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Il Matrimonio e i ruoli nella coppia
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- Creato: 05 Giugno 2007
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"Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa,
lui che è il salvatore del suo corpo.
E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo,
così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunchè di simile, ma santa e immacolata.
Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo,
perché chi ama la propria moglie ama se stesso.
Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne;
al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa,
poiché siamo membra del suo corpo.
Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola.
Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!
Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso,
e la donna sia rispettosa verso il marito."(Ef. 5, 22-33)
L'apostolo Paolo di solito, da buon pastore delle comunità da lui fondate, iniziava le sue lettere con una parte teologica per poi scendere a sviluppare una parte "parenetica" e pastorale che potesse essere d'aiuto ai cristiani e alla costituzione gerarchica delle comunità interessate.
In questa lettera alla comunità di Efeso rispetta lo stesso iter e partendo dalla nota e stupenda Eulogia (Ef. 1,3ss "Benedetto sia Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo...") sviluppa un iter teologico-parenetico e poi pastorale sulla rettitudine della dottrina e del depositum-fidei e poi sull'obbedienza reciproca fondata nel timore di Cristo. Il timore di Cristo è per Paolo non solo una virtù morale e un dono dello Spirito ma innanzitutto l'esperienza di Gesù in tutto e per tutto obbediente al Padre.
Per comprendere il retto significato dell'obbedienza cristiana rimando alla sezione catechesi.
Tuttavia in questa lettera compie un'improvvisa "sterzata" al cap V.
Dalla parenesi, dalla norma morale e l'indicazione pastorale torna alla teologia dogmatica vera e propria in un "unicum" sul matrimonio che non si riscontra così denso e potente in altri scritti neo-testamentari.
Inutilmente, infatti, la teologia filo-femminista a partire dagli anni 70 ha cercato di ridimensionare questa Parola di Paolo sulla donna, sull'uomo e sul matrimonio. Erratamente si è considerato tale insegnamento dell'apostolo come una norma pastorale soggetta al mutamento dei tempi e delle epoche; l'apostolo è chiaro dicendo: " ..in riferimento a Cristo e alla Chiesa"; qui si entra nel dogma sacramentale e quindi nella teologia del simbolo; teologia ineludibile per una retta conceptio del Matrimonio.
Certo che quando si parla di obbedienza in tutto della donna verso l'uomo vengono magari in mente tutti gli abusi despotici e violenti del "maschio"; ma non è questo il senso della Parola di Dio che tra l'altro va letta nel suo intero. E' bene infatti ricordare che la Parola di Dio va letta nella fede, nel magistero e nella tradizione della Chiesa e che al di fuori di questo contesto non può essere rettamente capita. La fede e il magistero, infatti, diventano "l'occhiale e il correttivo" con cui leggere la Parola che Dio ha indirizzato all'umanità attraverso l'apostolo.
Quando infatti c'è la fede, rettamente illuminata dalla tradizione e dal magistero ecclesiale, ciò che è incomprensibile e magari ostico diventa chiaro e percorribile perché la Parola ha in se stessa la capacità di donare a chi legge la luce e la potenza di compiere ciò che indica nello Spirito Santo.
L'apostolo non fa altro che ricordare ed esplicitare l'insegnamento di Gesù che innalza la relazione tra l'uomo e la donna a sacramento e che assume, oltre la sua dimensione misterica, anche una fondamentale dimensione simbolica.
Il sacramento è infatti anche simbolo, segno e significante cioè riporta ad una realtà più grande ed escatologica, legata non solo al presente ma anche ai tempi ultimi. Infatti pensare che S. Paolo abbia innalzato esclusivamente lo stato di verginità a stato escatologico vuol dire non capire il senso né dell'affermazione di Gesù sul matrimonio né quella dell'apostolo e depauperare la rivelazione di un importante tassello sull'identità del Regno di Dio. Infatti il Regno di Dio come dedizione e polarizzazione verso di Lui e di comunione con i fratelli è sostanzialmente una realtà sponsale e le due vocazioni, sia quella della verginità che quella del matrimonio hanno pari dignità e sono pertanto complementari perché entrambe hanno bisogno di "ricordare" le nozze eterne tra Dio e l'umanità anche se in tipologie esistenziali diverse.
