Liturgia
Responsa ad dubia della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti su alcune disposizioni della Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» Traditionis Custodes del Sommo Pontefice Francesco
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Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
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RESPONSA AD DUBIA
su alcune disposizioni della
Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio»
TRADITIONIS CUSTODES
del Sommo Pontefice
FRANCESCO
AI PRESIDENTI
DELLE CONFERENZE DEI VESCOVI
Eminenza / Eccellenza Reverendissima,
dopo la pubblicazione da parte di Papa Francesco della Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» Traditionis custodes sull’uso dei libri liturgici anteriori alla riforma del Concilio Vaticano II, sono giunte alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti – che, esercita, per la materia di sua competenza, l’autorità della Santa Sede (cf. Traditionis custodes, n. 7) – diverse richieste di chiarimenti sulla sua corretta applicazione. Alcune questioni sono state sollevate da più parti e con maggior frequenza: pertanto, dopo averle attentamente valutate, dopo aver informato il Santo Padre e avendo ricevuto il suo assenso, vengono ora pubblicate le risposte alle domande più ricorrenti.
Il testo del Motu Proprio e la Lettera a tutti i Vescovi che lo accompagna esprimono con chiarezza le motivazioni di quanto Papa Francesco ha disposto. La finalità prima è quella di proseguire “nella costante ricerca della comunione ecclesiale” (Traditionis custodes, Premessa) che si esprime riconoscendo nei libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano (cf. Traditionis custodes, n. 1). È questa la direzione nella quale vogliamo camminare ed è questo il senso delle risposte che qui pubblichiamo: ogni norma prescritta ha sempre l’unico scopo di custodire il dono della comunione ecclesiale camminando insieme, con convinzione di mente e di cuore, nella linea indicata dal Santo Padre.
È triste vedere come il vincolo più profondo di unità – la partecipazione all’unico Pane spezzato che è il Suo Corpo offerto perché tutti siano uno (cf. Gv 17,21) – diventi motivo di divisione: è compito dei Vescovi, cum Petro et sub Petro, custodire la comunione, condizione necessaria – l’Apostolo Paolo ce lo ricorda (cf. 1Cor 11,17-34) – per poter partecipare alla mensa eucaristica.
Un fatto è innegabile: i Padri conciliari sentirono l’urgenza di una riforma perché la verità della fede celebrata apparisse sempre più in tutta la sua bellezza e il popolo di Dio crescesse in una piena, attiva, consapevole partecipazione alla celebrazione liturgica (cf. Sacrosanctum Concilium n. 14), momento attuale della storia della salvezza, memoriale della Pasqua del Signore, nostra unica speranza.
Come Pastori non dobbiamo prestarci a polemiche sterili, capaci solo di creare divisione, nelle quali il fatto rituale viene spesso strumentalizzato da visioni ideologiche. Siamo, piuttosto, tutti chiamati a riscoprire il valore della riforma liturgica custodendo la verità e la bellezza del Rito che ci ha donato. Perché questo accada, siamo consapevoli che è necessaria una rinnovata e continua formazione liturgica sia per i presbiteri sia per i fedeli laici.
Nella solenne chiusura della seconda sessione del Concilio (4 dicembre 1963) san Paolo VI così si esprimeva (n. 11):
«Del resto, questa discussione appassionata e complessa non è stata affatto senza un frutto copioso: infatti quel tema che è stato prima di tutto affrontato, e che in un certo senso nella Chiesa è preminente, tanto per sua natura che per dignità – vogliamo dire la sacra Liturgia – è arrivato a felice conclusione, e viene oggi da Noi con solenne rito promulgato. Per questo motivo il Nostro animo esulta di sincera gioia. In questo fatto ravvisiamo infatti che è stato rispettato il giusto ordine dei valori e dei doveri: in questo modo abbiamo riconosciuto che il posto d’onore va riservato a Dio; che noi come primo dovere siamo tenuti ad innalzare preghiere a Dio; che la sacra Liturgia è la fonte primaria di quel divino scambio nel quale ci viene comunicata la vita di Dio, è la prima scuola del nostro animo, è il primo dono che da noi dev’essere fatto al popolo cristiano, unito a noi nella fede e nell’assiduità alla preghiera; infine, il primo invito all’umanità a sciogliere la sua lingua muta in preghiere sante e sincere ed a sentire quell’ineffabile forza rigeneratrice dell’animo che è insita nel cantare con noi le lodi di Dio e nella speranza degli uomini, per Gesù Cristo e nello Spirito Santo».
Quando Papa Francesco (Discorso ai partecipanti alla 68.ma Settimana Liturgica Nazionale, Roma, 24 agosto 2017) ci ricorda che “dopo questo magistero, dopo questo lungo cammino possiamo affermare con sicurezza e con autorità magisteriale che la riforma liturgica è irreversibile” vuole indicarci l’unica direzione nella quale siamo chiamati con gioia ad orientare il nostro impegno di Pastori.
Affidiamo a Maria, Madre della Chiesa, il nostro servizio per “conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace” (Ef 4,3).
Dalla Sede della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il 4 dicembre 2021, 58° anniversario della promulgazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium.
✠ Arthur Roche
Prefetto
Il Sommo Pontefice Francesco, nel corso di un’Udienza concessa al Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti in data 18 novembre 2021, è stato informato e ha dato il suo assenso alla pubblicazione dei presenti RESPONSA AD DUBIA con annesse NOTE ESPLICATIVE. |
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: […] § 2. statuat unum vel plures locos ubi fideles, qui his coetibus adhaerent, convenire possint ad Eucharistiam celebrandam (nec autem in ecclesiis paroecialibus nec novas paroecias personales erigens); |
Al quesito proposto:
Laddove non vi sia la possibilità di individuare una chiesa od oratorio o cappella disponibile per accogliere i fedeli che celebrano con il Missale Romanum (editio typica 1962), il Vescovo diocesano può chiedere alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti la dispensa dalla disposizione del Motu Proprio Traditionis custodes (art. 3 § 2), e, quindi, permettere la celebrazione nella chiesa parrocchiale?
Si risponde:
Affermativamente.
Nota esplicativa.
Il Motu proprio Traditionis custodes all’art. 3 § 2 chiede che il Vescovo, nelle diocesi in cui finora vi è la presenza di uno o più gruppi che celebrano secondo il Messale antecedente alla riforma del 1970, “indichi, uno o più luoghi dove i fedeli aderenti a questi gruppi possano radunarsi per la celebrazione eucaristica (non però nelle chiese parrocchiali e senza erigere nuove parrocchie personali)”. L’esclusione della chiesa parrocchiale vuole affermare che la celebrazione eucaristica secondo il rito precedente, essendo una concessione limitata ai suddetti gruppi, non fa parte dell’ordinarietà della vita della comunità parrocchiale.
Questa Congregazione, esercitando, per la materia di sua competenza, l’autorità della Santa Sede (cf. Traditionis custodes, n. 7), può concedere, su richiesta del Vescovo diocesano, che venga utilizzata la chiesa parrocchiale per la celebrazione secondo il Missale Romanum del 1962 solo nel caso in cui sia accertata l’impossibilità di utilizzare un’altra chiesa, od oratorio o cappella. La valutazione di tale impossibilità deve essere fatta con scrupolosa attenzione.
Inoltre, tale celebrazione non è opportuno che venga inserita nell’orario delle Messe parrocchiali essendo partecipata solo dai fedeli aderenti al gruppo. Infine, si eviti che vi sia concomitanza con le attività pastorali della comunità parrocchiale. Resta inteso che nel momento in cui dovesse essere disponibile un altro luogo, tale licenza sarà ritirata.
In queste disposizioni non vi è alcuna intenzione di emarginare i fedeli che sono radicati nella forma celebrativa precedente: esse hanno solo lo scopo di ricordare che si tratta di una concessione per provvedere al loro bene (in vista dell’uso comune dell’unica lex orandi del Rito Romano) e non di una opportunità per promuovere il rito precedente.
Traditionis custodes Art. 1. Libri liturgici a sanctis Pontificibus Paulo VI et Ioanne Paulo II promulgati, iuxta decreta Concilii Vaticani II, unica expressio “legis orandi” Ritus Romani sunt. Art. 8. Normae, dispositiones, concessiones et consuetudines antecedentes, quae conformes non sint cum harum Litterarum Apostolicarum Motu Proprio datarum praescriptis, abrogantur. |
Al quesito proposto:
È possibile, secondo quanto disposto dal Motu Proprio Traditionis custodes, celebrare i Sacramenti con il Rituale Romanum e con il Pontificale Romanum precedenti alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II?
Si risponde:
Negativamente.
Solo alle parrocchie personali canonicamente erette che, secondo quanto disposto dal Motu Proprio Traditionis custodes, celebrano con il Missale Romanum del 1962, il Vescovo diocesano è autorizzato a concedere la licenza di usare solo il Rituale Romanum (ultima editio typica 1952) e non il Pontificale Romanum precedente alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II.
Nota esplicativa.
Il Motu proprio Traditionis custodes vuole ristabilire in tutta la Chiesa di Rito Romano una sola e identica preghiera che esprima la sua unità, secondo i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II e in linea con la tradizione della Chiesa.
Il Vescovo diocesano, quale moderatore, promotore e custode di tutta la vita liturgica, deve operare perché nella sua diocesi si torni a una forma celebrativa unitaria (cf. Papa Francesco, Lettera ai Vescovi di tutto il mondo per accompagnare il testo del Motu Proprio “Traditionis custodes”).
Questa Congregazione, esercitando, per la materia di sua competenza, l’autorità della Santa Sede (cf. Traditionis custodes, n. 7), ritiene che, volendo progredire nella direzione indicata dal Motu proprio, non si debba concedere la licenza di usare il Rituale Romanum e il Pontificale Romanum precedenti alla riforma liturgica, libri liturgici che, come tutte le norme, le istruzioni, le concessioni e le consuetudini precedenti, sono stati abrogati (cf. Traditionis custodes, n. 8).
Solo alle parrocchie personali canonicamente erette che, secondo quanto disposto dal Motu Proprio Traditionis custodes, celebrano con il Missale Romanum del 1962, il Vescovo diocesano è autorizzato a concedere la licenza di usare solo il Rituale Romanum (ultima editio typica 1952) e non il Pontificale Romanum precedente alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Occorre ricordare che la formula per il Sacramento della Confermazione è stata cambiata per tutta la Chiesa latina da san Paolo VI con la Costituzione apostolica Divinæ consortium naturæ (15 agosto 1971).
Tale disposizione intende sottolineare la necessità di affermare chiaramente la direzione indicata dal Motu Proprio che vede nei libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano (cf. Traditionis custodes, n. 1).
Nell’attuare quanto disposto si abbia cura di accompagnare quanti sono radicati nella forma celebrativa precedente verso una piena comprensione del valore della celebrazione nella forma rituale consegnataci dalla riforma del Concilio Vaticano II, attraverso una adeguata formazione che faccia scoprire come essa sia testimonianza di una fede immutata, espressione di una ecclesiologia rinnovata, fonte primaria di spiritualità per la vita cristiana.
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: § 1. certior fiat coetus illos auctoritatem ac legitimam naturam instaurationis liturgicae, normarum Concilii Vaticani II Magisteriique Summorum Pontificum non excludere; |
Al quesito proposto:
Nel caso in cui un presbitero al quale sia stato concesso l’uso del Missale Romanum del 1962 non riconosca la validità e la legittimità della concelebrazione – rifiutandosi di concelebrare, in particolare, nella Messa Crismale – può continuare ad usufruire di tale concessione?
Si risponde:
Negativamente.
Tuttavia, prima di revocare la concessione di utilizzare il Missale Romanum del 1962, il Vescovo abbia cura di stabilire con il presbitero un confronto fraterno, di accertarsi che tale atteggiamento non escluda la validità e la legittimità della riforma liturgica, dei dettati del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Sommi Pontefici e di accompagnarlo verso la comprensione del valore della concelebrazione, in particolare nella Messa Crismale.
Nota esplicativa.
L’Art. 3 § 1 del Motu Proprio Traditionis custodes chiede che il Vescovo diocesano accerti che i gruppi che chiedono di celebrare con il Missale Romanum del 1962 “non escludano la validità e la legittimità della riforma liturgica, dei dettati del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Sommi Pontefici”.
San Paolo richiama con forza la comunità di Corinto a vivere l’unità come condizione necessaria per poter partecipare alla mensa eucaristica (cf. 1Cor 11,17-34).
Nella Lettera inviata ai Vescovi di tutto il mondo per accompagnare il testo del Motu Proprio Traditionis custodes il Santo Padre così si esprime: «Poiché “le celebrazioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è sacramento di unità” (cf. Sacrosanctum Concilium n. 26), devono essere fatte in comunione con la Chiesa. Il Concilio Vaticano II, mentre ribadiva i vincoli esterni di incorporazione alla Chiesa – la professione della fede, dei sacramenti, della comunione –, affermava con sant’Agostino che è condizione per la salvezza rimanere nella Chiesa non solo “con il corpo”, ma anche “con il cuore” (cf. Lumen Gentium n. 14)».
L’esplicita volontà di non partecipare alla concelebrazione, in particolare nella Messa Crismale, sembra esprimere una mancanza sia di accoglienza della riforma liturgica sia di comunione ecclesiale con il Vescovo, requisiti necessari per poter usufruire della concessione di celebrare con il Missale Romanum del 1962.
