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Dignitas infinita
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- Creato: 08 Aprile 2024
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Dichiarazione Dignitas infinita
circa la dignità umana
Presentazione
Nel Congresso del 15 marzo del 2019, l’allora Congregazione per la Dottrina della Fede decise di avviare «la redazione di un testo evidenziando l’imprescindibilità del concetto di dignità della persona umana all’interno dell’antropologia cristiana e illustrando la portata e le implicazioni benefiche a livello sociale, politico ed economico, tenendo conto degli ultimi sviluppi del tema nell’ambito accademico e delle sue ambivalenti comprensioni nel contesto odierno». Un primo progetto al riguardo, elaborato con l’aiuto di alcuni Esperti nel corso dell’anno 2019, venne ritenuto insoddisfacente da una Consulta ristretta della Congregazione, svoltasi l’8 ottobre dello stesso anno.
Si procedette ad elaborare ex novo un’altra bozza del testo da parte dell’Ufficio Dottrinale, sulla base del contributo di diversi Esperti. La bozza venne presentata e discussa da una Consulta ristretta svoltasi il 4 ottobre del 2021. Nel gennaio 2022 la nuova bozza fu presentata nella Sessione Plenaria della Congregazione, durante la quale i Membri hanno provveduto ad abbreviare e semplificare il testo.
Il 6 febbraio del 2023, il nuovo testo emendato è stato valutato da una Consulta ristretta che ha proposto alcune ulteriori modifiche. La nuova versione è stata sottomessa alla valutazione della Sessione Ordinaria del Dicastero (Feria IV) il 3 maggio del 2023. I Membri hanno concordato che il documento, con alcune modifiche, poteva essere pubblicato. Il Santo Padre Francesco ha approvato i Deliberata di questa Feria IV nel corso dell’Udienza a me concessa il 13 novembre del 2023. In questa occasione, mi ha inoltre chiesto di evidenziare nel testo tematiche strettamente connesse al tema della dignità, come ad esempio il dramma della povertà, la situazione dei migranti, le violenze contro le donne, la tratta delle persone, la guerra ed altre. Per onorare al meglio tale indicazione del Santo Padre, la Sezione Dottrinale del Dicastero ha dedicato un Congresso all’approfondimento della lettera enciclica Fratelli tutti, che offre un’originale analisi ed approfondimento della questione della dignità umana “al di là di ogni circostanza”.
Con lettera datata 2 febbraio 2024, in vista della Feria IV del successivo 28 febbraio, è stata inviata ai Membri del Dicastero una nuova bozza del testo, notevolmente modificata, con la seguente precisazione: «questa ulteriore stesura si è resa necessaria per andare incontro ad una specifica richiesta del Santo Padre. Egli ha esplicitamente sollecitato a fissare meglio l’attenzione sulle attuali gravi violazioni della dignità umana nel nostro tempo, sulla scia dell’enciclica Fratelli tutti. L’Ufficio Dottrinale ha provveduto così a ridurre la parte iniziale […] e ad elaborare più dettagliatamente quanto indicato dal Santo Padre». La Sessione Ordinaria del Dicastero, in data 28 febbraio 2024, ha infine approvato il testo dell’attuale Dichiarazione. Nel corso nell’Udienza concessa a me insieme al Segretario della Sezione Dottrinale, Mons. Armando Matteo, in data 25 marzo 2024, il Santo Padre ha quindi approvato la presente Dichiarazione e ne ha ordinato la pubblicazione.
L’elaborazione del testo, protrattasi per cinque anni, permette di capire che ci si trova di fronte ad un documento che, per la serietà e la centralità della questione della dignità nel pensiero cristiano, ha avuto bisogno di un notevole processo di maturazione per arrivare alla stesura definitiva che oggi pubblichiamo.
Nelle prime tre parti, la Dichiarazione richiama fondamentali principi e presupposti teorici, al fine di offrire importanti chiarimenti che possono evitare le frequenti confusioni che si verificano nell’uso del termine “dignità”. Nella quarta parte, presenta alcune situazioni problematiche attuali in cui l’immensa e inalienabile dignità che spetta ad ogni essere umano non è adeguatamente riconosciuta. La denuncia di tali gravi e attuali violazioni della dignità umana è un gesto necessario, perché la Chiesa nutre la profonda convinzione che non si può separare la fede dalla difesa della dignità umana, l’evangelizzazione dalla promozione di una vita dignitosa, e la spiritualità dall’impegno per la dignità di tutti gli esseri umani.
Tale dignità di tutti gli esseri umani può, infatti, essere intesa come “infinita” (dignitas infinita), così come san Giovanni Paolo II affermò in un incontro con persone affette da certe limitazioni o disabilità,[1] al fine di mostrare come la dignità di tutti gli esseri umani vada al di là di ogni apparenza esteriore o di ogni caratteristica della vita concreta delle persone.
Papa Francesco, nell’enciclica Fratelli tutti, ha voluto sottolineare con particolare insistenza che questa dignità esiste “al di là di ogni circostanza”, invitando tutti a difenderla in ogni contesto culturale, in ogni momento dell’esistenza di una persona, indipendentemente da qualsiasi deficienza fisica, psicologica, sociale o anche morale. A questo riguardo, la Dichiarazione si sforza di mostrare che ci troviamo di fronte a una verità universale, che tutti siamo chiamati a riconoscere, come condizione fondamentale affinché le nostre società siano veramente giuste, pacifiche, sane e alla fine autenticamente umane.
L’elenco degli argomenti scelti dalla Dichiarazione non è certo esaustivo. I temi trattati sono, tuttavia, proprio quelli che permettono di esprimere vari aspetti della dignità umana che oggi possono essere oscurati nella coscienza di molte persone. Alcuni saranno facilmente condivisibili da diversi settori delle nostre società, altri di meno. Comunque, tutti ci sembrano necessari perché, nel loro insieme aiutano a riconoscere l’armonia e la ricchezza del pensiero sulla dignità che sgorga dal Vangelo.
Questa Dichiarazione non ha la pretesa di esaurire un argomento così ricco e decisivo, ma intende fornire alcuni elementi di riflessione che aiuteranno a tenerlo presente nel complesso momento storico in cui viviamo, affinché in mezzo a tante preoccupazioni e ansie non perdiamo la strada e non ci esponiamo a più laceranti e profonde sofferenze.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefetto
1. (Dignitas infinita) Una dignità infinita, inalienabilmente fondata nel suo stesso essere, spetta a ciascuna persona umana, al di là di ogni circostanza e in qualunque stato o situazione si trovi. Questo principio, che è pienamente riconoscibile anche dalla sola ragione, si pone a fondamento del primato della persona umana e della tutela dei suoi diritti. La Chiesa, alla luce della Rivelazione, ribadisce e conferma in modo assoluto questa dignità ontologica della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio e redenta in Cristo Gesù. Da questa verità trae le ragioni del suo impegno a favore di coloro che sono più deboli e meno dotati di potere, insistendo sempre «sul primato della persona umana e sulla difesa della sua dignità al di là di ogni circostanza».[2]
2. Di tale dignità ontologica e del valore unico ed eminente di ogni donna e di ogni uomo che esistono in questo mondo si è resa autorevole eco la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (10 dicembre 1948) da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.[3] Nel fare memoria del 75° anniversario di questo Documento, la Chiesa vede l’occasione per proclamare nuovamente la propria convinzione che, creato da Dio e redento da Cristo, ogni essere umano deve essere riconosciuto e trattato con rispetto e con amore, proprio in ragione della sua inalienabile dignità. Il summenzionato anniversario offre alla Chiesa anche l’opportunità per chiarire alcuni equivoci che sorgono spesso a riguardo della dignità umana e per affrontare alcune gravi e urgenti questioni concrete ad essa collegate.
3. Fin dall’inizio della sua missione, sulla spinta del Vangelo, la Chiesa si è sforzata di affermare la libertà e di promuovere i diritti di tutti gli esseri umani.[4] Negli ultimi tempi, grazie alla voce dei Pontefici, ha inteso formulare più esplicitamente tale impegno attraverso il rinnovato appello per il riconoscimento della dignità fondamentale che spetta alla persona umana. San Paolo VI ebbe a dire che «nessuna antropologia eguaglia quella della Chiesa sulla persona umana, anche singolarmente considerata, circa la sua originalità, la sua dignità, la intangibilità e la ricchezza dei suoi diritti fondamentali, la sua sacralità, la sua educabilità, la sua aspirazione ad uno sviluppo completo, la sua immortalità».[5]
4. San Giovanni Paolo II, nel 1979, durante la Terza Conferenza Episcopale Latinoamericana a Puebla, affermò: «la dignità umana rappresenta un valore evangelico, che non può essere disprezzato senza grave offesa del Creatore. Questa dignità viene conculcata, a livello individuale, quando non sono tenuti nel dovuto conto valori come la libertà, il diritto di professare la religione, l’integrità fisica e psichica, il diritto ai beni essenziali, alla vita. È calpestata, a livello sociale e politico, quando l’uomo non può esercitare il suo diritto di partecipazione, o viene sottoposta ad ingiuste e illegittime coercizioni o a torture fisiche o psichiche, ecc. […] Se la Chiesa si rende presente nella difesa o nella promozione della dignità dell’uomo, lo fa in conformità con la sua missione, che, pur essendo di carattere religioso e non sociale o politico, non può fare a meno di considerare l’uomo nel suo essere integrale».[6]
5. Nel 2010, davanti alla Pontificia Accademia della Vita, Benedetto XVI ha affermato che la dignità della persona è «un principio fondamentale che la fede in Gesù Cristo Risorto ha da sempre difeso, soprattutto quando viene disatteso nei confronti dei soggetti più semplici e indifesi».[7] In altra occasione, parlando a degli economisti, ha detto che «l’economia e la finanza non esistono per se stesse, esse non sono altro che uno strumento, un mezzo. Il loro fine è unicamente la persona umana e la sua piena realizzazione nella dignità. È questo l’unico capitale che è opportuno salvare».[8]
6. Fin dagli inizi del suo pontificato, Papa Francesco ha invitato la Chiesa a «confessare un Padre che ama infinitamente ciascun essere umano» ed a «scoprire che “con ciò stesso gli conferisce una dignità infinita”»,[9] sottolineando con forza che tale immensa dignità rappresenta un dato originario da riconoscere con lealtà e da accogliere con gratitudine. Proprio su tale riconoscimento ed accoglienza è possibile fondare una nuova coesistenza fra gli esseri umani, che declini la socialità in un orizzonte di autentica fraternità: unicamente «riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far rinascere fra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità».[10] Secondo Papa Francesco «questa sorgente di dignità umana e di fraternità sta nel Vangelo di Gesù Cristo»,[11] ma è pure una convinzione alla quale la ragione umana può arrivare attraverso la riflessione e il dialogo, dato che «se bisogna rispettare in ogni situazione la dignità degli altri, è perché noi non inventiamo o supponiamo tale dignità, ma perché c’è effettivamente in essi un valore superiore rispetto alle cose materiali e alle circostanze, che esige siano trattati in un altro modo. Che ogni essere umano possiede una dignità inalienabile è una verità corrispondente alla natura umana al di là di qualsiasi cambiamento culturale».[12] In verità, conclude Papa Francesco, «l’essere umano possiede la medesima dignità inviolabile in qualunque epoca storica e nessuno può sentirsi autorizzato dalle circostanze a negare questa convinzione o a non agire di conseguenza».[13] In tal orizzonte, la sua enciclica Fratelli tutti costituisce già una sorta di Magna Charta dei compiti odierni volti a salvaguardare e promuovere la dignità umana.
Un chiarimento fondamentale
7. Sebbene ora esista un consenso piuttosto generale sull’importanza ed anche sulla portata normativa della dignità e del valore unico e trascendente di ogni essere umano,[14] l’espressione “dignità della persona umana” rischia sovente di prestarsi a molti significati e dunque a possibili equivoci[15] e «contraddizioni che inducono a chiederci se davvero l’eguale dignità di tutti gli esseri umani […] sia riconosciuta, rispettata, protetta e promossa in ogni circostanza».[16] Tutto questo ci porta a riconoscere la possibilità di una quadruplice distinzione del concetto di dignità: dignità ontologica, dignità morale, dignità sociale ed infine dignità esistenziale. Il senso più importante è quello legato alla dignità ontologica che compete alla persona in quanto tale per il solo fatto di esistere e di essere voluta, creata e amata da Dio. Questa dignità non può mai essere cancellata e resta valida al di là di ogni circostanza in cui i singoli possano venirsi a trovare. Quando si parla di dignità morale ci si riferisce, invece, all’esercizio della libertà da parte della creatura umana. Quest’ultima, pur dotata di coscienza, resta sempre aperta alla possibilità di agire contro di essa. Facendo così, l’essere umano si comporta in un modo che “non è degno” della sua natura di creatura amata da Dio e chiamata all’amore degli altri. Ma questa possibilità esiste. Non solo. La storia ci attesta che l’esercizio della libertà contro la legge dell’amore rivelata dal Vangelo può raggiungere vette incalcolabili di male inferto agli altri. Quando questo accade, ci si trova davanti a persone che sembrano aver perduto ogni traccia di umanità, ogni traccia di dignità. Al riguardo, la distinzione qui introdotta ci aiuta a discernere proprio tra l’aspetto della dignità morale che può essere di fatto “perduta” e l’aspetto della dignità ontologica che non può mai essere annullata. Ed è proprio in ragione di quest’ultima che si dovrà con tutte le forze lavorare perché tutti coloro che hanno compiuto il male possano ravvedersi e convertirsi.
8. Restano ancora altre due accezioni possibili di dignità: sociale ed esistenziale. Quando parliamo di dignità sociale ci riferiamo alle condizioni sotto le quali una persona si trova a vivere. Nella povertà estrema, per esempio, quando non si danno le condizioni minime perché una persona possa vivere secondo la sua dignità ontologica, si dice che la vita di quella persona così povera è una vita “indegna”. Quest’espressione non indica in alcun modo un giudizio verso la persona, piuttosto vuole evidenziare il fatto che la sua dignità inalienabile viene contradetta dalla situazione nella quale è costretta a vivere. L’ultima accezione è quella di dignità esistenziale. Sempre più spesso si parla oggi di una vita “degna” e di una vita “non degna”. E con tale indicazione ci si riferisce a situazioni proprio di tipo esistenziale: per esempio, al caso di una persona che, pur non mancando apparentemente di nulla di essenziale per vivere, per diverse ragioni fa fatica a vivere con pace, con gioia e con speranza. In altre situazioni è la presenza di malattie gravi, di contesti familiari violenti, di certe dipendenze patologiche e di altri disagi a spingere qualcuno a sperimentare la propria condizione di vita come “indegna” di fronte alla percezione di quella dignità ontologica che mai può essere oscurata. Le distinzioni qui introdotte, in ogni caso, non fanno altro che ricordare il valore inalienabile di quella dignità ontologica radicata nell’essere stesso della persona umana e che sussiste al di là di ogni circostanza.
9. Giova qui, infine, ricordare che la definizione classica della persona come «sostanza individuale di natura razionale»[17] esplicita il fondamento della sua dignità. Infatti, in quanto “sostanza individuale”, la persona gode della dignità ontologica (cioè a livello metafisico dell’essere stesso): essa è un soggetto che, ricevendo da Dio l’esistenza, “sussiste”, vale a dire esercita l’esistenza in modo autonomo. La parola “razionale” comprende in realtà tutte le capacità di un essere umano: sia quella di conoscere e comprendere che quella di volere, amare, scegliere, desiderare. Il termine “razionale” comprende poi anche tutte le capacità corporee intimamente collegate a quelle sopradette. L’espressione “natura” indica le condizioni proprie dell’essere umano che rendono possibili le varie operazioni ed esperienze che lo caratterizzano: la natura è il “principio dell’agire”. L’essere umano non crea la sua natura; la possiede come un dono ricevuto e può coltivare, sviluppare e arricchire le proprie capacità. Nell’esercitare la propria libertà per coltivare le ricchezze della propria natura, la persona umana si costruisce nel tempo. Anche se, a causa di vari limiti o condizioni, non è in grado di mettere in atto queste capacità, la persona sussiste sempre come “sostanza individuale” con tutta la sua inalienabile dignità. Questo si verifica, per esempio, in un bambino non ancora nato, in una persona priva di sensi, in un anziano in agonia.
1. Una progressiva consapevolezza della centralità della dignità umana
10. Già nell’antichità classica[18] si profila una prima intuizione a riguardo della dignità umana, che procede da una prospettiva sociale: ogni essere umano viene rivestito di una dignità particolare, secondo il suo rango ed all’interno di un determinato ordine. Dall’ambito sociale, la parola è passata a descrivere la differente dignità degli esseri presenti nel cosmo. In questa visione, tutti gli esseri possiedono una loro “dignità” propria, secondo la loro collocazione nell’armonia del tutto. Certamente, alcune vette del pensiero antico iniziano a riconoscere un posto singolare all’essere umano, in quanto dotato di ragione e quindi capace di assumersi una responsabilità riguardo a se stesso e agli altri esseri nel mondo,[19] ma siamo ancora lontani da un pensiero capace di fondare il rispetto della dignità di ogni persona umana, al di là di ogni circostanza.
11. La Rivelazione biblica insegna che tutti gli esseri umani possiedono una dignità intrinseca perché sono creati a immagine e somiglianza di Dio: «Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza” […] E Dio creò l’essere umano a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (Gen 1, 26-27). L’umanità ha una qualità specifica che la rende non riducibile alla pura materialità. L’“immagine” non definisce l’anima o le capacità intellettive bensì la dignità dell’uomo e della donna. Entrambi, nel loro mutuo rapporto di uguaglianza e vicendevole amore, espletano la funzione di rappresentare Dio nel mondo e sono chiamati a custodire e coltivare il mondo. Essere creati a immagine di Dio significa, pertanto, possedere in noi un valore sacro che trascende ogni distinzione sessuale, sociale, politica, culturale e religiosa. La nostra dignità ci viene conferita, non è né pretesa né meritata. Ogni essere umano è amato e voluto da Dio per sé stesso e quindi è inviolabile nella sua dignità. Nell’Esodo, cuore dell’Antico Testamento, Dio si mostra come colui che ascolta il grido del povero, vede la miseria del suo popolo, si prende cura degli ultimi e degli oppressi (cf. Es 3, 7; 22, 20-26). Si ritrova lo stesso insegnamento nel Codice deuteronomico (cf. Dt 12-26): qui l’insegnamento sui diritti si trasforma in “manifesto” della dignità umana, in particolare a favore della triplice categoria dell’orfano, della vedova e del forestiero (cf. Dt 24, 17). Gli antichi precetti dell’Esodo vengono richiamati e attualizzati dalla predicazione dei profeti, i quali rappresentano la coscienza critica di Israele. I profeti Amos, Osea, Isaia, Michea, Geremia hanno interi capitoli di denuncia dell’ingiustizia. Amos rimprovera aspramente l’oppressione del povero, il non riconoscere al misero nessuna fondamentale dignità umana (cf. Am 2, 6-7; 4, 1; 5, 11-12). Isaia pronuncia una maledizione contro coloro che calpestano i diritti dei poveri, negando loro ogni giustizia: «guai a coloro che fanno decreti iniqui e scrivono in fretta sentenze oppressive, per negare la giustizia ai miseri» (Is 10, 1-2). Questo insegnamento profetico è ripreso dalla letteratura sapienziale. Il Siracide equipara l’oppressione dei poveri all'omicidio: «uccide il prossimo chi gli toglie il nutrimento, versa sangue chi rifiuta il salario all’operaio» (Sir 34, 22). Nei Salmi, il rapporto religioso con Dio passa attraverso la difesa del debole e del bisognoso: «difendete il debole e l’orfano, al povero e al misero fate giustizia! Salvate il debole e l’indigente, liberatelo dalla mano dei malvagi!» (Sal 82, 3-4).
12. Gesù nasce e cresce in condizioni umili e rivela la dignità dei bisognosi e dei lavoratori.[20] Nel corso del suo ministero, Gesù afferma il valore e la dignità di tutti coloro che portano l’immagine di Dio, indipendentemente dalla loro condizione sociale e dalle circostanze esterne. Gesù ha abbattuto le barriere culturali e cultuali, ridando dignità alle categorie degli “scartati” o a quelle considerate ai margini della società: gli esattori delle tasse (cf. Mt 9, 10-11), le donne (cf. Gv 4, 1-42), i bambini (cf. Mc 10, 14-15), i lebbrosi (cf. Mt 8, 2-3), gli ammalati (cf. Mc 1, 29-34), i forestieri (cf. Mt 25, 35), le vedove (cf. Lc 7, 11-15). Egli guarisce, sfama, difende, libera, salva. Egli è descritto come un pastore sollecito per l’unica pecora smarrita (cf. Mt 18, 12-14). Egli stesso si identifica con i suoi fratelli più piccoli: «ciò che avrete fatto al più piccolo dei miei, l’avrete fatto a me» (Mt 25, 40). Nel linguaggio biblico, i “piccoli” non sono solo i bambini di età, ma i discepoli indifesi, i più insignificanti, i reietti, gli oppressi, gli scartati, i poveri, gli emarginati, gli ignoranti, i malati, i declassati dai gruppi dominanti. Il Cristo glorioso giudicherà in base all’amore verso il prossimo che consiste nell’aver assistito l’affamato, l’assetato, lo straniero, il nudo, l’ammalato, il carcerato, con i quali egli stesso si identifica (cf. Mt 25, 34-36). Per Gesù, il bene fatto a ogni essere umano, indipendentemente dai legami di sangue o di religione, è l’unico criterio di giudizio. L’apostolo Paolo afferma che ogni cristiano deve comportarsi secondo le esigenze della dignità e del rispetto dei diritti di tutti gli esseri umani (cf. Rm 13, 8-10), secondo il comandamento nuovo della carità (cf. 1Cor 13, 1-13).
