La grazia presuppone la natura… e la porta a compimento. Prima parte.

La grazia presuppone la natura… e la porta a compimento. Prima parte.
holy_spirit_fire"Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso     facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre." (Fil 2,5-11)
 
 In questi incontri in preparazione alla solennità della Pentecoste, cercheremo di entrare un po' nel mistero dell'incarnazione. Questo perché non possiamo prepararci a ricevere il dono della discesa dello Spirito Santo senza aver prima approfondito tale mistero.

Tutta la scrittura è centrata sul dono dell'incarnazione: Dio si fa uomo perché l'uomo diventi Dio.
L'incarnazione è un mistero, ma il non accoglierlo significherebbe rimanere nel buio sul "significato" dell'uomo e della sua vocazione a "vivere nel mondo pur non essendo del mondo". Ed è per questo che è di fondamentale importanza per prepararsi alla Pentecoste partire appunto dall'incarnazione.Abbiamo detto che l'uomo è chiamato a "vivere nel mondo pur non essendo del mondo" e a questo proposito è purtroppo di grande attualità l'ideologia comune in base alla quale il cristiano debba avere un approccio laicista, se vogliamo chiamiamolo "distaccato", riguardo alle cose della politica e del sociale per poi ritornare ad essere cristiano nel momento in cui entra in chiesa.
La fede non è assolutamente un fatto privato anzi farla diventare tale vorrebbe dire non riconoscere appunto il mistero dell'incarnazione.
Solo il vivere la fede in ogni istante ed in ogni ambito della nostra vita: sociale, politica, economica, professionale o religiosa, ci fa prendere consapevolezza di chi siamo e di conseguenza come essere presenza viva, vivente e feconda nel mondo.
Questo mistero rimane ora come allora, scandalo e stoltezza per chi vive in fuga da sé magari con l'alibi di una vita vissuta in una non meno presunta "pia religione" basata più sull'osservanza di precetti e regole che sulla fede che ha come scopo la relazione intima e personale con Gesù Cristo nostro Signore.

L'esperienza della Chiesa primitiva, cioè dei discepoli e degli apostoli di Gesù, rimane paradigmatica, un esempio da prendere come riferimento. Il bagno di grazia carico di vicinanza umana, fatto in modo particolare dagli apostoli con Gesù Cristo, non ha precedenti nella storia.
Questa condivisione quotidiana svolge quel cammino di rinnovamento umano e di evangelizzazione così necessario per entrare a piene mani nel mistero. Anche noi questa sera, che vogliamo entrare nel mistero dell'incarnazione non abbiamo altro mezzo che quello di seguire l'esempio che Dio ci dona con il cammino di intimità umana fatto dagli apostoli con Gesù.

In questi due incontri, vogliamo farci aiutare dalla parola di Dio per prepararci alla Pentecoste. Vogliamo ripercorrere una parte di quel cammino che Gesù fece fare agli apostoli per prepararli a ricevere il dono dello Spirito Santo. Tutto il cammino che hanno fatto gli apostoli con Gesù, dalla chiamata fino al triduo pasquale, è stato importante e fondamentale affinché essi facessero verità su loro stessi, sulla loro umanità e si preparassero quindi all'esperienza di Pentecoste.
Da questo possiamo subito desumere che non siamo in grado di poter fare una vera esperienza di Pentecoste se non stiamo facendo un cammino di verità riguardo a noi stessi, alla nostra persona. Questo non lo dico ovviamente io, ma ce lo svela la parola di Dio nei vangeli, specialmente nei sinottici (Matteo, Marco e Luca) dove vediamo in maniera molto chiara che Gesù ha preso per mano gli apostoli e li ha guidati fino alla Pentecoste facendo compiere loro un cammino di umiltà, cioè di verità e di luce su loro stessi. Solo così avrebbero potuto essere pronti a fare l'esperienza della discesa dello Spirito Santo sulla prima comunità cristiana riunita in preghiera con Maria nel cenacolo.

Questo cammino di verità è avvenuto per gli apostoli grazie al rapporto di profonda intimità che hanno potuto vivere con il loro Maestro nei suoi tre anni di vita pubblica. In questi tre anni gli apostoli non hanno "detto le preghiere" ma sono stati con Gesù per il solo motivo di starci insieme. Il loro rapporto con Gesù era una relazione umana profondamente intima cioè di grande condivisione di tutto. In questo modo, relazionandosi con Gesù, hanno potuto fare verità su loro stessi, capire chi erano veramente.

