Liturgia
Signore insegnaci a pregare. Corso sulla Preghiera. Terza parte.
- Dettagli
- Creato: 25 Dicembre 2007
- Hits: 3940
Corso sulla preghiera.
1 - Preghiera di Presenza
2 - Preghiera di lode
3 - Preghiera e perdono
4 - Preghiera e Parola di Dio
3° CATECHESI
PERDONO E PREGHIERA
La qualità della nostra fede e della nostra maturità umana, sta proprio nella capacità di perdonare.
Nel Vangelo Gesù mette il perdono come condizione ineludibile di crescita nel cammino spirituale. Per cui se vogliamo essere perfetti come il Padre Nostro che è nel cielo, siamo chiamati a perdonare i nemici perché il Padre fa piovere sui giusti e sugli ingiusti e fa splendere il sole sui giusti e sugli ingiusti.
La condizione per essere figli di Dio è proprio quella della nostra capacità di perdonare. Nelle nostre relazioni, tutte le volte che c'è un conflitto, genera una rottura di un equilibrio, si crea dunque una tensione e si cerca di scaricarla.
Noi sentiamo il bisogno di essere amati ed accettati dagli altri. Una delle nostre grandi preoccupazioni è quella di piacere a noi stessi e di piacere agli altri, e tutte le volte che in una relazione c'è un conflitto, viene a mancare questo equilibrio del piacere; nasce un atteggiamento mentale che si chiama "meccanizzazione", cioè dobbiamo trovare la causa.
Gli ebrei prendevano un capro, ci scaricavano tutti i peccati del popolo e lo mandavano nel deserto, da qui il famoso detto del "capro espiatorio".
Il capro espiatorio potrebbe essere un amico, una amica o chiunque altro; bisogna sempre trovare la colpa di questo equilibrio e allora si cerca il colpevole, perché ognuno di noi ha il bisogno di continuare a stimarsi e considerare positivamente la propria immagine.
Quando la colpa viene scaricata c'è il fenomeno della "negazione" della colpa, cioè la colpa non sussiste.
Questa è la capacità di perdonare dei nostri rapporti umani, che non ha niente a che vedere con il perdono cristiano.
Il perdono cristiano non è né colpevolizzazione, né negazione del peccato, ma è responsabilità e libertà.
In parole povere il perdono cristiano non è buonismo né "volemose bene". Ma andare al cuore della dignità dell'uomo con responsabilità e libertà e mettere l'accento su questa dignità invincibile come dono di Dio.
Per il cristiano tutto quello che fa, anche le cose piccole, ha un valore immortale, sia in bene che in male. Il perdono non sta nel colpevolizzare qualcuno o nel negare la colpa ma sta nel prendere coscienza della colpa e capire che comunque Dio ci ama così come siamo.
L'immagine che noi abbiamo non può essere toccata né dal nostro peccato, né dai nostri errori, né da satana.
L'immagine è la preziosità e l'unicità di ciò che siamo.
La somiglianza è la capacità di rendere visibile l'immagine e qui non possiamo essere toccati, perché la nostra dignità non dipende da quello che abbiamo fatto fino ad ora o faremo, ma è un dato, noi valiamo in ogni caso, il perdono cristiano sta nel riconoscere la propria incontrovertibile dignità che è legata all'immagine, dono di Dio.
Il perdono nasce dal fatto che Dio ci ha perdonato per primo.
Non come dato catechetico o teologico ma come dato reale, esperienziale, profondo.
Chi è perdonato perdona. Ma anche, chi perdona nella fatica dell'amore, sperimenta di essere perdonato.
La libertà è un dono ma anche una responsabilità. Una grandissima responsabilità.
Dio non fa altro che ricordarci la nostra dignità; nella parabola del figliol prodigo il Padre non fa altro che riconoscere la dignità del figlio che era andato via, che invece il figlio maggiore non riconosce.
Il cammino del perdono
Il cammino del perdono si divide in:
- - perdono che si dà a Dio;
- - perdono che si dà a se stessi;
- - perdono che si dà ai fratelli.
Questi tipi di perdono sono basati sulla scoperta dell'unicità dell'immagine, nostra e degli altri. La capacità di perdonare se stessi e gli altri nasce dalla consapevolezza che ciascuno di noi è unico, irripetibile, bello e che neanche i più grandi peccati che noi possiamo fare, possono toccare la nostra dignità.