Tuttavia, prima di revocare la concessione di utilizzare il Missale Romanum del 1962, il Vescovo offra al presbitero il tempo necessario per un sincero confronto sulle più profonde motivazioni che lo portano a non riconoscere il valore della concelebrazione, in particolare nella Messa presieduta dal Vescovo, invitandolo a vivere nel gesto eloquente della concelebrazione quella comunione ecclesiale che è condizione necessaria per poter partecipare alla mensa del sacrificio eucaristico.
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: […] § 3. constituat, in loco statuto, dies quibus celebrationes eucharisticae secundum Missale Romanum a sancto Ioanne XXIII anno 1962 promulgatum permittuntur. His in celebrationibus, lectiones proclamentur lingua vernacula, adhibitis Sacrae Scripturae translationibus ad usum liturgicum ab unaquaque Conferentia Episcoporum approbatis; |
Al quesito proposto:
Nella celebrazione eucaristica con l’uso del Missale Romanum del 1962 è possibile utilizzare per le letture il testo integrale della Bibbia scegliendo le pericopi indicate nello stesso Messale?
Si risponde:
Affermativamente.
Nota esplicativa.
L’Art. 3 § 3 del Motu Proprio Traditionis custodes stabilisce che le letture siano proclamate in lingua vernacola, usando le traduzioni della sacra Scrittura per l’uso liturgico, approvate dalle rispettive Conferenze Episcopali.
Poiché i testi delle letture sono contenuti nel Messale stesso e non esistendo quindi il libro del Lezionario, per osservare quanto disposto dal Motu Proprio, si deve necessariamente ricorrere al libro della Sacra Scrittura nella traduzione approvata dalle singole Conferenze Episcopali per l’uso liturgico, scegliendo le pericopi indicate nel Missale Romanum del 1962.
Non potrà essere autorizzata nessuna pubblicazione di Lezionari in lingua vernacola che riporti il ciclo di letture del rito precedente.
Occorre ricordare che l’attuale Lezionario è uno dei frutti più preziosi della riforma liturgica del Concilio Vaticano II. La pubblicazione del Lezionario oltre a superare la forma “plenaria” del Missale Romanum del 1962 per ritornare all’antica tradizione dei singoli libri corrispondenti ai singoli ministeri, realizza quanto auspicato in Sacrosanctum Concilium al n. 51: «Affinché la mensa della parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza, vengano aperti più largamente i tesori della Bibbia in modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la maggior parte della sacra Scrittura».
Traditionis custodes Art. 4. Presbyteri ordinati post has Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit. |
Al quesito proposto:
Il Vescovo diocesano per poter concedere ai presbiteri ordinati dopo la pubblicazione del Motu Proprio Traditionis custodes di celebrare con il Missale Romanum del 1962 deve essere autorizzato dalla Sede Apostolica (cf. Traditionis custodes n. 4)?
Si risponde:
Affermativamente.
Nota esplicativa.
Il testo latino (testo ufficiale di riferimento) all’art. 4 così recita: «Presbyteri ordinati post has Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit».
Non si tratta di un semplice parere consultivo, ma di una necessaria autorizzazione data al Vescovo diocesano da parte della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, la quale esercita, per la materia di sua competenza, l’autorità della Santa Sede (cf. Traditionis custodes, n. 7).
Solo avendo ricevuto tale licenza il Vescovo diocesano potrà autorizzare i presbiteri ordinati dopo la pubblicazione del Motu Proprio (16 luglio 2021) a celebrare con il Missale Romanum del 1962.
Questa norma vuole offrire un aiuto al Vescovo diocesano nel valutare tale richiesta: il suo discernimento verrà tenuto in debita considerazione da parte della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Il Motu Proprio esprime con chiarezza la volontà che venga riconosciuta come unica espressione della lex orandi del Rito Romano quella contenuta nei libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II: è, dunque, assolutamente auspicabile che i presbiteri ordinati dopo la pubblicazione del Motu Proprio, condividano questo desiderio del Santo Padre.
Volendo con sollecitudine camminare nella direzione indicata da Papa Francesco, si incoraggiano tutti i formatori dei Seminari ad accompagnare i futuri diaconi e presbiteri nella comprensione e nell’esperienza della ricchezza della riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II: essa, ha saputo valorizzare ogni elemento del Rito Romano e ha favorito – come auspicato dai Padri conciliari – quella piena, consapevole e attiva partecipazione di tutto il Popolo di Dio alla liturgia (cf. Sacrosanctum Concilium n. 14), fonte primaria di autentica spiritualità cristiana.
Traditionis custodes Art. 5. Presbyteri, qui iam secundum Missale Romanum anno 1962 editum celebrant, ab Episcopo dioecesano licentiam rogabunt ad hanc facultatem servandam. |
Al quesito proposto:
La facoltà di celebrare con l’uso del Missale Romanum del 1962 può essere concessa ad tempus?
Si risponde:
Affermativamente.
Nota esplicativa.
La scelta di concedere l’uso del Missale Romanum del 1962 per un tempo definito – della durata che il Vescovo diocesano riterrà opportuna – non solo è possibile ma è anche raccomandata: il termine del periodo definito offre la possibilità di verificare che tutto sia in sintonia con l’orientamento stabilito dal Motu Proprio. L’esito di tale verifica potrà fornire le motivazioni per prolungare o per sospendere la concessione.
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Al quesito proposto:
La facoltà di celebrare con l’uso del Missale Romanum del 1962 concessa dal Vescovo diocesano vale solo per il territorio della sua diocesi?
Si risponde:
Affermativamente.
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Al quesito proposto:
In caso di assenza o di impossibilità del sacerdote autorizzato, anche chi lo sostituisce deve avere una formale autorizzazione?
Si risponde:
Affermativamente.
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Al quesito proposto:
I diaconi e i ministri istituiti che partecipano alla celebrazione con l’uso del Missale Romanum del 1962 devono essere autorizzati dal Vescovo diocesano?
Si risponde:
Affermativamente.
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Al quesito proposto:
Un presbitero autorizzato a celebrare con il Missale Romanum del 1962, che a motivo del suo ufficio (parroco, cappellano, …) celebra nei giorni feriali anche con il Missale Romanum della riforma del Concilio Vaticano II, può binare utilizzando il Missale Romanum del 1962?
Si risponde:
Negativamente.
Nota esplicativa.
Il parroco o il cappellano che – nel compimento del suo ufficio – celebra nei giorni feriali con l’attuale Missale Romanum, unica espressione della lex orandi del Rito Romano, non può binare celebrando con il Missale Romanum del 1962, né con un gruppo né privatamente.
Non è possibile concedere la binazione a motivo del fatto che non si configura il caso della “giusta causa” o della “necessità pastorale” richieste dal can. 905 § 2: il diritto dei fedeli alla celebrazione eucaristica non viene in alcun modo negato essendo offerta la possibilità di partecipare all’Eucaristia nell’attuale forma rituale.
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Al quesito proposto:
Un presbitero autorizzato a celebrare con il Missale Romanum del 1962, può nello stesso giorno celebrare con lo stesso Messale per un altro gruppo di fedeli che ha ricevuto l’autorizzazione?
Si risponde:
Negativamente.
Nota esplicativa.
Non è possibile concedere la binazione a motivo del fatto che non si configura il caso della “giusta causa” o della “necessità pastorale” richieste dal can. 905 § 2: il diritto dei fedeli alla celebrazione eucaristica non viene in alcun modo negato essendo offerta la possibilità di partecipare all’Eucaristia nell’attuale forma rituale.
Traduzione in lingua francese
Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements
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RESPONSA AD DUBIA
sur certaines dispositions de la
Lettre Apostolique en forme di « Motu Proprio »
TRADITIONIS CUSTODES
du Souverain Pontife
FRANÇOIS
AUX PRÉSIDENTS
DES CONFÉRENCES DES ÉVÊQUES
Éminence / Excellence Révérendissime,
suite à la publication par le Pape François de la Lettre Apostolique en forme de «Motu Proprio» Traditionis custodes sur l’usage des livres liturgiques antérieurs à la réforme du Concile Vatican II, la Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements – qui, pour la matière relevant de sa compétence, exerce l’autorité du Saint-Siège (cf. Traditionis custodes, n° 7) – a reçu plusieurs demandes d’éclaircissement sur son application correcte. Certaines questions ont été soulevées de plusieurs côtés et avec une fréquence accrue : c’est pourquoi, après les avoir soigneusement examinées, en avoir informé le Saint-Père et avoir reçu son assentiment, les réponses aux questions les plus récurrentes sont maintenant publiées.
Le texte du Motu Proprio et la Lettre d’accompagnement à tous les Évêques expriment avec clarté les motivations de ce que le pape François a décidé. Le premier objectif est de poursuivre « la recherche constante de la communion ecclésiale » (Traditionis custodes, Préambule) qui s’exprime en reconnaissant dans les livres liturgiques promulgués par les saints Pontifes Paul VI et Jean-Paul II, conformément aux décrets du Concile Vatican II, l’unique expression de la lex orandi du Rite romain (cf. Traditionis custodes, n° 1). C’est la direction dans laquelle nous voulons marcher et c’est le sens des réponses que nous publions ici : chaque norme prescrite a toujours pour unique but de préserver le don de la communion ecclésiale en marchant ensemble, avec conviction d’esprit et de cœur, dans la ligne indiquée par le Saint-Père.
Il est triste de voir comment le lien le plus profond de l’unité – le partage de l’unique Pain rompu qui est son Corps offert pour que tous soient un (cf. Jn 17, 21) – devient un motif de division: il est du devoir des Évêques, cum Petro et sub Petro, de sauvegarder la communion, condition nécessaire – nous rappelle l’apôtre Paul (cf. 1 Co 11, 17-34) – pour pouvoir participer à la table eucharistique
Un fait est indéniable : les Pères conciliaires ont ressenti l’urgence d’une réforme afin que la vérité de la foi célébrée apparaisse toujours plus dans toute sa beauté et que le Peuple de Dieu grandisse dans une participation pleine, consciente et active à la célébration liturgique (cf. Sacrosanctum Concilium n° 14), moment actuel de l’histoire du salut, mémorial de la Pâque du Seigneur, notre unique espérance
En tant que Pasteurs, nous ne devons pas nous prêter à des polémiques stériles, capables uniquement de créer des divisions, dans lesquelles le fait rituel est souvent exploité par des visions idéologiques. Au contraire, nous sommes tous appelés à redécouvrir la valeur de la réforme liturgique en préservant la vérité et la beauté du Rite qu’elle nous a donné. Pour ce faire, nous sommes conscients qu’une formation liturgique renouvelée et continue est nécessaire tant pour les prêtres que pour les fidèles laïcs
Lors de la clôture solennelle de la deuxième session du Concile (4 décembre 1963), saint Paul VI l’a exprimé de la manière suivante (n° 11) :
« Cette discussion passionnée et complexe n’a d’ailleurs pas manqué de porter des fruits abondants : en effet, le sujet qui a été abordé en premier lieu et qui, en un certain sens, est prééminent dans l’Église, tant par sa nature que par sa dignité – nous voulons parler de la sainte Liturgie – a trouvé une heureuse conclusion et est aujourd’hui promulgué par Nous avec un rite solennel. C’est pourquoi Notre âme exulte d’une joie sincère. Car en cela, nous voyons que l’ordre des valeurs et des devoirs a été accompli : Nous avons ainsi reconnu que la place d’honneur doit être réservée à Dieu ; que nous sommes tenus, comme premier devoir, d’élever des prières vers Dieu ; que la sainte Liturgie est la source première de cet échange divin dans lequel la vie de Dieu nous est communiquée ; qu’elle est la première école de notre âme ; qu’elle est le premier don que nous devons faire au peuple chrétien, uni à nous dans la foi et dans la prière assidue ; enfin, c’est la première invitation faite à l’humanité de délier sa langue muette dans des prières saintes et sincères et de sentir cette ineffable puissance régénératrice de l’âme qui est inhérente au fait de chanter avec nous les louanges de Dieu et dans l’espérance des hommes, par Jésus-Christ et dans l’Esprit Saint».
Lorsque le Pape François (Discours aux participants de la 68ème Semaine Liturgique Nationale, Rome, 24 août 2017) nous rappelle qu’« après ce magistère, après ce long parcours, nous pouvons affirmer avec certitude et autorité magistérielle que la réforme liturgique est irréversible », il veut nous indiquer la seule direction dans laquelle nous sommes joyeusement appelés à orienter notre engagement de pasteurs.
Confions à Marie, Mère de l’Église, notre service pour « conserver l’unité de l’esprit par le lien de la paix ». (Ef 4,3).
Donné au Siège de la Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements, le 4 décembre 2021, 58ème anniversaire de la promulgation de la Constitution sur la sainte Liturgie Sacrosanctum Concilium.
✠ Arthur Roche
Préfet
Le Souverain Pontife François, au cours d’une audience accordée au Préfet de la Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements le 18 novembre 2021, a été informé et a donné son consentement à la publication des présents RESPONSA AD DUBIA avec les NOTES EXPLICATIVES annexes. |
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: […] § 2. statuat unum vel plures locos ubi fideles, qui his coetibus adhaerent, convenire possint ad Eucharistiam celebrandam (nec autem in ecclesiis paroecialibus nec novas paroecias personales erigens); |
Question :
Lorsqu’il n’est pas possible de trouver une église ou un oratoire ou une chapelle disponibles pour accueillir les fidèles qui célèbrent avec le Missale Romanum (Editio typica 1962), l’évêque diocésain peut-il demander à la Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements une dispense de la disposition du Motu Proprio Traditionis custodes (Art. 3 § 2), et ainsi permettre la célébration dans l’église paroissiale?
Réponse :
Oui.
Note explicative.
