Liturgia

Un solo atto di culto

liber-usualisIl concilio Vaticano II raccomanda solo quattro riti all’interno della celebrazione eucaristica

di ANTONIOMIRALLES

Il concilio Vaticano II, nella costitu-zione sulla sacra liturgia, raccoman-da l’integrazione nella messa, in circostanze speciali, di quattro riti aventi in se stessi una compiutezza celebrativa: battesimo degli adulti, confermazione, matrimonio e pro-fessione religiosa.
Altri riti, che si collocavano entro la prima parte della celebrazione, erano già integrati nella messa: le ordinazioni dei sacri ministri, le benedizioni dell’abate e della badessa e la benedizione e consacrazione delle vergini. Come giustificare tale integrazio-ne, che a prima vista sembrerebbe disarticolare la liturgia della Parola e intralciarne il collegamento con la liturgia eucaristica, danneggiando l’unità della messa? Lo stesso concilio enuncia un principio dottrinale che costituisce uno dei capisaldi della sua opera di promozione del rinnovamento litur-gico: «Le due parti che costituisco-no in certo modo la messa, cioè la liturgia della Parola e la liturgia eu-caristica, sono congiunte tra di loro così strettamente da formare un solo atto di culto» (Sacrosanctum conci-lium, n. 56). In poche parole: la messa è indivisibile. La celebrazione entro la messa dei sacramenti del battesimo, della cresima e dell’ordine è ben giustificata, perché sono specificamente or-dinati alla partecipazione all’Eucari-stia. Nel caso del sacramento dell’ordine, la celebrazione entro la messa è perfino obbligata, perché l’Eucaristia «è la principale e centra-le ragion d’essere del Sacramento del sacerdozio, nato effettivamente nel momento dell’istituzione dell’Eucaristia e insieme con essa» (Dominicae cenae, n. 2). La varietà di circostanze in cui può avvenire la celebrazione del battesimo o della confermazione è talmente estesa da consigliarne non di rado la celebra-zione fuori della messa, ma spesso non è così e, invece, è opportuna la celebrazione insieme per la dinami-ca intrinseca dell’iniziazione cristia-na. Il concilio includeva nella sua raccomandazione anche il matrimo-nio, ma non spiegava perché. Co-munque lo si può capire dalle paro-le del beato Giovanni Paolo II: «L’Eucaristia è la fonte stessa del matrimonio cristiano. Il Sacrificio eucaristico, infatti, ripresenta l’al-leanza di amore di Cristo con la Chiesa, in quanto sigillata con il sangue della sua Croce (cfr. Gv19, 34). È in questo sacrificio della Nuova ed Eterna Alleanza che i co-niugi cristiani trovano la radice dal-la quale scaturisce, è interiormente plasmata e continuamente vivificata la loro alleanza coniugale» (Familiaris consortio, n. 57). La benedizione dell’abate e della badessa e la benedizione e consacra-zione delle vergini hanno una seco-lare tradizione di celebrazione entro la messa. Il loro rapporto col sacrifi-cio eucaristico non è così stretto co-me quello dei tre sacramenti consa-cratori, tuttavia si può ragionevol-mente affermare che la tradizione ne ha tratto ispirazione. Il concilio volle estendere questa prassi anche alla professione religiosa, seguendo la prassi liturgica sui riti consacratori delle persone. In seguito, nella riforma dei libri litur-gici, concretamente nel De benedictionibusdel 1984, si è prevista la possibilità di inserire la benedizione dei missionari entro la cele-brazione della messa con un rito in qualche modo analogo. Il concilio non fece riferimento ad altri riti entro la messa, sebbene alcuni fossero uniti a essa, come la dedicazione della chiesa e la sua semplice benedizione, ma non vi erano integrati. Infatti la messa era celebrata alla fine della dedicazione o della benedizione. Invece entro la Missa Chrismatis, il giovedì della Settimana santa, aveva luogo la benedizione dell’olio degli infermi, alla fine del Canone, e la benedizione dell’olio dei catecu-meni e la confezione del crisma, do-po la Comunione; questa era una prassi plurisecolare. Dopo la rifor-ma liturgica promossa dal concilio, non è cambiata la collocazione di questi riti, tuttavia si è data la possi-bilità di collocare l’insieme di questi riti di benedizione alla fine della li-turgia della Parola. Da tutto ciò emerge chiaramente quanto i padri conciliari bene aves-sero in mente l’unità della messa. Le loro raccomandazioni erano molto delimitate e si muovevano entro la logica della tradizione liturgica plu-risecolare. Non costituivano un invi-to a introdurre molti riti entro la messa.

© osservatore Romano - 17 ottobre 2012