Corpus Domini, l'Amore si fa carne perchè la carne si trasfiguri
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- Creato: 04 Giugno 2007
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«Prendete, questo è il mio corpo».
(Mc. 14,22)
Il Corpo del Signore
"Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue". Mio significa "veramente e realmente il tutto di me".
Questo tutto di me, la mia discesa dal Cielo, la mia storia, la mia passione, la mia resurrezione, è tua, ti appartiene, te la consegno.
Prima di chiedere, ti dono tutto... affinché, se vuoi, tu possa darmi tutto di te.
Tutt'altro che simbiotica questa unione presuppone la scelta libera del dono totale di sé.
Giustizia, biblicamente intesa, ben oltre il senso legalistico o meritocratico, vuole che il tutto donato richieda liberamente il tutto ricevuto.
Tutta l'umanità di Cristo e la Sua Divinità è donata incondizionatamente affinché tutta la nostra umanità si doni liberamente a Lui senza sconti perché venga divinizzata, trasfigurata, innalzata gratuitamente.
La Signoria di Cristo nasce e si compie nell'Eucarestia, la quale è pertanto innanzitutto "luogo dell'intimità".
Chi non ha maturato la coscienza di questo dono, pensiamo ai nostri fratelli riformati, si perde proprio questo luogo dell'intimità trasformante e teandrico, si perde il meglio del dono che Cristo ha fatto di sé all'uomo per amore del Padre e per amore dell'uomo.
Si perde il dono dei doni dello Spirito Santo. Calpesta il senso radicale dell'incarnazione che è donativo e comunionale.
Giustamente Francesco nella sua prima ammonizione ricorda:
Il Padre abita una luce inaccessibile (1Tm 6,16) e Dio è spirito (Gv 4,24) e nessuno ha mai visto Dio (Gv 1,18).
Perciò non può essere visto che in spirito, perché è lo spirito che vivifica: la carne non giova a nulla (Gv 6,63).
Ma neppure il Figlio, in ciò per cui è uguale al Padre, è veduto da alcuno altrimenti che il Padre, altrimenti che lo Spirito Santo.
Perciò tutti quelli che videro il Signore Gesù Cristo secondo l'umanità, e non videro e non credettero secondo lo spirito e la divinità che egli è vero Figlio di Dio, sono dannati.
Così pure adesso, tutti quelli che vedono il sacramento che per la mano del sacerdote viene consacrato sull'altare mediante le parole del Signore, nella specie del pane e del vino, e non vedono e non credono, secondo lo spirito e la divinità, che sia veramente il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono dannati, perché l'Altissimo stesso ne dà testimonianza e dice: Questo è il mio corpo e il sangue del mio nuovo testamento (Mc 14,22-24); e : Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ( Gv 6,55).
E per introdurre la sponsalità radicale il poverello conclude: Perciò è lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, quello che riceve il santissimo corpo e sangue del Signore. Per Francesco infatti il credente è chiamato a ri-creare, nel banchetto Eucaristico, per quanto possibile, il dono dell'incarnazione avvenuto nel seno di Maria:
Ecco, ogni giorno egli si umilia (Fil 2,8), come quando dalle sedi regali (Sap 18,15) scese nel grembo della Vergine; ogni giorno viene a noi in umili apparenze; ogni giorno discende dal seno del Padre (Gv 1,18; 6,38) sull'altare nelle mani del sacerdote.
E, come ai santi apostoli apparve in vera carne, così ora a noi si mostra nel pane sacro.
Il luogo dell'intimità è dunque luogo di sponsalità radicale, questo è il luogo fondante sia dei coniugati che dei consacrati.
Senza questo "luogo sponsale" non c'è credente, non c'è sposato, non c'è vergine, non c'è Chiesa.
Infatti il credente è innanzitutto un intimo, uno sposo, un noi che trasfigura l'io.
Gli sposi da qui traggono il loro senso comunionale.
In questo luogo che mai si consuma i vergini traggono il senso sovrannaturale del loro essere sposi senza marito o moglie:
"l'Ordine e il Matrimonio, sono ordinati alla salvezza altrui. Se contribuiscono anche alla salvezza personale, questo avviene attraverso il servizio degli altri. Essi conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all'edificazione del popolo di Dio" (Catechismo Chiesa Cattolica, 1534)
In questo luogo si crea e si fonda e si alimenta la Chiesa come luogo del Tu, della Comunione, della relazione teandrica e della trasfigurazione.
Le mille ed una difficoltà di ogni giorno in seno alla famiglia, alle comunità religiose, alle comunità parrocchiali, ai movimenti, fatte di povertà umana e di miseria, talvolta invincibile, sono illuminate dal fatto dirompente dell'intimità Eucaristica e qui prendono significato e senso.
Altrimenti c'è comunità e non comunione. C'è convivenza e non Chiesa. C'è aggregazione sociologica e non esperienza del divino. C'è necessità relazionale e non intimità relazionale. C'è il "volemose bene" non l'amarsi con Cristo, in Cristo, per Cristo.