Le Motu proprio Traditionis custodes, à l’art. 3 § 2, demande que l’évêque, dans les diocèses où jusqu’à présent il y avait un ou plusieurs groupes célébrant selon le Missel antérieur à la réforme de 1970, «doit indiquer un ou plusieurs lieux où les fidèles qui adhèrent à ces groupes puissent se rassembler pour la célébration eucharistique (sans toutefois que ce soit dans les églises paroissiales et sans ériger de nouvelles paroisses personnelles) ». L’exclusion de l’église paroissiale vise à affirmer que la célébration de l’Eucharistie selon le rite précédent, étant une concession limitée à ces groupes, ne fait pas partie de la vie ordinaire de la communauté paroissiale.
Cette Congrégation, exerçant l’autorité du Saint-Siège dans les matières relevant de sa compétence (cf. Traditionis custodes 7), peut accorder, à la demande de l’Évêque diocésain, que l’église paroissiale soit utilisée pour la célébration selon le Missale Romanum de 1962 uniquement dans le cas où il est établi qu’il est impossible d’utiliser une autre église, un oratoire ou une chapelle. L’évaluation de cette impossibilité doit être faite avec un soin scrupuleux.
En outre, il n’est pas opportun qu’une telle célébration soit incluse dans le calendrier des messes de la paroisse, puisqu’elle n’est suivie que par les fidèles qui sont membres du groupe. Enfin, on doit éviter qu’elle soit célébrée en même temps que les activités pastorales de la communauté paroissiale. Il est entendu qu’à partir du moment où un autre lieu sera disponible, cette licence sera retirée.
Ces dispositions n’ont pas pour but de marginaliser les fidèles enracinés dans la forme de célébration précédente : elles visent seulement à leur rappeler qu’il s’agit d’une concession pour pourvoir à leur bien (en vue de l’usage commun de l’unique lex orandi du Rite Romain) et non d’une occasion de promouvoir le rite précédent.
Traditionis custodes Art. 1. Libri liturgici a sanctis Pontificibus Paulo VI et Ioanne Paulo II promulgati, iuxta decreta Concilii Vaticani II, unica expressio “legis orandi” Ritus Romani sunt. Art. 8. Normae, dispositiones, concessiones et consuetudines antecedentes, quae conformes non sint cum harum Litterarum Apostolicarum Motu Proprio datarum praescriptis, abrogantur. |
Question :
Conformément aux dispositions du Motu Proprio Traditionis Custodes, est-il possible de célébrer les Sacrements avec le Rituale Romanum et le Pontificale Romanum d’avant la réforme liturgique du Concile Vatican II?
Réponse :
Non.
Seulement aux paroisses personnelles érigées canoniquement qui, selon les dispositions du Motu Proprio Traditionis custodes, célèbrent avec le Missale Romanum de 1962, l’évêque diocésain est autorisé à accorder la licence pour utiliser uniquement le Rituale Romanum (dernière édition typica 1952) et non le Pontificale Romanum antérieur à la réforme liturgique du Concile Vatican II.
Note explicative.
Le Motu proprio Traditionis custodes vise à rétablir dans toute l’Église de Rite Romain une prière unique et identique exprimant son unité, selon les livres liturgiques promulgués par les saints Pontifes Paul VI et Jean-Paul II, en conformité avec les décrets du Concile Vatican II et dans la ligne de la tradition de l’Église.
L’Évêque diocésain, en tant que modérateur, promoteur et gardien de toute la vie liturgique, doit œuvrer pour que, dans son diocèse, on revienne à une forme unitaire de célébration (cf. Pape François, Lettre aux évêques du monde entier pour la présentation du Motu Proprio «Traditionis custodes», 16 juillet 2021).
Cette Congrégation, exerçant, pour la matière relevant de sa compétence, l’autorité du Saint-Siège (cf. Traditionis custodes, n° 7), considère que, voulant progresser dans la direction indiquée par le Motu proprio, on ne doit pas accorder la licence d’utiliser le Rituale Romanum et le Pontificale Romanum antérieurs à la réforme liturgique, livres qui, comme toutes les normes, instructions, concessions et coutumes antérieures, ont été abrogés (cf. Traditionis custodes, n° 8).
Seulement aux paroisses personnelles érigées canoniquement qui, selon les dispositions du Motu Proprio Traditionis Custodes, célèbrent avec le Missale Romanum de 1962, l’Évêque diocésain est autorisé à accorder, selon son discernement, la licence d’utiliser uniquement le Rituale Romanum (dernière editio typica 1952) et non le Pontificale Romanum antérieur à la réforme liturgique du Concile Vatican II. Il convient de rappeler que la formule du Sacrement de la Confirmation a été changée pour toute l’Église latine par saint Paul VI avec la Constitution Apostolique Divinæ consortium naturæ (15 août 1971).
Cette disposition vise à souligner la nécessité d’affirmer clairement l’orientation indiquée par le Motu Proprio, qui voit dans les livres liturgiques promulgués par les saints Pontifes Paul VI et Jean-Paul II, conformément aux décrets du Concile Vatican II, l’unique expression de la lex orandi du Rite romain (cf. Traditionis custodes 1).
Dans la mise en œuvre de ces dispositions, on veillera à accompagner ceux qui sont enracinés dans la forme antérieure de célébration vers une pleine compréhension de la valeur de la célébration dans la forme rituelle que nous a donnée la réforme du Concile Vatican II, à travers une formation appropriée qui permette de découvrir comment elle est le témoignage d’une foi inchangée, l’expression d’une ecclésiologie renouvelée et la source première de spiritualité pour la vie chrétienne.
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: § 1. certior fiat coetus illos auctoritatem ac legitimam naturam instaurationis liturgicae, normarum Concilii Vaticani II Magisteriique Summorum Pontificum non excludere; |
Question :
Si un prêtre qui a obtenu l’usage du Missale Romanum de 1962 ne reconnaît pas la validité et la légitimité de la concélébration – refusant notamment de concélébrer à la Messe chrismale – peut-il continuer à bénéficier de cette concession ?
Réponse :
Non.
Toutefois, avant de révoquer la concession d’utiliser le Missale Romanum de 1962, l’évêque devrait prendre soin d’établir un dialogue fraternel avec le prêtre, de s’assurer que cette attitude n’exclut pas la validité et la légitimité de la réforme liturgique, les dictats du Concile Vatican II et du Magistère des Souverains Pontifes, et de l’accompagner vers une compréhension de la valeur de la concélébration, en particulier lors de la Messe chrismale.
Note explicative.
L’art. 3 § 1 du Motu Proprio Traditionis custodes demande à l’évêque diocésain de veiller à ce que les groupes qui demandent à célébrer avec le Missale Romanum de 1962 «n’excluent pas la validité et la légitimité de la réforme liturgique, des écrits du concile Vatican II et du Magistère pontifical».
Saint Paul exhorte fortement la communauté de Corinthe à vivre l’unité comme une condition nécessaire pour pouvoir participer à la table eucharistique (cf. 1 Co 11, 17-34).
Dans la Lettre envoyée aux évêques du monde entier pour présenter le texte du Motu Proprio Traditionis custodes, le Saint-Père s’exprime ainsi : « Puisque “ les célébrations liturgiques ne sont pas des actions privées, mais des célébrations de l’Église, qui est sacrement de l’unité ” (cf. Sacrosanctum Concilium n° 26), elles doivent se faire en communion avec l’Église. Le Concile Vatican II, tout en réaffirmant les liens extérieurs d’incorporation à l’Église – la profession de la foi, des sacrements, de la communion – affirmait avec saint Augustin que c’est une condition pour que le salut que de demeurer dans l’Église non seulement “avec le corps”, mais aussi “avec le cœur” (cf. Lumen Gentium n° 14) ».
Le désir explicite de ne pas participer à la concélébration, en particulier à la Messe chrismale, semble exprimer un manque d’acceptation de la réforme liturgique et de communion ecclésiale avec l’évêque, deux conditions nécessaires pour bénéficier de la concession de célébrer avec le Missale Romanum de 1962.
Toutefois, avant de révoquer la concession d’utiliser le Missale Romanum de 1962, l’évêque devrait offrir au presbytre le temps nécessaire pour une discussion sincère sur les motivations profondes qui le conduisent à ne pas reconnaître la valeur de la concélébration, en particulier dans la Messe présidée par l’évêque, en l’invitant à faire l’expérience, dans le geste éloquent de la concélébration, de cette communion ecclésiale qui est une condition nécessaire pour pouvoir participer à la table du sacrifice eucharistique.
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: […] § 3. constituat, in loco statuto, dies quibus celebrationes eucharisticae secundum Missale Romanum a sancto Ioanne XXIII anno 1962 promulgatum permittuntur. His in celebrationibus, lectiones proclamentur lingua vernacula, adhibitis Sacrae Scripturae translationibus ad usum liturgicum ab unaquaque Conferentia Episcoporum approbatis; |
Question :
Lors des célébrations eucharistiques utilisant le Missale Romanum de 1962, est-il possible d’utiliser le texte intégral de la Bible pour les lectures, en choisissant les péricopes indiquées dans le Missel ?
Réponse :
Oui.
Note explicative.
L’article 3 § 3 du Motu Proprio Traditionis Custodes stipule que les lectures doivent être proclamées en langue vernaculaire, en utilisant les traductions des Saintes Écritures à usage liturgique, approuvées par les Conférences épiscopales respectives.
Puisque les textes des lectures sont contenus dans le Missel lui-même, et qu’il n’y a donc pas de livre du Lectionnaire, pour observer les dispositions du Motu Proprio, il faut nécessairement utiliser le livre de la Sainte Écriture dans la traduction approuvée par les différentes Conférences Épiscopales pour l’usage liturgique, en choisissant les péricopes indiquées dans le Missale Romanum de 1962
On n’autorisera pas la publication de Lectionnaires en langue vernaculaire qui reproduisent le cycle de lectures du rite précédent.
Il faut rappeler que le présent Lectionnaire est l’un des fruits les plus précieux de la réforme liturgique du Concile Vatican II. La publication du Lectionnaire, en plus de dépasser la forme «plénière» du Missale Romanum de 1962 et de revenir à l’ancienne tradition des livres individuels correspondant aux ministères individuels, répond au souhait exprimé dans Sacrosanctum Concilium, n° 51: «Pour présenter aux fidèles avec plus de richesse la table de la Parole de Dieu, on ouvrira plus largement les trésors de la Bible pour que, en l’espace d’un nombre d’années déterminé, on lise au peuple la partie la plus importante des Saintes Écritures».
Traditionis custodes Art. 4. Presbyteri ordinati post has Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit. |
Question:
Pour que l’évêque diocésain puisse accorder aux prêtres ordonnés après la publication du Motu Proprio Traditionis custodes de célébrer avec le Missale Romanum de 1962, il doit être autorisé par le Siège Apostolique (cf. Traditionis custodes, n° 4).
Réponse:
Oui.
Note explicative.
Le texte latin (texte officiel de référence) stipule à l’article 4 : « Presbyteri ordinati post a Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit ».
Il ne s’agit pas d’un simple avis consultatif, mais d’une autorisation nécessaire donnée à l’évêque diocésain par la Congrégation pour le Culte divin et la Discipline des Sacrements, qui exerce l’autorité du Saint-Siège dans les matières relevant de sa compétence (cf. Traditionis custodes, n° 7).
Ce n’est qu’après avoir reçu cette licence que l’évêque diocésain pourra autoriser les prêtres ordonnés après la publication du Motu Proprio (16 juillet 2021) à célébrer avec le Missale Romanum de 1962
Cette norme a pour but d’aider l’évêque diocésain à évaluer une telle demande: son discernement sera dûment pris en compte par la Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements.
Le Motu Proprio exprime clairement la volonté de reconnaître comme seule expression de la lex orandi du Rite romain celle contenue dans les livres liturgiques promulgués par les saints Pontifes Paul VI et Jean-Paul II, conformément aux décrets du Concile Vatican II: il est donc absolument souhaitable que les prêtres ordonnés après la publication du Motu Proprio partagent ce désir du Saint-Père.
Désireux de marcher avec sollicitude dans la direction indiquée par le pape François, tous les formateurs des séminaires sont encouragés à accompagner les futurs diacres et prêtres dans la compréhension et l’expérience de la richesse de la réforme liturgique voulue par le concile Vatican II: elle a su mettre en valeur chaque élément du Rite Romain et a favorisé – comme le désiraient les pères conciliaires – la participation pleine, consciente et active de tout le peuple de Dieu à la liturgie (cf. Sacrosanctum Concilium n° 14), source première de l’authentique spiritualité chrétienne.
Traditionis custodes Art. 5. Presbyteri, qui iam secundum Missale Romanum anno 1962 editum celebrant, ab Episcopo dioecesano licentiam rogabunt ad hanc facultatem servandam. |
Question:
Est-ce que la faculté de célébrer avec l’usage du Missale Romanum de 1962 peut être accordée ad tempus?
Réponse:
Oui.
Note explicative.
Le choix d’accorder l’usage du Missale Romanum de 1962 pour une période définie – de la durée que l’Évêque diocésain juge opportune – est non seulement possible mais aussi recommandé: la fin de la période définie offre la possibilité de vérifier que tout est en harmonie avec l’orientation établie par le Motu Proprio. Le résultat de cette vérification peut motiver la prolongation ou la suspension de la concession.
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Question :
Est-ce que la faculté de célébrer en utilisant le Missale Romanum de 1962 accordée par l’évêque diocésain ne s’applique qu’au territoire de son diocèse ?
Réponse :
Oui.
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Question :
En cas d’absence ou d’empêchement du prêtre autorisé, est-ce que celui qui le remplace doit également disposer d’une autorisation formelle ?
Réponse :
Oui.