Sviluppi del pensiero cristiano
13. Lo sviluppo del pensiero cristiano ha poi stimolato e accompagnato i progressi della riflessione umana sul tema della dignità. L’antropologia cristiana classica, basata sulla grande tradizione dei Padri della Chiesa, ha messo in rilievo la dottrina dell’essere umano creato ad immagine e somiglianza di Dio ed il suo ruolo singolare nella creazione.[21] Il pensiero cristiano medievale, vagliando criticamente l’eredità del pensiero filosofico antico, è pervenuto ad una sintesi della nozione di persona, riconoscendo il fondamento metafisico della sua dignità, come attestano le seguenti parole di san Tommaso d’Aquino: «la persona significa quanto di più nobile c’è in tutto l’universo, cioè il sussistente di natura razionale».[22] Tale dignità ontologica, nella sua manifestazione privilegiata attraverso il libero agire umano, è stata poi messa in risalto soprattutto dall’umanesimo cristiano del Rinascimento.[23] Anche nella visione di pensatori moderni, quali Cartesio e Kant, che pure hanno messo in discussione alcuni dei fondamenti dell’antropologia cristiana tradizionale, si possono avvertire con forza echi della Rivelazione. Sulla base di alcune riflessioni filosofiche più recenti circa lo statuto della soggettività teoretica e pratica, la riflessione cristiana è arrivata poi a sottolineare ancor più lo spessore del concetto di dignità, raggiungendo una prospettiva originale, come ad esempio il personalismo, nel XX secolo. Tale prospettiva non solo riprende la questione della soggettività, ma la approfondisce nella direzione dell’intersoggettività e delle relazioni che legano tra loro le persone umane.[24] Anche la proposta antropologica cristiana contemporanea si è arricchita del pensiero proveniente da quest’ultima visione.[25]
Tempi odierni
14. Ai nostri giorni, il termine “dignità” viene utilizzato prevalentemente per sottolineare il carattere unico della persona umana, incommensurabile rispetto agli altri esseri dell’universo. In questo orizzonte, si comprende il modo in cui viene usato il termine dignità nella Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1948, ove si parla «della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili». Solo questo carattere inalienabile della dignità umana consente di poter parlare dei diritti dell’uomo.[26]
15. Per chiarire meglio il concetto di dignità, è importante segnalare che la dignità non viene concessa alla persona da altri esseri umani, a partire da determinate sue doti e qualità, in modo che potrebbe essere eventualmente ritirata. Se la dignità fosse concessa alla persona da altri esseri umani, allora essa si darebbe in modo condizionato e alienabile, e lo stesso significato di dignità (per quanto meritevole di grande rispetto) rimarrebbe esposto al rischio di essere abolito. In realtà, la dignità è intrinseca alla persona, non conferita a posteriori, previa ad ogni riconoscimento e non può essere perduta. Di conseguenza, tutti gli esseri umani possiedono la medesima ed intrinseca dignità, indipendentemente dal fatto che siano in grado o meno di esprimerla adeguatamente.
16. Perciò il Concilio Vaticano II parla della «eminente dignità della persona umana, superiore a tutte le cose e i cui diritti e doveri sono universali e inviolabili».[27] Come ricorda l’incipit della Dichiarazione conciliare Dignitatis humanae, «gli esseri umani divengono sempre più consapevoli della propria dignità di persone e cresce il numero di coloro che esigono di agire di loro iniziativa, esercitando la propria responsabile libertà, mossi dalla coscienza del dovere e non pressati da misure coercitive».[28] Tale libertà di pensiero e di coscienza, sia individuale che comunitaria, è basata sul riconoscimento della dignità umana «quale l’hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione».[29] Lo stesso magistero ecclesiale ha maturato con sempre maggior compiutezza il significato di tale dignità, unitamente alle esigenze ed alle implicazioni ad esso connesse, giungendo alla consapevolezza che la dignità di ogni essere umano è tale al di là di ogni circostanza.
2. La Chiesa annuncia, promuove e si fa garante della dignità umana
17. La Chiesa proclama l’uguale dignità di tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro condizione di vita o dalle loro qualità. Questo annuncio si appoggia su una triplice convinzione, che, alla luce della fede cristiana, conferisce alla dignità umana un valore incommensurabile e ne rafforza le intrinseche esigenze.
18. Innanzitutto, secondo la Rivelazione, la dignità dell’essere umano proviene dall’amore del suo Creatore, che ha impresso in lui i tratti indelebili della sua immagine (cf. Gen 1, 26), chiamandolo a conoscerlo, ad amarlo ed a vivere in un rapporto di alleanza con sé e nella fraternità, nella giustizia e nella pace con tutti gli altri uomini e donne. In questa visione, la dignità si riferisce non solo all’anima, ma alla persona come unità inscindibile, e dunque inerisce anche al suo corpo, il quale partecipa a suo modo all’essere immagine di Dio della persona umana ed è chiamato anch’esso a condividere la gloria dell’anima nella beatitudine divina.
Cristo eleva la dignità dell’uomo
19. Una seconda convinzione procede dal fatto che la dignità della persona umana è stata rivelata in pienezza quando il Padre ha inviato il suo Figlio che ha assunto fino in fondo l’esistenza umana: «il Figlio di Dio, nel mistero dell’incarnazione ha confermato la dignità del corpo e dell’anima costitutivi dell’essere umano».[30] Così, unendosi in certo modo ad ogni essere umano attraverso la sua incarnazione, Gesù Cristo ha confermato che ogni essere umano possiede una dignità inestimabile, per il solo fatto di appartenere alla stessa comunità umana e che questa dignità non può mai essere perduta.[31] Proclamando che il Regno di Dio appartiene ai poveri, agli umili, a coloro che sono disprezzati, a coloro che soffrono nel corpo e nello spirito; guarendo ogni sorta di malattie e di infermità, anche le più drammatiche come la lebbra; affermando che ciò che viene fatto a queste persone viene fatto a lui, perché egli è presente in quelle persone, Gesù ha portato la grande novità del riconoscimento della dignità di ogni persona, ed anche e soprattutto di quelle persone che erano qualificate come “indegne”. Questo principio nuovo nella storia umana, per cui l’essere umano è tanto più “degno” di rispetto e di amore quanto più è debole, misero e sofferente, fino a perdere la stessa “figura” umana, ha cambiato il volto del mondo, dando vita a istituzioni che si prendono cura delle persone che si trovano in condizioni disagiate: i neonati abbandonati, gli orfani, gli anziani lasciati soli, i malati mentali, le persone affette da malattie incurabili o con gravi malformazioni, coloro che vivono per strada.
Una vocazione alla pienezza della dignità
20. La terza convinzione riguarda il destino finale dell’essere umano: dopo la creazione e l’incarnazione, la risurrezione di Cristo ci rivela un ulteriore aspetto della dignità umana. Infatti, «l’aspetto più sublime della dignità dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio»,[32] destinata a durare per sempre. In tal modo, «la dignità [della vita umana] non è legata solo alle sue origini, al suo venire da Dio, ma anche al suo fine, al suo destino di comunione con Dio nella conoscenza e nell’amore di Lui. È alla luce di questa verità che sant’Ireneo precisa e completa la sua esaltazione dell’uomo: “gloria di Dio” è, sì, “l’uomo che vive”, ma “la vita dell’uomo consiste nella visione di Dio”».[33]
21. Di conseguenza, la Chiesa crede e afferma che tutti gli esseri umani, creati ad immagine e somiglianza di Dio e ricreati[34] nel Figlio fatto uomo, crocifisso e risorto, sono chiamati a crescere sotto l’azione dello Spirito Santo per riflettere la gloria del Padre, in quella medesima immagine, partecipando alla vita eterna (cf. Gv 10, 15-16; 17, 22-24; 2 Cor 3, 18; Ef 1, 3-14). Infatti, «la Rivelazione […] fa conoscere la dignità della persona umana in tutta la sua ampiezza».[35]
Un impegno per la propria libertà
22. Pur possedendo ciascun essere umano un’inalienabile ed intrinseca dignità fin dall’inizio della sua esistenza come un dono irrevocabile, dipende dalla sua decisione libera e responsabile esprimerla e manifestarla fino in fondo oppure offuscarla. Alcuni Padri della Chiesa – come sant’Ireneo o san Giovanni Damasceno – hanno stabilito una distinzione tra l’immagine e la somiglianza di cui parla la Genesi, permettendo così uno sguardo dinamico sulla stessa dignità umana: l’immagine di Dio è affidata alla libertà dell’essere umano affinché, sotto la guida e l’azione dello Spirito, cresca la sua somiglianza con Dio e ogni persona possa arrivare alla sua più alta dignità.[36] Ogni persona è chiamata infatti a manifestare a livello esistenziale e morale la portata ontologica della sua dignità nella misura in cui con la sua propria libertà si orienta verso il vero bene, in risposta all’amore di Dio. Così, in quanto è creata ad immagine di Dio, da una parte, la persona umana non perde mai la sua dignità e mai smette di essere chiamata ad accogliere liberamente il bene; d’altra parte, in quanto la persona umana risponde al bene, la sua dignità può liberamente, dinamicamente e progressivamente manifestarsi, crescere e maturare. Ciò significa che l’essere umano deve anche cercare di vivere all’altezza della propria dignità. Si comprende allora in che senso il peccato possa ferire ed offuscare la dignità umana, come atto contrario ad essa, ma, nello stesso tempo, che esso non può mai cancellare il fatto che l’essere umano sia stato creato ad immagine di Dio. La fede, dunque, contribuisce in modo decisivo ad aiutare la ragione nella sua percezione della dignità umana, e nell’accoglierne, consolidarne e precisarne i tratti essenziali, come ha evidenziato Benedetto XVI: «senza il correttivo fornito dalla religione, infatti, anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall’ideologia, o applicata in un modo parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana. Fu questo uso distorto della ragione, in fin dei conti, che diede origine al commercio degli schiavi e poi a molti altri mali sociali, non da ultimo le ideologie totalitarie del ventesimo secolo».[37]
3. La dignità, fondamento dei diritti e dei doveri umani
23. Come già richiamato da Papa Francesco, «nella cultura moderna, il riferimento più vicino al principio della dignità inalienabile della persona è la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che san Giovanni Paolo II ha definito “pietra miliare posta sul lungo e difficile cammino del genere umano”, e come “una delle più alte espressioni della coscienza umana”».[38] Per resistere ai tentativi di alterare o cancellare il significato profondo di quella Dichiarazione, vale la pena ricordare alcuni principi essenziali che devono essere sempre onorati.
Rispetto incondizionato della dignità umana
24. In primo luogo, benché si sia diffusa una sempre maggiore sensibilità al tema della dignità umana, ancora oggi si osservano numerosi fraintendimenti del concetto di dignità, che ne distorcono il significato. Alcuni propongono che sia meglio usare l’espressione “dignità personale” (e diritti “della persona”) invece di “dignità umana” (e diritti dell’uomo), perché intendono come persona solo “un essere capace di ragionare”. Di conseguenza, sostengono che la dignità e i diritti si deducano dalla capacità di conoscenza e di libertà, di cui non sono dotati tutti gli esseri umani. Non avrebbe dignità personale, allora, il bambino non ancora nato e neppure l’anziano non autosufficiente, come neanche chi è portatore di disabilità mentale.[39] La Chiesa, al contrario, insiste sul fatto che la dignità di ogni persona umana, proprio perché intrinseca, rimane “al di là di ogni circostanza”, ed il suo riconoscimento non può assolutamente dipendere dal giudizio sulla capacità di intendere e di agire liberamente delle persone. Altrimenti la dignità non sarebbe come tale inerente alla persona, indipendente dai suoi condizionamenti e meritevole, pertanto, di un rispetto incondizionato. Solo riconoscendo all’essere umano una dignità intrinseca, che non può mai essere perduta, è possibile garantire a tale qualità un inviolabile e sicuro fondamento. Senza alcun riferimento ontologico, il riconoscimento della dignità umana oscillerebbe in balìa di differenti ed arbitrarie valutazioni. L’unica condizione, dunque, per poter parlare di dignità per sé inerente alla persona è la sua appartenenza alla specie umana, per cui «i diritti della persona sono i diritti dell’uomo».[40]
Un oggettivo riferimento per la libertà umana
25. In secondo luogo, il concetto di dignità umana, a volte, viene usato in modo abusivo anche per giustificare una moltiplicazione arbitraria di nuovi diritti, molti dei quali spesso in contrasto con quelli originalmente definiti e non di rado posti in contrasto con il diritto fondamentale della vita,[41] come se si dovesse garantire la capacità di esprimere e di realizzare ogni preferenza individuale o desiderio soggettivo. La dignità s’identifica allora con una libertà isolata ed individualistica, che pretende di imporre come “diritti”, garantiti e finanziati dalla collettività, alcuni desideri e alcune propensioni che sono soggettivi. Ma la dignità umana non può essere basata su standard meramente individuali né identificata con il solo benessere psicofisico dell’individuo. La difesa della dignità dell’essere umano è fondata, invece, su esigenze costitutive della natura umana, che non dipendono né dall’arbitrio individuale né dal riconoscimento sociale. I doveri che scaturiscono dal riconoscimento della dignità dell’altro e i corrispondenti diritti che ne derivano hanno dunque un contenuto concreto ed oggettivo, fondato sulla comune natura umana. Senza un tale riferimento oggettivo, il concetto di dignità viene di fatto assoggettato ai più diversi arbitrii, nonché agli interessi di potere.
Struttura relazionale della persona umana
26. La dignità umana, alla luce del carattere relazionale della persona, aiuta a superare la prospettiva riduttiva di una libertà autoreferenziale e individualistica, che pretende di creare i propri valori a prescindere dalle norme obiettive del bene e dal rapporto con gli altri esseri viventi. Sempre più spesso, infatti, vi è il rischio di limitare la dignità umana alla capacità di decidere discrezionalmente di sé e del proprio destino, indipendentemente da quello degli altri, senza tener presente l’appartenenza alla comunità umana. In tale comprensione errata della libertà, i doveri e i diritti non possono essere mutuamente riconosciuti di modo che ci si prenda cura gli uni degli altri. In verità, come ricorda san Giovanni Paolo II, la libertà è posta «al servizio della persona e della sua realizzazione mediante il dono di sé e l’accoglienza dell’altro; quando invece viene assolutizzata in chiave individualistica, la libertà è svuotata del suo contenuto originario ed è contraddetta nella sua stessa vocazione e dignità».[42]
27. La dignità dell’essere umano comprende così anche la capacità, insita nella stessa natura umana, di assumersi degli obblighi verso gli altri.
28. La differenza tra l’essere umano e il resto degli altri esseri viventi, che risalta grazie al concetto di dignità, non deve far dimenticare la bontà degli altri esseri creati, che esistono non solo in funzione dell’essere umano ma anche con un valore proprio, e pertanto come doni a lui affidati perché siano custoditi e coltivati. Così, mentre si riserva all’essere umano il concetto di dignità, si deve affermare allo stesso tempo la bontà creaturale del resto del cosmo. Come sottolinea Papa Francesco: «proprio per la sua dignità unica e per essere dotato di intelligenza, l’essere umano è chiamato a rispettare il creato con le sue leggi interne […]: “Ogni creatura ha la sua propria bontà e la sua propria perfezione [...] Le varie creature, volute nel loro proprio essere, riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio. Per questo l’uomo deve rispettare la bontà propria di ogni creatura, per evitare un uso disordinato delle cose”».[43] Ancora di più, «oggi siamo costretti a riconoscere che è possibile sostenere solo un “antropocentrismo situato”. Vale a dire, riconoscere che la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature».[44] In tale prospettiva, «non è irrilevante per noi che parecchie specie stiano scomparendo e che la crisi climatica stia mettendo in pericolo la vita di tanti esseri».[45] Appartiene, infatti, alla dignità dell’essere umano la cura dell’ambiente, tenendo conto in particolare di quell’ecologia umana che preserva la sua stessa esistenza.
Liberazione dell’essere umano da condizionamenti morali e sociali
29. Questi prerequisiti basilari, per quanto necessari, non bastano a garantire una crescita della persona coerente con la sua dignità. Anche se «Dio ha creato l’uomo ragionevole conferendogli la dignità di una persona dotata dell’iniziativa e della padronanza dei suoi atti»[46] in vista del bene, il libero arbitrio spesso preferisce il male al bene. Perciò la libertà umana ha bisogno di essere a sua volta liberata. Nella lettera ai Galati, affermando che «Cristo ci ha liberato affinché restassimo liberi» (Gal 5, 1), san Paolo richiama il compito proprio di ciascuno dei cristiani, sulle cui spalle incombe una responsabilità di liberazione che si estende al mondo intero (cf. Rm 8, 19ss). Si tratta di una liberazione che dal cuore delle singole persone è chiamata a diffondersi e a manifestare la sua forza umanizzante in tutte le relazioni.
30. La libertà è un dono meraviglioso di Dio. Anche quando ci attira con la sua grazia, Dio lo fa in modo tale che mai la nostra libertà sia violata. Sarebbe pertanto un grave errore pensare che, lontani da Dio e dal suo aiuto, possiamo essere più liberi e di conseguenza sentirci più degni. Sganciata dal suo Creatore, la nostra libertà non potrà che indebolirsi e oscurarsi. Lo stesso succede se la libertà si immagina come indipendente da ogni riferimento che non sia se stessa e avverte ogni rapporto con una verità precedente come una minaccia. Di conseguenza, anche il rispetto della libertà e della dignità degli altri verrà meno. Lo ha spiegato Papa Benedetto XVI: «Una volontà che si crede radicalmente incapace di ricercare la verità e il bene non ha ragioni oggettive né motivi per agire, se non quelli imposti dai suoi interessi momentanei e contingenti, non ha una “identità” da custodire e costruire attraverso scelte veramente libere e consapevoli. Non può dunque reclamare il rispetto da parte di altre “volontà”, anch’esse sganciate dal proprio essere più profondo, che quindi possono far valere altre “ragioni” o addirittura nessuna “ragione”. L’illusione di trovare nel relativismo morale la chiave per una pacifica convivenza, è in realtà l’origine della divisione e della negazione della dignità degli esseri umani».[47]
31. Non sarebbe, inoltre, realistico affermare una libertà astratta, esente da ogni condizionamento, contesto o limite. Invece, «il retto esercizio della libertà personale esige precise condizioni di ordine economico, sociale, giuridico, politico e culturale»,[48] che restano spesso disattese. In questo senso, possiamo dire che alcuni godono di maggiore “libertà” di altri. Su questo punto si è particolarmente soffermato Papa Francesco: «alcuni nascono in famiglie di buone condizioni economiche, ricevono una buona educazione, crescono ben nutriti, o possiedono naturalmente capacità notevoli. Essi sicuramente non avranno bisogno di uno Stato attivo e chiederanno solo libertà. Ma evidentemente non vale la stessa regola per una persona disabile, per chi è nato in una casa misera, per chi è cresciuto con un’educazione di bassa qualità e con scarse possibilità di curare come si deve le proprie malattie. Se la società si regge primariamente sui criteri della libertà di mercato e dell’efficienza, non c’è posto per costoro, e la fraternità sarà tutt’al più un’espressione romantica».[49] Risulta, quindi, indispensabile comprendere che «la liberazione dalle ingiustizie promuove la libertà e la dignità umana»[50] ad ogni livello e rapporto delle azioni umane. Perché sia possibile un’autentica libertà «dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno».[51] Analogamente, la libertà è frequentemente oscurata da tanti condizionamenti psicologici, storici, sociali, educativi, culturali. La libertà reale e storica ha sempre bisogno di essere “liberata”. E si dovrà, altresì, ribadire il fondamentale diritto alla libertà religiosa.
32. Nel contempo, è evidente che la storia dell’umanità mostra un progresso nella comprensione della dignità e della libertà delle persone, non senza ombre e pericoli di involuzione. Di ciò è testimonianza il fatto che vi è una crescente aspirazione – anche sotto l’influenza cristiana, che continua a essere fermento pure in società sempre più secolarizzate – a sradicare il razzismo, la schiavitù, l’emarginazione delle donne, dei bambini, dei malati e delle persone con disabilità. Ma questo arduo cammino è lungi dall’essere concluso.
4. Alcune gravi violazioni della dignità umana
33. Alla luce delle riflessioni sin qui fatte circa la centralità della dignità umana, questa ultima sezione della Dichiarazione affronta alcune concrete e gravi violazioni della stessa. Lo fa nello spirito proprio del magistero della Chiesa, che ha trovato piena espressione nell’insegnamento degli ultimi Pontefici, come già ricordato. Papa Francesco, per esempio, da una parte, non si stanca di richiamare il rispetto della dignità umana: «ogni essere umano ha diritto a vivere con dignità e a svilupparsi integralmente, e nessun Paese può negare tale diritto fondamentale. Ognuno lo possiede, anche se è poco efficiente, anche se è nato o cresciuto con delle limitazioni; infatti, ciò non sminuisce la sua immensa dignità come persona umana, che non si fonda sulle circostanze bensì sul valore del suo essere. Quando questo principio elementare non è salvaguardato, non c’è futuro né per la fraternità né per la sopravvivenza dell’umanità».[52] Dall’altra parte, egli non cessa mai di indicare a tutti le concrete violazioni della dignità umana nel nostro tempo, chiamando ciascuno ad un sussulto di responsabilità e di impegno fattivo.
34. Volendo indicare alcune delle numerose e gravi violazioni della dignità umana nel mondo contemporaneo, possiamo ricordare quanto ha insegnato al riguardo il Concilio Vaticano II. Si dovrà riconoscere che si oppone alla dignità umana «tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario».[53] Attenta altresì alla nostra dignità «tutto ciò che viola l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni psicologiche».[54] Ed infine «tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili».[55] Bisognerà pure qui menzionare il tema della pena di morte[56]: anche quest’ultima, infatti, viola la dignità inalienabile di ogni persona umana al di là di ogni circostanza. Si deve, al contrario, riconoscere che «il fermo rifiuto della pena di morte mostra fino a che punto è possibile riconoscere l’inalienabile dignità di ogni essere umano e ammettere che abbia un suo posto in questo mondo. Poiché, se non lo nego al peggiore dei criminali, non lo negherò a nessuno, darò a tutti la possibilità di condividere con me questo pianeta malgrado ciò che possa separarci».[57] Appare opportuno anche ribadire la dignità delle persone che si trovano in carcere, spesso costrette a vivere in condizioni indegne, e che la pratica della tortura contrasta oltre ogni limite la dignità propria di ogni essere umano, anche nel caso in cui qualcuno si fosse reso colpevole di gravi crimini.
35. Pur senza pretesa di esaustività, in ciò che segue richiamiamo l’attenzione su alcune gravi violazioni della dignità umana particolarmente attuali.
36. Uno dei fenomeni che contribuisce considerevolmente a negare la dignità di tanti esseri umani è la povertà estrema, legata all’ineguale distribuzione della ricchezza. Come già sottolineato da san Giovanni Paolo II, «una delle più grandi ingiustizie del mondo contemporaneo consiste proprio in questo: che sono relativamente pochi quelli che possiedono molto, e molti quelli che non possiedono quasi nulla. È l’ingiustizia della cattiva distribuzione dei beni e dei servizi destinati originariamente a tutti».[58] Inoltre, sarebbe illusorio fare una distinzione sommaria tra “Paesi ricchi” e “Paesi poveri”: già Benedetto XVI riconosceva, infatti, che «cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità. Nei Paesi ricchi nuove categorie sociali si impoveriscono e nascono nuove povertà. In aree più povere alcuni gruppi godono di una sorta di supersviluppo dissipatore e consumistico che contrasta in modo inaccettabile con perduranti situazioni di miseria disumanizzante. Continua “lo scandalo di disuguaglianze clamorose”»,[59] dove la dignità dei poveri viene doppiamente negata, sia per la mancanza di risorse a disposizione per soddisfare i loro bisogni primari, sia per l’indifferenza con cui sono trattati da coloro che vivono accanto a loro.