Nel Paradiso infatti, trasfigurati i legami della carne, avremo tutti e fra di noi un rapporto sponsale proprio perché tutti saremo uno con la Trinità e uno fra noi per Lui. Proprio nella preghiera sacerdotale Gesu chiede (Gv. 17) al Padre che noi possiamo essere uno come Lui è uno con il Padre. E questo essere uno, comunque lo si voglia mettere, è, sostanzialmente, anche se in una forma per noi non comprensibile, una realtà sponsale!
La valenza simbolica e significante del matrimonio sta proprio qui.
Se si scorre un pochino la storia dell'umanità si vede come le società matriarcali hanno fallito il loro scopo societario e questo non per una superiorità dell'uomo sulla donna, piuttosto per una difficoltà simbolica che esse trasmettono.
La visione matriarcale così come la spiritualità legata all'induismo o al buddismo ci fanno passare da una trascendenza ad una immanenza mancando un "tu" e mancando un "tu" donante.
La visione cristiana della donna obbediente al marito in tutto sta proprio nella necessità ontologica e psico attitudinale di questa necessità:
la donna è colei che accoglie il seme per generare; è la terra, è l'umanità;
l'uomo è colui che dona il seme e partecipa del dono della vita; è la pioggia che irrora la terra, è segno di Cristo che dona la grazia.
Allontanarsi da questa visione non è solo problema morale e sociale ma soprattutto di confusione simbolica e di scivolamento verso visioni panteistiche o immanentistiche della sfera religiosa, così di moda ai nostri giorni. Però come detto dall'inizio senza la fede non si comprende questa Parola che rimane (come altrove del resto) chiusa e magari ostile e maschilista.
Non solo, ma occorre anche che siano sistemate le aree vocazionali e affettive personali.
Difficilmente un giovane o una giovane centreranno il significato di questa parola e l'ininterrotto significato che le dona la tradizione e il magistero della Chiesa, se prima non hanno "ordinato" dentro di sé - con un fecondo cammino di direzione spirituale e di discernimento vocazionale - il proprio posto nel mondo.
Senza dubbio la "rivoluzione" femminista (che ancora deve fare molta strada per le pari opportunità e i diritti delle donne ma anche per purificarsi da tante deviazioni a-femminili) ha, in contesto di forte evoluzione dei ruoli della famiglia, contribuito a generare non poche confusioni.
La dove il femminismo è un maschilismo al femminile,
un perpetuarsi della sindrome dell'amazzone ferita,
della donna "fallica" in perenne conflitto con il maschio (proprio perché in conflitto con il padre o con la propria femminilità);
dove non c'è la riscoperta della propria dignità ma dell'assumere ruoli di potere dopo lo strapotere del "maschio" nella storia;
beh, proprio in questi casi tale parola non può essere facilmente accettata ma questo non è un problema né culturale, né generazionale è innanzitutto un problema di fede e di carattere affettivo.
Una difficoltà duplice che tocca sia la maturazione spirituale che affettivo-vocazionale sia dell'uomo che della donna.
Il magistero di Giovanni Paolo II, nell'importante accento che ha dato alla donna, con interventi ordinari (vd le catechesi sul Genesi) sia straordinari, con la Mulieris Dignitatem, ha voluto sottolineare l'aspetto della dignità della donna, in riferimento a Maria, ed ha voluto dare una risposta cattolica al disordine generato dalle correnti femministe.