Una persona che ci ha fatto un grande torto, soprattutto nella vita affettiva, è difficile da perdonare.
Il perdono non è una capacità che ci possiamo dare con la nostra volontà, il perdono è una capacità che noi ci diamo soltanto perché è un dono di Dio.
L'unica cosa da fare per perdonare è chiedere aiuto a Dio, anzi, nello specifico, allo Spirito Santo.
Lo Spirito Santo ha tre capacità fondamentali:
- - crea dal nulla;
- - ordina;
- - nel peccato rende nulle le cose che sono state.
La capacità di rendere nullo quello che è successo, non di negarlo, ma di avvicinarsi al proprio peccato e a quello degli altri, con occhi nuovi, è un dono dello Spirito Santo.
Negli Atti degli Apostoli c'è scritto che lo Spirito Santo convince al peccato.
Quando a Pentecoste Pietro fa quel bel discorso, tutti sentirono trafitti il cuore, la trafittura del cuore vuol dire aver preso coscienza serenamente ma con responsabilita del proprio peccato.
Questo si chiama coscienza di colpa e non senso di colpa.
Il senso di colpa è un'afflizione psicologica che noi abbiamo dentro, è un dramma psichico che, in genere, distrae dalla responsabilità.
La coscienza di colpa è la coscienza di aver peccato, però nella consapevolezza che la propria dignità è più grande del peccato.
Il senso di colpa sconvolge emotivamente, ci fa star male.
E' importante pregare perché senza la preghiera non si arriva ad avere coscienza di colpa e non si arriva a perdonare nessuno, perché dimenticare, negando, non è perdonare; perdonare vuol dire capire bene, ma anche ricordare la sproporzione infinita che c'è tra il danno fatto e la dignità, l'immagine.
Gesù ci ha dimostrato come perdonare perché sulla croce ha detto: "Signore perdonali!", non ha detto: "Io li perdono".
Gesù come uomo ci ha fatto capire che la dimensione del perdono è un dono di Dio da chiedere incessantemente nella preghiera.
L'uomo Gesù ci perdona perché chiede aiuto al Padre, gli chiede la capacità di perdonare. La preghiera è il cammino per il perdono.
Non si può perdonare se non si fa anche un cammino sacramentale con la Riconciliazione e l'Eucarestia.
Questo cammino di passare dal non perdono al perdono, dal senso di colpa alla coscienza di colpa è il cammino che ci fa passare dalla coscienza di amare alla scelta di amare i fratelli. Qui avviene la nuova creazione ed iol miracolo più grande dell'infermità.
Il perdono è questo miracolo.
Senso di colpa, coscienza di colpa e le cinque fasi del perdono
La differenza che c'è tra l'età infantile e l'età adulta è che una persona è adulta quando sceglie di amare perché all'inizio il bambino ha una micro-coscienza di amare, ma non ha la scelta di amare, il bambino deve essere amato.
Si diventa adulti tanto quanto si sceglie di amare.
Il passaggio tra il senso di colpa e la coscienza di colpa non è automatico, occorre un cammino di preghiera, occorre anche un cammino importante che è il cammino di una certa depressione ma non di quella depressione che è il male dei nostri tempi.
C'è una depressione che è sana e una depressione che non è sana; per esempio davanti ad alcuni fatti spiacevoli della nostra vita in genere si affrontano cinque fasi:
- il rifiuto, dietro al quale si nascondono altri rifiuti passati;
- la collera, quando si è arrabbiati perché non si è amati;
- il patteggiamento, che è la fase che sta a significare una specie di compromesso che si viene a creare;
- la depressione, data dal fatto che si comprendono gli errori fatti;
- la guarigione, quando ci si sente di nuovo accettati.
Queste fasi vanno passate tutte, non le si può saltare perché si chiederebbe una violenza a se stessi.
La depressione non sana si cristallizza su se stessa e non apre alla guarigione.
ma è spesso una forma isterica per mendicare auto-stima e per affrontare da perdenti la propria vita.
ma Dio non ci vuole così. Noi non siamo perdenti. Noi, paradossalmente, scegliamo di essere perdenti perché ci dimentichiamo quanto valiamo agli occhi di Dio. Neghiamo la nostra immagine.