I tre anni di vita pubblica sono scanditi dal verificarsi di questi eventi: il battesimo di Gesù, le tentazioni nel deserto, la rivelazione e l'annuncio del Regno di Dio, i miracoli operati da Gesù, la chiamata degli apostoli, la trasfigurazione, la salita e l'ingresso di Gesù a Gerusalemme fino al triduo pasquale che culmina nella sua morte in croce e risurrezione all'alba del giorno di Pasqua.

Di tutti questi avvenimenti vogliamo prenderne tre come esempio del rapporto di intimità degli apostoli con Gesù.

 

Partiamo dalla chiamata.

"Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni." (Mc 3, 14-15)

Gesù, racconta Marco, li chiamò perché stessero con lui. Non ha ancora insegnato loro a pregare, la prima cosa che fece non fu insegnar loro a pregare ma fu chiamarli per il solo motivo che stessero con lui. Gli apostoli stavano insieme con Gesù per il solo motivo di stare insieme con lui. Era importante per loro vivere in intimità con Gesù.

Aver vissuto quotidianamente con il Signore li ha prima di tutto fatti maturare umanamente e psicologicamente come uomini e donne. Gesù ha messo al primo posto la loro maturazione umana facendo in modo che venissero fuori tutti i loro difetti, le loro debolezze, i loro progetti umani, la loro natura.

Giovanni gli disse: "Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri". Ma Gesù disse: "Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi." (Mc 9, 38-40)

Qui viene fuori tutto il settarismo degli apostoli, non è dei nostri, quindi... non fa parte del nostro gruppo, quindi...

Ma in questo brano traspare anche la gelosia nei confronti di coloro che stanno facendo una cosa, cacciare i demoni appunto, che avrebbero voluto fare loro.

 

"E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: "Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo". Egli disse loro: "Cosa volete che io faccia per voi? ". Gli risposero: "Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra". (Mc 10, 35-37)

Questa richiesta non gli viene fatta da persone qualunque ma da due degli apostoli a lui più intimi insieme a Pietro. Prestiamo attenzione al comportamento di  Gesù: dopo la loro richiesta, non li rimprovera, non li blocca, li fa venire allo scoperto, permette alla loro umanità di manifestarsi e di essere da loro stessi riconosciuta.

 

"I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: "Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome". Egli disse: "Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli". (Lc 10, 17-20)

Vediamo anche qui come Gesù permette che esca dal cuore dei discepoli la loro umanità sotto forma di vana gloria, e come lui prima li asseconda: "io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore" che era come dir loro "ho visto quanto siete stati bravi ed efficaci nella vostra missione". Non li mortifica, li asseconda, non li fa cadere nella disistima nei confronti di loro stessi. Poi però li corregge, rivelando loro quale fosse il vero motivo per il quale gioire veramente: "rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli".

 

"Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l'agnello di Dio! ". E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: "Che cercate?". Gli risposero: "Rabbì (che significa maestro), dove abiti? ". Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio." (Gv 1, 35-39)

Questo è l'ultimo esempio che ho voluto usare come paradigma, come punto di riferimento per spiegare quanto sia importante comprendere che, l'avventura meravigliosa che vissero gli apostoli e i discepoli di Gesù non iniziò con delle caratteristiche prettamente spirituali, ma assolutamente umane. Gesù insegnò ai suoi discepoli a stare con lui, a condividere con lui l'intimità. Non a caso ho voluto usare questo esempio come ultimo fra tutti, perché in questo brano di Giovanni vi è l'alba, l'alfa, l'inizio di qualunque rapporto umano che vuole diventare intimo. La frase "maestro, dove abiti?" ci esprime tutto il desiderio che sgorga dal cuore di questi discepoli dopo aver ascoltato l'indicazione di Giovanni "Ecco l'agnello di Dio!". Essi avevano un solo desiderio, conoscere Gesù, avere una relazione intima con lui. E' quello che dovremmo desiderare noi stessi più di qualsiasi altra cosa: stare insieme con Gesù, incontrarlo dove abita, vivere ogni giorno una relazione intima e personale con lui, sapendo che lui stesso ci aspetta con il desiderio di farci vivere, questa volta personalmente e non leggendo i vangeli, la stessa esperienza vissuta dagli apostoli: un bagno di grazia pregno di vicinanza umana: "Disse allora Gesù ai Dodici: "Forse anche voi volete andarvene? ". Gli rispose Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio". (Gv 6, 67-69)

Facciamo nostra questa affermazione di Pietro e dalle sue stesse parole capiamo che non basta affermare di credere in Gesù, bisogna anche conoscerlo! "Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio".