Insomma Giovanni Paolo II ha desiderato, in linea con l'azione di Madre e Maestra della Chiesa, porre in atto un'azione pastorale volta a cogliere gli aspetti positivi del movimento femminista già insiti e presenti nella tradizione della Chiesa e nella Parola di Dio. Non solo, ma ha sottolineato la sempre presente dimensione comunionale e paritetica della coppia, in riferimento alla SS. ma Trinità. Tuttavia questa pari dignità e dimensione comunionale non elude i "ruoli" nella coppia, anzi li preclude, così come accade nella SS. ma Trinità. Nella immensa tradizione della Chiesa sono sempre presenti questi aspetti via via traducibili: la donna ha la stessa dignità dell'uomo e la comune vocazione alla santità nel Timore di Cristo; la donna è chiamata con l'uomo a compiere una chiamata sponsale alla comunione e alla fecondità. Quest'ultimo aspetto include le due valenze armonizzate, quella della comunione e di una gerarchia interna di ruoli.
Ma tornando a ciò che ci dice l'apostolo Paolo, egli, parlando di obbedienza della donna non parla di differente dignità tra lei e l'uomo ma solo, appunto, di ruoli differenti; l'apostolo Paolo completa infatti l'insegnamento con un compito ed una responsabilità non da poco dicendo che l'uomo deve amare la propria moglie come Cristo ama la Chiesa e dare la vita per lei.
Il teologo italo tedesco Romano Guardini nel suo famoso saggio "introduzione alla preghiera" ricordava infatti che non vi è differenza di dignità tra Cristo e il Padre anche se è Cristo che obbedisce a Suo Padre.
Tale chiarezza di ruoli diventa, nel matrimonio cristiano, fondamentale per una retta gestione dell'educazione e dell'identità psico-sessuale dei figli e della capacità di un figlio di cogliere il senso della trascendenza.
La moglie obbedisce al marito, entrambi obbediscono a Cristo e alla Sua Parola.
Questo aiuta il figlio a cogliere l'esatto valore dell'identità sessuale e del senso della trascendenza; a superare il senso di colpa trasformandolo in "coscienza di colpa" e a far maturare responsabilmente la sua vita in un'ottica di chiarezza vocazionale.
Certamente tra moglie e marito esiste non solo una comune obbedienza verso Dio ma anche reciproca; ciò non toglie che l'uomo è chiamato ad essere il custode della famiglia stessa e ad esserne lo stimolo decisionale definitivo. Il punto di sintesi. Questo ruolo va sempre purificato perché la fragilità del peccato è sempre alle porte e da un ruolo che è offerta di sé e servizio, facilmente possono nascere abusi e despotismi. Ma questo contravverrebbe al sigillo che Dio, per Paolo, dona dicendo: "E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunchè di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito." (Ef. 5, 25-32)
La "crisi" attuale della figura paterna, del Padre, si colloca in questo drammatico fraintendimento ideologico sui ruoli dell'uomo e della donna sia nel contesto sociale attuale, sia in quello spirituale. L'accento monotematico sulla comunione e sulla pari signità tra uomo e donna senza considerare, nel contempo, l'interna gerarchia di ruoli, anzitutto simbolici, è una pericolosissima deriva ideologica che può portare a danni incalcolabili dal punto di vista spirituale e sociale.
Non c'è "fascismo" peggiore di quello dell'anarchia e la crisi del "padre" e l'enfasi errata di uno sbagliato "femminino" non fa che alimentare il dilagante narcisismo in cui siamo immersi del "vero per me", "buono per me", l'attenuarsi sincero della ricerca della Verità e dell'accoglienza della Verità. Aumenta l'inadeguatezza vocazionale e il filtro soggettivistico alla Parola di Dio, compresa, ovviamente, questa Parola scomoda sul Matrimonio.
Ripetiamo però che il comprendere autenticamente questa parola non è possibile senza la fede e senza un ordine vocazionale previo di vita personale vissuta.
Ora poiché nella realtà ci allontaniamo spesso dall'indicazione Paolina e da questa visione dogmatico-simbolica
occorre, nella fede, ritornarci di frequente e, anche in questo caso, chi ha più sapienza (tra moglie e marito) la usi.