Cerchiamo di creare una nostra immagine; questo delirio porta inevitabilmente alla depressione e alla fuga dalla realtà, alla fuga da Dio.
La fase depressiva, nata da un torto, invece di aprirci alla guarigione e alla fecondità ci fa rimbalzare indietro al rifiuto e alla collera.
Questo accade come un feedback infinito.
Non matura la guarigione; non matura il perdono; non matura la vocazione né alla vita, né specifica.
Questo anzi fa maturare un ruolo cattolico di facciata.
Magari molto impegnato e legittimato da un ruolo, ma poco riconciliato.
Perdonare Dio e riconoscerlo Signore
E' importante perdonare Dio, perché qualche volta dentro di noi c'è qualcosa che Dio ha fatto nella nostra storia e che noi non abbiamo accettato; perdonare Dio vuol dire fare il primo gesto che scatena tutti gli altri modi di perdonare, per esempio Adamo ed Eva hanno avuto il dubbio su Dio, se Lui li amava o no, con questo dubbio sono nati tutti gli altri problemi, i due si sentono nudi, vuol dire che non si amavano più, non si accettavano più; infine si scaricano la colpa l'uno sull'altra.
Riconoscere la realtà della Singoria amorevole di Dio vuoldire spezzare le catene del dubbio che sono atavicamente dentro di noi ed incominciare, da disarmati, ad incontrare il più piccolo nel Regno dei Cieli che è Gesù.
Per amare e perdonare i fratelli e le sorelle è importante innanzitutto perdonare Dio, perché se non perdoniamo Dio saremo sempre in eterno conflitto.
Tutti i sensi di colpa che abbiamo nascono da un senso molto burocratico del rapporto che abbiamo con Dio. Quando facciamo un grande peccato, dopo ci chiediamo se Dio ci perdonerà: Dio è il primo che valorizza la nostra immagine ed è il primo che ci perdona.
Davanti ai sensi di colpa ci difendiamo dall'angoscia che questi creano in cinque modi:
- legalismo, cioè ci difendiamo con un codice;
- perfezionismo, cioè il non sbagliare mai, il bisogno di essere perfetto;
- scrupoli, cioè quando ci difendiamo punendoci;
- il rimorso, perché nasce il bisogno di autopunirsi;
- ribellione, cioè quando una persona si difende attaccando.
Questi cinque modi derivano tutti dal peccato originale.
Dio ci ama non per quello che facciamo, ma per quello che siamo.
La capacità di perdonare fa stabilire un sano rapporto con Dio.
Dio non si scandalizza per i nostri peccati, Lui ci perdona e basta.
Se ti dice di non peccare più, e quindi il peccato è chiaro con "nome e cognome", lo fa perchè crede in te nelle tue potenzialità.
Perchè cammina con te. Perdona con te e in te. Passo dopo passo.
E' il fatto dell'accettazione e dell'accoglienza che ti abilita a cambiare con responsabilità e gioia verso la libertà.
Tra la liberazione e la guarigione della nostra situazione, e lo stato attuale in cui stiamo, non possiamo essere guariti se non ci tuffiamo nella preghiera, nel fidarci di Dio e nel "perdonare" a Dio anche le cose che non abbiamo compreso nella nostra vita.
Non possiamo maturare nella fede, né guarire, se non ci mettiamo in preghiera chiedendo a Dio la capacità di perdonarlo, di perdonare noi stessi e di perdonare i fratelli, entrando nell'angoscia feconda che porta alla gioia.
Altrimenti ci difendiamo tutta la vita, stiamo sempre nel senso di colpa e mai nella coscienza di colpa. Siamo e permaniamo nel dubbio.
Non in quel dubbio che è già fede ma in quel dubbio che è rabbia accesa pronta ad esplodere e danneggiare noi e che ci sta intorno.
E, sopratutto, non maturiamo mai quella responsablità che ci toglie le catene del peccato e ci fa guarire definitivamente.