37. Con Papa Francesco si deve pertanto concludere che «è aumentata la ricchezza, ma senza equità, e così ciò che accade è che “nascono nuove povertà”. Quando si dice che il mondo moderno ha ridotto la povertà, lo si fa misurandola con criteri di altre epoche non paragonabili con la realtà attuale».[60] Di conseguenza, la povertà si diffonde «in molti modi, come nell’ossessione di ridurre i costi del lavoro, senza rendersi conto delle gravi conseguenze che ciò provoca, perché la disoccupazione che si produce ha come effetto diretto di allargare i confini della povertà».[61] Tra questi «effetti distruttori dell’Impero del denaro»,[62] si deve riconoscere che «non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro».[63] Se alcuni sono nati in un Paese o in una famiglia dove hanno meno possibilità di sviluppo, bisogna riconoscere che ciò è in contrasto con la loro dignità, che è esattamente la stessa di quelli che sono nati in una famiglia o in un Paese ricco. Tutti siamo responsabili, sebbene in diversi gradi, di questa palese iniquità.
38. Un’altra tragedia che nega la dignità umana è il portarsi della guerra, oggi come in ogni tempo: «guerre, attentati, persecuzioni per motivi razziali e religiosi, e tanti soprusi contro la dignità umana […] vanno “moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una ‘terza guerra mondiale a pezzi’”».[64] Con la sua scia di distruzione e dolore, la guerra attacca la dignità umana a breve e a lungo termine: «pur riaffermando il diritto inalienabile alla legittima difesa, nonché la responsabilità di proteggere coloro la cui esistenza è minacciata, dobbiamo ammettere che la guerra è sempre una “sconfitta dell’umanità”. Nessuna guerra vale le lacrime di una madre che ha visto suo figlio mutilato o morto; nessuna guerra vale la perdita della vita, fosse anche di una sola persona umana, essere sacro, creato a immagine e somiglianza del creatore; nessuna guerra vale l’avvelenamento della nostra Casa Comune; e nessuna guerra vale la disperazione di quanti sono costretti a lasciare la loro patria e vengono privati, da un momento all’altro, della loro casa e di tutti i legami familiari, amicali, sociali e culturali che sono stati costruiti, a volte attraverso generazioni».[65] Tutte le guerre, per il solo fatto di contraddire la dignità umana, sono «conflitti che non risolveranno i problemi, ma li aumenteranno».[66] Questo risulta ancora più grave nel nostro tempo, quando è diventato normale che, al di fuori del campo di battaglia, muoiano tanti civili innocenti.
39. Di conseguenza, anche oggi la Chiesa non può che fare sue le parole dei Pontefici, ripetendo con san Paolo VI: «jamais plus la guerre, jamais plus la guerre!»,[67] e chiedendo, insieme a san Giovanni Paolo II, «a tutti nel nome di Dio e nel nome dell’uomo: Non uccidete! Non preparate agli uomini distruzioni e sterminio! Pensate ai vostri fratelli che soffrono fame e miseria! Rispettate la dignità e la libertà di ciascuno!».[68] Proprio nel nostro tempo questo è il grido della Chiesa e di tutta l’umanità. Papa Francesco sottolinea, infine, che «non possiamo più pensare alla guerra come soluzione. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”. Mai più la guerra!».[69] Poiché l’umanità ricade spesso negli stessi errori del passato, «per costruire la pace è necessario uscire dalla logica della legittimità della guerra».[70] L’intima relazione che esiste tra fede e dignità umana rende contradittorio che la guerra sia fondata su convinzioni religiose: «coloro che invocano il nome di Dio per giustificare il terrorismo, la violenza e la guerra non seguono la via di Dio: la guerra in nome della religione è una guerra contro la religione stessa».[71]
Il travaglio dei migranti
40. I migranti sono tra le prime vittime delle molteplici forme di povertà. Non solo la loro dignità viene negata nei loro Paesi,[72] quanto la loro stessa vita è messa a rischio perché non hanno più i mezzi per creare una famiglia, per lavorare o per nutrirsi.[73] Una volta poi che sono arrivati in Paesi che dovrebbero essere in grado di accoglierli, «vengono considerati non abbastanza degni di partecipare alla vita sociale come qualsiasi altro, e si dimentica che possiedono la stessa intrinseca dignità di qualunque persona […] Non si dirà mai che non sono umani, però in pratica, con le decisioni e il modo di trattarli, si manifesta che li si considera di minor valore, meno importanti, meno umani».[74] È pertanto sempre urgente ricordare che «ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione».[75] La loro accoglienza è un modo importante e significativo di difendere «l’inalienabile dignità di ogni persona umana al di là dell’origine, del colore o della religione».[76]
41. La tratta delle persone umane deve anch’essa venire annoverata quale violazione grave della dignità umana.[77] Non costituisce una novità, ma il suo sviluppo assume dimensioni tragiche che sono sotto gli occhi di tutti, ragione per cui Papa Francesco l’ha denunciata in termini particolarmente forti: «ribadisco che la “tratta delle persone” è un’attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si dicono civilizzate! Sfruttatori e clienti a tutti i livelli dovrebbero fare un serio esame di coscienza davanti a sé stessi e davanti a Dio! La Chiesa rinnova oggi il suo forte appello affinché siano sempre tutelate la dignità e la centralità di ogni persona, nel rispetto dei diritti fondamentali, come sottolinea la sua Dottrina Sociale, diritti che chiede siano estesi realmente là dove non sono riconosciuti a milioni di uomini e donne in ogni Continente. In un mondo in cui si parla molto di diritti, quante volte viene di fatto calpestata la dignità umana! In un mondo dove si parla tanto di diritti sembra che l’unico ad averli sia il denaro».[78]
42. Per tali motivi, la Chiesa e l’umanità non devono rinunciare a lottare contro fenomeni quali «commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato. È tale l’ordine di grandezza di queste situazioni e il numero di vite innocenti coinvolte, che dobbiamo evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze. Dobbiamo aver cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli».[79] Di fronte a forme così diverse e brutali di negazione della dignità umana, è necessario essere sempre più consapevoli che «la tratta delle persone è un crimine contro l’umanità».[80] Nega in sostanza la dignità umana in almeno due modi: «la tratta, infatti, deturpa l’umanità della vittima, offendendo la sua libertà e dignità. Ma, al tempo stesso, essa disumanizza chi la compie».[81]
Abusi sessuali
43. La profonda dignità che inerisce all’essere umano nella sua interezza di animo e di corpo permette anche di comprendere perché ogni abuso sessuale lascia profonde cicatrici nel cuore di chi lo subisce: costui si sente, infatti, ferito nella sua dignità umana. Si tratta di «sofferenze che possono durare tutta la vita e a cui nessun pentimento può porre rimedio. Tale fenomeno è diffuso nella società, tocca anche la Chiesa e rappresenta un serio ostacolo alla sua missione».[82] Da qui l’impegno che essa non cessa di esercitare per porre fine ad ogni tipo di abuso, iniziando dal suo interno.
Le violenze contro le donne
44. Le violenze contro le donne sono uno scandalo globale, che viene sempre di più riconosciuto. Se nelle parole si riconosce l’uguale dignità della donna, in alcuni Paesi le diseguaglianze tra donne e uomini sono gravissime ed anche nei Paesi maggiormente sviluppati e democratici la realtà sociale concreta testimonia il fatto che spesso non si riconosce alle donne la stessa dignità degli uomini. Papa Francesco evidenzia questo fatto quando afferma che «l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio. È un fatto che “doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti”».[83]
45. Già san Giovanni Paolo II riconosceva che «molto ancora resta da fare perché l’essere donna e madre non comporti una discriminazione. È urgente ottenere dappertutto l’effettiva uguaglianza dei diritti della persona e dunque parità di salario rispetto a parità di lavoro, tutela della lavoratrice-madre, giuste progressioni nella carriera, uguaglianza fra i coniugi nel diritto di famiglia, il riconoscimento di tutto quanto è legato ai diritti e ai doveri del cittadino in regime democratico».[84] Le disuguaglianze in questi aspetti sono diverse forme di violenza. E ricordava anche che «è ora di condannare con vigore, dando vita ad appropriati strumenti legislativi di difesa, le forme di violenza sessuale che non di rado hanno per oggetto le donne. In nome del rispetto della persona non possiamo altresì non denunciare la diffusa cultura edonistica e mercantile che promuove il sistematico sfruttamento della sessualità, inducendo anche ragazze in giovanissima età a cadere nei circuiti della corruzione e a prestarsi alla mercificazione del loro corpo».[85] Tra le forme di violenza esercitate sulle donne, come non citare la costrizione all’aborto, che colpisce sia la madre che il figlio, così spesso per soddisfare l’egoismo dei maschi? E come non citare pure la pratica della poligamia la quale – come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica – è contraria alla pari dignità delle donne e degli uomini ed è altresì contraria «all’amore coniugale che è unico ed esclusivo»?[86]
46. In questo orizzonte di violenza contro le donne, non si condannerà mai a sufficienza il fenomeno del femminicidio. Su questo fronte l’impegno dell’intera comunità internazionale deve essere compatto e concreto, come ha ribadito Papa Francesco: «l’amore per Maria ci deve aiutare a generare atteggiamenti di riconoscenza e gratitudine nei riguardi della donna, nei riguardi delle nostre madri e nonne che sono un baluardo nella vita delle nostre città. Quasi sempre silenziose portano avanti la vita. È il silenzio e la forza della speranza. Grazie per la vostra testimonianza! […] ma guardando alle madri e alle nonne voglio invitarvi a lottare contro una piaga che colpisce il nostro continente americano: i numerosi casi di femminicidio. E sono molte le situazioni di violenza che sono tenute sotto silenzio al di là di tante pareti. Vi invito a lottare contro questa fonte di sofferenza chiedendo che si promuova una legislazione e una cultura di ripudio di ogni forma di violenza».[87]
47. La Chiesa non cessa di ricordare che «la dignità di ogni essere umano ha un carattere intrinseco e vale dal momento del suo concepimento fino alla sua morte naturale. Proprio l’affermazione di una tale dignità è il presupposto irrinunciabile per la tutela di un’esistenza personale e sociale, e anche la condizione necessaria perché la fraternità e l’amicizia sociale possano realizzarsi tra tutti i popoli della terra».[88] Sulla base di questo valore intangibile della vita umana, il magistero ecclesiale si è sempre pronunciato contro l’aborto. Al riguardo scrive san Giovanni Paolo II: «fra tutti i delitti che l’uomo può compiere contro la vita, l’aborto procurato presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente grave e deprecabile. […] Ma oggi, nella coscienza di molti, la percezione della sua gravità è andata progressivamente oscurandosi. L’accettazione dell’aborto nella mentalità, nel costume e nella stessa legge è segno eloquente di una pericolosissima crisi del senso morale, che diventa sempre più incapace di distinguere tra il bene e il male, persino quando è in gioco il diritto fondamentale alla vita. Di fronte a una così grave situazione, occorre più che mai il coraggio di guardare in faccia alla verità e di chiamare le cose con il loro nome, senza cedere a compromessi di comodo o alla tentazione di autoinganno. A tale proposito risuona categorico il rimprovero del Profeta: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre” (Is 5, 20). Proprio nel caso dell’aborto si registra la diffusione di una terminologia ambigua, come quella di “interruzione della gravidanza”, che tende a nasconderne la vera natura e ad attenuarne la gravità nell'opinione pubblica. Forse questo fenomeno linguistico è esso stesso sintomo di un disagio delle coscienze. Ma nessuna parola vale a cambiare la realtà delle cose: l’aborto procurato è l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita»[89]. I bambini nascituri sono così «i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo».[90] Si dovrà, pertanto, affermare con ogni forza e chiarezza, anche nel nostro tempo, che «questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. È un fine in sé stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se cade questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno. La sola ragione è sufficiente per riconoscere il valore inviolabile di ogni vita umana, ma se la guardiamo anche a partire dalla fede, “ogni violazione della dignità personale dell’essere umano grida vendetta al cospetto di Dio e si configura come offesa al Creatore dell’uomo”»[91]. Merita qui di essere ricordato il generoso e coraggioso impegno di santa Teresa di Calcutta per la difesa di ogni concepito.
Maternità surrogata
48. La Chiesa, altresì, prende posizione contro la pratica della maternità surrogata, attraverso la quale il bambino, immensamente degno, diventa un mero oggetto. A questo proposito, le parole di papa Francesco sono di una chiarezza unica: «la via della pace esige il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio. Al riguardo, ritengo deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna e del figlio. Essa è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre. Un bambino è sempre un dono e mai l’oggetto di un contratto. Auspico, pertanto, un impegno della Comunità internazionale per proibire a livello universale tale pratica».[92]
49. La pratica della maternità surrogata viola, innanzitutto, la dignità del bambino. Ogni bambino, infatti, dal momento del concepimento, della nascita e poi nella crescita come ragazzo o ragazza, diventando adulto, possiede infatti una dignità intangibile che si esprime chiaramente, benché in modo singolare e differenziato, in ogni fase della sua vita. Il bambino ha perciò il diritto, in virtù della sua inalienabile dignità, di avere un’origine pienamente umana e non artificialmente indotta, e di ricevere il dono di una vita che manifesti, nello stesso tempo, la dignità di chi dona e di chi riceve. Il riconoscimento della dignità della persona umana comporta, inoltre, anche quello della dignità dell’unione coniugale e della procreazione umana in tutte le loro dimensioni. In questa direzione, il legittimo desiderio di avere un figlio non può essere trasformato in un “diritto al figlio” che non rispetta la dignità del figlio stesso come destinatario del dono gratuito della vita.[93]
50. La pratica della maternità surrogata viola, nel medesimo tempo, la dignità della donna stessa che ad essa è costretta o decide liberamente di assoggettarvisi. Con tale pratica, la donna si distacca del figlio che cresce in lei e diventa un semplice mezzo asservito al guadagno o al desiderio arbitrario di altri. Questo contrasta in ogni modo con la dignità fondamentale di ogni essere umano e il suo diritto di venire sempre riconosciuto per se stesso e mai come strumento per altro.
L’eutanasia ed il suicidio assistito
51. Esiste un caso particolare di violazione della dignità umana, che è più silenzioso ma che sta guadagnando molto terreno. Presenta la peculiarità di utilizzare un concetto errato di dignità umana per rivolgerlo contro la vita stessa. Tale confusione, molto comune oggi, viene alla luce quando si parla di eutanasia. Ad esempio, le leggi che riconoscono la possibilità dell’eutanasia o del suicidio assistito si designano a volte come “leggi di morte degna” (“death with dignity acts”). È assai diffusa l’idea che l’eutanasia o il suicidio assistito siano coerenti con il rispetto della dignità della persona umana. Davanti a questo fatto, si deve ribadire con forza che la sofferenza non fa perdere al malato quella dignità che gli è propria in modo intrinseco e inalienabile, ma può diventare occasione per rinsaldare i vincoli di una mutua appartenenza e per prendere maggiore coscienza della preziosità di ogni persona per l’umanità intera.
52. Certamente la dignità del malato in condizioni critiche o terminali chiede a tutti sforzi adeguati e necessari per alleviare la sua sofferenza tramite opportune cure palliative ed evitando ogni accanimento terapeutico o intervento sproporzionato. Queste cure rispondono al «dovere costante di comprensione dei bisogni del malato: bisogni di assistenza, sollievo dal dolore, bisogni emotivi, affettivi e spirituali».[94] Ma un tale sforzo è del tutto diverso, distinto, anzi contrario alla decisione di eliminare la propria o la vita altrui sotto il peso della sofferenza. La vita umana, anche nella condizione dolente, è portatrice di una dignità che va sempre rispettata, che non può essere perduta ed il cui rispetto rimane incondizionato. Non esistono infatti condizioni mancando le quali la vita umana smette di essere degnamente tale e perciò può essere soppressa: «la vita ha la medesima dignità e lo stesso valore per ciascuno: il rispetto della vita dell’altro è lo stesso che si deve verso la propria esistenza».[95] Aiutare il suicida a togliersi la vita è, pertanto, un’oggettiva offesa contro la dignità della persona che lo chiede, anche se si compisse così un suo desiderio: «dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio. Ricordo che va sempre privilegiato il diritto alla cura e alla cura per tutti, affinché i più deboli, in particolare gli anziani e i malati, non siano mai scartati. La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata. E questo principio etico riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti».[96] Come già accennato, la dignità di ognuno, per quanto debole o sofferente, implica la dignità di tutti.
Lo scarto dei diversamente abili
53. Un criterio per verificare una reale attenzione alla dignità di ogni individuo è, ovviamente, l’assistenza fornita ai più svantaggiati. Il nostro tempo, purtroppo, non si distingue molto per tale cura: in esso va imponendosi, in verità, una cultura dello scarto.[97] Per contrastare tale tendenza, meritevole di speciale attenzione e sollecitudine è la condizione di coloro che si trovano in una situazione di deficit fisico o psichico. Tale condizione di particolare vulnerabilità,[98] così rilevante nei racconti evangelici, interroga universalmente su che cosa significhi essere persona umana, proprio a partire da uno stato di menomazione o di disabilità. La questione dell’imperfezione umana comporta chiari risvolti anche dal punto di vista socio-culturale, dal momento che, in alcune culture, le persone con disabilità talvolta subiscono l’emarginazione, se non l’oppressione, essendo trattate come veri e propri “scarti”. In realtà, ogni essere umano, qualunque sia la condizione di vulnerabilità in cui viene a trovarsi, riceve la sua dignità per il fatto stesso che è voluto e amato da Dio. Per tali motivi, è da favorire il più possibile una inclusione ed una partecipazione attiva alla vita sociale ed ecclesiale di tutti coloro che sono in qualche modo segnati da fragilità o disabilità.[99]
54. In una prospettiva più ampia, si dovrà ricordare che la «carità, cuore dello spirito della politica, è sempre un amore preferenziale per gli ultimi, che sta dietro ogni azione compiuta in loro favore. […] “Prendersi cura della fragilità dice forza e tenerezza, dice lotta e fecondità in mezzo a un modello funzionalista e privatista che conduce inesorabilmente alla ‘cultura dello scarto’. […] Significa farsi carico del presente nella sua situazione più marginale e angosciante ed essere capaci di ungerlo di dignità”. Così certamente si dà vita a un’attività intensa, perché “tutto dev’essere fatto per tutelare la condizione e la dignità della persona umana”».[100]
Teoria del gender
55. La Chiesa desidera, innanzitutto, «ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare “ogni marchio di ingiusta discriminazione” e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza».[101] Per questa ragione va denunciato come contrario alla dignità umana il fatto che in alcuni luoghi non poche persone vengano incarcerate, torturate e perfino private del bene della vita unicamente per il proprio orientamento sessuale.
56. Nello stesso tempo, la Chiesa evidenzia le decise criticità presenti nella teoria del gender. A tale proposito, papa Francesco ha ricordato: «la via della pace esige il rispetto dei diritti umani, secondo quella semplice ma chiara formulazione contenuta nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, di cui abbiamo da poco celebrato il 75° anniversario. Si tratta di principi razionalmente evidenti e comunemente accettati. Purtroppo, i tentativi compiuti negli ultimi decenni di introdurre nuovi diritti, non pienamente consistenti rispetto a quelli originalmente definiti e non sempre accettabili, hanno dato adito a colonizzazioni ideologiche, tra le quali ha un ruolo centrale la teoria del gender, che è pericolosissima perché cancella le differenze nella pretesa di rendere tutti uguali».[102]
57. In merito alla teoria del gender, sulla cui consistenza scientifica molte sono le discussioni nella comunità degli esperti, la Chiesa ricorda che la vita umana, in tutte le sue componenti, fisiche e spirituali, è un dono di Dio, che va accolto con gratitudine e posto a servizio del bene. Voler disporre di sé, così come prescrive la teoria del gender, indipendentemente da questa verità basilare della vita umana come dono, non significa altro che cedere all’antichissima tentazione dell’essere umano che si fa Dio ed entrare in concorrenza con il vero Dio dell’amore rivelatoci dal Vangelo.
58. Un secondo rilievo a riguardo della teoria del gender è che essa vuole negare la più grande possibile tra le differenze esistenti tra gli esseri viventi: quella sessuale. Questa differenza fondante è non solo la più grande immaginabile, ma è anche la più bella e la più potente: essa raggiunge, nella coppia uomo-donna, la più ammirevole delle reciprocità ed è così la fonte di quel miracolo che mai smette di sorprenderci che è l’arrivo di nuovi esseri al mondo.
59. In questo senso, il rispetto del proprio corpo e di quello degli altri è essenziale davanti al proliferare ed alle pretese di nuovi diritti avanzate dalla teoria del gender. Tale ideologia «prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia».[103] Diventa così inaccettabile che «alcune ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili, cerchino di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini. Non si deve ignorare che sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare».[104] Sono, dunque, da respingere tutti quei tentativi che oscurano il riferimento all’ineliminabile differenza sessuale fra uomo e donna: «non possiamo separare ciò che è maschile e femminile dall’opera creata da Dio, che è anteriore a tutte le nostre decisioni ed esperienze e dove ci sono elementi biologici che è impossibile ignorare».[105] Ogni persona umana, soltanto quando può riconoscere ed accettare questa differenza nella reciprocità, diventa capace di scoprire pienamente se stessa, la propria dignità e la propria identità.
Cambio di sesso
60. La dignità del corpo non può essere considerata inferiore a quella della persona in quanto tale. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci invita espressamente a riconoscere che «il corpo dell’uomo partecipa alla dignità di “immagine di Dio”».[106] Una tale verità merita di essere ricordata soprattutto quando si tratta del cambio di sesso. L’essere umano è, infatti, composto inscindibilmente di corpo e anima e il corpo è il luogo vivente in cui l’interiorità dell’anima si dispiega e si manifesta, anche attraverso la rete delle relazioni umane. Costituendo l’essere della persona, anima e corpo partecipano dunque di quella dignità che connota ogni essere umano.[107] Al riguardo si deve ricordare che il corpo umano partecipa della dignità della persona, in quanto esso è dotato di significati personali, particolarmente nella sua condizione sessuata.[108] È nel corpo, infatti, che ogni persona si riconosce generata da altri, ed è attraverso il loro corpo che l’uomo e la donna possono stabilire una relazione di amore capace di generare altre persone. Sulla necessità di rispettare l’ordine naturale della persona umana, Papa Francesco insegna che «il creato ci precede e dev’essere riconosciuto come dono. Al tempo stesso siamo chiamati a custodire la nostra umanità, e ciò significa anzitutto rispettarla e accettarla così come è stata creata».[109] Da qui deriva che qualsiasi intervento di cambio di sesso, di norma, rischia di minacciare la dignità unica che la persona ha ricevuto fin dal momento del concepimento. Questo non significa escludere la possibilità che una persona affetta da anomalie dei genitali già evidenti alla nascita o che si sviluppino successivamente, possa scegliere di ricevere assistenza medica allo scopo di risolvere tali anomalie. In questo caso, l’intervento non configurerebbe un cambio di sesso nel senso qui inteso.