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Question :
Est-ce que les diacres et les ministres institués qui participent à la célébration où l’on utilise le Missale Romanum de 1962 doivent être autorisés par l’évêque diocésain ?
Réponse :
Oui.
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Question :
Est-ce qu’un prêtre qui est autorisé à célébrer avec le Missale Romanum de 1962 et qui, en raison de sa charge (curé, aumônier, …), célèbre également les jours de semaine avec le Missale Romanum de la réforme du Concile Vatican II, peut biner en utilisant le Missale Romanum de 1962?
Réponse :
Non.
Note explicative.
Le curé ou l’aumônier qui – dans l’accomplissement de sa charge – célèbre les jours de semaine avec le Missale Romanum actuel, seule expression de la lex orandi du Rite romain, ne peut pas biner en célébrant avec le Missale Romanum de 1962, que ce soit avec un groupe ou en privé.
Il n’est pas possible de biner parce qu’il n’y a pas de «juste cause» ou de «nécessité pastorale» comme l’exige le canon 905 §2 : le droit des fidèles à célébrer l’Eucharistie n’est nullement nié, puisqu’on leur offre la possibilité de participer à l’Eucharistie dans sa forme rituelle actuelle.
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Question :
Est-ce qu’un prêtre autorisé à célébrer avec le Missale Romanum de 1962, peut célébrer le même jour avec le même Missel pour un autre groupe de fidèles ayant reçu l’autorisation ?
Réponse :
Non.
Note explicative.
Il n’est pas possible de biner parce qu’il n’y a pas de «juste cause» ou de «nécessité pastorale» comme l’exige le canon 905 §2 : le droit des fidèles à célébrer l’Eucharistie n’est nullement nié, puisqu’on leur offre la possibilité de participer à l’Eucharistie dans sa forme rituelle actuelle.
Congregation for Divine Worship and the Discipline of the Sacraments
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RESPONSA AD DUBIA
on certain provisions of the
Apostolic Letter
TRADITIONIS CUSTODES issued “Motu Proprio”
by the Supreme Pontiff
FRANCIS
TO THE PRESIDENTS
OF THE CONFERENCES OF BISHOPS
Your Eminence / Your Excellency,
Following the publication by Pope Francis of the Apostolic Letter “Motu Proprio data” Traditionis custodes on the use of the liturgical books from prior to the reform of the Second Vatican Council, the Congregation for Divine Worship and the Discipline of the Sacraments, which exercises the authority of the Apostolic See for material within its competence (cf. Traditionis custodes, n. 7), received several requests for clarification on its correct application. Some questions have been raised from several quarters and with greater frequency. Therefore, after having carefully considered them, having informed the Holy Father and having received his assent, the responses to the most recurrent questions are published herewith.
The text of the Motu Proprio and the accompanying Letter to the Bishops of the whole world clearly express the reasons for the decisions taken by Pope Francis. The first aim is to continue “in the constant search for ecclesial communion” (Traditionis custodes, Preamble) which is expressed by recognising in the liturgical books promulgated by the Popes Saint Paul VI and Saint John Paul II, in conformity with the decrees of the Second Vatican Council, the unique expression of the lex orandi of the Roman Rite (cf. Traditionis custodes, n. 1). This is the direction in which we wish to move, and this is the meaning of the responses we publish here. Every prescribed norm has always the sole purpose of preserving the gift of ecclesial communion by walking together, with conviction of mind and heart, in the direction indicated by the Holy Father.
It is sad to see how the deepest bond of unity, the sharing in the one Bread broken which is His Body offered so that all may be one (cf. Jhn 17:21), becomes a cause for division. It is the duty of the Bishops, cum Petro et sub Petro, to safeguard communion, which, as the Apostle Paul reminds us (cf. 1 Cor 11:17-34), is a necessary condition for being able to participate at the Eucharistic table.
One fact is undeniable: The Council Fathers perceived the urgent need for a reform so that the truth of the faith as celebrated might appear ever more in all its beauty, and the People of God might grow in full, active, conscious participation in the liturgical celebration (cf. Sacrosanctum Concilium n. 14), which is the present moment in the history of salvation, the memorial of the Lord’s Passover, our one and only hope.
As pastors we must not lend ourselves to sterile polemics, capable only of creating division, in which the ritual itself is often exploited by ideological viewpoints. Rather, we are all called to rediscover the value of the liturgical reform by preserving the truth and beauty of the Rite that it has given us. For this to happen, we are aware that a renewed and continuous liturgical formation is necessary both for Priests and for the lay faithful.
At the solemn closing of the second session of the Council (4 December 1963), St Paul VI said (n. 11):
“The difficult, complex debates have had rich results. They have brought one topic to a conclusion, the sacred liturgy. Treated before all others, in a sense it has priority over all others for its intrinsic dignity and importance to the life of the Church and today we will solemnly promulgate the document on the liturgy. Our spirit, therefore, exults with true joy, for in the way things have gone we note respect for a right scale of values and duties. God must hold first place; prayer to him is our first duty. The liturgy is the first source of the divine communion in which God shares his own life with us. It is also the first school of the spiritual life. The liturgy is the first gift we must make to the Christian people united to us by faith and the fervour of their prayers. It is also a primary invitation to the human race, so that all may lift their now mute voices in blessed and genuine prayer and thus may experience that indescribable, regenerative power to be found when they join us in proclaiming the praises of God and the hopes of the human heart through Christ and the Holy Spirit”.
When Pope Francis (Address to the participants in the 68th National Liturgical Week, Rome, 24 August 2017) reminds us that “after this magisterium, after this long journey, We can affirm with certainty and with magisterial authority that the liturgical reform is irreversible” he wants to point us to the only direction in which we are joyfully called to turn our commitment as pastors.
Let us entrust our service “to maintain the unity of the Spirit in the bond of peace” (Eph 4,3), to Mary, Mother of the Church.
From the offices of the Congregation for Divine Worship and the Discipline of the Sacraments, 4 December 2021, on the 58th anniversary of the promulgation of the Constitution on the Scared Liturgy Sacrosanctum Concilium.
✠ Arthur Roche
Prefect
The Supreme Pontiff Francis, in the course of an Audience granted to the Prefect of this Congregation on 18 November 2021, was informed of and gave his consent to the publication of these RESPONSA AD DUBIA with attached EXPLANATORY NOTES. |
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: […] § 2. statuat unum vel plures locos ubi fideles, qui his coetibus adhaerent, convenire possint ad Eucharistiam celebrandam (nec autem in ecclesiis paroecialibus nec novas paroecias personales erigens); |
To the proposed question:
When it is not possible to find a church, oratory or chapel which is available to accommodate the faithful who celebrate using the Missale Romanum (Editio typica 1962), can the diocesan Bishop ask the Congregation for Divine Worship and the Discipline of the Sacraments for a dispensation from the provision of the Motu Proprio Traditionis custodes (Art. 3 § 2), and thus allow such a celebration in the parish church?
The answer is:
Affirmative.
Explanatory note.
The Motu Proprio Traditionis custodes in art. 3 § 2 requests that the Bishop, in dioceses where up to now there has been the presence of one or more groups celebrating according to the Missal prior to the reform of 1970, “designate one or more locations where the faithful adherents of these groups may gather for the Eucharistic celebration (not however in the parochial churches and without the erection of new personal parishes)”. The exclusion of the parish church is intended to affirm that the celebration of the Eucharist according to the previous rite, being a concession limited to these groups, is not part of the ordinary life of the parish community.
This Congregation, exercising the authority of the Holy See in matters within its competence (cf. Traditionis custodes, n. 7), can grant, at the request of the diocesan Bishop, that the parish church be used to celebrate according to the Missale Romanum of 1962 only if it is established that it is impossible to use another church, oratory or chapel. The assessment of this impossibility must be made with the utmost care.
Moreover, such a celebration should not be included in the parish Mass schedule, since it is attended only by the faithful who are members of the said group. Finally, it should not be held at the same time as the pastoral activities of the parish community. It is to be understood that when another venue becomes available, this permission will be withdrawn.
There is no intention in these provisions to marginalise the faithful who are rooted in the previous form of celebration: they are only meant to remind them that this is a concession to provide for their good (in view of the common use of the one lex orandi of the Roman Rite) and not an opportunity to promote the previous rite.
Traditionis custodes Art. 1. Libri liturgici a sanctis Pontificibus Paulo VI et Ioanne Paulo II promulgati, iuxta decreta Concilii Vaticani II, unica expressio “legis orandi” Ritus Romani sunt. Art. 8. Normae, dispositiones, concessiones et consuetudines antecedentes, quae conformes non sint cum harum Litterarum Apostolicarum Motu Proprio datarum praescriptis, abrogantur. |
To the proposed question:
Is it possible, according to the provisions of the Motu Proprio Traditionis Custodes, to celebrate the sacraments with the Rituale Romanum and the Pontificale Romanum which predate the liturgical reform of the Second Vatican Council?
The answer is:
Negative.
The diocesan Bishop is authorised to grant permission to use only the Rituale Romanum (last editio typica 1952) and not the Pontificale Romanum which predate the liturgical reform of the Second Vatican Council. He may grant this permission only to those canonically erected personal parishes which, according to the provisions of the Motu Proprio Traditionis custodes, celebrate using the Missale Romanum of 1962.
Explanatory note.
The Motu Proprio Traditionis custodes intends to re-establish in the whole Church of the Roman Rite a single and identical prayer expressing its unity, according to the liturgical books promulgated by the Popes Saint Paul VI and Saint John Paul II, in conformity with the decrees of the Second Vatican Council and in line with the tradition of the Church.
The diocesan Bishop, as the moderator, promoter and guardian of all liturgical life, must work to ensure that his diocese returns to a unitary form of celebration (cf. Pope Francis, Letter to the Bishops of the whole world that accompanies the Apostolic Letter Motu Proprio data Traditionis custodes).
This Congregation, exercising the authority of the Holy See in matters within its competence (cf. Traditionis custodes, n. 7), affirms that, in order to make progress in the direction indicated by the Motu Proprio, it should not grant permission to use the Rituale Romanum and the Pontificale Romanum which predate the liturgical reform, these are liturgical books which, like all previous norms, instructions, concessions and customs, have been abrogated (cf. Traditionis Custodes, n. 8).
After discernment the diocesan Bishop is authorised to grant permission to use only the Rituale Romanum (last editio typica 1952) and not the Pontificale Romanum which predate the liturgical reform of the Second Vatican Council. This permission is to be granted only to canonically erected personal parishes which, according to the provisions of the Motu Proprio Traditionis custodes, celebrate with the Missale Romanum of 1962. It should be remembered that the formula for the Sacrament of Confirmation was changed for the entire Latin Church by Saint Paul VI with the Apostolic Constitution Divinæ consortium naturæ (15 August 1971).
This provision is intended to underline the need to clearly affirm the direction indicated by the Motu Proprio which sees in the liturgical books promulgated by the Saints Pope Paul VI and Pope John Paul II, in conformity with the decrees of the Second Vatican Council, the unique expression of the lex orandi of the Roman Rite (cf. Traditionis custodes, n. 1).
In implementing these provisions, care should be taken to accompany all those rooted in the previous form of celebration towards a full understanding of the value of the celebration in the ritual form given to us by the reform of the Second Vatican Council. This should take place through an appropriate formation that makes it possible to discover how the reformed liturgy is the witness to an unchanged faith, the expression of a renewed ecclesiology, and the primary source of spirituality for Christian life.
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: § 1. certior fiat coetus illos auctoritatem ac legitimam naturam instaurationis liturgicae, normarum Concilii Vaticani II Magisteriique Summorum Pontificum non excludere; |
To the proposed question:
If a Priest who has been granted the use of the Missale Romanum of 1962 does not recognise the validity and legitimacy of concelebration – refusing to concelebrate, in particular, at the Chrism Mass – can he continue to benefit from this concession?
The answer is:
Negative.
However, before revoking the concession to use the Missale Romanum of 1962, the Bishop should take care to establish a fraternal dialogue with the Priest, to ascertain that this attitude does not exclude the validity and legitimacy of the liturgical reform, the teaching of the Second Vatican Council and the Magisterium of the Supreme Pontiffs, and to accompany him towards an understanding of the value of concelebration, particularly at the Chrism Mass.
Explanatory note.
Art. 3 § 1 of the Motu Proprio Traditionis custodes requires the diocesan Bishop to ascertain that the groups requesting to celebrate with the Missale Romanum of 1962 “do not deny the validity and the legitimacy of the liturgical reform, dictated by Vatican Council II and the Magisterium of the Supreme Pontiffs”.
St Paul forcefully reminds the community of Corinth to live in unity as a necessary condition to be able to participate at the Eucharistic table (cf. 1 Cor 11,17-34).
In the Letter sent to the Bishops of the whole world to accompany the text of the Motu Proprio Traditionis custodes, the Holy Father says: “Because ‘liturgical celebrations are not private actions, but celebrations of the Church, which is the sacrament of unity’ (cf. Sacrosanctum Concilium, n. 26), they must be carried out in communion with the Church. Vatican Council II, while it reaffirmed the external bonds of incorporation in the Church — the profession of faith, the sacraments, of communion — affirmed with St. Augustine that to remain in the Church not only ‘with the body’ but also ‘with the heart’ is a condition for salvation (cf. Lumen Gentium, n. 14)”.
The explicit refusal not to take part in concelebration, particularly at the Chrism Mass, seems to express a lack of acceptance of the liturgical reform and a lack of ecclesial communion with the Bishop, both of which are necessary requirements in order to benefit from the concession to celebrate with the Missale Romanum of 1962.
