La missione si fonda sulla Pietà

francesco«Io vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire».

(Lc. 21,15)


Francesco , il Sultano e il dialogo interreligioso

Narriamo qui alcuni fatti esemplari presi dalla  Legenda Maggiore redatta da San Bonaventura (considerato il secondo fondatore dell'ordine francescano) dell'incontro tra Frate Francesco e il Sultano (probabilmente il sultano Melek-el-Kamel nella tregua d’armi tra la fine d’agosto e la fine di settembre del 1219).


FF1172ss - A tredici anni dalla sua conversione, partì verso le regioni della Siria, affrontando coraggiosamente molti pericoli, alfine di potersi presentare al cospetto del Soldano di Babilonia.

Fra i cristiani e i saraceni era in corso una guerra implacabile: i due eserciti si trovavano accampati vicinissimi, l’uno di fronte all’altro, separati da una striscia di terra, che non si poteva attraversare senza pericolo di morte.

Il Soldano aveva emanato un editto crudele: chiunque portasse la testa di un cristiano, avrebbe ricevuto il compenso di un bisante d’oro.

Ma Francesco, l’intrepido soldato di Cristo, animato dalla speranza di poter realizzare presto il suo sogno, decise di tentare l’impresa, non atterrito dalla paura della morte, ma, anzi, desideroso di affrontarla.

Confortandosi nel Signore (1Sam 30,6), pregava fiducioso e ripeteva cantando quella parola del profeta: infatti anche se dovessi camminare in mezzo all’ombra di morte, non temerò alcun male, perché tu sei con me (Sal 22,4).

Partì, dunque, prendendo con sé un compagno, che si chiamava Illuminato ed era davvero illuminato e virtuoso. Appena si furono avviati, incontrarono due pecorelle, il Santo si rallegrò e disse al compagno: «Abbi fiducia nel Signore (Sir 11,22), fratello, perché si sta realizzando in noi quella parola del Vangelo: “Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”».

Avanzarono ancora e si imbatterono nelle sentinelle saracene, che, slanciandosi come lupi contro le pecore, catturarono i servi di Dio e, minacciandoli di morte, crudelmente e sprezzantemente li maltrattarono, li coprirono d’ingiurie e di percosse e li incatenarono.

Finalmente, dopo averli malmenati in mille modi e calpestati, per disposizione della divina provvidenza, li portarono dal Sultano, come l’uomo di Dio voleva.

Quel principe incominciò a indagare da chi, e a quale scopo e a quale titolo erano stati inviati e in che modo erano giunti fin là. Francesco, il servo di Dio, con cuore intrepido rispose che egli era stato inviato non da uomini, ma da Dio Altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della salvezza e annunciare il Vangelo della verità.

E predicò al Soldano il Dio uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta forza e tanto fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava realizzando con piena verità la promessa del Vangelo: «Io vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire» (Lc 21,15).

Anche il Soldano, infatti, vedendo l’ammirevole fervore di spirito e la virtù dell’uomo di Dio, lo ascoltò volentieri e lo pregava vivamente di restare presso di lui.

Ma il servo di Cristo, illuminato da un oracolo del cielo, gli disse: «Se, tu col tuo popolo, vuoi convertirti a Cristo, io resterò molto volentieri con voi.

Se, invece, esiti ad abbandonare la legge di Maometto per la fede di Cristo, dà ordine di accendere un fuoco il più grande possibile: io, con i tuoi sacerdoti, entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve ritenere più certa e più santa».

Ma il Soldano, a lui: «Non credo che qualcuno dei miei sacerdoti abbia voglia di esporsi al fuoco o di affrontare la tortura per difendere la sua fede» (egli si era visto, infatti, scomparire immediatamente sotto gli occhi, uno dei suoi sacerdoti, famoso e d’età avanzata, appena udite le parole della sfida). E il Santo a lui: «Se mi vuoi promettere, a nome tuo e a nome del tuo popolo, che passerete alla religione di Cristo, qualora io esca illeso dal fuoco, entrerò nel fuoco da solo.

Se verrò bruciato, ciò venga imputato ai miei peccati; se, invece, la potenza divina mi farà uscire sano e salvo, riconoscerete Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio, come il vero Dio e signore, salvatore di tutti» (1Cor 1,24; Gv 17,3 e 4,42). Ma il Soldano gli rispose che non osava accettare questa sfida, per timore di una sedizione popolare. Tuttavia gli offrì molti doni preziosi; ma l’uomo di Dio, avido non di cose mondane ma della salvezza delle anime, li disprezzò tutti come fango. Vedendo quanto perfettamente il Santo disprezzasse le cose del mondo, il Soldano ne fu ammirato e concepì verso di lui devozione ancora maggiore.