Ecco perché la Chiesa, piccola o grande che sia, domestica o universale deve, se vuole rispettare sé stessa, sempre richiamarsi a questo luogo dell'intimità totale.
Le miserie, le povertà, le gelosie e le invidie, i contrasti hanno bisogno di richiamarsi sempre qui per non distruggere il dono della comunione e puntare sia al cuore che in alto.
"Verbum caro, panem verum
verbo carnem efficit:
fitque sanguis Christi merum,
et si sensus deficit,
ad firmandum cor sincerum
sola fides sufficit." (S. Tommaso d'Acquino, Pange lingua)
Le situazioni irregolari
La significanza simbolica dell'Eucarestia ha dunque fondamento sul "fatto dell'intimità" tra Dio e l'uomo.
Non è solo un segno ma anche un simbolo cioè una realtà semplice e complessa assieme, reale e al contempo misteriosa che trasforma il mondo e l'io.
Il simbolo nella visione biblica non è un segno semplicemente ma la presenza di un evento e al contempo una struttura archetipica dell'umanità.
Proprio per questo non è possibile che i separati e coloro che vivono situazioni irregolari possano accedere all'Eucarestia.
Pur in buona fede, profanerebbero il simbolo, cioè il fatto, con conseguenze spirituali, ecclesiali e sociali non calcolabili.
Tuttavia, nell'economia dell'Amore c'è una via Eucaristica anche per chi non può (e non deve) accedere all'Eucarestia.
Il cuore dell'Eucarestia è la comunione di Dio con l'uomo e il dono reciproco che ne scaturisce.
Quando una sorella o un fratello vivono situazioni irregolari che non permettono (per natura propria - come già visto e non per divieto della Chiesa) l'accedere alla Comunione entrano in una situazione di incompiutezza dilaniante ma feconda. Questa fame e questa sete, magari enormemente sofferta, che attende il compimento oggettivo è essa stessa, mistericamente, già Eucarestia cioè dono di Dio e dell'uomo, dono dello Spirito Santo.
Anzi, paradossalmente, ci può essere animo soggettivamente ben preparato all'Eucarestia quasi più in una situazione oggettivamente irregolare (a cui si è pervenuti per immaturità personale, vocazionale, dopo un percorso oggettivamente non ordinato) che in quella abitudinaria ma che non presenta irregolarità oggettive. Oggettivamente regolare ma nell'animo ferita da accidia spirituale, da distrazione costante, da "infedeltà" cercata e non consumata... Proprio per questo motivo la Chiesa non chiude le porte a nessuno della possibilità di essere e di fare Chiesa, anche a chi vive situazioni irregolari. La Chiesa infatti non è fatta da perfetti ma da persone in cammino; purché cammino ci sia.
L'Enciclica Deus Caritas est si muove proprio in questo desiderio vero e profondo d'amore di Dio verso l'uomo che illumina l'uomo stesso nei suoi desideri più autentici anche se il cammino di qualche fratello ha preso storicamente delle vie contorte che, pur necessitando di un giudizio oggettivo, vengono avvolte di misericordia soggettivamente.
La solennità del Corpus Domini non è solo la festa di coloro che accedono all'Eucarestia ma di tutti coloro che, pur non potendo - e non dovendo per irregolarità oggettiva di situazione -, desiderano Dio con tutto se stessi come Dio desidera loro.
Intimità trasformante
La festa del Corpus Domini è dunque la festa dell'intimità vera che trasforma.
Luogo in cui Dio guarda l'uomo negli occhi e gli propone il suo amore fino alla fine; amore dato non per scherzo ma con carne e sangue.
Il senso del pellegrinaggio sta proprio nel desiderio di seguire l'Amore, sopra ogni cosa. Il senso della processione itinerante attorno all'Eucarestia sta proprio nel sottolineare che questo Amore, tenero e potente, trascina ogni cosa con sé e anche tutta la nostra vita.
Un Amore così totale che non disdegna di apparire realmente nel fragile segno del pane. Un Amore che è uscito da sé e che chiede di uscire da sé, dalle proprie povertà e dai propri peccati e che attende una risposta "desatellizzata" dall'uomo ad uscire sempre "dalla propria terra" delle sicurezze e del "politicamente corretto" per essere testimone, magari scomodo di questo Amore.
Qui, nell'Eucarestia si fonda ogni martirio, quotidiano o radicale, feriale o estremo.
Amore infatti chiama amore.
Qui attorno all'Eucarestia nasce la Chiesa come compagnia con Cristo di fratelli e sorelle che, ricolmi di paure, fantasmi e limiti, cercano e desiderano l'unico Signore, Amore onnipotente fatto debolezza ed essenzialità.
L'Eucarestia è il cuore dell'Amore e il culmine della maturità umana.
- Paul Freeman -
altre fonti
MANE NOBISCUM DOMINE
Il Corpo del Signore
Scritti di S. Francesco di Assisi
Redemptionis sacramentum