However, before revoking the concession to use the Missale Romanum of 1962, the Bishop should offer the Priest the necessary time for a sincere discussion on the deeper motivations that lead him not to recognise the value of concelebration, in particular in the Mass presided over by the Bishop. He should invite him to express, in the eloquent gesture of concelebration, that ecclesial communion which is a necessary condition for being able to participate at the table of the Eucharistic sacrifice.
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: […] § 3. constituat, in loco statuto, dies quibus celebrationes eucharisticae secundum Missale Romanum a sancto Ioanne XXIII anno 1962 promulgatum permittuntur. His in celebrationibus, lectiones proclamentur lingua vernacula, adhibitis Sacrae Scripturae translationibus ad usum liturgicum ab unaquaque Conferentia Episcoporum approbatis; |
To the proposed question:
In Eucharistic celebrations using the Missale Romanum of 1962, is it possible to use the full text of the Bible for the readings, choosing the pericopes indicated in the Missal??
The answer is:
Affirmative.
Explanatory note.
Art. 3 § 3 of the Motu Proprio Traditionis custodes states that the readings are to be proclaimed in the vernacular language, using translations of Sacred Scripture for liturgical use, approved by the respective Episcopal Conferences.
Since the texts of the readings are contained in the Missal itself, and therefore there is no separate Lectionary, and in order to observe the provisions of the Motu Proprio, one must necessarily resort to the translation of the Bible approved by the individual Bishops’ Conferences for liturgical use, choosing the pericopes indicated in the Missale Romanum of 1962.
No vernacular lectionaries may be published that reproduce the cycle of readings of the previous rite.
It should be remembered that the present Lectionary is one of the most precious fruits of the liturgical reform of the Second Vatican Council. The publication of the Lectionary, in addition to overcoming the “plenary” form of the Missale Romanum of 1962 and returning to the ancient tradition of individual books corresponding to individual ministries, fulfils the wish of Sacrosanctum Concilium, n. 51: “The treasures of the Bible are to be opened up more lavishly, so that richer fare may be provided for the faithful at the table of God’s word. In this way a more representative portion of the holy scriptures will be read to the people in the course of a prescribed number of years”.
Traditionis custodes Art. 4. Presbyteri ordinati post has Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit. |
To the proposed question:
Does the diocesan Bishop have to be authorised by the Apostolic See to allow priests ordained after the publication of the Motu Proprio Traditionis custodes to celebrate with the Missale Romanum of 1962 (cf. Traditionis custodies, n. 4)?
The answer is:
Affirmative.
Explanatory note.
Article 4 of the Latin text (which is the official text to be referenced) reads as follows: «Presbyteri ordinati post has Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit».
This is not merely a consultative opinion, but a necessary authorisation given to the diocesan Bishop by the Congregation for Divine Worship and the Discipline of the Sacraments, which exercises the authority of the Holy See over matters within its competence. (cf. Traditionis custodes, n. 7).
Only after receiving this permission will the diocesan Bishop be able to authorise Priests ordained after the publication of the Motu Proprio (16 July 2021) to celebrate with the Missale Romanum of 1962.
This rule is intended to assist the diocesan Bishop in evaluating such a request: his discernment will be duly taken into account by the Congregation for Divine Worship and the Discipline of the Sacraments.
The Motu Proprio clearly expresses the desire that what is contained in the liturgical books promulgated by Popes Saint Paul VI and Saint John Paul II, in conformity with the decrees of the Second Vatican Council, be recognised as the unique expression of the lex orandi of the Roman Rite: it is therefore absolutely essential that Priests ordained after the publication of the Motu Proprio share this desire of the Holy Father.
All seminary formators, seeking to walk with solicitude in the direction indicated by Pope Francis, are encouraged to accompany future Deacons and Priests to an understanding and experience of the richness of the liturgical reform called for by the Second Vatican Council. This reform has enhanced every element of the Roman Rite and has fostered - as hoped for by the Council Fathers - the full, conscious and active participation of the entire People of God in the liturgy (cf. Sacrosanctum Concilium no. 14), the primary source of authentic Christian spirituality.
Traditionis custodes Art. 5. Presbyteri, qui iam secundum Missale Romanum anno 1962 editum celebrant, ab Episcopo dioecesano licentiam rogabunt ad hanc facultatem servandam. |
To the proposed question:
Can the faculty to celebrate using the Missale Romanum of 1962 be granted ad tempus?
The answer is:
Affirmative.
Explanatory note.
The possibility of granting the use of the Missale Romanum of 1962 for a defined period of time - the duration of which the diocesan Bishop will consider appropriate - is not only possible but also recommended: the end of the defined period offers the possibility of ascertaining that everything is in harmony with the direction established by the Motu Proprio. The outcome of this assessment can provide grounds for prolonging or suspending the permission.
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To the proposed question:
Does the faculty granted by the diocesan Bishop to celebrate using the Missale Romanum of 1962 only apply to the territory of his own diocese?
The answer is:
Affirmative.
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To the proposed question:
If the authorised Priest is absent or unable to attend, must the person replacing him also have formal authorisation?
The answer is:
Affirmative.
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To the proposed question:
Do Deacons and instituted ministers participating in celebrations using the Missale Romanum of 1962 have to be authorised by the diocesan Bishop?
The answer is:
Affermative.
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To the proposed question:
Can a Priest who is authorised to celebrate with the Missale Romanum of 1962 and who, because of his office (Parish Priest, chaplain, etc.), also celebrates on weekdays with the Missale Romanum of the reform of the Second Vatican Council, binate using the Missale Romanum of 1962?
The answer is:
Negative.
Explanatory note.
The Parish Priest or chaplain who - in the fulfilment of his office - celebrates on weekdays with the current Missale Romanum, which is the unique expression of the lex orandi of the Roman Rite, cannot binate by celebrating with the Missale Romanum of 1962, either with a group or privately.
It is not possible to grant bination on the grounds that there is no “just cause” or “pastoral necessity” as required by canon 905 §2: the right of the faithful to the celebration of the Eucharist is in no way denied, since they are offered the possibility of participating in the Eucharist in its current ritual form.
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To the proposed question:
Can a Priest who is authorised to celebrate using the Missale Romanum of 1962 celebrate on the same day with the same Missal for another group of faithful who have received authorisation?
The answer is:
Negative.
Explanatory note.
It is not possible to grant bination on the grounds that there is no “just cause” or “pastoral necessity” as required by canon 905 §2: the right of the faithful to the celebration of the Eucharist is in no way denied, since they are offered the possibility of participating in the Eucharist in its current ritual form.
Kongregation für den Gottesdienst und die Sakramentenordnung
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RESPONSA AD DUBIA
zu einigen Bestimmungen des
Apostolischen Schreibens
in Form eines „Motu Proprio“
TRADITIONIS CUSTODES
von Papst
FRANZISKUS
AN DIE PRÄSIDENTEN
DER BISCHOFSKONFERENZEN
Hochwürdigste Eminenz / Exzellenz,
nach der Veröffentlichung des Apostolischen Schreibens in Form des „Motu Proprio“ Traditionis custodes über den Gebrauch der liturgischen Bücher vor der Reform des Zweiten Vatikanischen Konzils durch Papst Franziskus, erhielt die Kongregation für den Gottesdienst und die Sakramentenordnung – die für die in ihre Zuständigkeit fallenden Angelegenheiten die Autorität des Heiligen Stuhls ausübt (vgl. Traditionis custodes, Nr. 1) – mehrere Anfragen zur Klärung der ordnungsgemäßen Anwendung dieses Schreibens. Einige Fragen wurden von mehreren Seiten und mit größerer Häufigkeit aufgeworfen: Nachdem wir sie sorgfältig geprüft, den Heiligen Vater informiert sowie seine Zustimmung erhalten haben, werden nun die Antworten auf die am häufigsten wiederkehrenden Fragen veröffentlicht.
Der Text des Motu Proprio und der Begleitbrief an alle Bischöfe bringen die Gründe für die Entscheidung von Papst Franziskus klar zum Ausdruck. Das erste Ziel besteht darin, „in der beständigen Suche nach der kirchlichen Gemeinschaft“ (Traditionis custodes, Einleitung) fortzuschreiten, was dadurch zum Ausdruck kommt, dass in den von den heiligen Päpsten Paul VI. und Johannes Paul II. in Übereinstimmung mit den Dekreten des Zweiten Vatikanischen Konzils promulgierten liturgischen Büchern der einzige Ausdruck der lex orandi des Römischen Ritus erkannt wird (vgl. Traditionis custodes, Nr. 1). Das ist die Richtung, in die wir gehen wollen, und das ist der Sinn der Antworten, die wir hier veröffentlichen: Jede Norm, die vorgeschrieben wird, hat immer das einzige Ziel, das Geschenk der kirchlichen Gemeinschaft zu bewahren, indem wir gemeinsam, mit Überzeugung des Verstandes und des Herzens, auf der vom Heiligen Vater vorgegebenen Linie gehen.
Es ist traurig zu sehen, wie das tiefste Band der Einheit – die Teilhabe an dem einen gebrochenen Brot, das Sein Leib ist, der geopfert wird, damit alle eins seien (vgl. Joh 17,21) – zu einem Grund für Spaltung wird: Es ist die Aufgabe der Bischöfe, cum Petro et sub Petro, die Gemeinschaft zu erhalten, die eine notwendige Voraussetzung ist – daran erinnert uns der Apostel Paulus (vgl. 1 Kor 11,17-34) –, um am eucharistischen Tisch teilnehmen zu können.
Eines ist unbestreitbar: Die Konzilsväter spürten die Dringlichkeit einer Reform, damit die Wahrheit des gefeierten Glaubens immer mehr in ihrer ganzen Schönheit zum Vorschein komme und das Volk Gottes in einer vollen, bewussten und tätigen Teilnahme an der liturgischen Feier wachse (vgl. Sacrosanctum Concilium Nr. 14), dem gegenwärtigen Moment der Heilsgeschichte, dem Gedenken an das Osterfest des Herrn, unserer einzigen Hoffnung.
Als Hirten dürfen wir uns nicht zu unnützen Streitereien hinreißen lassen, die nur zu Spaltungen beitragen und bei der das Rituelle oft für ideologische Ansichten instrumentalisiert wird. Vielmehr sind wir alle aufgerufen, den Wert der Liturgiereform wiederzuentdecken, indem wir die Wahrheit und Schönheit des Ritus bewahren, die sie uns geschenkt hat. Wir sind uns bewusst, dass eine erneuerte und kontinuierliche liturgische Bildung sowohl für die Priester als auch für die Laien notwendig ist, um dies zu verwirklichen.
Beim feierlichen Abschluss der zweiten Sitzungsperiode des Konzils (4. Dezember 1963) drückte der heilige Paul VI. dies so aus (Nr. 11):
„Im Übrigen fehlt es dieser schwierigen und komplexen Diskussion keineswegs an reicher Frucht: Das Thema, das vor allen anderen behandelt worden ist und in gewisser Hinsicht von allen das wichtigste ist, sowohl wegen seiner Natur wie auch wegen seiner Würde, die ihm in der Kirche zukommt, die heilige Liturgie, ist zu einem glücklichen Abschluss gekommen und wird heute in feierlicher Form von Uns promulgiert. Wir empfinden darüber aufrichtige Freude. Wir können nämlich feststellen, dass auf diese Weise die rechte Ordnung der Gegenstände und Pflichten gewahrt worden ist. Wir haben dadurch bekannt, dass Gott der erste Platz zukommt, dass das Gebet unsere erste Pflicht ist, dass die heilige Liturgie die erste Quelle jener Verbindung mit Gott ist, in der das göttliche Leben uns selbst mitgeteilt wird, die erste Schule unseres geistlichen Lebens, das erste Geschenk, das wir dem christlichen Volk anbieten können, das mit uns im Glauben und im Gebet verbunden ist, dass es schließlich die erste Einladung an die Welt ist, damit ihre stumme Zunge sich zu beglückendem und wahrhaftem Gebet löse und jene unaussprechliche und die Seele stärkende Kraft spüre, die aus dem gemeinsamen Lob Gottes und der menschlichen Hoffnung durch Christus im Heiligen Geist fließt.“
Wenn Papst Franziskus (Ansprache an die Teilnehmer der 68. Nationalen Liturgischen Woche, Rom, 24. August 2017) uns daran erinnert, dass „[wir] im Anschluss an dieses Lehramt, an diesen langen Weg […] mit sicherer Gewissheit und lehramtlicher Autorität bekräftigen [können], dass die Liturgiereform unumkehrbar ist“, will er uns die einzige Richtung zeigen, in die wir mit Freude gerufen sind, unser Mühen in der Pastoral als Hirten zu lenken.
Vertrauen wir Maria, der Mutter der Kirche, unseren Dienst an, „die Einheit des Geistes zu bewahren durch das Band des Friedens“ (Eph 4,3).
Am Sitz der Kongregation für den Gottesdienst und die Sakramentenordnung, dem 4. Dezember 2021, 58. Jahrestag der Promulgation der Liturgiekonstitution Sacrosanctum Concilium.
✠ Arthur Roche
Präfekt
Papst Franziskus wurde im Rahmen einer dem Präfekten dieser Kongregation am 18. November 2021 gewährten Audienz über die vorliegenden RESPONSA AD DUBIA samt den beigefügten ERLÄUTERNDEN NOTEN informiert und hat ihre Veröffentlichung gutgeheißen. |
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: […] § 2. statuat unum vel plures locos ubi fideles, qui his coetibus adhaerent, convenire possint ad Eucharistiam celebrandam (nec autem in ecclesiis paroecialibus nec novas paroecias personales erigens); |
Auf das vorgelegte Dubium:
Kann der Diözesanbischof, wo es nicht möglich ist, eine Kirche oder ein Oratorium oder eine Kapelle zu finden, um die Gläubigen aufzunehmen, die mit dem Missale Romanum (Editio tipyca 1962) feiern, die Kongregation für den Gottesdienst und die Sakramentenordnung um eine Ausnahme von der Bestimmung des Motu Proprio Traditionis custodes (Art. 3 § 2) bitten, und somit die Feier in der Pfarrkirche erlauben?