Inoltre ciò che risalta ancora da questa Parola così bella ed esigente è sia la Desatellizzazione, sia una necessaria forte pre e post-evangelizzazione.
Desatellizzazione perché senza questa non c'è coppia proprio perché non c'è identità del singolo.
Solo colui che è autonomo, desatellizzato si possiede e si può donare. E sappiamo benissimo che essere desatellizzati non vuol dire essere soltanto autonomi dalla propria famiglia di origine ma avere superato tutte le dipendenze e trasferenze e ferite genitoriali in una forma accettabile, cosa assai rara, non solo per la difficoltà ma per ignoranza e per comodo.
Non ci dilunghiamo sui "vitellonaggi" i "mammismi", i conflitti con la figura del padre e della madre da parte della donna e dell'uomo. Tutti siamo in qualche maniera feriti ma avere la consapevolezza delle proprie ferite supportate da una forte autonalisi (che necessita dunque di un confronto psico-spirituale appropriato) e da una ricca vita di grazia aiuta a porre il terreno per una sana vita di coppia.
Non sempre si "sceglie" l'altro perché si è innamorati nel senso più autentico e non trasferienziale della parola ma piuttosto perché tutti fanno così, perché si è spinti dall'abitudine, perché non si può star bene sufficientemente da soli, perché l'altro non è un dono di Dio per me e dunque si cerca l'altro per cercare una dipendenza ed una conferma alle proprie narcistiche isterie ed insicurezze.
L'altro non è un bene in sé e non è buono in sé ma è "sfruttato" per ottenere una drammatica espansione del mio ego; così come appare chiaro nella truffa dell'iper citato mito di Tristano ed Isotta, usato ovunque dalla letteratura contemporanea di telenovelas, film, grandi fratelli, reality, ecc.
Legata strettamente a questa dimensione psico affettiva c'è la dimensione spirituale.
Spesso si arriva al matrimonio sacramentale non con una coscienza battesimale adulta ma con tanti motivi dissonanti e gravi nella preparazione alla vocazione sponsale; quali:
abitudine
fidanzamenti protratti all'infinito
visione borghese dell'apparire e della stabilità economica
pressione sociale
matrimonio sfarzosamente e formalmente ben celebrato (magari per far piacere ai genitori!)
matrimonio celebrato in Chiesa per commozione formale e non per vocazione sostanziale
infedeltà congenita o prossima al sacramento (che rende nullo il sacramento)
pronunciare le promesse matrimoniali con il desiderio interiore in realtà di renderle nulle quando si vuole,
la inesistente consapevolezza nella fede di ciò che si sta per compiere, ecc (si veda a tale proposito i canoni del CDC nn 1055 e susseguenti).
Ponendoci in "presuntio iuri" lascio ai teologi del Diritto il capire se queste visioni sono, e quando lo sono, poi così gravi da rendere nullo un matrimonio. A volte, duole dirlo, ma drammaticamente lo sono, qui la pastorale familiare deve lavorare non poco.
Talvolta infatti, la ricerca onesta e nella verità di una dichiarazione di nullità matrimoniale nasce da un desiderio vero e profondo di vivere la vocazione matrimoniale secondo la Parola di Gesù.
Purtroppo troppo spesso, inefficacemente, si pone come minimum il sacramento della Cresima, la confessione, l'Eucarestia e i corsi pre-matrimoniali.
All'uomo e la donna che affrontano i corsi pre-matrimoniali occorre spesso una pre-evangelizzazione che per rispettare il sacramento e loro stessi non può durare poche settimane ma anni di continua verifica e gioiosa vita di fede e conversione.
Questa è infatti la grazia del fidanzamento.
Come si può altrimenti capire che prima di sposarsi tra loro l'uomo e la donna sono sposi di Cristo?
Come potrà la coppia capire che il loro primo figlio non è quello generato nella carne ma è innanzitutto Gesù?