E, benché non volesse passare alla fede cristiana, o forse non osasse, pure pregò devotamente il servo di Cristo di accettare quei doni per distribuirli ai cristiani poveri e alle chiese, a salvezza dell’anima sua. Ma il Santo, poiché voleva restare libero dal peso del denaro e poiché non vedeva nell’animo del Soldano la radice della vera pietà, non volle assolutamente accondiscendere. Vedendo, inoltre, che non faceva progressi nella conversione di quella gente e che non poteva realizzare il suo sogno, preammonito da una rivelazione divina, ritornò nei paesi cristiani.


Alcune considerazioni.
Le manipolazioni relativiste, pacifiste e politicamente corrette

Alcune considerazioni sul brano appena letto.

1 - Dialogo interreligioso non significa appiattimento delle identità.

Troppi di noi cattolici, per cercare di "apparire buoni", alla moda e politicamente corretti dimenticano di dare spazio allo spirito dell'annuncio nell'incontrare i fratelli musulmani, con danno della propria e dell'altrui vita. In effetti un conto è "apparire buoni" e un conto è essere buoni ed accoglienti rimanendo se stessi e ribadendo con chiarezza il Vangelo della Vita.

2 - Il pacifismo può essere nemico della pace. Altro equivoco presente tra i pacifisti che, raramente, sono uomini di pace evangelica.

La pillola non si addolcisce, non si usa Francesco a proprio uso e consumo per propagare i "propri valori" della pace e non quelli biblici. La Pace è Shalom, innanzitutto dono dall'alto più che sforzo dell'uomo. I cattolici dovrebbero ricordarselo costantemente quando hanno a che fare con connivenze sinistroidi e anarchiche che nell'apparenza di pace sembrano, talvolta, guerrafondai camuffati. Lo sforzo dell'uomo per ottenere la pace, dono quanto mai necessario, sta innanzitutto nel dare priorità a Dio nel convertire i cuori. Spesso la pace che otteniamo umanamente è semplicemente una non-guerra, non un cambiamento radicale dei cuori ed una trasfigurazione dei popoli nella comunione. Le marce per la pace servono in quanto pellegrinaggio più che come sforzo sociologico di smuovere i poteri forti e decisionali dei governi.
Se l'uomo non invoca umilmente la pace dall'alto costruisce la propria "pace" la quale dietro l'apparenza della calma nasconde sempre la tempesta. Come cattolici dovremmo ricordare che non è l'homo faber che cambia la storia ma l'uomo che vive nel Timor di Dio.
Questo non significa che non si debbano fare scelte per la Pace con gesti concreti e prendere delle posizioni ma che tali scelte nascono dallo stare in ginocchio ed in comunione stretta con Pietro e con il Magistero.

3 - La fecondità dell'annuncio. Probabilmente dobbiamo a questo gesto sincero di Francesco la presenza quasi millenaria dei cristiani e dei francescani in terra santa. Questo a dire che la fecondità di un gesto coraggioso nello Spirito ci è spesso nascosta in tutta la sua ampiezza. La fecondità della pace non si costruisce con "il tutto e subito" da supermercato. Il potere appartiene a Dio, lo stare in ginocchio a noi.

4 - Pronti al martirio. Francesco è stato fecondo perché era pronto al martirio. Cioè alla testimonianza estrema della propria appartenenza a Cristo fino al dono della vita. Questo è il martirio, la testimonianza non violenta che è disposta al bene del Regno, del bene altrui e proprio.

5 - Il primato della Pietà. Francesco andava predicando in missione ad extra (come in questo caso) e ad-intra dopo lunghe quaresime di digiuno, penitenza e preghiera. Anche questo è un monito per tutti noi cattolici. Sia per quelli che "annacquano" il vangelo con connivenze ambigue, ideologiche e partitiche, sia per gli "zelanti" dell'annuncio temerario.

La pietà infatti è fondamento di ogni azione perchè nasce dall'intimità vissuta, sofferta e conquistata con Cristo.

In tal caso l'annuncio non è solo un annuncio di "contenuti" kerygmatici ma un'esperienza in Spirito e Potenza (Atti 10,38) dell'esperienza di Cristo donata ai fratelli. Una gioiosa condivisione dell'innamoramento perenne a cui è chiamato ogni battezzato. Certamente la missione include aspetti cognitivi, di metodo e apologetici ma anzitutto include un reale disarmo del cuore.

La missione è infatti la condivisione fino al dono del martirio dell'esperienza di Amore a cui lo Spirito Santo ci porta e ci conduce.