Wird geantwortet:
Ja.
Erläuternde Note.
Artikel 3 § 2 des Motu proprio Traditionis custodes fordert den Bischof auf, in Diözesen, in denen es bisher eine oder mehrere Gruppen gibt, die nach dem Missale vor der Reform von 1970 feiern, „einen oder mehrere Orte zu bestimmen, wo die Gläubigen, die zu diesen Gruppen gehören, sich zur Eucharistiefeier versammeln können (jedoch nicht in den Pfarrkirchen und ohne neue Personalpfarreien zu errichten)“. Mit dem Ausschluss der Pfarrkirche soll zum Ausdruck gebracht werden, dass die Feier der Eucharistie nach dem vorherigen Ritus als ein auf die oben genannten Gruppen beschränktes Zugeständnis nicht zum Alltag des Lebens der Pfarrgemeinde gehört.
Diese Kongregation, die für die in ihre Zuständigkeit fallenden Angelegenheiten die Autorität des Heiligen Stuhls ausübt (vgl. Traditionis custodes, Nr. 7), kann auf Antrag des Diözesanbischofs die Verwendung der Pfarrkirche für die Zelebration nach dem Missale Romanum von 1962 nur in den Fällen bewilligen, in denen feststeht, dass es unmöglich ist, eine andere Kirche, ein Oratorium oder eine Kapelle zu benutzen. Die Beurteilung dieser Unmöglichkeit muss mit äußerster Sorgfalt erfolgen.
Außerdem ist es nicht angemessen, eine solche Feier in die Gottesdienstordnung der Gemeinde aufzunehmen, da sie nur von den Gläubigen besucht wird, die Mitglieder der Gruppe sind. Schließlich ist zu vermeiden, dass sie gleichzeitig mit pastoralen Aktivitäten der Pfarrgemeinde stattfindet. Es wird davon ausgegangen, dass diese Erlaubnis zurückgezogen wird, wenn ein anderer Ort verfügbar wird.
Mit diesen Bestimmungen wird nicht beabsichtigt, die Gläubigen, die in der vorhergehenden Zelebrationsform verwurzelt sind, auszugrenzen: Sie haben nur den Zweck, daran zu erinnern, dass es sich (in Anbetracht des gemeinsamen Gebrauchs der einzigen Ausdrucksform derlex orandides Römischen Ritus) um ein Zugeständnis aus Sorge um ihr Wohl handelt und nicht um eine Gelegenheit, den vorherigen Ritus zu fördern.
Traditionis custodes Art. 1. Libri liturgici a sanctis Pontificibus Paulo VI et Ioanne Paulo II promulgati, iuxta decreta Concilii Vaticani II, unica expressio “legis orandi” Ritus Romani sunt. Art. 8. Normae, dispositiones, concessiones et consuetudines antecedentes, quae conformes non sint cum harum Litterarum Apostolicarum Motu Proprio datarum praescriptis, abrogantur. |
Auf das vorgelegte Dubium:
Ist es nach den Bestimmungen des Motu Proprio Traditionis Custodes möglich, die Sakramente mit dem Rituale Romanum und dem Pontificale Romanum vor der Liturgiereform des Zweiten Vatikanischen Konzils zu feiern?
Wird geantwortet:
Nein.
Nur für die kanonisch errichteten Personalpfarreien, die gemäß den Bestimmungen des Motu Proprio Traditionis Custodes mit dem Missale Romanum von 1962 feiern, ist der Diözesanbischof befugt, die Erlaubnis für den Gebrauch allein des Rituale Romanum (letzte editio typica 1952) – nicht des Pontificale Romanum vor der Liturgiereform des Zweiten Vatikanischen Konzils – zu erteilen.
Erläuternde Note.
Das Motu proprio Traditionis custodes beabsichtigt, in der gesamten Kirche des Römischen Ritus ein einziges und übereinstimmendes Gebet wiederherzustellen, das ihre Einheit zum Ausdruck bringt, und zwar gemäß den von den heiligen Päpsten Paul VI. und Johannes Paul II. promulgierten liturgischen Büchern, in Übereinstimmung mit den Dekreten des Zweiten Vatikanischen Konzils und der Tradition der Kirche.
Der Diözesanbischof als Leiter, Förderer und Wächter des gesamten liturgischen Lebens muss sich dafür einsetzen, dass man in seiner Diözese zu einer einheitlichen Zelebrationsform zurückkehrt (vgl. Papst Franziskus, Begleitbrief an die Bischöfe in aller Welt zum Text des Motu Proprio Traditionis custodes).
Diese Kongregation, die für die in ihre Zuständigkeit fallenden Angelegenheiten die Autorität des Heiligen Stuhls ausübt (vgl. Traditionis custodes, Nr. 7), ist der Ansicht, dass man, um in der vom Motu proprio angegebenen Richtung voranzuschreiten, die Erlaubnis zur Verwendung des Rituale Romanum und des Pontificale Romanum vor der Liturgiereform nicht erteilen darf, weil diese liturgischen Bücher wie alle vorausgehenden Normen, Instruktionen, Gewährungen und Gewohnheiten außer Kraft gesetzt worden sind (vgl. Traditionis custodes, Nr. 8).
Nur für die kanonisch errichteten Personalpfarreien, die nach den Bestimmungen des Motu Proprio Traditionis Custodes mit dem Missale Romanum von 1962 zelebrieren, ist der Diözesanbischof befugt, nach seinem Ermessen die Erlaubnis zur Verwendung des Rituale Romanum (letzte editio typica 1952) – nicht jedoch des Pontificale Romanum vor der Liturgiereform des Zweiten Vatikanischen Konzils – zu erteilen. Es sei daran erinnert, dass die Formel für das Sakrament der Firmung vom heiligen Paul VI. mit der Apostolischen Konstitution Divinæ consortium naturæ (15. August 1971) für die gesamte lateinische Kirche geändert wurde.
Mit dieser Bestimmung soll die Notwendigkeit unterstrichen werden, die vom Motu Proprio vorgegebene Richtung klar zu bekräftigen, die in den von den heiligen Päpsten Paul VI. und Johannes Paul II. in Übereinstimmung mit den Dekreten des Zweiten Vatikanischen Konzils promulgierten liturgischen Büchern den einzigen Ausdruck der lex orandi des Römischen Ritus sieht (vgl. (vgl. Traditionis custodes, Nr.1).
Bei der Umsetzung der Bestimmungen ist darauf zu achten, dass all jene, die in der früheren Zelebrationsform verwurzelt sind, zu einem vollen Verständnis des Wertes der Zelebration in der rituellen Form, die uns durch die Reform des Zweiten Vatikanischen Konzils geschenkt wurde, geführt werden, und zwar durch eine angemessene Ausbildung, die es ermöglicht, zu entdecken, wie diese Zeugnis eines unveränderten Glaubens, Ausdruck einer erneuerten Ekklesiologie und primäre Quelle der Spiritualität des christlichen Lebens ist.
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: § 1. certior fiat coetus illos auctoritatem ac legitimam naturam instaurationis liturgicae, normarum Concilii Vaticani II Magisteriique Summorum Pontificum non excludere; |
Auf das vorgelegte Dubium:
Wenn ein Priester, dem der Gebrauch des Missale Romanum von 1962 erlaubt wurde, die Gültigkeit und die Legitimität der Konzelebration nicht anerkennt – es ablehnt, insbesondere bei der Chrisam-Messe zu konzelebrieren –, kann er dann weiterhin diese Erlaubnis in Anspruch nehmen?
Wird geantwortet:
Nein.
Bevor der Bischof jedoch die Erlaubnis, das Missale Romanum von 1962 zu verwenden, widerruft, soll er dafür Sorge tragen, mit dem Priester in einen mitbrüderlichen Austausch zu treten, um sicherzustellen, dass diese Haltung die Gültigkeit und Legitimität der Liturgiereform, die Vorgaben des Zweiten Vatikanischen Konzils und das Lehramt der Päpste nicht ausschließt, und ihn zu einem Verständnis für den Wert der Konzelebration, insbesondere bei der Chrisam-Messe, zu begleiten.
Erläuternde Note.
Art. 3 § 1 des Motu Proprio Traditionis custodes fordert den Diözesanbischof auf, sicherzustellen, dass Gruppen, die die Feier mit dem Missale Romanum von 1962 beantragen, „nicht die Gültigkeit und die Legitimität der Liturgiereform, der Bestimmungen des Zweiten Vatikanischen Konzils und des Lehramtes der Päpste ausschließen“.
Der heilige Paulus ermahnt die Gemeinde von Korinth nachdrücklich, die Einheit als notwendige Voraussetzung für die Teilnahme am eucharistischen Tisch zu leben (vgl. 1 Kor 11,17-34).
In dem Brief an die Bischöfe in aller Welt, der dem Text des Motu Proprio Traditionis custodes beigefügt ist, drückt sich der Heilige Vater wie folgt aus: „‘Die liturgischen Handlungen sind nicht privater Natur, sondern Feiern der Kirche, die das „Sakrament der Einheit“ ist‘ (vgl. Sacrosanctum Concilium, Nr. 26), und müssen daher in Gemeinschaft mit der Kirche erfolgen. Während das Zweite Vatikanische Konzil die äußeren Bande der Eingliederung in die Kirche – das Glaubensbekenntnis, die Sakramente, die Gemeinschaft – bekräftigte, sagte es mit dem heiligen Augustinus, dass es Bedingung des Heiles sei, nicht nur ‚dem Leibe‘, sondern auch ‚dem Herzen‘ nach im Schoße der Kirche zu verbleiben (vgl. Lumen Gentium, Nr. 14).“
Der ausdrückliche Wille, nicht an der Konzelebration, insbesondere bei der Chrisam-Messe, teilzunehmen, scheint Ausdruck eines Mangels, sowohl der Annahme der Liturgiereform wie der kirchlicher Gemeinschaft mit dem Bischof zu sein, die notwendige Voraussetzungen sind, für die Gewährung, mit dem Missale Romanum von 1962 zu feiern.
Bevor der Bischof jedoch die Erlaubnis zur Verwendung des Missale Romanum von 1962 widerruft, bietet er dem Priester die nötige Zeit für einen aufrichtigen Austausch über die tieferen Beweggründe an, die ihn dazu veranlassen, den Wert der Konzelebration nicht anzuerkennen, insbesondere in der Messe, der der Bischof vorsteht, und ihn einzuladen, in der beredten Geste der Konzelebration jene kirchliche Gemeinschaft zu leben, die eine notwendige Voraussetzung dafür ist, am Tisch des eucharistischen Opfers teilnehmen zu können.
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: […] § 3. constituat, in loco statuto, dies quibus celebrationes eucharisticae secundum Missale Romanum a sancto Ioanne XXIII anno 1962 promulgatum permittuntur. His in celebrationibus, lectiones proclamentur lingua vernacula, adhibitis Sacrae Scripturae translationibus ad usum liturgicum ab unaquaque Conferentia Episcoporum approbatis; |
Auf das vorgelegte Dubium:
Ist es möglich, bei Eucharistiefeiern, die das Missale Romanum von 1962 verwenden, für die Lesungen die Gesamtausgabe der Bibel zu verwenden und die im Messbuch angegebenen Perikopen auszuwählen?
Wird geantwortet:
Ja.
Erläuternde Note.
Art. 3 § 3 des Motu Proprio Traditionis Custodes legt fest, dass die Lesungen in der Volkssprache unter Verwendung der von den jeweiligen Bischofskonferenzen für den liturgischen Gebrauch approbierten Übersetzungen der Heiligen Schrift zu verkünden sind.
Da die Texte der Lesungen im Missale selbst enthalten sind und es somit kein Lektionar gibt, muss man, um die Bestimmungen des Motu Proprio zu befolgen, notwendigerweise auf das Buch der Heiligen Schrift in der von den einzelnen Bischofskonferenzen für den liturgischen Gebrauch approbierten Übersetzung zurückgreifen und die im Missale Romanum von 1962 angegebenen Perikopen wählen.
Die Veröffentlichung volkssprachlicher Lektionare, die den Lesezyklus des vorherigen Ritus wiedergeben, kann nicht erlaubt werden.
Hier ist daran zu erinnern, dass das vorliegende Lektionar eine der wertvollsten Früchte der Liturgiereform des Zweiten Vatikanischen Konzils ist. Die Veröffentlichung des Lektionars überwindet nicht nur die „vollständige“ Form des Missale Romanum von 1962 und kehrt zu der alten Tradition der einzelnen Bücher zurück, die den einzelnen Diensten entsprechen, sondern erfüllt auch den in Sacrosanctum Concilium, Nr. 51, geäußerten Wunsch: „Auf dass den Gläubigen der Tisch des Gotteswortes reicher bereitet werde, soll die Schatzkammer der Bibel weiter aufgetan werden, so dass innerhalb einer bestimmten Anzahl von Jahren die wichtigsten Teile der Heiligen Schrift dem Volk vorgetragen werden.“
Traditionis custodes Art. 4. Presbyteri ordinati post has Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit. |
Auf das vorgelegte Dubium:
Muss der Diözesanbischof vom Apostolischen Stuhl ermächtigt sein (vgl. Traditionis custodes, Nr. 4), um Priestern, die nach der Veröffentlichung des Motu Proprio Traditionis custodes geweiht wurden, die Zelebration mit dem Missale Romanum von 1962 zu gestatten?