Perdonare il fratello
Nel secondo libro di Samuele al capitolo 16, versetti 5-14: "Quando poi il re Davide fu giunto a Bacurìm, ecco uscire di là un uomo della stessa famiglia della casa di Saul, chiamato Simeì, figlio di Ghera. Egli usciva imprecando e gettava sassi contro Davide e contro tutti i ministri del re Davide, mentre tutto il popolo e tutti i prodi stavano alla destra ed alla sinistra del re. Simeì, maledicendo Davide, diceva: "Vattene, vattene, sanguinario, scellerato! Il Signore ha fatto ricadere sul tuo capo tutto il sangue della casa di Saul, al posto del quale regni; il Signore ha messo il regno nelle mani di Assalonne tuo figlio ed eccoti nella sventura che hai meritato, perché sei un sanguinario". Allora Abisài figlio di Zeruià disse al re: "Perché questo cane morto dovrà maledire il re mio signore? Lascia che io vada e gli tagli la testa!". Ma il re rispose: "Che ho io in comune con voi, figli di Zeruià? Se maledice, è perché il Signore gli ha detto: Maledici Davide! E chi potrà dire: Perché fai così?". Poi Davide disse ad Abisài e a tutti i suoi ministri: "Ecco, il figlio uscito dalle mie viscere cerca di togliermi la vita: Quanto più ora questo Beniaminita! Lasciate che maledica, poiché glielo ha ordinato il Signore. Forse il Signore guarderà la mia afflizione e mi renderà il bene in cambio della maledizione di oggi". Davide e la sua gente continuarono il cammino e Simeì camminava sul fianco del monte, parallelamente a Davide, e, cammin facendo, imprecava contro di lui, gli tirava sassi e gli lanciava polvere. Il re e tutta la gente che era con lui arrivarono stanchi presso il Giordano e là ripresero fiato.".
Il cammino di guarigione comporta entrare con responsabilità nella propria colpa.
Ci sono infatti diversi modi con cui squalifichiamo il fratello:
- indifferenza assoluta;
- squalifica morale;
- squalifica in base alla radici
- squalifica in base a delle motivazioni;
- squalifica in base al suo atteggiamento nei nostri confronti;
- squalifica in base alla santità;
- squalifica perché appartiene ad una corrente;
- squalifica perché è "stupido";
- squalifica per fattori psicologici;
- squalifica a priori.
Anche se il fratello o la sorella avesse tutte queste dinamiche, comunque la sua dignità è più grande.
Il problema è che se non ci si concentra sulla preghiera, queste cose prendono il sopravvento, cioè fanno da filtro nel vedere quella persona, invece è importantissimo avere coscienza della propria colpa e di quella dell'altro, ma è altrettanto importante capire che la propria immagine e quella dell'altro sono più grandi.
L'amore di Dio è misericordia, non si merita, si ha sempre, gratuitamente.
Per perdonare se stessi e gli altri è indispensabile che noi innanzitutto ci riconciliamo con Dio, facciamo un gesto di abbandono, di fiducia, di fede, ci gettiamo nelle braccia di Dio con tutta la nostra angoscia, con tutte le cose che non abbiamo capito nella nostra storia, nella nostra vita, chiedendo perdono ed accoglienza.
Noi cristiani dovremmo distinguerci per la capacità di prendere le botte, gli insulti, le calunnie, le contraddizioni; non per fare le vittime, ma per la capacità di fare un'esperienza grande di perdono e di amore da parte di Dio, così da non dimenticare la stima davanti agli altri; quello che deve contare veramente è che ognuno si sperimenta profondamente amato da Dio.
Il perdono è una capacità che ci dà Dio, ma è anche l'inizio di un cammino, è una scelta di entrare nell'ottica di perdonare.
Certo è un punto di arrivo, ma solo, perché è anche la partenza di ogni relazione.
Una delle dinamiche che noi viviamo di più nei confronti del fratello è l'ateismo nevrotico conscio, cioè se per esempio uno ce l'ha tanto con un catechista o un prete perché l'ha trattato così male che non vuol più sentire parlare di Dio, oppure se una persona ha fatto una pessima esperienza di un genitore è difficile che chiamerà Dio "Padre", occorre fare anche qui un cammino di guarigione.
Questo "ateismo nevrotico" è in genere la base di ogni anti-clericalismo.
Questo "ateismo nevrotico" è molto diffuso e lo si disarma solo con il perdono e la testimonianza fino al dono di sé.
continua nella quarta parte