Liturgia

L’inquietante potere del suono

Lingua-latinadi VINCENZO DEGREGORIO*
Teologia e Musica. Dialoghi di trascendenza:è il volume di Jordi A. Piquet (Milano, San Paolo, 2013, pagine 248, euro 24). L’impian-to generale del saggio segue un percorso che nella relazione tra i due termini intesi come teologia et musica, musica in theologia, theologia in musica e, in conclusione, postludium, costruisce la ricerca evidenziando innanzitut-to la teologia come esperienza di Dio e la seconda come esperienza estetica di Dio.
Entrambe portano una premessa: l’esperienza del mistero introdotta dalla percezione della presenza del divino nelle sue dimensio-ni simbolico-estetiche. Il lavoro di Piquet evidenzia quanto possano apportarsi recipro-camente le due attività, quanto si può capire e apprendere di ciascuna di esse e, infine, quale caratteristica le rende linguaggi di per-cezione e come interpretare la loro relazione. Nell’analisi del rapporto tra teologia e musica, Piquet si pone nella prospettiva del-la storia di entrambe, iscritta nella Chiesa e nella cultura occidentale. Nello sviluppo di entrambe, bisogna, poi, tener conto della cultura che ha creato l’esperienza di Israele in rapporto con la musica. In particolare, da Israele la Chiesa delle origini ha mutuato ripugnanza per la musica “pura”. D’altra parte quello della musica “pura” è certamente fenomeno moderno. Non solo. Ma anche i musicisti ai quali, in particolare, Piquet si riferisce per sviluppare le sue considerazioni su, Thomás Luis da Victoria, Arnold Schonberg e Olivier Messaen, sono tra loro molto distanti per l’uso della musica esclusivamente a servizio della liturgia da parte del primo e intorno e ispi-rato dalla Scrittura dagli altri due. L’approccio biblico-teologico esordisce con un significativo “potrebb e” dell’autore: la sintonia tra teologia e musica «potrebbe costituire una via, un percorso in cui riconoscere la rilevanza misterico/simbolica della presenza divina». Quale la possibile via perché tale potenzialità possa esplicitarsi? Il «di più costituito dalla musica, elemento essen-ziale per la comprensione dell’esperienza del mistero» . È questo un tema dimenticato, che, però, ha ricevuto attenzione da grandi menti di profonda intuizione, e il percorso segnato da Piquet porta all’incontro con sant’Agostino, santa Ildegarda, san Bernardo e, infine, con Hans Urs von Balthasar. In una visione for-temente segnata di idealità, l’autore sottoli-nea come i teologi abbiano cercato di espri-mersi sull’ineffabile e sulla sua percezione e comunicabilità intese come mistero e, dal canto loro, i musicisti lo abbiano espresso nel loro linguaggio particolare in maniera criptica, a volte universale, fornendo, però lo strumento e la chiave di accesso alla com-prensione più alta per una persona: percepi-re un barlume del Mistero esteticamente ri-velato. In questo ambito Piquet frequente-mente usa l’espressione «quasi sacramenta-le», applicata alla musica. La musica, dunque, possibile luogo di una teologia estetico-sacramentale, o, forse, primordiale? Agostino, con l’esperienza del-la musica sensus intellectusque particep, crea il primo collegamento tra musica e culto, e si allontana dalla filosofia del tempo che non riconosceva alla musica un carattere spiritua-le e piuttosto la concepiva come motore del-le passioni inferiori. Quel contesto ancora concepiva la musica come ufficio “servile”, ma Agostino crea, per primo, il collegamen-to cosmico della lode in musica laudet lin-gua, laudet vita, se habeat charitatem infini-tam, definisce il canto come esperienza «ec-clesiogenetica» ed esercitando il ministero episcopale partendo dal canto dei Salmi, giungerà alla concezione globale «lineare e armonica della musica come sacramento di trascendenza». In contesto frutto di secoli di sedimentazione e di esperienze sia teologiche sia musicali, von Balthasar, attin-gendo alla sua vasta cultu-ra letteraria, umanistica e musicale, avendo sullo sfondo Bach e Mozart, af-fronta «l’inquietante pote-re che ha l’estetico: potere di attrazione che assorbe». Jordi Piquet, introducen-dosi nel pensiero del teo-logo tedesco, vi coglie una riflessione: la teologia dog-matica è sprofondata in grande rigidità e astrazio-ne, perché si è legata e sottomessa alle categorie della verità e della bontà dimenticando la bellezza. Il vero musicista è an-che teologo in quanto l’ascolto sia dell’ispirazio-ne sia della recezione, non è mai pura recettività: è anche «prendersi cura, agi-re nel profondo, porre in ordine e armonia", vero effetto di un linguaggio. Per questi motivi il canto cristiano «deve trovare il suo posto nell’ambito celebrativo e deve essere realiz-zato come azione sacra ed elemento liturgico di prim’ordine». Il musicale nella teologia di Joseph Ratzinger e in Crispino Valenziano cadenzano la conclusione della parte dedica-ta a musica in theologia. La riflessione sulla theologia in musica, in-vece, chiede al lettore di seguire il percorso offerto dalla scrittura musicale di Da Victoria osservando la sua opera come vox, cantus, Ve r b u m , di quella di Schonberg e del dram-ma della «in/comunicabilità della forma reve-lationis» e, infine, di Messiaen la musica-co-lore o la contemplazione del Mistero come rivelazione del senso. Non meraviglia se la conclusione del saggio di Jordi Piquet abbia titolo Postludium. Il termine squisitamente musicale, che indica la chiusa di un’opera come una necessaria appendice, volutamente assume i tratti della proposta: di apertura fenomenologica (l’emozio-ne come momento espe-rienziale), di apertura mu-sicologica (la musica come momento percettivo/senso-riale), di apertura teologi-ca (la musica come mo-mento teologico tra gli al-tri). La povertà dei dibatti-ti che più frequentemente agitano gli animi e che in-tervengono sulla musica della Chiesa e nella Chie-sa, avendone fatto solo una questione di forme e di stili maldestramente classificati in tradizioni e novità, emerge in tutta la sua drammatica evidenza dalla lettura del volume di Piquet. Egli osserva, infatti, "che manca una vera e propria teologia della musica nel contesto degli studi liturgici». Ancor più evidente è la condizione della musica nella liturgia alla luce della quasi inesistente formazione che in questo ambito viene data ai futuri respon-sabili della attività pastorale e catechetica nella Chiesa italiana.

*Preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra

© Osservatore Romano - 7 marzo 2013