Come potrà la coppia capire il valore dell'eucarestia come rendimento di grazie, gioia, dono e offerta?
Come potranno gli sposi dirsi "ti amo, tu sei la carne di Cristo per me" ed io desidero essere "mangiato" da te, ogni giorno?
Come potrà la coppia capire la fedeltà che nasce dalla fedeltà di Cristo; Gesù, il quale, anche se lo tradisci, lo calpesti e lo rinneghi, lui rimane sempre fedele a te e all'amore verso di te?
Come potrà la coppia aprirsi alla missionarietà feconda non solo con i propri figli ma con la comunità circostante?
La mancanza di condizioni previe di formazione cristiana (nel senso più ampio della parola "formazione") rischia di immettere le coppie in situazioni "capestro" che possono sfociare in una "teologia crucis" errata oppure in famiglie dolorosamente sfasciate oppure borghesamente unite e accomodate e quindi morte, fallite. O magari divise di fatto anche se formalmente unite. Chi ci rimette poi sono i piccoli, i figli.
Anche qui come altrove è meglio prevenire che curare.
Le condizioni per dichiarare nullo un matrimonio o per "restaurarlo" nella fede sono sempre delicate, lunghe e dolorose.
Parliamo infatti di dichiarazione di nullità e non di scioglimento perché vista la bellezza e la grandiosità della vocazione nemmeno la Chiesa può sciogliere alcun matrimonio (se non nel caso incompiuto di rato-non consumato) proprio secondo le parole di Gesù: "non separi l'uomo ciò che Dio ha unito!".
Ecco perché la Chiesa non scioglie ma, in estrema ratio, dichiara nullo, cioè mai esistito nella sua sostanza. E questa è materia tanto delicata nella sua teologia e nella sua prassi che non possiamo affrontarla in poche righe se non altro per il rispetto di coloro che vivono situazioni e drammi umani indicibili.
Tuttavia prima di parlare di dichiarazione di nullità del sacramento dovremmo parlare di "sacramento legato". Cosa vuol dire?
Significa che la sostanza del sacramento c'è a tutti gli effetti ma è appunto bloccato, legato, fermo da tante questioni di immaturità umana e di fede. Perché?
Perché in realtà vi è legato sia il cammino battesimale sia il cammino di autocoscienza umana dei singoli elementi della coppia.
Vista l'importanza del matrimonio sia per la comunità cristiane che per la società, è impegno di ogni cristiano, laico o presbitero, salvaguardare questo valore così prezioso con la pazienza, l'evangelizzazione e i supporti psicologici che oramai la psicologia cristiana fornisce. E' infatti delittuoso liquidare le situazioni difficili con visioni di croce e di sopportazione senza prima non ascoltare, ascoltare, ascoltare e camminare insieme nella fede.
Ognuno di noi prima di cogliere la regola ha bisogno di cogliere la bellezza che la genera e la grazia che la motiva. Ognuno di noi ha il dovere di non giudicare mai le persone, che spesso vivono dei drammi inenarrabili, ma di far cogliere il valore non solo del senso di legge ma soprattutto di bellezza. Certo non è facile ed è una sfida nell'Amore per tutti, laici e presbiteri, Chiesa "docente e militante".
La pastorale dei matrimoni in difficoltà e delle persone separate è questione talmente delicata che tutti noi, laici e presbiteri, dobbiamo riconoscerci decisamente immaturi e approssimativi.
Da buoni matrimoni, infatti, non nascono solo buoni matrimoni ma anche splendide vocazioni alla verginità e al celibato; proprio la dove si capisce la bellezza, la trascendenza e la capacità di dono che nasce da un Matrimonio cristiano.
Il Matrimonio dunque nasce per essere "luogo del trascendente" e "luogo di trascendenza", palestra di maturazione umano e cristiana di tutti i suoi membri.
Il Matrimonio, nella sua ricchezza, è Epifania, cioè luminosa manifestazione di come Dio in Cristo ci ama e ha dato la vita per noi.
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