Wird geantwortet:
Ja.
Erläuternde Note.
Der lateinische Text (offizieller Bezugstext) lautet in Artikel 4 wie folgt: „Presbyteri ordinati post has Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit“.
Dabei handelt es sich nicht nur um eine beratende Stellungnahme, sondern um eine notwendige Ermächtigung, die dem Diözesanbischof von der Kongregation für den Gottesdienst und die Sakramentenordnung erteilt wird, die die Autorität des Heiligen Stuhls in den in ihre Zuständigkeit fallenden Angelegenheiten ausübt (vgl. Traditionis custodes, Nr. 7).
Erst nach Erhalt dieser Genehmigung kann der Diözesanbischof Priestern, die nach der Veröffentlichung des Motu Proprio (16. Juli 2021) geweiht wurden, erlauben, mit dem Missale Romanum von 1962 zu zelebrieren.
Diese Regel will dem Diözesanbischof bei der Beurteilung eines solchen Ersuchens helfen: Seine Einschätzung wird von der Kongregation für den Gottesdienst und die Sakramentenordnung gebührend berücksichtigt werden.
Das Motu Proprio bringt deutlich den Willen zum Ausdruck, als einzigen Ausdruck der lex orandi des Römischen Ritus das anzuerkennen, was in den von den heiligen Päpsten Paul VI. und Johannes Paul II. in Übereinstimmung mit den Dekreten des Zweiten Vatikanischen Konzils promulgierten liturgischen Büchern enthalten ist: Es ist daher absolut wünschenswert, dass die nach der Veröffentlichung des Motu Proprio geweihten Priester diesen Wunsch des Heiligen Vaters teilen.
Da es unsere Absicht ist, mit Eifer in die von Papst Franziskus angegebene Richtung zu gehen, werden alle Ausbilder der Seminare ermutigt, die zukünftigen Diakone und Priester zu begleiten, damit sie den Reichtum der vom Zweiten Vatikanischen Konzil gewünschten Liturgiereform verstehen und erfahren: Sie hat es verstanden, jedes Element des Römischen Ritus wertzuschätzen und – wie die Konzilsväter wünschten – jene volle, bewusste und tätige Teilnahme des ganzen Gottesvolkes an der Liturgie zu fördern (vgl. Sacrosanctum Concilium Nr. 14), die die Hauptquelle der authentischen christlichen Spiritualität ist.
Traditionis custodes Art. 5. Presbyteri, qui iam secundum Missale Romanum anno 1962 editum celebrant, ab Episcopo dioecesano licentiam rogabunt ad hanc facultatem servandam. |
Auf das vorgelegte Dubium:
Kann die Erlaubnis, nach dem Missale Romanum von 1962 zu zelebrieren, ad tempus erteilt werden?
Wird geantwortet:
Ja.
Erläuternde Note.
Die Entscheidung, die Verwendung des Missale Romanum von 1962 für einen bestimmten Zeitraum zu gestatten – für die Dauer, die der Diözesanbischof für angemessen hält –, ist nicht nur möglich, sondern auch empfehlenswert: Das Ende des festgelegten Zeitraums bietet die Möglichkeit zu überprüfen, ob alles mit der vom Motu Proprio festgelegten Ausrichtung übereinstimmt. Das Ergebnis dieser Überprüfung kann die Gründe für die Verlängerung oder Aussetzung der Erlaubnis liefern.
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Auf das vorgelegte Dubium:
Gilt die vom Diözesanbischof erteilte Erlaubnis, nach dem Missale Romanum von 1962 zu zelebrieren, nur für das Gebiet seiner Diözese?
Wird geantwortet:
Ja.
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Auf das vorgelegte Dubium:
Muss, wenn der berechtigte Priester abwesend oder verhindert ist, auch wer ihn vertritt, eine formale Berechtigung erhalten haben?
Wird geantwortet:
Ja.
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Auf das vorgelegte Dubium:
Müssen Diakone und zu Diensten Beauftragte, die an der Feier nach dem Missale Romanum von 1962 teilnehmen, vom Diözesanbischof ermächtigt werden?
Wird geantwortet:
Ja.
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Auf das vorgelegte Dubium:
Kann ein Priester, der berechtigt ist, mit dem Missale Romanum von 1962 zu zelebrieren, und der aufgrund seines Amtes (Pfarrer, Kaplan,...) an Wochentagen auch mit dem Missale Romanum der Reform des Zweiten Vatikanischen Konzils zelebriert, unter Gebrauch des Missale Romanum von 1962 binieren?
Wird geantwortet:
Nein.
Erläuternde Note.
Der Pfarrer oder Kaplan, der in Ausübung seines Amtes werktags mit dem derzeitigen Missale Romanum zelebriert, das der einzige Ausdruck der lex orandi des Römischen Ritus ist, kann nicht mit dem Missale Romanum von 1962 feiernd binieren, und zwar weder mit einer Gruppe noch privat.
Es ist nicht möglich, die Bination zu gewähren, weil nämlich kein Fall von „gerechtem Grund“ oder „pastoraler Notwendigkeit“ vorliegt, wie dies can. 905 §2 CIC verlangt: das Recht der Gläubigen, die Eucharistie zu feiern, wird in keiner Weise verweigert, da ihnen die Möglichkeit geboten wird, an der Eucharistie in ihrer derzeitigen rituellen Form teilzunehmen.
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Auf das vorgelegte Dubium:
Kann ein Priester, der berechtigt ist, mit dem Missale Romanum von 1962 zu zelebrieren, am selben Tag mit demselben Messbuch für eine andere Gruppe von Gläubigen zelebrieren, die eine Genehmigung erhalten hat?
Wird geantwortet:
Nein.
Erläuternde Note.
Es ist nicht möglich, die Bination zu gewähren, weil nämlich kein Fall von „gerechtem Grund“ oder „pastoraler Notwendigkeit“ vorliegt, wie dies can. 905 §2 CIC verlangt: das Recht der Gläubigen, die Eucharistie zu feiern, wird in keiner Weise verweigert, da ihnen die Möglichkeit geboten wird, an der Eucharistie in ihrer derzeitigen rituellen Form teilzunehmen.
Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos
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RESPONSA AD DUBIA
sobre algunas disposiciones de la
Carta Apostólica en forma de «Motu Proprio»
TRADITIONIS CUSTODES
del Sumo Pontífice
FRANCISCO
A LOS PRESIDENTES
DE LAS CONFERENCIAS DE OBISPOS
Eminencia / Excelencia Reverendísima:
Tras la publicación por parte del papa Francisco de la Carta Apostólica en forma de «Motu Proprio» Traditionis custodes sobre el uso de los libros litúrgicos anteriores a la reforma del Concilio Vaticano II, la Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos – que ejerce, para los asuntos de su competencia, la autoridad de la Santa Sede (cf. Traditionis custodes, n. 7) – ha recibido diversas peticiones a fin de aclarar su correcta aplicación. Algunas cuestiones se han planteado desde diversos lugares y con mayor frecuencia: por ello, después de haberlas examinado detenidamente, tras haber informado al Santo Padre y habiendo recibido su consentimiento, se publican ahora las respuestas a las preguntas más recurrentes.
El texto del Motu Proprio y la Carta a todos los Obispos que lo acompaña expresan claramente las razones de cuanto ha dispuesto el papa Francisco. El primer objetivo es continuar “en la búsqueda constante de la comunión eclesial” (Traditionis custodes, Preámbulo) que se expresa reconociendo en los libros litúrgicos promulgados por los santos Pontífices Pablo VI y Juan Pablo II, en conformidad con los decretos del Concilio Vaticano II, la única expresión de la lex orandi del Rito Romano (cf. Traditionis custodes, n. 1). Esta es la dirección en la que queremos caminar y este es el sentido de las respuestas que aquí publicamos: toda norma prescrita tiene siempre el único fin de salvaguardar el don de la comunión eclesial caminando juntos, con convicción de mente y corazón, en la línea indicada por el Santo Padre.
Es triste ver cómo el vínculo más profundo de unidad – la participación al único Pan partido que es su Cuerpo ofrecido para que todos sean uno (cf. Jn 17, 21) – se convierte en motivo de división: es tarea de los Obispos, cum Petro et sub Petro, salvaguardar la comunión, condición necesaria – nos lo recuerda el apóstol Pablo (cf. 1Cor 11, 17-34) – para poder participar en la mesa eucarística.
Un hecho es innegable: los Padres conciliares sintieron la urgencia de una reforma para que la verdad de la fe celebrada apareciera cada vez más en toda su belleza y el pueblo de Dios creciera en la participación plena, activa y consciente de la celebración litúrgica (cf. Sacrosanctum Concilium n. 14), momento actual de la historia de la salvación, memorial de la Pascua del Señor, nuestra única esperanza.
Como Pastores no debemos prestarnos a polémicas estériles, capaces sólo de crear división, en las que el hecho ritual es a menudo instrumentalizado por visiones ideológicas. Más bien, todos estamos llamados a redescubrir el valor de la reforma litúrgica salvaguardando la verdad y la belleza del Rito que nos ha dado. Para ello, somos conscientes de que es necesaria una formación litúrgica renovada y contínua, tanto para los sacerdotes como para los fieles laicos.
En la solemne clausura de la segunda sesión del Concilio (4 de diciembre de 1963) san Pablo VI se expresaba así (n. 11):
«Por lo demás, no ha quedado sin fruto la ardua e intrincada discusión, puestos que uno de los temas, el primero que fue examinado, y en un cierto sentido el primero también por la excelencia intrínseca y por su importancia para la vida de la Iglesia, el de la sagrada liturgia, ha sido terminado y es hoy promulgado por Nos solemnemente. Nuestro espíritu exulta de gozo ante este resultado. Nos rendimos en esto el homenaje conforme a la escala de valores y deberes: Dios en el primer puesto; la oración, nuestra primera obligación; la liturgia, la primera fuente de la vida divina que se nos comunica, la primera escuela de nuestra vida espiritual, el primer don que podemos hacer al pueblo cristiano, que con nosotros que cree y ora, y la primera invitación al mundo para que desate en oración dichosa y veraz su lengua muda y sienta el inefable poder regenerador de cantar con nosotros las alabanzas divinas y las esperanzas humanas, por Cristo Señor en el Espíritu Santo».
Cuando el papa Francisco (Discurso a los participantes en la 68ª Semana Litúrgica Nacional, Roma, 24 de agosto de 2017) nos recuerda que “después de este magisterio, después de este largo camino podemos afirmar con seguridad y con autoridad magisterial que la reforma litúrgica es irreversible” quiere indicarnos la única dirección hacia la cual estamos llamados a dirigir, con alegría, nuestra tarea como Pastores.
Confiamos a María, Madre de la Iglesia, nuestro servicio para “mantener la unidad del espíritu con el vínculo de la paz” (Ef 4,3).
En la sede de la Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos, a 4 de diciembre de 2021, en el 58º aniversario de la promulgación de la Constitución sobre la Sagrada Liturgia Sacrosanctum Concilium.
✠ Arthur Roche
Prefecto
El Sumo Pontífice Francisco, durante una Audiencia concedida al Prefecto de esta Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos el 18 de noviembre de 2021, ha sido informado y ha dado su aprobación a la publicación de las presentes RESPONSA AD DUBIA junto con algunas NOTAS EXPLICATIVAS. |
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: […] § 2. statuat unum vel plures locos ubi fideles, qui his coetibus adhaerent, convenire possint ad Eucharistiam celebrandam (nec autem in ecclesiis paroecialibus nec novas paroecias personales erigens); |
A la pregunta propuesta:
Donde no sea posible encontrar una iglesia u oratorio o capilla disponible para acoger a los fieles que celebran con el Missale Romanum (Editio tipyca 1962), ¿puede el Obispo diocesano pedir a la Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos la dispensa de la disposición del Motu Proprio Traditionis custodes (Art. 3 § 2), y, por tanto, permitir así la celebración en la iglesia parroquial?
Se responde:
Afirmativamente.
Nota explicativa.
El Motu Proprio Traditionis custodes en el art. 3 § 2 pide que el Obispo, en las diócesis en las que hasta ahora hay presencia de uno o más grupos que celebran según el Misal precedente a la reforma de 1970 «indicar uno o varios lugares donde los fieles pertenecientes a estos grupos pueden reunirse para la celebración de la Eucaristía (no en las iglesias parroquiales y sin erigir nuevas parroquias personales)». La exclusión de la iglesia parroquial pretende afirmar que la celebración eucarística según el rito precedente, al ser una concesión limitada a dichos grupos, no forma parte de la vida ordinaria de la comunidad parroquial.
Esta Congregación, ejerciendo, para los asuntos de su competencia, la autoridad de la Santa Sede (cf. TC 7), puede conceder, a petición del Obispo diocesano, que la iglesia parroquial sea utilizada para la celebración según el Missale Romanum de 1962 sólo en el caso de comprobar la imposibilidad de utilizar otra iglesia, u oratorio o capilla. La valoración de esta imposibilidad debe hacerse con escrupulosa atención.
Además, dicha celebración no es oportuno que sea incluida en el horario de las Misas parroquiales, ya que a ella sólo participan los fieles que forman parte del grupo. Por último, evítese que coincidan con las actividades pastorales de la comunidad parroquial. Se entiende que, en el momento que haya otro lugar disponible, se retirará esta licencia.
En estas disposiciones no hay ninguna intención de marginar a los fieles vinculados a la forma celebrativa precedente: sólo pretenden recordarles que se trata de una concesión para proveer a su bien (en vista del uso común de la única lex orandi del Rito Romano) y no de una oportunidad para promover el rito precedente.