Violenza digitale
61. Il progresso delle tecnologie digitali, che pure offrono molte possibilità per promuovere la dignità umana, inclina sempre più alla creazione di un mondo in cui crescono lo sfruttamento, l’esclusione e la violenza, che possono arrivare a ledere la dignità della persona umana. Si pensi a come sia facile, tramite questi mezzi, mettere in pericolo la buona fama di chiunque con notizie false e con calunnie. Su questo punto Papa Francesco sottolinea che «non è sano confondere la comunicazione con il semplice contatto virtuale. Infatti, “l’ambiente digitale è anche un territorio di solitudine, manipolazione, sfruttamento e violenza, fino al caso estremo del dark web. I media digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche. Nuove forme di violenza si diffondono attraverso i social media, ad esempio il cyberbullismo; il web è anche un canale di diffusione della pornografia e di sfruttamento delle persone a scopo sessuale o tramite il gioco d’azzardo”».[110] Ed è così che, laddove crescono le possibilità di connessione, accade paradossalmente che ciascuno si trovi in realtà sempre più isolato e impoverito di relazioni interpersonali: «nella comunicazione digitale si vuole mostrare tutto ed ogni individuo diventa oggetto di sguardi che frugano, denudano e divulgano, spesso in maniera anonima. Il rispetto verso l’altro si sgretola e in tal modo, nello stesso tempo in cui lo sposto, lo ignoro e lo tengo a distanza, senza alcun pudore posso invadere la sua vita fino all’estremo».[111] Tali tendenze rappresentano un lato oscuro del progresso digitale.
62. In questa prospettiva, se la tecnologia deve servire la dignità umana e non danneggiarla e se deve promuovere la pace piuttosto che la violenza, la comunità umana deve essere proattiva nell’affrontare queste tendenze nel rispetto della dignità umana e promuovere il bene: «in questo mondo globalizzato “i media possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri; a farci percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana che spinge alla solidarietà e all’impegno serio per una vita più dignitosa. […] Possono aiutarci in questo, particolarmente oggi, quando le reti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi. In particolare internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio”. È però necessario verificare continuamente che le attuali forme di comunicazione ci orientino effettivamente all’incontro generoso, alla ricerca sincera della verità piena, al servizio, alla vicinanza con gli ultimi, all’impegno di costruire il bene comune».[112]
Conclusione
63. Nella ricorrenza del 75° anniversario della promulgazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948), papa Francesco ha ribadito che quel documento «è come una via maestra, sulla quale molti passi avanti sono stati fatti, ma tanti ancora ne mancano, e a volte purtroppo si torna indietro. L’impegno per i diritti umani non è mai finito! A questo proposito, sono vicino a tutti coloro che, senza proclami, nella vita concreta di ogni giorno, lottano e pagano di persona per difendere i diritti di chi non conta».[113]
64. È in questo spirito che, con la presente Dichiarazione, la Chiesa ardentemente esorta a porre il rispetto della dignità della persona umana al di là di ogni circostanza al centro dell’impegno per il bene comune e di ogni ordinamento giuridico. Il rispetto della dignità di ciascuno e di tutti è, infatti, la base imprescindibile per l’esistenza stessa di ogni società che si pretende fondata sul giusto diritto e non sulla forza del potere. Sulla base del riconoscimento della dignità umana si sostengono i diritti umani fondamentali, che precedono e fondano ogni civile convivenza.[114]
65. Ad ogni singola persona e, allo stesso tempo, ad ogni comunità umana spetta pertanto il compito della concreta e fattiva realizzazione della dignità umana, mentre agli Stati spetta non solo di tutelarla, ma anche di garantire quelle condizioni necessarie affinché essa possa fiorire nella promozione integrale della persona umana: «nell’attività politica bisogna ricordare che “al di là di qualsiasi apparenza, ciascuno è immensamente sacro e merita il nostro affetto e la nostra dedizione”».[115]
66. Anche oggi, davanti a tante violazioni della dignità umana che minacciano seriamente il futuro dell’umanità, la Chiesa incoraggia la promozione della dignità di ogni persona umana quali che siano le sue qualità fisiche, psichiche, culturali, sociali e religiose. Lo fa con speranza, certa della forza che scaturisce dal Cristo risorto, il quale ha rivelato in pienezza la dignità integrale di ogni uomo e di ogni donna. Questa certezza diviene appello nelle parole di Papa Francesco: «ad ogni persona di questo mondo chiedo di non dimenticare questa sua dignità che nessuno ha diritto di toglierle».[116]
Il Sommo Pontefice Francesco, nell’Udienza concessa al sottoscritto Prefetto insieme al Segretario per la Sezione Dottrinale del Dicastero per la Dottrina della Fede, il giorno 25 marzo 2024, ha approvato la presente Dichiarazione, decisa nella Sessione Ordinaria di questo Dicastero in data 28 febbraio 2024, e ne ha ordinato la pubblicazione.
Dato in Roma, presso la sede del Dicastero per la Dottrina della Fede, il 2 aprile 2024, 19° anniversario della morte di san Giovanni Paolo II.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefetto
Mons. Armando Matteo
Segretario per la Sezione Dottrinale
EX AUDIENTIA DIE 25.03.2024
FRANCISCUS
_________________
[1] S. Giovanni Paolo II, Angelus con i disabili nella Chiesa Cattedrale di Osnabrück (16 novembre 1980): Insegnamenti III/2 (1980), 1232.
[2] Francesco, Esort. ap. Laudate Deum (4 ottobre 2023), n. 39: L’Osservatore Romano (4 ottobre 2023), III.
[3] Nel 1948, le Nazioni Unite hanno adottato la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che si compone di trenta articoli. La parola “dignità” vi appare cinque volte, in punti strategici: nelle prime parole del Preambolo e nella prima frase dell’Articolo Primo. Questa dignità è dichiarata «inerente a tutti i membri della famiglia umana» (Preambolo) e «tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti» (Articolo 1).
[4] Ponendo attenzione solo all’epoca moderna, si vede come la Chiesa ha progressivamente accentuato l’importanza della dignità umana. Il tema è stato sviluppato in particolare nell’Enciclica Rerum novarum (1891) di Papa Leone XIII, nell’Enciclica Quadragesimo anno (1931) di Papa Pio XI e nel Discorso al Congresso della Unione Cattolica Italiana Ostetriche (1951) di Papa Pio XII. Il Concilio Vaticano II ha, poi, particolarmente approfondito questa tematica, dedicando un intero documento al tema con la Dichiarazione Dignitatis humanae (1965) e discutendo altresì la libertà umana nella Costituzione pastorale Gaudium et spes (1965).
[5] S. Paolo VI, Udienza generale (4 settembre 1968): Insegnamenti VI (1968), 886.
[6] S. Giovanni Paolo II, Discorso alla IIIª Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano (28 gennaio 1979), III.1-2: Insegnamenti II/1 (1979), 202-203.
[7] Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti all’Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita (13 febbraio 2010): Insegnamenti VI/1 (2011), 218.
[8] Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti alla riunione della Banca di Sviluppo del Consiglio d’Europa (12 giugno 2010): Insegnamenti VI/1 (2011), 912-913.
[9] Francesco, Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 178: AAS 105 (2013), 1094, che cita S. Giovanni Paolo II, Angelus con i disabili nella Chiesa Cattedrale di Osnabrück (16 novembre 1980): Insegnamenti III/2 (1980), 1232.
[10] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 8: AAS 112 (2020), 971.
[11] Ibidem, n. 277: AAS 112 (2020), 1069.
[12] Ibidem, n. 213: AAS 112 (2020), 1045.
[13] Ibidem, n. 213: AAS 112 (2020), 1045, che cita Francesco, Messaggio ai partecipanti alla Conferenza internazionale “I diritti umani nel mondo contemporaneo: conquiste, omissioni, negazioni” (10 dicembre 2018): L’Osservatore Romano (10-11 dicembre 2018), 8.
[14] La Dichiarazione del 1948 delle Nazioni Unite è stata seguita e ulteriormente elaborata dal Patto internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici del 1966 e dall’Atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa del 1975.
[15] Cf. Commissione Teologica Internazionale, Dignità e diritti della persona umana (1983), Introduzione, 3. Un compendio dell’insegnamento cattolico sulla dignità umana si trova nel Catechismo della Chiesa Cattolica, nel capitolo intitolato “La dignità della persona umana”, nn. 1700-1876.
[16] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 22: AAS 112 (2020), 976.
[17] Boezio, Contra Eutychen et Nestorium, c. 3: PL 64, 1344: «persona est rationalis naturae individua substantia». Cf. S. Bonaventura, In I Sent., d. 25, a. 1, q. 2; S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 29, a. 1, resp.
[18] Poiché non è scopo di questa Dichiarazione redigere un trattato esaustivo sulla nozione di dignità, per esigenze di brevità si accenna qui, in via esemplificativa, solo alla cosiddetta cultura classica greca e romana, in quanto punto di riferimento della prima riflessione filosofica e teologica cristiana.
[19] Cf. ad es. Cicerone, De Officiis I, 105-106: «sed pertinet ad omnem officii quaestionem semper in promptu habere, quantum natura hominis pecudibus reliquisque beluis antecedat […] Atque etiam si considerare volumus, quae sit in natura excellentia et dignitas, intellegemus, quam sit turpe diffluere luxuria et delicate ac molliter vivere quamque honestum parce, continenter, severe, sobrie» (Scriptorum Latinorum Bibliotheca Oxoniensis, ed. M. Winterbottom, Oxford 1994, 43). Questa la traduzione italiana: «sempre, in ogni questione morale, conviene tener presente la grande eccellenza della natura umana rispetto a tutti gli animali [...] Anzi, sol che vogliamo riflettere un poco sopra l’eccellenza e la dignità della natura umana, comprenderemo quanto sia turpe una vita che nuota nel lusso e si sprofonda nelle mollezze, e per contro quanto sia bella una vita modesta e frugale, austera e sobria» (Dei doveri, tr. it. a cura di D. Arfelli, Zanichelli, Bologna 1958, 109-111).
[20] Cf. S. Paolo VI, Discorso al Pellegrinaggio in Terra Santa: Visita alla Basilica dell’Annunciazione in Nazareth (5 gennaio 1964): AAS 56 (1964), 166-170.
[21] Tra gli innumerevoli riferimenti, cf. ad es. S. Clemente di Roma, 1 Clem. 33, 4s: PG 1, 273; Teofilo di Antiochia, Ad Aut. I, 4: PG 6, 1029; S. Clemente di Alessandria, Strom. III, 42, 5-6: PG 8, 1145; Ibidem, VI, 72, 2: PG 9, 293; S. Ireneo di Lione, Adv. Haer. V, 6, 1: PG 7, 1137-1138; Origene, De princ. III, 6,1: PG 11, 333; S. Agostino, De Gen. ad litt. VI, 12: PL 34, 348. De Trin. XIV, 8, 11: PL 42, 1044-1045.
[22] S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 29, a. 3, resp.: «persona significat id, quod est perfectissimum in tota natura, scilicet subsistens in rationali natura».
[23] Si pensi solo a Giovanni Pico della Mirandola e al suo noto testo Oratio de hominis dignitate (1486).
[24] Per un pensatore ebreo come E. Levinas (1906-1995), l’essere umano è qualificato dalla sua libertà in quanto si scopre infinitamente responsabile dell’altro essere umano.
[25] Alcuni grandi pensatori cristiani del XIX e XX secolo, come san J.H. Newman, il beato A. Rosmini, J. Maritain, E. Mounier, K. Rahner, H.U. von Balthasar, ed altri, sono riusciti a proporre una visione dell’uomo che può validamente dialogare con le correnti di pensiero del nostro inizio del XXI secolo, qualunque sia la loro ispirazione, anche post-moderna.
[26] Per questo motivo la «Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo […] suggerisce implicitamente che la fonte dei diritti umani inalienabili si trova nella dignità di ogni persona umana»: Commissione Teologica Internazionale, Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale (2009), n. 115.
[27] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 26: AAS 58 (1966), 1046; tutto il primo capitolo della prima parte della Costituzione (nn. 11-22) viene dedicato alla “Dignità della persona umana”.
[28] Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Dignitatis humanae (7 dicembre 1965), n. 1: AAS 58 (1966), 929.
[29] Ibidem, n. 2: AAS 58 (1966), 931.
[30] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Dignitas personae (8 settembre 2008), n. 7: AAS 100 (2008), 863. Cf. anche S. Ireneo di Lione, Adv. Haer. V, 16, 2: PG 7, 1167-1168.
[31] Siccome «con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 22: AAS 58 (1966), 1042), la dignità di ogni uomo ci viene rivelata da Cristo nella sua pienezza.
[32] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 19: AAS 58 (1966), 1038.
[33] S. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), n. 38: AAS 87 (1995), 443, che cita S. Ireneo di Lione, Adv. Haer. IV, 20,7: PG 7, 1037-1038.
[34] Cristo ha infatti donato ai battezzati una nuova dignità, quella di “figli di Dio”: cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1213, 1265, 1270, 1279.
[35] Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Dignitatis humanae (7 dicembre 1965), n. 9: AAS 58 (1966), 935.
[36] Cf. S. Ireneo di Lione, Adv. Haer. V, 6, 1. V, 8, 1. V, 16, 2: PG 7, 1136-1138. 1141-1142. 1167-1168; S. Giovanni Damasceno, De fide orth. 2, 12: PG 94, 917-930.
[37] Benedetto XVI, Discorso a Westminster Hall (17 settembre 2010): Insegnamenti VI/2 (2011), 240.
[38] Francesco, Udienza generale (12 agosto 2020): L’Osservatore Romano (13 agosto 2020), 8, che cita S. Giovanni Paolo II, Discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (2 ottobre 1979), 7 e Id., Discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (5 ottobre 1995), 2.
[39] Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Dignitas personae (8 settembre 2008), n. 8: AAS 100 (2008), 863-864.
[40] Commissione Teologica Internazionale, La libertà religiosa per il bene di tutti (2019), n. 38.
[41] Cf. Francesco, Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno (8 gennaio 2024): L’Osservatore Romano (8 gennaio 2024), 3.
[42] S. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), n. 19: AAS 87 (1995), 422.
[43] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 69: AAS 107 (2015), 875, che cita Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 339.
[44] Francesco, Esort. ap. Laudate Deum (4 ottobre 2023), n. 67: L’Osservatore Romano (4 ottobre 2023), IV.
[45] Ibidem, n. 63: L’Osservatore Romano (4 ottobre 2023), IV.
[46] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1730.
[47] Benedetto XVI, Messaggio per la celebrazione della 44a Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2011), n. 3: Insegnamenti VI/2 (2011), 979.
[48] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, n. 137.
[49] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 109: AAS 112 (2020), 1006.
[50] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, n. 137.
[51] Francesco, Discorso ai partecipanti all’Incontro mondiale dei movimenti popolari (28 ottobre 2014): AAS 106 (2014), 858.
[52] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 107: AAS 112 (2020), 1005-1006.
[53] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 27: AAS 58 (1966), 1047.
[56] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2267 e Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi circa la nuova redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla pena di morte (1° agosto 2018), nn. 7-8.
[57] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 269: AAS 112 (2020), 1065.
[58] S. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987), n. 28: AAS 80 (1988), 549.
[59] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), n. 22: AAS 101 (2009), 657, che cita Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo 1967), n. 9: AAS 59 (1967), 261-262.
[60] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 21: AAS 112 (2020), 976, che cita Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), n. 22: AAS 101 (2009), 657.
[61] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 20: AAS 112 (2020), 975-976. Cf. anche la “Preghiera al Creatore” alla fine della stessa Enciclica.
[62] Ibidem, n. 116: AAS 112 (2020), 1009, che cita Francesco, Discorso ai partecipanti all’Incontro mondiale dei movimenti popolari (28 ottobre 2014): AAS 106 (2014), 851-852.
[63] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 162: AAS 112 (2020), 1025, che cita Francesco, Discorso ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede (12 gennaio 2015): AAS 107 (2015), 165.
[64] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 25: AAS 112 (2020), 978, che cita Francesco, Messaggio per la 49ª Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2016): AAS 108 (2016), 49.
[65] Francesco, Messaggio ai partecipanti alla VI Edizione del “Forum de Paris sur la Paix” (10 novembre 2023): L’Osservatore Romano (10 novembre 2023), 7, che cita Id., Udienza generale (23 marzo 2022): L’Osservatore Romano (23 marzo 2022), 3.
[66] Francesco, Discorso alla Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP 28) (2 dicembre 2023): L’Osservatore Romano (2 dicembre 2023), 2.
[67] Cf. S. Paolo VI, Discorso alle Nazioni Unite (4 ottobre 1965): AAS 57 (1965), 881.
[68] S. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), n. 16: AAS 71 (1979), 295.
[69] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 258: AAS 112 (2020), 1061.
[70] Francesco, Discorso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (14 giugno 2023): L’Osservatore Romano (15 giugno 2023), 8.
[71] Francesco, Discorso nella Giornata mondiale di Preghiera per la Pace (20 settembre 2016): L’Osservatore Romano (22 settembre 2016), 5.
[72] Cf. Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 38: AAS 112 (2020), 983: «Di conseguenza, “va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra”», che cita Benedetto XVI, Messaggio per la 99ª Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato (12 ottobre 2012): AAS 104 (2012), 908.
[73] Cf. Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 38: AAS 112 (2020), 982-983.
[74] Ibidem, n. 39: AAS 112 (2020), 983.
[75] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), n. 62: AAS 101 (2009), 697.
[76] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 39: AAS 112 (2020), 983.
[77] Può essere utile qui ricordare la dichiarazione di Paolo III sulla dignità degli uomini rinvenuti nelle terre del “Nuovo Mondo” nella Bolla Pastorale officium (29 maggio 1537), ove stabilisce – sotto pena di scomunica – che gli abitanti di quei territori, «anche se sono al di fuori del grembo della chiesa […] non stiano per essere privati della loro libertà o del dominio sulle loro cose, poiché sono uomini e per questo capaci di fede e salvezza» [«licet extra gremium Ecclesiae existant, non tamen sua libertate, aut rerum suarum dominio […] privandos esse, et cum homines, ideoque fidei et salutis capaces sint»]: DH 1495.
[78] Francesco, Discorso ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti (24 maggio 2013): AAS 105 (2013), 470-471.
[79] Francesco, Discorso all’Organizzazione delle Nazioni Unite, New York (25 settembre 2015): AAS 107 (2015), 1039.
[80] Francesco, Discorso ad un gruppo di Ambasciatori in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali (12 dicembre 2013): L’Osservatore Romano (13 dicembre 2013), 8.
[81] Francesco, Discorso ai Partecipanti alla Conferenza internazionale sulla tratta di persone (11 aprile 2019): AAS 111 (2019), 700.
[82] Documento Finale della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (27 ottobre 2018), n. 29.
[83] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 23: AAS 112 (2020), 977, che cita Id., Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 212: AAS 105 (2013), 1108.
[84] S. Giovanni Paolo II, Lettera alle donne (29 giugno 1995), n. 4: Insegnamenti XVIII/1 (1997), 1874.
[85] Ibidem, n. 5: Insegnamenti XVIII/1 (1997), 1875.
[86] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1645.
[87] Francesco, Discorso in occasione della Celebrazione Mariana – Virgen De La Puerta (20 gennaio 2018): AAS 110 (2018), 329.
[88] Francesco, Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede (21 gennaio 2022): L’Osservatore Romano (21 gennaio 2022), 8.
[89] S. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), 58: AAS 87 (1995), 466-467. Sul tema del rispetto dovuto agli embrioni umani, si veda Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum vitae (22 febbraio 1987): «La prassi di mantenere in vita degli embrioni umani, in vivo o in vitro, per scopi sperimentali o commerciali, è del tutto contraria alla dignità umana» (I, 4): AAS 80 (1988), 82
[90] Francesco, Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 213: AAS 105 (2013), 1108.
[92] Francesco, Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno (8 gennaio 2024): L’Osservatore Romano (8 gennaio 2024), 3.
[93] Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Dignitas personae (8 settembre 2008), n. 16: AAS 100 (2008), 868-869. Tutti questi aspetti sono richiamati con precisione nell’Istruzione dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede dal titolo Donum vitae (22 febbraio 1987): AAS 80 (1988), 71-102.
[94] Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera Samaritanus bonus (14 luglio 2020), V, n. 4: AAS 112 (2020), 925.
[95] Cf. Ibidem, V, n.1: AAS 112 (2020), 919.
[96] Francesco, Udienza generale (9 febbraio 2022): L’Osservatore Romano (9 febbraio 2022), 3.
[97] Cf. soprattutto Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), nn. 18-21: AAS 112 (2020), 975-976: “Lo scarto mondiale”. Il n. 188 della stessa Enciclica arriva a identificare una “cultura dello scarto”.
[98] Cf. Francesco, Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (21 ottobre 2017): L’Osservatore Romano (22 ottobre 2017), 8: «La vulnerabilità appartiene all’essenza dell’uomo».
[99] Cf. Francesco, Messaggio in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità (3 dicembre 2020): AAS 112 (2020), 1185-1186.
[100] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), nn. 187-188: AAS 112 (2020), 1035-1036, che cita Id., Discorso al Parlamento Europeo, Strasburgo (25 novembre 2014): AAS 106 (2014), 999, e Id., Discorso alla classe dirigente e al Corpo diplomatico, Bangui – Repubblica Centrafricana (29 novembre 2015): AAS 107 (2015) 1320.
[101] Francesco, Esort. ap. Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 250: AAS 108 (2016), 412-413, che cita Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2358.
[102] Francesco, Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno (8 gennaio 2024): L’Osservatore Romano (8 gennaio 2024), 3.
[103] Francesco, Esort. ap. Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 56: AAS 108 (2016), 334.
[104] Ibidem, che cita la XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Relatio finalis (24 ottobre 2015), 58.
[105] Francesco, Esort. ap. Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 286: AAS 108 (2016), 425.
[106] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 364.
[107] Questo vale anche per il rispetto dovuto ai corpi dei defunti; cf. ad es. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Ad resurgendum cum Christo (15 agosto 2016), n. 3: AAS 108 (2016), 1290: «Seppellendo i corpi dei fedeli defunti, la Chiesa conferma la fede nella risurrezione della carne, e intende mettere in rilievo l’alta dignità del corpo umano come parte integrante della persona della quale il corpo condivide la storia». Più complessivamente, cf. anche Commissione Teologica Internazionale, Problemi attuali di escatologia (1990), n. 5: “L’uomo chiamato alla risurrezione”.
[108] Cf. Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 155: AAS 107 (2015), 909.
[109] Francesco, Esort. ap. Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 56: AAS 108 (2016), 344.
[110] Francesco, Esort. ap. Christus vivit (25 marzo 2019), n. 88: AAS 111 (2019), 413, che cita il Documento Finale della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (27 ottobre 2018), n. 23.
[111] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 42: AAS 112 (2020), 984.
[112] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 205: AAS 112 (2020), 1042, che cita Id., Messaggio per la 48a Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2014): AAS 106 (2014), 113.
[113] Francesco, Angelus (10 dicembre 2023): L’Osservatore Romano (11 dicembre 2023), 12.
[114] Cf. Commissione Teologica Internazionale, Dignità e diritti della persona umana (1983), n. 2.