Durante questo periodo di tempo in cui gli apostoli hanno vissuto con Gesù, proprio lo stare con lui ha fatto in modo che potessero vivere anche una esperienza di guarigione affettiva, psichica e della memoria. In questo modo Gesù ha voluto prepararli per la Pentecoste. Tutto questo ha preparato la discesa dello Spirito Santo nella Comunità degli apostoli e dei discepoli in una forma unica e radicale seguendo la logica dell'affermazione di San Tommaso che: "la grazia presuppone la natura e poi la perfeziona". Prima della grazia ci vuole la natura, in seguito la grazia la perfeziona. Prima Gesù ha voluto percorrere un percorso di maturità umana, di guarigione interiore con gli apostoli, per prepararli alla Pentecoste, alla discesa dello Spirito, alla grazia delle grazie, al dono dei doni!

Non basta aver vissuto bellissime esperienze spirituali, non basta la conoscenza teologica approfondita della parola di Dio, non bastano tutti i servizi che noi possiamo compiere in parrocchia, occorre piuttosto che la Grazia, con tutti i canali che essa stessa ha scelto, entri in ogni nostra cellula per cristificarci. Questa non è operazione veloce, né magica, né legata ad entusiasmi momentanei di conversione ma ad una libera e lucida adesione alla proclamazione solenne di fare di Cristo Gesù il Signore indiscusso della nostra vita!

Gesù non solo era figlio, ma ha imparato ad esserlo scoprendolo; ha faticato, è andato nel deserto, ha digiunato. Tutta la sua vita è stata una penitenza. Fare la volontà del Padre è stato bello ma anche difficile. Tanto più noi, abbiamo bisogno dello Spirito Santo che addomestichi la nostra umanità ferita. Per fare questo non basta essere rivestiti dalla grazia, bisogna prima pulire la nostra umanità.

Noi siamo come dei vasi nelle mani del vasaio. Il vaso è pieno di schifezze. Per renderlo nuovo bisogna prima svuotarlo da tutte le sue impurità, bisogna scorticarlo perché il vaso possa essere poi riempito dalla grazia, dall'azione dello Spirito Santo.

Il vaso di coccio non va dipinto all'esterno ma va riempito del vino nuovo della festa che è lo Spirito Santo.

Usare l'esempio di San Francesco il quale ci ha indicato la strada: lui più di qualsiasi altro ha avuto questa intuizione, ha capito e messo in pratica in maniera radicale questo concetto: Gesù non è soltanto una persona esemplare, ma una persona da seguire.

Non possiamo fermarci a prendere Gesù come esempio, vantarci di essere cristiani, parlare delle cose belle che ha fatto Gesù di Nazareth.

Dobbiamo mettere in moto tutte le nostre energie per seguirlo, per fare ciò che ha fatto Lui, mettere, come ha fatto San Francesco, i nostri piedi sulle sue orme!!!

Il dono dello Spirito Santo, di cui ci apprestiamo a festeggiarne la venuta nella Solennità della Pentecoste, trova in questo cammino umano-divino di cristificazione, il suo vero senso. Il non entrare in questa logica vuol dire cadere nei surrogati della fede.

In conclusione, capiamo come sia necessario un continuo superamento di una fede immatura affinché la nostra umanità, tutta la nostra umanità, sia guarita per accogliere pienamente tutti i frutti dello Spirito.

S. Bonaventura parlando del dono delle Stimmate vissute dal santo di Assisi diceva che quello che egli aveva sempre tenuto nel cuore gli esplose nella carne. Come a dire che il dono delle stimmate di San Francesco non è solamente un dono ricevuto "dall'esterno" quanto un lavorio costante che la grazia ha fatto con l'umanità di Francesco affinché esplodesse, nella "pienezza dei tempi", nella sua carne.

Ognuno a suo modo, con la sua umanità, con la sua struttura è chiamato a vivere i misteri della vita di Cristo nella propria carne.

"Signore fammi vivere la tua umanità nella mia umanità
così come la vissero Pietro, Giacomo, Giovanni;
fammi intimo della tua intimità,
del Tuo pensiero, della Tua memoria, della Tua carne, dei Tuoi sentimenti e dei Tuoi sensi,
guarisci la mia umanità da tutte le sue ferite,
anche quelle nascoste che io non vedo ma che mi impediscono di amarTi
e di amare i santi nel Tuo amore (Sl 16,2-3);
scardina i sigilli del peccato,
i nuclei di morte,
le dipendenze,
le immaturità,
fammi fare l'esperienza della potenza della Tua Resurrezione,
rendimi vivo e ponimi nella gioia!
Dissipa le mie paure ed i miei fantasmi e riempimi del Tuo Spirito.
Donami di essere Chiesa e di sentirmi Chiesa
e con Te e per Te dare la vita per essa
servendo sempre i miei fratelli.
Donami di seguire i tuoi passi
i tuoi umani passi
per percorrere la Via della vita. Amen!"


La seconda parte del cammino è presente qui

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