirituale e teo-logia non sono «due quantità etero-genee». La verità è, quindi, tutt’altra, e ne riscontriamo il modello in Tommaso d’Aquino, acuto indagatore della Pa-rola di Dio e per questo mirabilmen-te contemplativo, così com’è con-templativa la sua teologia, in coeren-za con la sua vocazione di predica-tore, consistente nel «trasmettere agli altri le realtà contemplate» (Summa Theologiae, II-II, 188, 6). «Non ci si avventura (o quasi più!) — scriveva Chenu nel 1940 — a nega-re a san Tommaso lo scolastico la qualifica del teologo mistico; al con-trario, si va comunemente cercando in lui le leggi della vita spirituale o la struttura dell’esperienza mistica». Il medesimo domenicano Chenu — che fin dagli anni Trenta del seco-lo scorso aveva denunziato con vigo-re come un inaccettabile e inveterato fraintendimento il divorzio tra teolo-gia e mistica — osservava: «In san Tommaso il lavoro tecnico si svilup-pa in piena coerenza all’interno della contemplazione più profondamente religiosa. (...) Il principio e il fine della sua vita — o del suo “stato” di vita, secondo la sua espressione — e della sua teologia è la contemplazio-ne. Definendo la struttura e le leggi di questa vita contemplativa, san Tommaso sotto l’oggettivismo im-personale della dottrina ci ha lascia-to il segreto della sua personalità». Come accennavamo, la grazia del mistero, amorevolmente offerta da Dio e accolta nella fede, provoca nel credente, che ne rimane conquistato e permeato, l’investigazione dell’in-telletto. Questo ne ricerca la com-prensione, che pure resta sempre connessa e dipendente dal sapere di-vino, che ne rappresenta la risorsa inesauribile, permanendo intima-mente trascendente. «Quando la volontà è ben dispo-sta in rapporto alla fede — è la con-vinzione di Tommaso — ama la veri-tà creduta, vi ritorna senza posa nel suo pensiero (excogitat), e abbraccia (amplectitur) tutte le ragioni che pos-sa trovare a suo favore» (Summa Th e o l o g i a e , II-II, 2, 10, c.), Tommaso non manca di ricono-scere alla teologia la qualifica della scientificità ma, definendola sugge-stivamente «una specie di impronta della scienza divina» (Summa Theologiae, I, 1, 3, 2m), la concepisce inti-mamente segnata dal limite e dalla parzialità. Propriamente e pienamente il sa-pere teologico è un sapere scientifico solo per Dio e per i beati; per noi lo è come derivazione e dipendenza. Come afferma Tommaso, commen-tando le Sentenze, la teologia è una scienza per noi non evi-dente, attinta per fede; una scienza “quasi subal-ternata” al «lume» del-l’autocontemplazione di-vina e alla visione dei beati, a cui sono attinti i principi stessi della teolo-gia (Super Boetium de Trinitate, 5,4,8m). La nostra è una teologia struttu-ralmente sospesa e incompiuta; un assaggio, o esattamente un’“i m p ro n -ta”, che trova in Dio il suo modello originario attivo all’interno dell’intel-ligenza della fede e sempre esorbi-tante. Vale in modo speciale per la teologia l’affermazione dell’Angelico che «la realtà significata è eccedente rispetto al nome che la significa» (cfr. ibidem, 13, 5, c). E questo vuol dire che essa è intimamente e di continuo percorsa e accorata dal de-siderio della visione e della comu-nione col mistero che l’ha avviata e che non l’abbandona mai: un desi-derio che, mentre si esprime in mul-tiforme enunciazioni, non dobbiamo esitare a chiamare “mistico”. Soprat-tutto se richiamiamo alcuni principi dell’insegnamento di Tommaso, co-me i seguenti: «la volontà e l’intel-letto si includono reciprocamente (ibidem, 16, 4, 1m); «la conoscenza trova il suo compimento quando ciò che è conosciuto si congiunge col conoscente» (ibidem, I-II, 28, 1 3m); «l’amore è il termine (compimento) della conoscenza» (ibidem, 27, 4, 1m); e infine: «grazie all’ardore della carità è data la conoscenza della ve-rità» (Super Evangelium Iohannis, V, lectio 6). Ora, se c’è una conoscenza a cui in maniera unica è connesso questo amore e questo ardore, questa è la conoscenza perseguita dalla teologia, incessantemente e sostanzialmente sostenuta dall’intelletto che «pro-rompe nell’affetto» (ibidem, I, 43, 5, 2m). Solo che occorre dare ai termi-ni “affetto” e “a rd o re ” non il signifi-cato di una soggettiva emozione, ma quello di un’oggettiva sapienza, otte-nuta quando «l’operazione dell’intel-letto trova la sua perfezione e il suo compimento nella pacificazione dell’amore» (Super secundam episto-lam ad Corinthios, 13, lectio 3). A questo punto non sarebbe as-sennato continuare a ritenere che, per essere mistica e religiosa, la teo-logia abbia bisogno, in aggiunta, di qualche esercizio di pietà. In realtà, per essere pia, le basta essere veramente teologia.

© Osservatore Romano - 24 novembre 2012