[115] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 195: AAS 112 (2020), 1038, che cita Id., Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 274: AAS 105 (2013), 1130.
[116] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 205: AAS 107 (2015), 928.
[00588-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Déclaration Dignitas infinita
sur la dignité humaine
Présentation
Durant le Congrès du 15 mars 2019, la Congrégation pour la Doctrine de la Foi avait décidé d’initier « la rédaction d’un texte soulignant le caractère incontournable du concept de dignité de la personne humaine au sein de l’anthropologie chrétienne et en illustrant la portée ainsi que les implications positives au plan social, politique et économique, en tenant compte des derniers développements du thème dans la sphère académique et de ses compréhensions ambivalentes dans le contexte d’aujourd’hui ». Dans cette ligne, un premier projet élaboré courant 2019 avec l’aide de quelques Experts fut jugé insatisfaisant par une Consulta ristretta de la Congrégation, qui s’est tenue le 8 octobre de la même année.
Ce texte fut réélaborée ex novo par la Section Doctrinale, sur la base des contributions de divers Experts. Cette mouture fut présentée et discutée au sein de la Consulta ristretta du 4 octobre 2021. En janvier 2022, le nouveau projet soumis à la Session Plénière de la Congrégation, fut raccourci et simplifié par les Membres.
Le nouveau texte amendé a été examiné, le 6 février 2023, par une Consulta ristretta qui y a apporté d’autres modifications. Cette nouvelle version fut soumise à l’examen de la Session Ordinaire du Dicastère (Feria IV) du 3 mai 2023. Les membres ont convenu que le document, avec quelques modifications, pouvait être publié. Lors de l’Audience qui m’a été accordée, le 13 novembre 2023, le Saint-Père François a approuvé les Deliberata de cette Feria IV. À cette occasion, il m’a également demandé de mettre plus en évidence dans le texte les questions étroitement liées au thème de la dignité, telles que le drame de la pauvreté, la situation des migrants, la violence contre les femmes, la traite des êtres humains, la guerre et d’autres sujets du genre. Dans la mise en exécution de cette indication du Saint-Père, la Section Doctrinale du Dicastère a consacré un Congrès à l’étude approfondie de la lettre encyclique Fratelli tutti, laquelle propose une analyse originale et une étude approfondie de la question de la dignité humaine « en toutes circonstances ».
En vue de la Feria IV du 28 février 2024, un nouveau projet de texte amplement modifié a été envoyé, par lettre du 2 février 2024, aux Membres du Dicastère, avec la précision suivante : « cette nouvelle mouture a été jugée nécessaire pour répondre à une demande spécifique du Saint-Père. Il a explicitement demandé que l’attention soit portée sur les graves violations de la dignité humaine de notre époque, dans la ligne de l’encyclique Fratelli tutti. La Section Doctrinale a donc procédé à la réduction de la partie initiale du texte [...] et développé plus en détail ce que le Saint-Père avait indiqué ». Suite à une longue élaboration, la Session Ordinaire du Dicastère a finalement approuvé, le 28 février 2024, le texte de la présente Déclaration. Lors de l’audience du 25 mars 2024, accordée à moi et à Mgr Armando Matteo - Secrétaire de la Section Doctrinale -, le Saint-Père a donc approuvé la présente Déclaration et en a ordonné la publication.
L’élaboration du texte, qui a duré cinq ans, nous permet de comprendre qu’il s’agit d’un document qui, en raison du sérieux et de la centralité de la question de la dignité dans la pensée chrétienne, a requis un long processus de maturation pour parvenir à la version finale que nous publions aujourd’hui.
Dans les trois premières parties, la Déclaration rappelle les principes fondamentaux et les présupposés théoriques afin d’offrir des clarifications importantes aidant à éviter les fréquentes confusions qui se produisent dans l’utilisation du concept « dignité ». La quatrième partie analyse quelques situations problématiques actuelles dans lesquelles l’infinie et inaliénable dignité due à tout être humain n’est pas reconnue de manière adéquate. Dénoncer ces violations graves et actuelles de la dignité humaine est un devoir, car l’Église est profondément convaincue que l’on ne peut séparer la foi de la défense de la dignité humaine, l’évangélisation de la promotion d’une vie digne et la spiritualité de l’engagement pour la dignité de tous les êtres humains.
De fait, cette dignité de tous les êtres humains peut être comprise comme « infinie » (dignitas infinita), comme l’a déclaré saint Jean-Paul II lors d’une rencontre avec des personnes souffrant de certaines limitations ou handicaps[1], afin de montrer comment cette valeur reconnue à tous va au-delà de toutes les apparences extérieures ou des caractéristiques de la vie concrète des personnes.
Dans l’encyclique Fratelli tutti, le pape François a voulu souligner avec une insistance particulière que cette dignité existe « en toutes circonstances », invitant chacun à la défendre dans chaque contexte culturel, à chaque moment de l’existence d’une personne, indépendamment de toute déficience physique, psychologique, sociale ou même morale. À cet égard, la Déclaration s’efforce de montrer qu’il s’agit d’une vérité universelle, que nous sommes tous appelés à reconnaître, comme une condition fondamentale pour que nos sociétés soient réellement justes, pacifiques, saines et, en fin de compte, authentiquement humaines.
La liste des sujets choisis par la Déclaration n’est certainement pas exhaustive. Cependant, les thèmes traités sont précisément ceux qui permettent l’expression de divers aspects de la dignité humaine qui peuvent être obscurcis de nos jours dans la conscience de nombreuses personnes. Certains seront facilement partagés par les différents milieux sociaux, d’autres le seront moins. Cependant, ces thématiques nous semblent toutes déterminantes car, pris ensemble, elles permettent de reconnaître l’harmonie et la richesse de la pensée sur la dignité qui découle de l’Évangile.
La présente Déclaration ne prétend pas épuiser un sujet aussi riche et déterminant, mais fournir quelques éléments de réflexion susceptibles d’être pris en charge dans le moment historique complexe que nous vivons, afin qu’au milieu de tant de préoccupations et d’angoisses, nous ne nous égarions pas, ni ne nous exposions à des souffrances plus déchirantes et plus profondes.
Víctor Manuel Card. Fernández
Préfet
Introduction
1. (Dignitas infinita) Une infinie dignité, inaliénablement fondée dans son être même, appartient à chaque personne humaine, en toutes circonstances et dans quelque état ou situation qu'elle se trouve. Ce principe, pleinement reconnaissable même par la seule raison, fonde la primauté de la personne humaine et la protection de ses droits. L'Église, à la lumière de la Révélation, réaffirme et confirme sans réserve cette dignité ontologique de la personne humaine, créée à l'image et à la ressemblance de Dieu et rachetée dans le Christ Jésus. C'est de cette vérité qu'elle tire les raisons de son engagement envers les plus faibles et les moins dotés de pouvoir, en insistant toujours sur « le primat de la personne humaine et la défense de sa dignité en toutes circonstances ».[2]
2. Cette dignité ontologique et la valeur unique et éminente de chaque femme et de chaque homme qui existent dans ce monde ont été reprises avec autorité dans la Déclaration universelle des droits de l'homme (10 décembre 1948) par l'Assemblée générale des Nations unies.[3] En commémorant le 75e anniversaire de ce Document, l'Église voit l'occasion de proclamer à nouveau sa conviction que, créé par Dieu et racheté par le Christ, tout être humain doit être reconnu et traité avec respect et amour, précisément en raison de sa dignité inaliénable. L'anniversaire susmentionné fournit également à l'Église l'occasion de clarifier certains malentendus qui surgissent souvent au sujet de la dignité humaine et d'aborder certaines questions concrètes sérieuses et urgentes qui s'y rapportent.
3. Dès le début de sa mission, poussée par l'Évangile, l'Église s'est efforcée d'affirmer la liberté et de promouvoir les droits de tous les êtres humains.[4] Ces derniers temps, grâce à la voix des Pontifes, cet engagement a été formulé de manière plus explicite à travers l'appel renouvelé à la reconnaissance de la dignité fondamentale de la personne humaine. Saint Paul VI disait : « Aucune anthropologie n'égale celle de l'Église sur la personne humaine — même en tant qu'individu, — sur son originalité, sa dignité, l'intangibilité et la richesse de ses droits fondamentaux, son caractère sacré, éducable, son aspiration à un épanouissement total, son immortalité ».[5]
4. Saint Jean-Paul II, en 1979, lors de la troisième conférence épiscopale latino-américaine à Puebla, a déclaré : « la dignité humaine est une valeur évangélique qui ne peut être méprisée sans offenser gravement le Créateur. Cette dignité est foulée aux pieds, au plan individuel, lorsqu’on ne tient pas dûment compte des valeurs comme la liberté, le droit de professer sa religion, l’intégrité physique et psychique, le droit aux biens essentiels, à la vie… Elle est foulée aux pieds, au plan social et politique, lorsque l’homme ne peut exercer son droit de participation ou est soumis à des contraintes injustes et illégitimes, ou à des tortures physiques, psychiques, etc. […] Si l’Église se rend présente dans la défense ou dans la promotion de la dignité de l’homme, elle le fait dans la ligne de sa mission qui, tout en étant de caractère religieux et non social ou politique, ne peut pas ne pas considérer l’homme dans l’intégralité de son être ».[6]
5. En 2010, devant l'Académie pontificale pour la vie, Benoît XVI a affirmé que la dignité de la personne est « un principe fondamental que la foi en Jésus Christ crucifié et ressuscité a toujours défendu, surtout lorsqu'il est négligé quand il s'agit de sujets plus simples et sans défense ».[7] En une autre occasion, s'adressant à des économistes, il a déclaré que « l’économie et la finance n’existent pas pour elles-mêmes, elles ne sont qu’un outil, un moyen. Leur fin est uniquement la personne humaine et sa réalisation plénière dans la dignité. C’est là le seul capital qu’il convient de sauver ».[8]
6. Depuis le début de son pontificat, le Pape François a invité l'Église à « confesser un Père qui aime infiniment chaque être humain » et à « découvrir qu’“il lui accorde par cet amour une dignité infinie” »,[9] soulignant avec force que cette immense dignité représente une donnée originelle à reconnaître avec loyauté et à accueillir avec gratitude. C'est précisément sur cette reconnaissance et sur cet accueil qu'il est possible de fonder une nouvelle coexistence entre les êtres humains, qui décline la socialité dans un horizon de fraternité authentique : ce n'est qu'en « reconnaissant la dignité de toute personne humaine que nous pouvons faire revivre entre tous une aspiration mondiale à la fraternité ».[10] Selon le Pape François, « cette source de dignité humaine et de fraternité se trouve dans l’Évangile de Jésus-Christ »,[11] mais c'est aussi une conviction à laquelle la raison humaine peut parvenir par la réflexion et le dialogue, car « s’il faut respecter en toute situation la dignité d’autrui, ce n’est pas parce que nous inventons ou supposons la dignité des autres, mais parce qu’il y a effectivement en eux une valeur qui dépasse les choses matérielles et les circonstances, et qui exige qu’on les traite autrement. Que tout être humain possède une dignité inaliénable est une vérité qui correspond à la nature humaine indépendamment de tout changement culturel ».[12] En vérité, conclut le Pape François, « l’être humain a la même dignité inviolable en toute époque de l’histoire et personne ne peut se sentir autorisé par les circonstances à nier cette conviction ou à ne pas agir en conséquence ».[13] Dans cette perspective, son encyclique Fratelli tutti constitue déjà une sorte de Magna Charta des tâches actuelles de sauvegarde et de promotion de la dignité humaine.
Une clarification fondamentale
7. Bien qu'il existe aujourd'hui un consensus assez général sur l'importance et la portée normative de la dignité et de la valeur unique et transcendante de tout être humain,[14] l'expression “dignité de la personne humaine” risque souvent de se prêter à de nombreuses significations et donc à d'éventuels malentendus[15] et « contradictions qui conduisent à se demander si l’égale dignité de tous les êtres humains […] est véritablement reconnue, respectée, protégée et promue en toute circonstance ».[16] Tout cela nous amène à reconnaître la possibilité d'une quadruple distinction du concept de dignité : dignité ontologique, dignité morale, dignité sociale et enfin dignité existentielle. Le sens le plus important est celui de la dignité ontologique qui concerne la personne en tant que telle par le simple fait d'exister et d'être voulue, créée et aimée par Dieu. Cette dignité ne peut jamais être effacée et reste valable au-delà de toutes les circonstances dans lesquelles les individus peuvent se trouver. Quand on parle de dignité morale, on se réfère plutôt à l'exercice de la liberté de la créature humaine. Celle-ci, bien que dotée d'une conscience, reste toujours ouverte à la possibilité d'agir contre celle-ci. Ce faisant, l'être humain adopte un comportement “indigne” de sa nature de créature aimée de Dieu et appelée à aimer autrui. Mais cette possibilité existe. Et ce n'est pas tout. L'histoire témoigne que l'exercice de la liberté contre la loi de l'amour révélée par l'Évangile peut atteindre des sommets incalculables dans le mal infligé à autrui. Lorsque cela se produit, on se trouve face à des personnes qui semblent avoir perdu toute trace d'humanité, toute trace de dignité. À cet égard, la distinction introduite ici nous aide à discerner précisément entre l'aspect de la dignité morale qui peut effectivement être "perdue" et l'aspect de la dignité ontologique qui ne peut jamais être annulée. Et c'est précisément à cause de cette dernière que l'on doit travailler de toutes ses forces pour que tous ceux qui ont fait le mal se repentent et se convertissent.
8. Il existe encore deux autres acceptions possibles de la dignité : sociale et existentielle. Quand on parle de dignité sociale, on se réfère aux conditions dans lesquelles une personne vit. Dans l'extrême pauvreté, par exemple, lorsque les conditions minimales ne sont pas réunies pour qu'une personne vive selon sa dignité ontologique, on dit que la vie de cette personne pauvre est une vie “indigne”. Cette expression n'indique en aucun cas un jugement à l'égard de la personne, mais vise à mettre en évidence le fait que sa dignité inaliénable est contredite par la situation dans laquelle elle est contrainte de vivre. La dernière acception est celle de la dignité existentielle. Aujourd'hui, on parle de plus en plus souvent d'une vie “digne” et d'une vie “indigne”. Nous nous référons à des situations proprement existentielles : par exemple, le cas d'une personne qui, bien que ne manquant de rien d'essentiel pour vivre, a du mal, pour diverses raisons, à vivre dans la paix, dans la joie et dans l'espérance. Dans d'autres situations, c'est la présence de maladies graves, de contextes familiaux violents, de certaines addictions pathologiques et d'autres malaises qui poussent quelqu'un à vivre sa condition de vie comme “indigne” face à la perception de cette dignité ontologique qui ne peut jamais être occultée. Les distinctions introduites ici, en tout cas, ne font que rappeler la valeur inaliénable de cette dignité ontologique enracinée dans l'être même de la personne humaine et qui subsiste en toutes circonstances.
9. Enfin, il convient de rappeler ici que la définition classique de la personne en tant que « substance individuelle de nature rationnelle »[17] explicite le fondement de sa dignité. En effet, en tant que « substance individuelle », la personne jouit d'une dignité ontologique (c'est-à-dire au niveau métaphysique de l'être lui-même) : c'est un sujet qui, ayant reçu l'existence de Dieu, “subsiste”, autrement dit exerce l'existence de manière autonome. Le mot « rationnelle » englobe en fait toutes les capacités de l'être humain : aussi bien celle de connaître et de comprendre que celle de vouloir, d'aimer, de choisir, de désirer. Le terme « rationnelle » comprend donc également toutes les capacités corporelles intimement liées à celles mentionnées ci-dessus. L'expression « nature » indique les conditions propres à l'être humain qui rendent possibles les différentes opérations et expériences : la nature est le “principe d'action”. L'être humain ne crée pas sa nature ; il la possède comme un don reçu et peut cultiver, développer et enrichir ses capacités. En exerçant sa liberté de cultiver les richesses de sa propre nature, la personne humaine se construit au fil du temps. Même si, en raison de diverses limitations ou conditions, elle n'est pas en mesure d'utiliser ces capacités, la personne subsiste toujours en tant que « substance individuelle » avec toute sa dignité inaliénable. C'est le cas, par exemple, d'un enfant à naître, d'une personne inconsciente, d'une personne âgée à l'agonie.
1. Une prise de conscience progressive du caractère central de la dignité humaine
10. Déjà dans l'Antiquité classique[18] on trouve une première perception de la dignité humaine, qui s'inscrit dans une perspective sociale : chaque être humain est doté d'une dignité particulière, en fonction de son rang et au sein d'un certain ordre. De la sphère sociale, le mot est passé à la description des différentes dignités des êtres présents dans le cosmos. Dans cette optique, tous les êtres possèdent leur propre “dignité”, en fonction de leur place dans l'harmonie du tout. Certes, certains sommets de la pensée antique commencent à reconnaître une place singulière à l'être humain, dans la mesure où il est doué de raison et donc capable d'assumer une responsabilité pour lui-même et les autres êtres du monde,[19] mais nous sommes encore loin d'une pensée capable de fonder le respect de la dignité de tout être humain, en toutes circonstances.
Perspectives bibliques
11. La Révélation biblique enseigne que tous les êtres humains possèdent une dignité intrinsèque car ils sont créés à l'image et à la ressemblance de Dieu : « Dieu dit : “Faisons l’homme à notre image, selon notre ressemblance”. […] Dieu créa l’homme à son image, à l’image de Dieu il le créa, il les créa homme et femme » (Gn 1, 26-27). L'humanité a une qualité spécifique qui fait qu'elle n'est pas réductible à la pure matérialité. L'« image » ne définit pas l'âme ou les capacités intellectuelles, mais la dignité de l'homme et de la femme. L'un et l'autre, dans leur relation d'égalité et d'amour mutuel, remplissent la fonction de représentation de Dieu dans le monde et sont appelés à prendre soin du monde et à le nourrir. Être créés à l'image de Dieu signifie donc posséder en nous une valeur sacrée qui transcende toutes les distinctions sexuelles, sociales, politiques, culturelles et religieuses. Notre dignité nous est donnée, elle n'est ni revendiquée ni méritée. Chaque être humain est aimé et voulu par Dieu pour lui-même et est donc inviolable dans sa dignité. Dans l'Exode, cœur de l’Ancien Testament, Dieu se montre comme celui qui entend le cri des pauvres, voit la misère de son peuple, prend soin des plus petits et des opprimés (cf. Ex 3, 7; 22, 20-26). On retrouve le même enseignement dans le Code deutéronomique (cf. Dt 12-26) : ici, l'enseignement sur les droits se transforme en un “manifeste” de la dignité humaine, notamment en faveur de la triple catégorie de l'orphelin, de la veuve et de l'étranger. (cf. Dt 24, 17). Les anciens préceptes de l'Exode sont rappelés et actualisés par la prédication des prophètes, qui représentent la conscience critique d'Israël. Des chapitres entiers des prophètes Amos, Osée, Isaïe, Michée et Jérémie dénoncent l'injustice. Amos reproche amèrement l'oppression des pauvres, le fait de ne reconnaître aucune dignité humaine fondamentale aux plus démunis (cf. Am 2, 7 ; 4, 1 ; 5, 11-12). Isaïe prononce une malédiction contre ceux qui foulent aux pieds les droits des pauvres, leur refusant toute justice : « Malheureux ! Ils rédigent des décrets malfaisants, ils inscrivent des écrits d’oppression ! Ils refusent de rendre justice aux faibles » (Is 10, 1-2). Cet enseignement prophétique est repris dans la littérature de sagesse. Le Siracide assimile l'oppression des pauvres à un meurtre : « c’est tuer son prochain que lui retirer la subsistance, c’est verser le sang que priver l’ouvrier de son salaire » (Si 34, 26-27). Dans les Psaumes, la relation religieuse avec Dieu passe par la défense du faible et du nécessiteux : « rendez justice au faible, à l'orphelin ; faites droit à l'indigent, au malheureux. « Libérez le faible et le pauvre, arrachez-les aux mains des impies » (Ps 82, 3-4).
12. Jésus est né et a grandi dans des conditions humbles et a révélé la dignité des nécessiteux et des travailleurs.[20] Tout au long de son ministère, Jésus a affirmé la valeur et la dignité de tous ceux qui portent l'image de Dieu, indépendamment de leur statut social et des circonstances extérieures. Jésus a brisé les barrières culturelles et cultuelles, redonnant leur dignité à ceux qui sont “mis au rebut” ou considérés comme en marge de la société : les collecteurs d'impôts (cf. Mt 9, 10-11), les femmes (cf. Jn 4, 1-42), les enfants (cf. Mc 10, 14-15), les lépreux (cf. Mt 8, 2-3), les malades (cf. Mc 1, 29-34), les étrangers (cf. Mt 25, 35), les veuves (cf. Lc 7, 11-15). Il guérit, nourrit, défend, libère, sauve. Il est décrit comme un berger attentif à une seule brebis égarée (cf. Mt 18, 12-14). Il s'identifie lui-même à ses frères les plus petits : « chaque fois que vous l’avez fait à l’un de ces plus petits de mes frères, c’est à moi que vous l’avez fait » (Mt 25, 40). Dans le langage biblique, les “petits” ne sont pas seulement les enfants selon l’âge, mais les disciples sans défense, les plus insignifiants, les exclus, les opprimés, les mis à l'écart, les pauvres, les marginaux, les ignorants, les malades, les déclassés par les groupes dominants. Le Christ glorieux jugera en fonction de l'amour envers son prochain, qui consiste à avoir assisté l'affamé, l'assoiffé, l'étranger, le nu, le malade, l'emprisonné, avec lesquels il s'identifie (cf. Mt 25, 34-36). Pour Jésus, le bien fait à tout être humain, indépendamment des liens du sang ou de la religion, est le seul critère de jugement. L'apôtre Paul, écrivant aux Galates, affirme que tout chrétien doit se comporter selon les exigences de la dignité et du respect des droits de tous les êtres humains (cf. Rm 13, 8-10), conformément au nouveau commandement de la charité. (cf. 1 Co 13, 1-13).