Traditionis custodes Art. 1. Libri liturgici a sanctis Pontificibus Paulo VI et Ioanne Paulo II promulgati, iuxta decreta Concilii Vaticani II, unica expressio “legis orandi” Ritus Romani sunt. Art. 8. Normae, dispositiones, concessiones et consuetudines antecedentes, quae conformes non sint cum harum Litterarum Apostolicarum Motu Proprio datarum praescriptis, abrogantur. |
A la pregunta propuesta:
Según las disposiciones del Motu Proprio Traditionis Custodes, ¿es posible celebrar los sacramentos con el Rituale Romanum y el Pontificale Romanum precedentes a la reforma litúrgica del Concilio Vaticano II?
Se responde:
Negativamente.
Sólo las parroquias personales erigidas canónicamente que, según cuanto dispone el Motu Proprio Traditionis Custodes, celebran con el Missale Romanum de 1962, están autorizadas por el Obispo diocesano a conceder la licencia para hacer uso del Rituale Romanum (última editio typica 1952) y no del Pontificale Romanum precedente a la reforma litúrgica del Concilio Vaticano II.
Nota explicativa.
El Motu proprio Traditionis custodes pretende restablecer en toda la Iglesia de Rito Romano una única e idéntica oración que exprese su unidad, según los libros litúrgicos promulgados por los santos Pontífices Pablo VI y Juan Pablo II, conforme a los decretos del Concilio Vaticano II y en línea con la tradición de la Iglesia.
El Obispo diocesano, como moderador, promotor y custodio de toda la vida litúrgica, ha de trabajar para que en su diócesis se vuelva a una forma celebrativa unitaria (cf. Papa Francisco, Carta a los Obispos de todo el mundo que acompaña el texto del Motu Proprio Traditionis custodes).
Esta Congregación, ejerciendo, para los asuntos de su competencia, la autoridad de la Santa Sede (cf. TC 7), retiene que, queriendo avanzar en la dirección indicada por el Motu Proprio, no se deba conceder la licencia para hacer uso del Rituale Romanum y del Pontificale Romanum precedentes a la reforma litúrgica, libros litúrgicos que, como todas las normas, instrucciones, concesiones y costumbres anteriores, han sido abrogados (cf. TC 8).
Sólo en las parroquias personales canónicamente erigidas que, según las disposiciones del Motu Proprio Traditionis Custodes, celebran con el Missale Romanum de 1962, el Obispo diocesano está autorizado a conceder, según su discernimiento, la licencia para hacer uso sólo del Rituale Romanum (última editio typica 1952) y no del Pontificale Romanum precedente a la reforma litúrgica del Concilio Vaticano II. Hay que recordar que la fórmula para el Sacramento de la Confirmación fue modificada para toda la Iglesia latina por san Pablo VI con la Constitución apostólica Divinæ consortium naturae (15 de agosto de 1971).
Tal disposición pretende subrayar la necesidad de afirmar claramente la orientación indicada por el Motu Proprio, que ve en los libros litúrgicos promulgados por los santos Pontífices Pablo VI y Juan Pablo II, en conformidad con los decretos del Concilio Vaticano II, la única expresión de la lex orandi del Rito Romano (cf. TC 1).
En la aplicación de cuanto ha sido dispuesto se ha de procurar acompañar a todos los vinculados con la forma celebrativa precedente hacia una plena comprensión del valor de la celebración en la forma ritual que nos ha sido entregada por la reforma del Concilio Vaticano II, por medio de una formación adecuada que permita descubrir cómo es testimonio de una fe inalterada, expresión de una eclesiología renovada, fuente primaria de espiritualidad para la vida cristiana.
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: § 1. certior fiat coetus illos auctoritatem ac legitimam naturam instaurationis liturgicae, normarum Concilii Vaticani II Magisteriique Summorum Pontificum non excludere; |
A la pregunta propuesta:
Si un presbítero, al que se le ha concedido el uso del Missale Romanum de 1962, no reconoce la validez y la legitimidad de la concelebración – negándose a concelebrar, en particular, en la Misa Crismal – ¿puede seguir beneficiándose de esta concesión?
Se responde:
Negativamente.
Sin embargo, antes de revocar la concesión de hacer uso del Missale Romanum de 1962, el Obispo procure entablar un diálogo fraterno con el presbítero; asegurarse que tal actitud no excluya la validez y la legitimidad de la reforma litúrgica, de los dictados del Concilio Vaticano II y del Magisterio de los Sumos Pontífices; y acompañarlo hacia la comprensión del valor de la concelebración, especialmente en la Misa Crismal.
Nota explicativa.
El art. 3 § 1 del Motu Proprio Traditionis custodes pide al obispo diocesano comprobar que los grupos que solicitan celebrar con el Missale Romanum de 1962 “no excluyan la validez y la legitimidad de la reforma litúrgica, de los dictados del Concilio Vaticano II y del Magisterio de los Sumos Pontífices”.
San Pablo recuerda con fuerza a la comunidad de Corinto que debe vivir la unidad como condición necesaria para poder participar en la mesa eucarística (cf. 1Cor 11, 17-34).
En la Carta enviada a los Obispos de todo el mundo para acompañar el texto del Motu Proprio Traditionis custodes el Santo Padre se expresa así: «Dado que “las acciones litúrgicas no son acciones privadas, sino celebraciones de la Iglesia, que es sacramento de unidad” (cf. Sacrosanctum Concilium, n. 26), deben realizarse en comunión con la Iglesia. El Concilio Vaticano II, al tiempo que reafirmó los vínculos externos de incorporación a la Iglesia – la profesión de fe, los sacramentos, la comunión –, afirmó con san Agustín que es condición para la salvación permanecer en la Iglesia no sólo “con el cuerpo”, sino también “con el corazón” (cf. Lumen Gentium, n. 14)».
El deseo explícito de no participar en la concelebración, especialmente en la Misa Crismal, parece expresar una falta, tanto de aceptación de la reforma litúrgica, como de comunión eclesial con el Obispo, requisitos necesarios para la concesión para celebrar con el Missale Romanum de 1962.
Sin embargo, antes de revocar la concesión de uso del Missale Romanum de 1962, el Obispo ofrezca al presbítero el tiempo necesario para un diálogo sincera sobre las motivaciones más profundas que le llevan a no reconocer el valor de la concelebración, especialmente en la Misa presidida por el Obispo, invitándolo a vivir en el gesto elocuente de la concelebración esa comunión eclesial que es condición necesaria para poder participar en la mesa del sacrificio eucarístico.
Traditionis custodes Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970: […] § 3. constituat, in loco statuto, dies quibus celebrationes eucharisticae secundum Missale Romanum a sancto Ioanne XXIII anno 1962 promulgatum permittuntur. His in celebrationibus, lectiones proclamentur lingua vernacula, adhibitis Sacrae Scripturae translationibus ad usum liturgicum ab unaquaque Conferentia Episcoporum approbatis; |
A la pregunta propuesta:
En la celebración eucarística que hace uso del Missale Romanum de 1962, ¿es posible utilizar para las lecturas el texto íntegro de la Biblia, eligiendo las perícopas indicadas en dicho Misal?
Se responde:
Afirmativamente.
Nota explicativa.
El art. 3 § 3 del Motu Proprio Traditionis Custodes establece que las lecturas sean proclamadas en lengua vernácula, utilizando las traducciones de la Sagrada Escritura para uso litúrgico, aprobadas por las respectivas Conferencias Episcopales.
Dado que los textos de las lecturas están contenidos en el propio Misal, y no existiendo, por lo tanto, el libro del Leccionario, para observar cuanto ha sido dispuesto en el Motu Proprio, se ha de recurrir necesariamente al libro de la Sagrada Escritura en la traducción aprobada por las Conferencias Episcopales para uso litúrgico, eligiendo las perícopas indicadas en el Missale Romanum de 1962.
No podrá ser autorizada ninguna publicación de Leccionarios en lengua vernácula que reproduzca el ciclo de lecturas del rito precedente.
Hay que recordar que el actual Leccionario es uno de los frutos más preciados de la reforma litúrgica del Concilio Vaticano II. La publicación del Leccionario, además de superar la forma “plenaria” del Missale Romanum de 1962 para volver a la antigua tradición de un libro correspondientes a cada ministerio, cumple el deseo expresado en Sacrosanctum Concilium, n. 51: «Para que la mesa de la palabra de Dios se prepare más abundantemente para los fieles, los tesoros de la Biblia deben abrirse más ampliamente para que, en un número determinado de años, la mayor parte de la Sagrada Escritura sea leída al pueblo».
Traditionis custodes Art. 4. Presbyteri ordinati post has Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit. |
A la pregunta propuesta:
El Obispo diocesano, para poder conceder a los presbíteros ordenados después de la publicación del Motu Proprio Traditionis custodes celebrar con el Missale Romanum de 1962, ¿debe ser autorizado por la Sede Apostólica (cf. Traditionis custodes, n. 4)?
Se responde:
Afirmativamente.
Nota explicativa.
Il texto latino (que texto oficial de referencia), en el artículo 4, dice lo siguiente: «Presbyteri ordinati post has Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit».
No se trata de un mero parecer consultivo, sino de una autorización necesaria dada al Obispo diocesano por parte de la Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos, que ejerce, para los asuntos de su competencia, la autoridad de la Santa Sede (cf. Traditionis custodes, n. 7).
Sólo después de recibir esta licencia, el Obispo diocesano podrá autorizar a los presbíteros ordenados después de la publicación del Motu Proprio (16 de julio de 2021) a celebrar con el Missale Romanum de 1962.
Esta norma pretende ayudar al Obispo diocesano a fin de evaluar dicha solicitud: su discernimiento será debidamente tenido en cuenta por parte de la Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos.
El Motu Proprio expresa claramente la voluntad de reconocer como única expresión de la lex orandi del Rito Romano la contenida en los libros litúrgicos promulgados por los santos Pontífices Pablo VI y Juan Pablo II, conforme a los decretos del Concilio Vaticano II: es por tanto absolutamente deseable que los presbíteros ordenados después de la publicación del Motu Proprio compartan este deseo del Santo Padre.
Deseando caminar con solicitud en la dirección indicada por el papa Francisco, se anima a todos los formadores de los Seminarios a acompañar a los futuros diáconos y presbíteros en la comprensión y en la experiencia de la riqueza de la reforma litúrgica deseada por el Concilio Vaticano II: ésta ha sabido valorar todos los elementos del Rito Romano y ha favorecido –como esperaban los Padres Conciliares – esa participación plena, consciente y activa de todo el Pueblo de Dios en la liturgia (cf. Sacrosanctum Concilium, n. 14), fuente primaria de la auténtica espiritualidad cristiana.
Traditionis custodes Art. 5. Presbyteri, qui iam secundum Missale Romanum anno 1962 editum celebrant, ab Episcopo dioecesano licentiam rogabunt ad hanc facultatem servandam. |
A la pregunta propuesta:
La facultad de celebrar haciendo uso del Missale Romanum de 1962, ¿puede concederse ad tempus?
Se responde:
Afirmativamente.
Nota explicativa.
La opción de conceder el uso del Missale Romanum de 1962 por un tiempo definido – con la duración que el Obispo diocesano considerará oportuna – no sólo es posible sino también recomendable: la finalización del período definido ofrece la posibilidad de verificar que todo esté en armonía con la orientación establecida por el Motu Proprio. El resultado de esta verificación podrá proporcionar motivos para prolongar o suspender la concesión.
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A la pregunta propuesta:
La facultad concedida por el Obispo diocesano para celebrar haciendo uso del Missale Romanum de 1962, ¿vale sólo para el territorio de su diócesis?
Se responde:
Afirmativamente.
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A la pregunta propuesta:
En caso de ausencia o imposibilidad del sacerdote autorizado, ¿debe tener también una autorización formal quien lo sustituye?
Se responde:
Afirmativamente.
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A la pregunta propuesta:
Los diáconos y ministros instituidos que participan en la celebración haciendo uso del Missale Romanum de 1962, ¿tienen que tener la autorización del obispo diocesano?
Se responde:
Afirmativamente.
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A la pregunta propuesta:
Un presbítero que está autorizado para celebrar con el Missale Romanum de 1962 y que, a causa de su oficio (párroco, capellán, ...), celebra también los días feriales con el Missale Romanum de la reforma del Concilio Vaticano II, ¿puede binar haciendo uso del Missale Romanum de 1962?
Se responde:
Negativamente.
Nota explicativa.
El párroco o capellán que – en cumplimiento de su oficio – celebra los días feriales con el actual Missale Romanum, única expresión de la lex orandi del Rito Romano, no puede binar celebrando con el Missale Romanum de 1962, ni con un grupo ni privadamente.
No es posible conceder la binación dado que no existe “causa justa” o “necesidad pastoral” exigidos por el canon 905 § 2: no se niega en absoluto el derecho de los fieles a celebrar la Eucaristía, ya que se les ofrece la posibilidad de participar en la Eucaristía su forma ritual actual.
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A la pregunta propuesta:
Un presbítero que está autorizado a celebrar con el Missale Romanum de 1962, ¿puede celebrar el mismo día con el mismo Misal para otro grupo de fieles que ha recibido autorización?
Se responde:
Negativamente.
Nota explicativa.
No es posible conceder la binación dado que no existe “causa justa” o “necesidad pastoral” exigidos por el canon 905 § 2: no se niega en absoluto el derecho de los fieles a celebrar la Eucaristía, ya que se les ofrece la posibilidad de participar en la Eucaristía en su forma ritual actual.
© http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino.html - 18 dicembre 2021