Développements de la pensée chrétienne
13. Le développement de la pensée chrétienne a ensuite stimulé et accompagné le progrès de la réflexion humaine sur le thème de la dignité. L'anthropologie chrétienne classique, fondée sur la grande tradition des Pères de l'Église, a mis l'accent sur la doctrine de l'être humain créé à l'image et à la ressemblance de Dieu et sur son rôle singulier dans la création.[21] La pensée chrétienne médiévale, examinant de manière critique l'héritage de la pensée philosophique antique, est parvenue à une synthèse de la notion de personne, y reconnaissant le fondement métaphysique de sa dignité, comme l'attestent les paroles suivantes de saint Thomas d'Aquin : « La personne signifie ce qu’il y a de plus parfait dans toute la nature : savoir, ce qui subsiste dans une nature raisonnable ».[22] Cette dignité ontologique, dans sa manifestation privilégiée à travers le libre agir humain, a ensuite été soulignée surtout par l'humanisme chrétien de la Renaissance.[23] Même dans la vision de penseurs modernes, tels que Descartes et Kant, qui ont également remis en question certains des fondements de l'anthropologie chrétienne traditionnelle, des échos de la Révélation peuvent être fortement perçus. Sur la base de certaines réflexions philosophiques plus récentes sur le statut de la subjectivité théorique et pratique, la réflexion chrétienne en est venue à souligner davantage la profondeur du concept de dignité, atteignant au XXe siècle une perspective originale, comme avec le personnalisme. Cette perspective non seulement reprend la question de la subjectivité, mais l'approfondit en direction de l'intersubjectivité et des relations qui lient les personnes humaines entre elles.[24] La proposition anthropologique chrétienne contemporaine s'est elle aussi enrichie de la pensée issue de cette dernière approche.[25]
Époque actuelle
14. De nos jours, le terme de “dignité” est principalement utilisé pour souligner le caractère unique de la personne humaine, incommensurable avec les autres êtres de l'univers. Dans cette perspective, on comprend la manière dont le terme de dignité est utilisé dans la Déclaration des Nations unies de 1948, où il est question « de la dignité inhérente à tous les membres de la famille humaine et de leurs droits égaux et inaliénables ». Seul ce caractère inaliénable de la dignité humaine permet de parler de droits de l'homme.[26]
15. Pour clarifier davantage le concept de dignité, il est important de souligner que la dignité n'est pas accordée à la personne par d'autres êtres humains, sur la base de certains dons et qualités, de sorte qu'elle pourrait éventuellement être retirée. Si la dignité était accordée à la personne par d'autres êtres humains, elle le serait de manière conditionnelle et aliénable, et le sens même de la dignité (quoique digne d'un grand respect) resterait ainsi exposé au risque d'être aboli. En réalité, la dignité est intrinsèque à la personne, elle n'est pas conférée a posteriori, elle est antérieure à toute reconnaissance et ne peut être perdue. Par conséquent, tous les êtres humains possèdent la même dignité intrinsèque, qu'ils soient ou non capables de l'exprimer de manière adéquate.
16. C'est pourquoi le Concile Vatican II parle de « l’éminente dignité de la personne humaine, supérieure à toutes choses et dont les droits et les devoirs sont universels et inviolables ».[27] Comme le rappelle l'incipit de la Déclaration conciliaire Dignitatis humanae, « la dignité de la personne humaine est l’objet d’une conscience toujours plus vive ; toujours plus nombreux sont ceux qui revendiquent pour l’homme la possibilité d’agir en vertu de ses propres options et en toute libre responsabilité ; non pas sous la pression d’une contrainte, mais guidé par la conscience de son devoir ».[28] Cette liberté de pensée et de conscience, tant individuelle que collective, est fondée sur la reconnaissance de la dignité humaine « telle que l’ont fait connaître la Parole de Dieu et la raison elle-même ».[29] Le magistère ecclésial lui-même a de plus en plus mûri le sens de cette dignité, ainsi que les exigences et les implications qui y sont liées, en prenant conscience que la dignité de tout être humain est telle en toutes circonstances.
2. L'Église proclame, promeut et garantit la dignité humaine
17. L'Église proclame l'égale dignité de tous les êtres humains, quelles que soient leur condition de vie et leurs qualités. Cette proclamation repose sur une triple conviction qui, à la lumière de la foi chrétienne, confère à la dignité humaine une valeur incommensurable et en renforce les exigences intrinsèques.
Une image indélébile de Dieu
18. Tout d'abord, selon la Révélation, la dignité de l'être humain provient de l'amour de son Créateur, qui a imprimé en lui les traits indélébiles de son image (cf. Gn 1,26), l'appelant à le connaître, à l'aimer et à vivre dans une relation d'alliance avec Dieu et dans la fraternité, la justice et la paix avec tous les autres hommes et femmes. Dans cette vision, la dignité ne se réfère pas seulement à l'âme, mais à la personne en tant qu'unité indivisible, et est donc également inhérente à son corps, qui participe à sa manière à l'être de la personne humaine en tant qu'image de Dieu et est également appelé à avoir part à la gloire de l'âme dans la béatitude divine.
Le Christ élève la dignité de l'homme
19. Une deuxième conviction découle du fait que la dignité de la personne humaine s'est révélée dans sa plénitude lorsque le Père a envoyé son Fils qui a assumé dans sa totalité l'existence humaine : « Par le mystère de l’Incarnation, le Fils de Dieu a confirmé la dignité du corps et de l’âme, constitutifs de l’être humain ».[30] Ainsi, en s'unissant en quelque sorte à tout être humain par son incarnation, Jésus-Christ a confirmé que tout être humain possède une dignité inestimable, par le simple fait d'appartenir à la même communauté humaine, et que cette dignité ne peut jamais être perdue.[31] En proclamant que le Royaume de Dieu appartient aux pauvres, aux humbles, aux méprisés, à ceux qui souffrent dans leur corps et dans leur esprit ; en guérissant toutes sortes de maladies et d'infirmités, même les plus dramatiques comme la lèpre ; en affirmant que ce qu'on fait à ces personnes, c'est à lui qu'on le fait, parce qu'il est présent dans ces personnes, Jésus a apporté la grande nouveauté de la reconnaissance de la dignité de toute personne, et aussi et surtout des personnes qualifiées d'“indignes”. Ce nouveau principe dans l'histoire de l'humanité, selon lequel les êtres humains sont d'autant plus “dignes” de respect et d'amour qu'ils sont plus faibles, plus misérables et plus souffrants, jusqu'à perdre leur “figure” humaine, a changé la face du monde, en donnant naissance à des institutions qui s'occupent des personnes en situation défavorisée : bébés abandonnés, orphelins, personnes âgées laissées seules, malades mentaux, personnes atteintes de maladies incurables ou de graves malformations, personnes vivant dans la rue.
Une vocation à la plénitude de la dignité
20. La troisième conviction concerne la destinée finale de l'être humain : après la création et l'incarnation, la résurrection du Christ nous révèle un autre aspect de la dignité humaine. En effet, « l’aspect le plus sublime de la dignité humaine se trouve dans cette vocation de l’homme à communier avec Dieu »,[32] destinée à durer éternellement. Ainsi, « la dignité de la vie n'est pas seulement liée à ses origines, au fait qu'elle vient de Dieu, mais aussi à sa fin, à sa destinée qui est d'être en communion avec Dieu pour le connaître et l'aimer. C'est à la lumière de cette vérité que saint Irénée précise et complète son exaltation de l'homme : la “gloire de Dieu” est bien “l'homme vivant”, mais “la vie de l'homme est la vision de Dieu” ».[33]
21. Par conséquent, l'Église croit et affirme que tous les êtres humains, créés à l'image et à la ressemblance de Dieu et recréés[34] dans le Fils fait homme, crucifié et ressuscité, sont appelés à grandir sous l'action de l'Esprit Saint pour refléter la gloire du Père, dans cette même image, participant à la vie éternelle (cf. Jn 10, 15-16. 17, 22-24 ; 2 Co 3, 18 ; Ep 1, 3-14). En effet, « la Révélation […] dévoile dans toute son ampleur la dignité de la personne humaine ».[35]
Un engagement en faveur de la liberté
22. Bien que chaque être humain possède une dignité inaliénable et intrinsèque dès le début de son existence comme un don irrévocable, il dépend de sa décision libre et responsable de l'exprimer et de la manifester pleinement ou de l'obscurcir. Certains Pères de l'Église - comme saint Irénée ou saint Jean Damascène - ont établi une distinction entre l'image et la ressemblance dont parle la Genèse, permettant ainsi un regard dynamique sur la dignité humaine elle-même : l'image de Dieu est confiée à la liberté de l'être humain afin que, sous la direction et l'action de l'Esprit, sa ressemblance avec Dieu grandisse et que chacun puisse atteindre sa dignité la plus haute.[36] Chaque personne est en effet appelée à manifester sur le plan existentiel et moral la portée ontologique de sa dignité dans la mesure où, avec sa propre liberté, elle s'oriente vers le vrai bien, en réponse à l'amour de Dieu. Ainsi, étant créée à l'image de Dieu, la personne humaine d’une part ne perd jamais sa dignité et ne cesse d'être appelée à accueillir librement le bien ; d’autre part, dans la mesure où la personne humaine répond au bien, sa dignité peut se manifester, grandir et mûrir librement, de manière dynamique et progressive. Cela signifie que l’être humain doit aussi s’efforcer de vivre à la hauteur de sa propre dignité. On comprend alors en quel sens le péché peut blesser et obscurcir la dignité humaine, comme un acte contraire à celle-ci, mais, en même temps, qu'il ne peut jamais effacer le fait que l'être humain a été créé à l'image de Dieu. La foi, par conséquent, contribue de manière décisive à aider la raison dans sa perception de la dignité humaine, et à en accueillir, consolider et préciser les traits essentiels, comme l'a souligné Benoît XVI : « sans le correctif apporté par la religion, d’ailleurs, la raison aussi peut tomber dans des distorsions, comme lorsqu’elle est manipulée par l’idéologie, ou lorsqu’elle est utilisée de manière partiale si bien qu’elle n’arrive plus à prendre totalement en compte la dignité de la personne humaine. C’est ce mauvais usage de la raison qui, en fin de compte, fut à l’origine du trafic des esclaves et de bien d’autres maux sociaux dont les idéologies totalitaires du XXe siècle ne furent pas les moindres ».[37]
3. La dignité, fondement des droits et des devoirs de l'homme
23. Comme l’a déjà rappelé le Pape François, « dans la culture moderne, la référence la plus proche au principe de la dignité inaliénable de la personne est la Déclaration universelle des droits de l’homme, que saint Jean-Paul II a définie comme une “pierre milliaire placée sur le chemin long et difficile du genre humain” et comme l’“une des plus hautes expressions de la conscience humaine” ».[38] Pour résister aux tentatives visant à altérer ou à effacer le sens profond de cette Déclaration, il convient de rappeler certains principes essentiels qui doivent toujours être respectés.
Respect inconditionnel de la dignité humaine
24. En premier lieu, bien qu'une sensibilité toujours croissante au thème de la dignité humaine se soit répandue, il existe encore aujourd'hui de nombreux malentendus sur le concept de dignité, qui en déforment le sens. Certains proposent d'utiliser l'expression « dignité personnelle » (et droits « de la personne ») au lieu de « dignité humaine » (et droits de l'homme), car ils n'entendent par personne qu'un “être capable de raisonner”. Par conséquent, ils soutiennent que la dignité et les droits sont déduits de la capacité de connaissance et de liberté, dont tous les êtres humains ne sont pas dotés. L'enfant à naître n'aurait donc pas de dignité personnelle, pas plus que la personne âgée non autonome ou les personnes souffrant d'un handicap mental.[39] L'Église, au contraire, insiste sur le fait que la dignité de toute personne humaine, précisément parce qu'elle est intrinsèque, demeure « en toutes circonstances », et que sa reconnaissance ne peut en aucun cas dépendre du jugement sur la capacité d'une personne à comprendre et à agir librement. Sinon, la dignité ne serait pas en tant que telle inhérente à la personne, indépendante de son conditionnement et donc digne d'un respect inconditionnel. Ce n'est qu'en reconnaissant à l'être humain une dignité intrinsèque, qui ne peut jamais être perdue, qu'il est possible de garantir à cette qualité un fondement inviolable et sûr. Sans référence ontologique, la reconnaissance de la dignité humaine serait à la merci d'évaluations différentes et arbitraires. La seule condition pour pouvoir parler de dignité en soi inhérente à la personne est donc son appartenance à l'espèce humaine, de sorte que « les droits de la personne sont les droits de l'homme ».[40]
Une référence objective pour la liberté humaine
25. En deuxième lieu, le concept de dignité humaine est aussi parfois utilisé abusivement pour justifier une multiplication arbitraire de nouveaux droits, dont beaucoup sont souvent en conflit avec ceux qui ont été définis à l'origine et qui sont fréquemment mis en conflit avec le droit fondamental à la vie[41], comme si la capacité d'exprimer et de réaliser chaque préférence individuelle ou chaque désir subjectif devait être garantie. La dignité est alors identifiée à une liberté isolée et individualiste, qui prétend imposer comme “droits”, garantis et financés par la collectivité, certains désirs et penchants subjectifs. Mais la dignité humaine ne peut être fondée sur des standards purement individuels ni identifiée au seul bien-être psychophysique de l'individu. La défense de la dignité humaine repose au contraire sur des exigences constitutives de la nature humaine, qui ne dépendent ni de l'arbitraire individuel ni de la reconnaissance sociale. Les devoirs qui découlent de la reconnaissance de la dignité de l'autre et les droits correspondants qui en découlent ont donc un contenu concret et objectif, fondé sur la nature humaine commune. Sans cette référence objective, le concept de dignité est en réalité soumis à l'arbitraire et aux rapports de force les plus divers.
Structure relationnelle de la personne humaine
26. La dignité humaine, à la lumière du caractère relationnel de la personne, aide à dépasser la perspective réductrice d'une liberté autoréférentielle et individualiste, qui prétend créer ses propres valeurs sans tenir compte des normes objectives du bien et de la relation avec les autres êtres vivants. De plus en plus, en effet, le risque existe de limiter la dignité humaine à la capacité de décider discrétionnairement de soi-même et de son propre destin, indépendamment de celui des autres, sans tenir compte de son appartenance à la communauté humaine. Dans une telle conception erronée de la liberté, les devoirs et les droits ne peuvent pas être reconnus mutuellement de manière à ce que nous prenions soin les uns des autres. En vérité, comme nous le rappelle saint Jean-Paul II, la liberté est mise « au service de la personne et de son accomplissement par le don d'elle-même et l'accueil de l'autre; au contraire, lorsque sa dimension individualiste est absolutisée, elle est vidée de son sens premier, sa vocation et sa dignité mêmes sont démenties ».[42]
27. La dignité de l'être humain comprend donc également la capacité, inhérente à la nature humaine elle-même, d'assumer des obligations à l'égard d'autrui.
28. La différence entre l'être humain et le reste des autres êtres vivants, qui ressort du concept de dignité, ne doit pas nous faire oublier la bonté des autres êtres créés, qui existent non seulement en fonction de l'être humain, mais aussi avec une valeur propre, et donc comme des dons qui lui sont confiés et qu'il faut chérir et cultiver. Ainsi, alors que le concept de dignité est réservé à l'être humain, la bonté des autres créatures du cosmos doit être affirmée en même temps. Comme le souligne le Pape François : « précisément en raison de sa dignité unique et par le fait d’être doué d’intelligence, l’être humain est appelé à respecter la création avec ses lois internes, […] : “Chaque créature possède sa bonté et sa perfection propres [...] Les différentes créatures, voulues en leur être propre, reflètent, chacune à sa façon, un rayon de la sagesse et de la bonté infinies de Dieu. C’est pour cela que l’homme doit respecter la bonté propre de chaque créature pour éviter un usage désordonné des choses” ».[43] Plus encore, « aujourd’hui nous sommes obligés de reconnaître que seul un “anthropocentrisme situé” est possible. Autrement dit, reconnaître que la vie humaine est incompréhensible et insoutenable sans les autres créatures ».[44] Dans cette perspective, « il n’est pas sans importance pour nous que nombre d’espèces disparaissent et que la crise climatique mette en danger la vie de tant d’êtres ».[45] Il appartient en effet à la dignité de l'être humain de prendre soin de l'environnement, en tenant compte en particulier de cette écologie humaine qui préserve son existence même.
Libération de l'être humain des conditionnements moraux et sociaux
29. Ces préalables fondamentaux, pour nécessaires qu'ils soient, ne suffisent pas à garantir l'épanouissement de la personne dans le respect de sa dignité. Même si « Dieu a créé l’homme raisonnable en lui conférant la dignité d’une personne douée de l’initiative et de la maîtrise de ses actes »[46] en vue du bien, le libre arbitre préfère souvent le mal au bien. C'est pourquoi la liberté humaine a besoin d'être libérée à son tour. Dans la lettre aux Galates, en affirmant que « c’est pour que nous soyons libres que le Christ nous a libérés » (Ga 5,1), saint Paul rappelle la tâche propre à chaque chrétien, sur les épaules duquel repose une responsabilité de libération qui s'étend au monde entier (cf. Rm 8,19 sq). Il s'agit d'une libération qui, du cœur de la personne, est appelée à se répandre et à manifester sa force humanisante dans toutes les relations.
30. La liberté est un merveilleux cadeau de Dieu. Même lorsqu'il nous attire par sa grâce, Dieu le fait de manière à ce que notre liberté ne soit jamais violée. Ce serait donc une grave erreur de penser que, loin de Dieu et de son aide, nous pouvons être plus libres et, par conséquent, nous sentir plus dignes. Détachée de son Créateur, notre liberté ne peut que s'affaiblir et s'obscurcir. Il en va de même si la liberté s'imagine indépendante de toute référence autre qu'elle-même et perçoit comme une menace toute relation avec une vérité antérieure. Par conséquent, le respect de la liberté et de la dignité d'autrui s'en trouvera lui aussi diminué. C'est ce qu'explique le Pape Benoît XVI : « Une volonté qui se croit radicalement incapable de rechercher la vérité et le bien n’a plus de raisons objectives ni de motifs pour agir, sinon ceux que lui imposent ses intérêts momentanés et contingents, elle n’a pas une “identité” à conserver et à construire en opérant des choix vraiment libres et conscients. Elle ne peut donc revendiquer le respect de la part d’autres “volontés”, elles aussi détachées de leur être plus profond et qui, de ce fait, peuvent faire valoir d’autres “raisons” ou même aucune “raison”. L’illusion que l’on puisse trouver dans le relativisme moral la clé d’une coexistence pacifique, est en réalité l’origine des divisions et de la négation de la dignité des êtres humains ».[47]
31. En outre, il serait irréaliste d'affirmer une liberté abstraite, libre de tout conditionnement, contexte ou limitation. Au contraire, « le juste exercice de la liberté personnelle exige des conditions précises d'ordre économique, social, juridique, politique et culturel »[48], qui restent souvent insatisfaites. En ce sens, nous pouvons dire que certains jouissent d'une plus grande “liberté” que d'autres. Le Pape François s'est arrêté sur ce point en particulier : « Certains naissent dans des familles aisées, reçoivent une bonne éducation, grandissent en se nourrissant bien ou possèdent naturellement des capacités exceptionnelles. Ceux-là n’auront sûrement pas besoin d’un État actif et ne revendiqueront que la liberté. Mais évidemment, la même règle ne vaut pas pour une personne porteuse de handicap, pour quelqu’un qui est né dans une famille très pauvre, pour celui qui a bénéficié d’une éducation de qualité inférieure et de ressources limitées en vue de soigner convenablement ses maladies. Si la société est régie principalement par les critères de liberté du marché et d’efficacité, il n’y a pas de place pour eux et la fraternité est une expression romantique de plus ».[49] Il est donc impératif de comprendre que « la libération des injustices promeut la liberté et la dignité de l'homme »[50] à tous les niveaux et dans toutes les relations de l'action humaine. Pour qu'une véritable liberté soit possible, « nous devons replacer au centre la dignité humaine et, sur ce pilier, doivent être construites les structures sociales alternatives dont nous avons besoin ».[51] De même, la liberté est souvent obscurcie par de nombreuses contraintes psychologiques, historiques, sociales, éducatives et culturelles. La liberté réelle et historique a toujours besoin d'être “libérée”. Et le droit fondamental à la liberté religieuse doit également être réaffirmé.
32. En même temps, il est évident que l'histoire humaine montre un progrès dans la compréhension de la dignité et de la liberté des personnes, non sans ombres et dangers d'involution. En témoigne le fait qu'il existe une aspiration croissante - également sous l'influence chrétienne, qui continue à être un ferment même dans des sociétés de plus en plus sécularisées - à éradiquer le racisme, l'esclavage et la marginalisation des femmes, des enfants, des malades et des handicapés. Mais ce chemin ardu est loin d'être terminé.
4. Quelques violations graves de la dignité humaine
33. A la lumière des réflexions faites jusqu'à présent sur le caractère central de la dignité humaine, cette dernière section de la Déclaration aborde certaines violations concrètes et graves de celle-ci. Elle le fait dans l'esprit du Magistère de l'Église, qui a trouvé sa pleine expression dans l'enseignement des récents Pontifes, comme nous l'avons déjà mentionné. Le Pape François, par exemple, ne se lasse pas d'appeler au respect de la dignité humaine : « Tout être humain a le droit de vivre dans la dignité et de se développer pleinement, et ce droit fondamental ne peut être nié par aucun pays. Il possède ce droit même s’il n’est pas très efficace, même s’il est né ou a grandi avec des limites. Car cela ne porte pas atteinte à son immense dignité de personne humaine qui ne repose pas sur les circonstances mais sur la valeur de son être. Lorsque ce principe élémentaire n’est pas préservé, il n’y a d’avenir ni pour la fraternité ni pour la survie de l’humanité ».[52] D'autre part, il ne cesse de signaler à tous les violations concrètes de la dignité humaine à notre époque, appelant chacun à un sursaut de responsabilité et à un engagement actif.
34. Pour signaler quelques-unes des nombreuses et graves violations de la dignité humaine dans le monde contemporain, nous pouvons rappeler ce que le Concile Vatican II a enseigné à cet égard. Il faut reconnaître que s'oppose à la dignité humaine « tout ce qui s’oppose à la vie elle-même, comme toute espèce d’homicide, le génocide, l’avortement, l’euthanasie et même le suicide délibéré ».[53] Porte également atteinte à notre dignité « tout ce qui constitue une violation de l’intégrité de la personne humaine, comme les mutilations, la torture physique ou morale, les contraintes psychologiques ».[54] Et finalement « tout ce qui est offense à la dignité de l’homme, comme les conditions de vie sous-humaines, les emprisonnements arbitraires, les déportations, l’esclavage, la prostitution, le commerce des femmes et des jeunes ; ou encore les conditions de travail dégradantes qui réduisent les travailleurs au rang de purs instruments de rapport, sans égard pour leur personnalité libre et responsable ».[55] Le sujet de la peine de mort doit également être mentionné ici[56] : la peine de mort, elle aussi, viole la dignité de tout être humain, inaliénable en toutes circonstances. Il faut au contraire reconnaître que « le rejet ferme de la peine de mort montre à quel point il est possible de reconnaître l’inaliénable dignité de tout être humain et d’accepter sa place dans cet univers. Étant donné que si je ne la nie pas au pire des criminels, je ne la nierai à personne, je donnerai à chacun la possibilité de partager avec moi cette planète malgré ce qui peut nous séparer.».[57] Il semble également opportun de rappeler la dignité des personnes incarcérées, souvent contraintes de vivre dans des conditions indignes, et que la pratique de la torture porte atteinte à la dignité de tout être humain au-delà de toute limite, même si l'on est coupable de crimes graves..
35. Sans prétendre à l'exhaustivité, nous attirons l'attention dans ce qui suit sur certaines violations graves de la dignité humaine qui sont particulièrement d'actualité.
Le drame de la pauvreté
36. L'un des phénomènes qui contribue considérablement à nier la dignité de tant d'êtres humains est l'extrême pauvreté, liée à la répartition inégale des richesses. Comme l'a déjà souligné saint Jean-Paul II, « l'une des plus grandes injustices du monde contemporain consiste précisément dans le fait qu'il y a relativement peu de personnes qui possèdent beaucoup, tandis que beaucoup ne possèdent presque rien. C'est l'injustice de la mauvaise répartition des biens et des services originairement destinés à tous ».[58] Par ailleurs, il serait illusoire de faire une distinction sommaire entre “pays riches” et “pays pauvres” : Benoît XVI reconnaissait déjà, en effet, que « la richesse mondiale croît en termes absolus, mais les inégalités augmentent. Dans les pays riches, de nouvelles catégories sociales s’appauvrissent et de nouvelles pauvretés apparaissent. Dans des zones plus pauvres, certains groupes jouissent d’une sorte de surdéveloppement où consommation et gaspillage vont de pair, ce qui contraste de façon inacceptable avec des situations permanentes de misère déshumanisante. “Le scandale de disparités criantes » demeure” »,[59] où la dignité des pauvres est doublement niée, à la fois par le manque de ressources disponibles pour répondre à leurs besoins fondamentaux et par l'indifférence avec laquelle ils sont traités par ceux qui vivent à leurs côtés.
37. Avec le Pape François, il faut donc conclure que « la richesse a augmenté, mais avec des inégalités ; et ainsi, il se fait que “de nouvelles pauvretés apparaissent”. Lorsqu’on affirme que le monde moderne a réduit la pauvreté, on le fait en la mesurant avec des critères d’autres temps qui ne sont pas comparables avec la réalité actuelle ».[60] En conséquence, la pauvreté s'étend « de multiples façons, comme par exemple dans l’obsession de réduire les coûts du travail sans prendre en compte les graves conséquences que cela entraîne, car le chômage qui en est la résultante directe élargit les frontières de la pauvreté ».[61] Parmi ces « effets destructeurs de l’Empire de l’argent »,[62] il faut reconnaître qu’« il n’existe pas pire pauvreté que celle qui prive du travail et de la dignité du travail».[63] Si certaines personnes naissent dans un pays ou une famille où elles ont moins de possibilités de développement, on doit reconnaître que cela va à l'encontre de leur dignité, qui est exactement la même que celle des personnes nées dans une famille ou un pays riche. Nous sommes tous responsables, à des degrés divers, de cette iniquité flagrante.
La guerre
38. Une autre tragédie qui nie la dignité humaine est la survenance de la guerre, aujourd'hui comme de tout temps : « les guerres, les violences, les persécutions pour des raisons raciales ou religieuses, et tant d’atteintes à la dignité humaine […] se multiplient “douloureusement en de nombreuses régions du monde, au point de prendre les traits de ce qu’on pourrait appeler une ‘troisième guerre mondiale par morceaux’” ».[64] Avec son cortège de destructions et de douleurs, la guerre porte atteinte à la dignité humaine à court et à long terme : « Tout en réaffirmant le droit inaliénable à la légitime défense, ainsi que la responsabilité de protéger ceux dont l’existence est menacée, nous nous devons d’admettre que la guerre est toujours une “défaite de l’humanité”. Aucune guerre ne vaut les larmes d’une mère ayant vu son enfant mutilé ou mort ; aucune guerre ne vaut la perte de la vie ne serait-ce que d’une seule personne humaine, être sacré, créé à l’image et à la ressemblance du Créateur ; aucune guerre ne vaut l’empoisonnement de notre maison commune ; et aucune guerre ne vaut le désespoir de ceux qui sont forcés à quitter leur patrie et sont privés, d’un moment à l’autre, de leur maison et de tous les liens familiaux, amicaux, sociaux et culturels qui ont été construits, parfois pendant des générations ».[65] Toutes les guerres, par le simple fait qu'elles contredisent la dignité humaine, sont « des conflits qui ne résoudront pas les problèmes mais les accroîtront ».[66] Ceci se révèle encore plus grave à notre époque, où il est devenu normal que tant de civils innocents meurent en dehors du champ de bataille.
39. C'est pourquoi, aujourd'hui encore, l'Église ne peut que faire siennes les paroles des Pontifes, répétant avec saint Paul VI : « jamais plus la guerre, jamais plus la guerre ! »,[67] et demandant, avec saint Jean-Paul II, « à tous au nom de Dieu et au nom de l'homme : ne tuez pas ! Ne préparez pas pour les hommes destructions et exterminations ! Pensez à vos frères qui souffrent de la faim et de la misère ! Respectez la dignité et la liberté de chacun ! ».[68] C'est précisément à notre époque le cri de l'Église et de toute l'humanité. Enfin, le Pape François souligne que « nous ne pouvons plus penser à la guerre comme une solution, du fait que les risques seront probablement toujours plus grands que l’utilité hypothétique qu’on lui attribue. Face à cette réalité, il est très difficile aujourd’hui de défendre les critères rationnels, mûris en d’autres temps, pour parler d’une possible “guerre juste”. Jamais plus la guerre ! ».[69] Puisque l'humanité retombe souvent dans les mêmes erreurs que par le passé, « pour construire la paix, nous devons sortir de la logique de la légitimité de la guerre ».[70] La relation intime qui existe entre la foi et la dignité humaine rend contradictoire le fait que la guerre soit fondée sur des convictions religieuses : « Celui qui invoque le nom de Dieu pour justifier le terrorisme, la violence et la guerre, ne marche pas sur Sa route : la guerre au nom de la religion devient une guerre à la religion elle-même ».[71]
Le travail des migrants
40. Les migrants sont parmi les premières victimes des multiples formes de pauvreté. Non seulement leur dignité est bafouée dans leurs pays,[72] mais leur vie même est mise en danger car ils n'ont plus les moyens de fonder une famille, de travailler ou de se nourrir.[73] De plus, une fois arrivés dans les pays qui devraient pouvoir les accueillir, « ne sont pas jugés assez dignes pour participer à la vie sociale comme toute autre personne et l’on oublie qu’ils ont la même dignité intrinsèque que quiconque. […] On ne dira jamais qu’ils ne sont pas des êtres humains, mais dans la pratique, par les décisions et la manière de les traiter, on montre qu’ils sont considérés comme des personnes ayant moins de valeur, moins d’importance, dotées de moins d’humanité ».[74] Il est donc toujours urgent de rappeler que « tout migrant est une personne humaine qui, en tant que telle, possède des droits fondamentaux inaliénables qui doivent être respectés par tous et en toute circonstance ».[75] Les accueillir est une manière importante et significative de défendre « la dignité inaliénable de chaque personne humaine indépendamment de son origine, de sa couleur ou de sa religion ».[76]
La traite des personnes
41. La traite des personnes humaines doit également être considérée comme une grave violation de la dignité humaine.[77]. Elle n'est pas nouvelle, mais son développement prend des dimensions tragiques qui sautent aux yeux, c'est pourquoi le Pape François l'a dénoncée en des termes particulièrement forts : « Je réaffirme que “la traite des personnes” est une activité ignoble, une honte pour nos sociétés qui se disent civilisées ! Les exploiteurs et les clients à tous les niveaux devraient effectuer un sérieux examen de conscience devant eux-mêmes et devant Dieu ! L’Église renouvelle aujourd’hui son appel puissant, afin que soient toujours protégées la dignité et la place centrale de chaque personne, dans le respect des droits fondamentaux, comme le souligne sa doctrine sociale, des droits qu’elle demande que l’on étende réellement là où ils ne sont pas reconnus à des millions d’hommes et de femmes sur chaque continent. Dans un monde dans lequel on parle beaucoup de droits, combien de fois la dignité humaine est-elle en réalité piétinée ! Dans un monde où l’on parle tant de droits, il semble que le seul à les avoir soit l’argent ».[78]
42. Pour ces raisons, l'Église et l'humanité ne doivent pas renoncer à lutter contre les phénomènes « de commerce d’organes et de tissus humains, d’exploitation sexuelle d’enfants, de travail d’esclave – y compris la prostitution –, de trafic de drogues et d’armes, de terrorisme et de crime international organisé. L’ampleur de ces situations et le nombre de vies innocentes qu’elles sacrifient sont tels que nous devons éviter toute tentation de tomber dans un nominalisme de déclarations à effet tranquillisant sur les consciences. Nous devons veiller à ce que nos institutions soient réellement efficaces dans la lutte contre tous ces fléaux ».[79] Face à des formes aussi diverses et brutales de négation de la dignité humaine, il est nécessaire de prendre de plus en plus conscience que « la traite des personnes est un crime contre l’humanité ».[80] En substance, elle nie la dignité humaine d'au moins deux manières : « la traite défigure l’humanité de la victime, en offensant sa liberté et sa dignité. Mais, dans le même temps, elle déshumanise celui qui la commet ».[81]
Abus sexuels
43. La profonde dignité inhérente à l'être humain dans la totalité de son corps et de son esprit permet également de comprendre pourquoi tout abus sexuel laisse de profondes cicatrices dans le cœur de celui qui le subit : il se sent, en effet, blessé dans sa dignité humaine. Il s'agit de « souffrances qui peuvent durer toute la vie et auxquelles aucun repentir ne peut porter remède. Ce phénomène est diffus dans la société, mais il touche aussi l’Église et représente un sérieux obstacle à sa mission ».[82] D'où son engagement constant pour mettre fin à tous les types d'abus, en commençant par elle-même.
Les violences contre les femmes
44. Les violences contre les femmes sont un scandale mondial, de plus en plus reconnu. Alors que l'égale dignité des femmes est reconnue en paroles, dans certains pays, les inégalités entre les femmes et les hommes sont très graves et même dans les pays les plus développés et les plus démocratiques, la réalité sociale concrète témoigne du fait que les femmes ne sont souvent pas reconnues comme ayant la même dignité que les hommes. Le Pape François souligne ce fait en affirmant que « l’organisation des sociétés dans le monde entier est loin de refléter clairement le fait que les femmes ont exactement la même dignité et les mêmes droits que les hommes. On affirme une chose par la parole, mais les décisions et la réalité livrent à cor et à cri un autre message. C’est un fait, “doublement pauvres sont les femmes qui souffrent des situations d’exclusion, de maltraitance et de violence, parce que, souvent, elles se trouvent avec de plus faibles possibilités de défendre leurs droits” ».[83]
45. Saint Jean-Paul II reconnaissait déjà qu’« il reste encore beaucoup à faire pour que la condition de femme et de mère n'entraîne aucune discrimination. Il est urgent d'obtenir partout l'égalité effective des droits de la personne et donc la parité des salaires pour un travail égal, la protection des mères qui travaillent, un juste avancement dans la carrière, l'égalité des époux dans le droit de la famille, la reconnaissance de tout ce qui est lié aux droits et aux devoirs du citoyen dans un régime démocratique ».[84] Les inégalités dans ces domaines sont des formes de violence diverses. Il a également rappelé qu’« il est temps de condamner avec force, en suscitant des instruments législatifs appropriés de défense, les formes de violence sexuelle qui ont bien souvent les femmes pour objet. Au nom du respect de la personne, nous ne pouvons pas non plus ne pas dénoncer la culture hédoniste et mercantile fort répandue qui prône l'exploitation systématique de la sexualité, poussant même les filles dès leur plus jeune âge à tomber dans les circuits de la corruption et à faire de leur corps une marchandise ».[85] Parmi les violences faites aux femmes, comment ne pas mentionner la contrainte à l'avortement, qui touche aussi bien la mère que l'enfant, si souvent pour satisfaire l'égoïsme des hommes ? Et comment ne pas mentionner également la pratique de la polygamie qui – comme le rappelle le Catéchisme de l'Église catholique – est contraire à l'égale dignité de la femme et de l'homme et est également contraire « à l’amour conjugal qui est unique et exclusif »?[86]
46. Dans cet horizon de violence à l'égard des femmes, le phénomène du féminicide ne sera jamais assez condamné. Sur ce front, l'engagement de toute la communauté internationale doit être compact et concret, comme l'a rappelé le Pape François : « L’amour pour Marie doit nous aider à avoir des attitudes de reconnaissance et de gratitude envers la femme, envers nos mères et nos grands-mères qui sont un rempart dans la vie de nos cités. Presque toujours silencieuses, elles font avancer la vie. C’est le silence et la force de l’espérance. Merci pour leur témoignage. […] toutefois en regardant les mères et les grands-mères, je voudrais vous inviter à lutter contre un fléau qui touche notre continent américain : les nombreux cas de féminicide. Il y a de nombreuses situations de violence qui sont étouffées derrière tant de murs. Je vous invite à lutter contre cette source de souffrance, en demandant que soient encouragées une législation et une culture du rejet de toute forme de violence ».[87]
L’avortement
47. L'Église ne cesse de rappeler que « la dignité de tout être humain a un caractère intrinsèque qui vaut depuis le moment de sa conception jusqu’à sa mort naturelle. C’est précisément l’affirmation de cette dignité qui est le préalable incontournable à la protection d’une existence personnelle et sociale, ainsi que la condition nécessaire pour que la fraternité et l’amitié sociale puissent se réaliser parmi tous les peuples de la terre ».[88] En se fondant sur cette valeur intangible de la vie humaine, le Magistère de l'Église s'est toujours prononcé contre l'avortement. À cet égard, saint Jean-Paul II écrit : « parmi tous les crimes que l'homme peut accomplir contre la vie, l'avortement provoqué présente des caractéristiques qui le rendent particulièrement grave et condamnable. […] Mais aujourd'hui, dans la conscience de nombreuses personnes, la perception de sa gravité s'est progressivement obscurcie. L'acceptation de l'avortement dans les mentalités, dans les mœurs et dans la loi elle-même est un signe éloquent d'une crise très dangereuse du sens moral, qui devient toujours plus incapable de distinguer entre le bien et le mal, même lorsque le droit fondamental à la vie est en jeu. Devant une situation aussi grave, le courage de regarder la vérité en face et d'appeler les choses par leur nom est plus que jamais nécessaire, sans céder à des compromis par facilité ou à la tentation de s'abuser soi-même. A ce propos, le reproche du Prophète retentit de manière catégorique : « Malheur à ceux qui appellent le mal bien et le bien mal, qui font des ténèbres la lumière et de la lumière les ténèbres » (Is 5, 20). Précisément dans le cas de l'avortement, on observe le développement d'une terminologie ambiguë, comme celle d'“interruption de grossesse”, qui tend à en cacher la véritable nature et à en atténuer la gravité dans l'opinion publique. Ce phénomène linguistique est sans doute lui-même le symptôme d'un malaise éprouvé par les consciences. Mais aucune parole ne réussit à changer la réalité des choses : l'avortement provoqué est le meurtre délibéré et direct, quelle que soit la façon dont il est effectué, d'un être humain dans la phase initiale de son existence, située entre la conception et la naissance »[89]. Les enfants à naître sont ainsi « les plus sans défense et innocents de tous, auxquels on veut nier aujourd’hui la dignité humaine afin de pouvoir en faire ce que l’on veut, en leur retirant la vie et en promouvant des législations qui font que personne ne peut l’empêcher ».[90] Il faut donc affirmer avec force et clarté, y compris à notre époque, que « cette défense de la vie à naître est intimement liée à la défense de tous les droits humains. Elle suppose la conviction qu’un être humain est toujours sacré et inviolable, dans n’importe quelle situation et en toute phase de son développement. Elle est une fin en soi, et jamais un moyen pour résoudre d’autres difficultés. Si cette conviction disparaît, il ne reste plus de fondements solides et permanents pour la défense des droits humains, qui seraient toujours sujets aux convenances contingentes des puissants du moment. La seule raison est suffisante pour reconnaître la valeur inviolable de toute vie humaine, mais si nous la regardons aussi à partir de la foi, “toute violation de la dignité personnelle de l’être humain crie vengeance en présence de Dieu et devient une offense au Créateur de l’homme” »[91]. L'engagement généreux et courageux de sainte Teresa de Calcutta pour la défense de toute vie conçue mérite d'être rappelé ici.
Gestation pour autrui
48. L'Église prend également position contre la pratique des mères porteuses, par laquelle l'enfant, immensément digne, devient un simple objet. À cet égard, les paroles du Pape François sont d'une clarté unique : « a voie de la paix exige le respect de la vie, de toute vie humaine, à partir de celle de l’enfant à naître dans le sein de la mère, qui ne peut être supprimée, ni devenir objet de marchandage. À cet égard, je trouve regrettable la pratique de la dite mère porteuse, qui lèse gravement la dignité de la femme et de l’enfant. Elle est fondée sur l’exploitation d’une situation de nécessité matérielle de la mère. Un enfant est toujours un cadeau et jamais l’objet d’un contrat. Je souhaite donc un engagement de la Communauté internationale pour interdire cette pratique au niveau universel ».[92]
49. La pratique de la gestation pour autrui porte atteinte, en premier lieu, à la dignité de l'enfant. Tout enfant, en effet, dès sa conception, sa naissance et ensuite dans sa croissance en tant que garçon ou fille, jusqu'à devenir adulte, possède une dignité intangible qui s'exprime clairement, bien que de manière singulière et différenciée, à chaque étape de sa vie. L'enfant a donc le droit, en vertu de sa dignité inaliénable, d'avoir une origine pleinement humaine et non artificielle, et de recevoir le don d'une vie qui manifeste en même temps la dignité de celui qui la donne et de celui qui la reçoit. La reconnaissance de la dignité de la personne humaine implique également la reconnaissance de la dignité de l'union conjugale et de la procréation humaine dans toutes leurs dimensions. Dans ce sens, le désir légitime d'avoir un enfant ne peut pas être transformé en un “droit à l'enfant” qui ne respecte pas la dignité de l'enfant lui-même en tant que destinataire du don gratuit de la vie.[93]
50. La pratique de la maternité de substitution porte atteinte, en même temps, à la propre dignité de la femme qui y est contrainte ou qui décide librement de s'y soumettre. Avec une telle pratique, la femme se détache de l'enfant qui grandit en elle et devient un simple moyen asservi au profit ou au désir arbitraire d'autrui. Ceci est en contradiction totale avec la dignité fondamentale de tout être humain et avec son droit à être toujours reconnu pour lui-même et jamais comme l'instrument de quoi que ce soit d'autre.
L'euthanasie et le suicide assisté
51. Il existe un cas particulier d'atteinte à la dignité humaine, plus silencieux mais qui gagne beaucoup de terrain. Il a la particularité d'utiliser une conception erronée de la dignité humaine pour la retourner contre la vie elle-même. Cette confusion, très répandue aujourd'hui, apparaît au grand jour lorsque l'on parle d'euthanasie. Par exemple, les lois qui reconnaissent la possibilité de l'euthanasie ou du suicide assisté sont parfois appelées “lois sur le droit de mourir dans la dignité” (“death with dignity acts”). L'idée que l'euthanasie ou le suicide assisté sont compatibles avec le respect de la dignité de la personne humaine est largement répandue. Face à ce constat, il faut réaffirmer avec force que la souffrance ne fait pas perdre à la personne malade la dignité qui lui est propre de manière intrinsèque et inaliénable, mais qu'elle peut devenir une occasion de renforcer les liens d'appartenance mutuelle et de prendre conscience de la valeur de chaque personne pour l'ensemble de l'humanité.
52. Il est certain que la dignité de la personne malade dans un état critique ou terminal exige de chacun les efforts appropriés et nécessaires pour soulager ses souffrances par des soins palliatifs appropriés et en évitant tout acharnement thérapeutique ou toute intervention disproportionnée. Ces soins répondent au « devoir constant de comprendre les besoins du malade : besoins d’assistance, soulagement de la douleur, besoins émotionnels, affectifs et spirituels ».[94] Mais un tel effort est tout à fait différent, distinct, et même contraire à la décision d'éliminer sa propre vie ou la vie d'autrui sous le poids de la souffrance. La vie humaine, même dans sa condition douloureuse, est porteuse d'une dignité qui doit toujours être respectée, qui ne peut être perdue et dont le respect reste inconditionnel. En effet, il n'y a pas de conditions sans lesquelles la vie humaine cesse d'être digne et peut donc être supprimée : « la vie a la même dignité et la même valeur pour tous : le respect de la vie de l'autre est le même que celui que l'on doit à sa propre existence ».[95] Aider la personne suicidaire à mettre fin à ses jours est donc une atteinte objective à la dignité de la personne qui le demande, même s'il s'agit de réaliser son souhait : « nous devons accompagner les personnes jusqu'à la mort, mais ne pas la provoquer ni favoriser aucune forme de suicide. Je rappelle que le droit aux soins et aux traitements pour tous doit toujours être prioritaire, afin que les plus faibles, notamment les personnes âgées et les malades, ne soient jamais écartés. En effet, la vie est un droit, non la mort, celle-ci doit être accueillie, non administrée. Et ce principe éthique concerne tout le monde, pas seulement les chrétiens ou les croyants ».[96] Comme cela a déjà été dit, la dignité de chaque personne, même faible ou souffrante, implique la dignité de tous.
La mise au rebut des personnes handicapées
53. L'un des critères permettant de vérifier l'attention réelle portée à la dignité de chaque individu est, bien entendu, l'attention portée aux plus défavorisés. Notre époque, malheureusement, ne se distingue guère par une telle attention : une culture du déchet est en train de s'imposer.[97] Pour contrer cette tendance, la condition de ceux qui se trouvent dans une situation de déficit physique ou psychique mérite une attention et une sollicitude particulières. Cette condition de vulnérabilité particulière,[98] si présente dans les récits évangéliques, interroge universellement ce que signifie être une personne humaine, précisément à partir d'un état de déficience ou de handicap. La question de l'imperfection humaine a également des implications évidentes d'un point de vue socioculturel, dans la mesure où, dans certaines cultures, les personnes handicapées souffrent parfois de marginalisation, voire d'oppression, étant traitées comme de véritables “déchets”. En réalité, tout être humain, quelle que soit sa condition de vulnérabilité, reçoit sa dignité du fait même qu'il est voulu et aimé par Dieu. Pour ces raisons, l'inclusion et la participation active à la vie sociale et ecclésiale de tous ceux qui sont, d'une manière ou d'une autre, marqués par la fragilité ou le handicap, devraient être encouragées autant que possible.[99]
54. Dans une perspective plus large, il convient de rappeler que la « charité, cœur de l’esprit de la politique, est toujours un amour préférentiel pour les derniers qui anime secrètement toutes les actions en leur faveur. […] “Prendre soin de la fragilité veut dire force et tendresse, lutte et fécondité, au milieu d’un modèle fonctionnaliste et privatisé qui conduit inexorablement à la ‘culture du déchet’. [… Cela] signifie prendre en charge la personne présente dans sa situation la plus marginale et angoissante et être capable de l’oindre de dignité” On crée ainsi, bien entendu, une activité intense, car “tout doit être fait pour sauvegarder le statut et la dignité de la personne humaine” ».[100]
Théorie du genre
55. L'Église souhaite avant tout « réaffirmer que chaque personne, indépendamment de sa tendance sexuelle, doit être respectée dans sa dignité et accueillie avec respect, avec le soin d’éviter ‘‘toute marque de discrimination injuste” et particulièrement toute forme d’agression et de violence ».[101] C'est pourquoi il faut dénoncer comme contraire à la dignité humaine le fait que, dans certains endroits, de nombreuses personnes soient emprisonnées, torturées et même privées du bien de la vie uniquement en raison de leur orientation sexuelle.
56. En même temps, l'Église souligne les points fortement critiques présents dans la théorie du genre (gender). À cet égard, le pape François a rappelé que « la voie de la paix exige le respect des droits humains, selon la formulation, simple mais claire, contenue dans la Déclaration Universelle des Droits Humains dont nous venons de célébrer le 75ème anniversaire. Il s’agit de principes rationnellement évidents et communément acceptés. Malheureusement, les tentatives tentées ces dernières décennies d’introduire de nouveaux droits qui ne sont pas pleinement importants par rapport à ceux initialement définis et pas toujours acceptables, ont suscité des colonisations idéologiques, parmi lesquels la théorie du genre joue un rôle central, qui est très dangereuse parce qu’elle efface les différences dans la prétention de rendre tous égaux ».[102]
57. En ce qui concerne la théorie du genre, dont la consistance scientifique fait l'objet de nombreux débats au sein de la communauté des experts, l'Église rappelle que la vie humaine, dans toutes ses composantes, physiques et spirituelles, est un don de Dieu, qui doit être accueilli avec gratitude et mis au service du bien. Vouloir disposer de soi, comme le prescrit la théorie du genre, sans tenir compte de cette vérité fondamentale de la vie humaine comme don, ne signifie rien d'autre que céder à la tentation séculaire de l'être humain se faisant Dieu et entrant en rivalité avec le vrai Dieu d'amour que nous révèle l'Évangile.
58. Un deuxième aspect de la théorie du genre est qu'elle cherche à nier la plus grande différence possible entre les êtres vivants : la différence sexuelle. Cette différence fondatrice est non seulement la plus grande que l'on puisse imaginer, mais aussi la plus belle et la plus puissante : elle réalise, dans le couple homme-femme, la plus admirable réciprocité et est donc à l'origine de ce miracle qui ne cesse de nous étonner, à savoir l'arrivée de nouveaux êtres humains dans le monde.
59. En ce sens, le respect de son propre corps et de celui d'autrui est essentiel face à la prolifération et à la revendication de nouveaux droits avancés par la théorie du genre. Cette idéologie « laisse envisager une société sans différence de sexe et sape la base anthropologique de la famille ».[103] Aussi est-il inacceptable que « certaines idéologies de ce type, qui prétendent répondre à des aspirations parfois compréhensibles, veulent s’imposer comme une pensée unique qui détermine même l’éducation des enfants. Il ne faut pas ignorer que “le sexe biologique (sex) et le rôle socioculturel du sexe (gender), peuvent être distingués, mais non séparés” ».[104] Par conséquent, toutes les tentatives visant à masquer la référence à la différence sexuelle inéliminable entre l'homme et la femme doivent être rejetées : « nous ne pouvons pas séparer le masculin du féminin dans l’œuvre créée par Dieu, qui précède toutes nos décisions et nos expériences, où il y a des éléments biologiques évidents ».[105] Ce n'est que lorsque chaque personne humaine peut reconnaître et accepter cette différence dans la réciprocité qu'elle devient capable de se découvrir pleinement, avec sa dignité et son identité propres.
Changement de sexe
60. La dignité du corps ne peut être considérée comme inférieure à celle de la personne en tant que telle. Le Catéchisme de l'Église Catholique nous invite expressément à reconnaître que « le corps de l’homme participe à la dignité de l’“image de Dieu” ».[106] Une telle vérité mérite d'être rappelée, surtout lorsqu'il s'agit de changement de sexe. L'être humain est en effet inséparablement composé d'un corps et d'une âme, et le corps est le lieu vivant où se déploie et se manifeste l'intériorité de l'âme, y compris à travers le réseau des relations humaines. Constituant l'être de la personne, l'âme et le corps participent ainsi à cette dignité qui caractérise tout être humain.[107] À cet égard, il faut rappeler que le corps humain participe à la dignité de la personne, dans la mesure où il est doté de significations personnelles, en particulier dans sa condition sexuée.[108] C'est en effet dans le corps que chaque personne se reconnaît comme engendrée par d'autres, et c'est à travers leur corps que l'homme et la femme peuvent établir une relation d'amour capable d'engendrer d'autres personnes. Sur la nécessité de respecter l'ordre naturel de la personne humaine, le pape François enseigne que « la création nous précède et doit être reçue comme un don. En même temps, nous sommes appelés à sauvegarder notre humanité, et cela signifie avant tout l’accepter et la respecter comme elle a été créée ».[109] Il s'ensuit que toute intervention de changement de sexe risque, en règle générale, de menacer la dignité unique qu'une personne a reçue dès le moment de la conception. Cela n'exclut pas la possibilité qu'une personne présentant des anomalies génitales qui sont déjà évidentes à la naissance ou qui se développent plus tard, choisisse de recevoir une assistance médicale afin de résoudre ces anomalies. Dans ce cas, l'opération ne constituerait pas un changement de sexe au sens où on l'entend ici.
Violence numérique
61. Le progrès des technologies numériques, bien qu'il offre de nombreuses possibilités de promouvoir la dignité humaine, tend de plus en plus à créer un monde dans lequel se développent l'exploitation, l'exclusion et la violence, qui peuvent aller jusqu'à porter atteinte à la dignité de la personne humaine. Il suffit de penser à la facilité avec laquelle, par ces moyens, on peut mettre en danger la bonne réputation de quelqu'un par des fausses nouvelles et des calomnies. Sur ce point, le Pape François souligne qu’« il n’est pas sain de confondre la communication avec le contact purement virtuel. De fait, “le monde numérique est aussi un espace de solitude, de manipulation, d’exploitation et de violence, jusqu’au cas extrême du dark web. Les médias numériques peuvent exposer au risque de dépendance, d’isolement et de perte progressive de contact avec la réalité concrète, entravant ainsi le développement d’authentiques relations interpersonnelles. De nouvelles formes de violence se diffusent à travers les social media, comme le cyber bizutage ; le web est aussi un canal de diffusion de la pornographie et d’exploitation des personnes à des fins sexuelles ou par le biais des jeux de hasard” ».[110] Et c'est ainsi que, là où les possibilités de connexion se multiplient, il arrive paradoxalement que chacun se retrouve de plus en plus isolé et démuni de relations interpersonnelles : « dans la communication numérique, on veut tout montrer et chaque personne devient l’objet de regards qui fouinent, déshabillent et divulguent, souvent de manière anonyme. Le respect de l’autre a volé en éclats, et ainsi, en même temps que je le déplace, l’ignore et le tiens à distance, je peux sans aucune pudeur envahir sa vie de bout en bout ».[111] De telles tendances représentent une face sombre du progrès numérique.
62. Dans cette perspective, si la technologie doit servir la dignité humaine et non lui nuire et si elle doit promouvoir la paix plutôt que la violence, la communauté humaine doit être proactive en abordant ces tendances dans le respect de la dignité humaine et en promouvant le bien : « En ce monde globalisé “les médias peuvent contribuer à nous faire sentir plus proches les uns des autres ; à nous faire percevoir un sens renouvelé de l’unité de la famille humaine, qui pousse à la solidarité et à l’engagement sérieux pour une vie plus digne [pour tous…] Les médias peuvent nous aider dans ce domaine, surtout aujourd’hui, alors que les réseaux de communication humaine ont atteint une évolution extraordinaire. En particulier, internet peut offrir plus de possibilités de rencontre et de solidarité entre tous, et c’est une bonne chose, c’est un don de Dieu”. Mais il est nécessaire de s’assurer constamment que les formes de communication actuelles nous orientent effectivement vers une rencontre généreuse, vers la recherche sincère de la vérité intégrale, le service des pauvres, la proximité avec eux, vers la tâche de construction du bien commun ».[112]
Conclusion
63. À l'occasion du 75e anniversaire de la promulgation de la Déclaration universelle des droits de l'homme (1948), le pape François a rappelé que ce document « est comme une voie maîtresse, sur laquelle de nombreux pas en avant ont été faits, mais il en manque encore beaucoup, et malheureusement on fait parfois marche arrière. L’engagement pour les droits de l’homme n’est jamais terminé ! A cet égard, je suis proche de tous ceux qui, sans faire de proclamations, dans leur vie concrète de tous les jours, luttent et paient de leur personne pour défendre les droits de ceux qui ne comptent pas ».[113]
64. C'est dans cet esprit que, par la présente Déclaration, l'Église demande instamment que le respect de la dignité de la personne humaine, en toutes circonstances, soit placé au centre de l'engagement pour le bien commun et de tout système juridique. Le respect de la dignité de chaque personne est, en effet, la base indispensable à l'existence même de toute société qui se veut fondée sur le droit juste et non sur la force du pouvoir. C'est sur la base de la reconnaissance de la dignité humaine que sont défendus les droits fondamentaux de l'homme, qui précèdent et fondent toute coexistence civilisée..[114]
65. Il revient donc à chaque personne et, en même temps, à chaque communauté humaine de réaliser la dignité humaine de manière concrète et effective, tandis que les États ont le devoir non seulement de la protéger, mais aussi de garantir les conditions nécessaires à son épanouissement dans le cadre de la promotion intégrale de la personne humaine : « dans l’activité politique, il faut se rappeler qu’“au-delà de toute apparence, chaque être est infiniment sacré et mérite notre affection et notre dévouement” ».[115]
66. Aujourd'hui encore, face à tant de violations de la dignité humaine qui menacent gravement l'avenir de l'humanité, l'Église encourage la promotion de la dignité de toute personne humaine, quelles que soient ses qualités physiques, mentales, culturelles, sociales et religieuses. Elle le fait avec espérance, certaine de la force qui découle du Christ ressuscité, qui a révélé dans sa plénitude la dignité intégrale de tout homme et de toute femme. Cette certitude devient un appel dans les paroles du Pape François : « je demande à chaque personne de ce monde de ne pas oublier sa dignité que nul n’a le droit de lui enlever ».[116]
Le Souverain Pontife François, lors de l'audience accordée au Préfet soussigné et au Secrétaire de la Section doctrinale du Dicastère pour la Doctrine de la Foi, le 25 mars 2024, a approuvé la présente Déclaration, décidée lors de la Session ordinaire de ce Dicastère le 28 février 2024, et en a ordonné la publication.
Donné à Rome, au siège du Dicastère pour la Doctrine de la Foi, le 2 avril 2024, 19e anniversaire de la mort de saint Jean-Paul II.
Víctor Manuel Card. Fernández
Préfet
Mons. Armando Matteo
Secrétaire pour la Section Doctrinale
EX AUDIENTIA DIE 25.03.2024
FRANCISCUS
__________________
[1] Saint Jean- Paul II, Angélus avec les personnes handicapées à l’Église cathédrale d’Osnabrück (16 novembre 1980) : Insegnamenti III/2 (1980), 1232.
[2] François, Exhort. ap. Laudate Deum (4 octobre 2023), n. 39 : L’Osservatore Romano (4 ottobre 2023), III.
[3] En 1948, les Nations unies ont adopté la Déclaration universelle des droits de l'homme, qui comprend trente articles. Le mot « dignité » y apparaît cinq fois, à des endroits stratégiques : dans les premiers mots du Préambule et dans la première phrase de l'Article premier. Cette dignité est déclarée « inhérente à tous les membres de la famille humaine » (Préambule) et « Tous les êtres humains naissent libres et égaux en dignité et en droits » (Article premier).
[4] Si l'on s'en tient à l'époque moderne, on peut constater que l'Église a progressivement accentué l'importance de la dignité humaine. Ce thème a été développé en particulier dans l'encyclique Rerum novarum (1891) du Pape Léon XIII, dans l'encyclique Quadragesimo anno (1931) du Pape Pie XI e dans le Discours aux participants du Congrès de l'Union Catholique Italienne des Sages-Femmes (1951) du Pape Pie XII. Le concile Vatican II a ensuite particulièrement approfondi cette question, en y consacrant un document entier avec la Déclaration Dignitatis humanae (1965) et en discutant également de la liberté humaine dans la Constitution pastorale Gaudium et spes (1965).
[5] Saint Paul VI, Audience générale (4 septembre 1968) : Insegnamenti VI (1968), 886.
[6] Saint Jean-Paul II, Discours à la IIIe Conférence Générale de l’Épiscopat latino-américain (28 janvier 1979), III.1-2 : Insegnamenti II/1 (1979), 202-203.
[7] Benoît XVI, Discours aux participants à l’Assemblée générale de l’Académie Pontificale pour la Vie (13 février 2010) : Insegnamenti VI/1 (2011), 218.
[8] Benoît XVI, Discours aux participants à la 45e réunion commune de la Banque de Développement du Conseil de l’Europe, Sala Clementina (12 juin 2010) : Insegnamenti VI/1 (2011), 912-913.
[9] François, Exhort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 178 : AAS 105 (2013), 1094, citant Jean- Paul II, Angélus avec les personnes handicapées à l’Église Cathédrale d’Osnabrück (16 novembre 1980) : Insegnamenti III/2 (1980), 1232.
[10] François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 8 : AAS 112 (2020), 971.
[11] Ibidem, n. 277 : AAS 112 (2020), 1069.
[12] Ibidem, n. 213 : AAS 112 (2020), 1045.
[13] Ibidem, n. 213 : AAS 112 (2020), 1045, citant François, Message aux participants à la Conférence internationale « Les droits humains dans le monde contemporain : Conquêtes, omissions, négations » (10 décembre 2018) : L’Osservatore Romano (10-11 dicembre 2018), 8.
[14] La Déclaration des Nations unies de 1948 a été suivie et développée par le Pacte international relatif aux droits civils et politiques des Nations unies de 1966 et l'Acte final de la Conférence sur la sécurité et la coopération en Europe de 1975.
[15] Cf. Commission Théologique Internationale, Dignité et droits de la personne humaine (1983), Introduction, 3. Un résumé de l'enseignement catholique sur la dignité humaine se trouve dans le Catéchisme de l'Église catholique, dans le chapitre intitulé « La dignité de la personne humaine », nn. 1700-1876.
[16] François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 22 : AAS 112 (2020), 976.
[17] Boèce, Contra Eutychen et Nestorium, c. 3 : PL 64, 1344 : « persona est rationalis naturae individua substantia ». Cf. saint Bonaventure, In I Sent., d. 25, a. 1, q. 2 ; saint Thomas d’Aquin, Summa Theologiae, I, q. 29, a. 1, resp.
[18] La présente Déclaration n'ayant pas pour objet de rédiger un traité exhaustif sur la notion de dignité, par souci de concision, seule la culture grecque et romaine dite classique est mentionnée ici, en tant que point de référence pour la réflexion philosophique et théologique du christianisme primitif.
[19] Cf. ad es. Cicéron, De Officiis I, 105-106 : « sed pertinet ad omnem officii quaestionem semper in promptu habere, quantum natura hominis pecudibus reliquisque beluis antecedat […] Atque etiam si considerare volumus, quae sit in natura excellentia et dignitas, intellegemus, quam sit turpe diffluere luxuria et delicate ac molliter vivere quamque honestum parce, continenter, severe, sobrie » (Scriptorum Latinorum Bibliotheca Oxoniensis, ed. M. Winterbottom, Oxford 1994, 43; «Dans toute recherche relative à la morale, il importe d'avoir présente à l'esprit la différence si profonde qui existe entre la nature humaine et celle des animaux domestiques et autres […] Et si nous voulons considérer le rang qu'occupe l'homme dans la nature et sa dignité, nous comprendrons combien peu il convient de se laisser corrompre par un luxe raffiné et de vivre dans la mollesse, combien au contraire sont conformes à la saine morale la simplicité, la continence, l'austérité des mœurs, la sobriété. » (Des devoirs, trad. de Ch. Apphun, Garnier, Paris, 1933).
[20] Cf. saint Paul VI, Paroles du Saint-Père à l’occasion de sa visite à la Basilique de l’Annonciation à Nazareth (5 janvier 1964) : AAS 56 (1964), 166-170.
[21] Parmi les innombrables références, cf. par exemple. Saint Clément de Rome, 1 Clem. 33, 4s : PG 1, 273 ; Théophile d’Antioche, Ad Aut. I, 4 : PG 6, 1029 ; saint Clément d’Alexandrie, Strom. III, 42, 5-6 : PG 8, 1145 ; Ibidem, VI, 72, 2 : PG 9, 293 ; Saint Irénée de Lyon, Adv. Haer. V, 6, 1 : PG 7, 1137-1138 ; Origène, De princ. III, 6,1 : PG 11, 333 ; saint Augustin, De Gen. ad litt. VI, 12 : PL 34, 348. De Trin. XIV, 8, 11 : PL 42, 1044-1045.
[22] Saint Thomas d’Aquin, Summa Theologiae, I, q. 29, a. 3, resp. : « persona significat id, quod est perfectissimum in tota natura, scilicet subsistens in rationali natura ».
[23] Il suffit de penser à Jean Pic de la Mirandole et à son célèbre texte Oratio de hominis dignitate (1486).
[24] Pour un penseur juif comme E. Levinas (1906-1995), l'être humain est qualifié par sa liberté en ce qu'il se découvre infiniment responsable de l'autre être humain.
[25] Certains grands penseurs chrétiens des XIXe et XXe siècles, comme saint J.H. Newman, le bienheureux A. Rosmini, J. Maritain, E. Mounier, K. Rahner, H.U. von Balthasar, et d'autres, ont réussi à proposer une vision de l'homme qui peut valablement dialoguer avec les courants de pensée de notre début de XXIe siècle, quelle que soit leur inspiration, même post-moderne.
[26] C’est pourquoi la « Déclaration universelle des droits de l’homme […] suggère implicitement que la source des droits humains inaliénables se situe dans la dignité de toute personne humaine » : Commission Théologique Internationale, À la recherche d’une éthique universelle. Nouveau regard sur la loi naturelle (2009), n. 115.
[27] Conc. Œcum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes (7 décembre 1965), n. 26 : AAS 58 (1966), 1046 ; tout le premier chapitre de la première partie de la Constitution (nn. 11-22) est consacré à « La dignité de la personne humaine ».
[28] Conc. Œcum. Vat. II, Décl. Dignitatis humanae (7 décembre 1965), n. 1 : AAS 58 (1966), 929.
[29] Ibidem, n. 2 : AAS 58 (1966), 931.
[30] Congrégation pour la Doctrine de la Foi, Instruction Dignitas Personae (8 septembre 2008), n. 7 : AAS 100 (2008), 863. Cf. aussi saint Irénée de Lyon, Adv. Haer. V, 16, 2 : PG 7, 1167-1168.
[31] Puisque « par son incarnation, le Fils de Dieu s’est en quelque sorte uni lui-même à tout homme » (Conc. Œcum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes (7 décembre 1965), n. 22 : AAS 58 (1966), 1042), la dignité de tout être humain nous est révélée par le Christ dans sa plénitude.
[32] Conc. Œcum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes (7 décembre 1965), n. 19 : AAS 58 (1966), 1038.
[33] Saint Jean-Paul II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 mars 1995), n. 38 : AAS 87 (1995), 443, citant saint Irénée de Lyon, Adv. Haer. IV, 20,7: PG 7, 1037-1038.
[34] Le Christ a en effet donné aux baptisés une nouvelle dignité, celle de « fils de Dieu » : cf. Catéchisme de l’Église Catholique, nn. 1213, 1265, 1270, 1279.
[35] Conc. Œcum. Vat. II, Décl. Dignitatis humanae (7 décembre 1965), n. 9 : AAS 58 (1966), 935.
[36] Cf. saint Irénée de Lyon, Adv. Haer. V, 6, 1. V, 8, 1. V, 16, 2 : PG 7, 1136-1138. 1141-1142. 1167-1168 ; saint Jean Damascène, De fide orth. 2, 12 : PG 94, 917-930.
[37] Benoît XVI, Allocution à Westminster Hall (17 septembre 2010) : Insegnamenti VI/2 (2011), 240.
[38] François, Audience générale (12 août 2020) : L’Osservatore Romano (13 agosto 2020), 8, citant saint Jean-Paul II, Discours à l’Assemblée Générale des Nations unies (2 octobre 1979), 7 et Id., Discours à l’Assemblée Générale des Nations unies (5 octobre 1995), 2.
[39] Cf. Congrégation pour la Doctrine de la Foi, Instruction Dignitas personae (8 septembre 2008), n. 8 : AAS 100 (2008), 863-864.
[40] Commission Théologique Internationale, La liberté religieuse pour le bien de tous (2019), n. 38.
[41] Cf. François, Discours aux Membres du Corps Diplomatique accrédité près le Saint-Siège pour la présentation des vœux pour la nouvelle année (8 janvier 2024) : L’Osservatore Romano (8 gennaio 2024), 3.
[42] Saint Jean-Paul II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 mars 1995), n. 19 : AAS 87 (1995), 422.
[43] François, Lett. enc. Laudato si’ (24 mai 2015), n. 69 : AAS 107 (2015), 875, citant le Catéchisme de l’Église Catholique, n. 339.
[44] François, Exhort. ap. Laudate Deum (4 octobre 2023), n. 67 : L’Osservatore Romano (4 ottobre 2023), IV.
[45] Ibidem, n. 63 : L’Osservatore Romano (4 ottobre 2023), IV.
[46] Catéchisme de l’Église Catholique, n. 1730.
[47] Benoît XVI, Message pour la célébration de la Journée mondiale de la paix (1er janvier 2011), n. 3 : Insegnamenti VI/2 (2011), 979.
[48] Conseil Pontifical « Justice et Paix », Compendium de la Doctrine Sociale de l’Église, n. 137.
[49] François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 109 : AAS 112 (2020), 1006.
[50] Conseil Pontifical « Justice et Paix », Compendium de la Doctrine Sociale de l’Église, n. 137.
[51] François, Discours aux participants à la Rencontre mondiale des mouvements populaires (28 octobre 2014) : AAS 106 (2014), 858.
[52] François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 107 : AAS 112 (2020), 1005-1006.
[53] Conc. Œcum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes (7 décembre 1965), n. 27 : AAS 58 (1966), 1047.
[54] Ibidem.
[55] Ibidem.
[56] Cf. Catéchisme de l'Église catholique, n. 2267 et Congrégation pour la Doctrine de la Foi, Lettre aux Évêques à propos de la nouvelle formulation du n. 2267 du Catéchisme de l'Église catholique sur la peine de mort (1er août 2018), nn. 7-8.
[57] François, Lett. Enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 269 : AAS 112 (2020), 1065.
[58] Saint Jean-Paul II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 décembre 1987), n. 28 : AAS 80 (1988), 549.
[59] Benoît XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 juin 2009), n. 22 : AAS 101 (2009), 657, citant saint Paul VI, Lett. enc. Populorum progressio (26 mars 1967), n. 9 : AAS 59 (1967), 261-262.
[60] François, Lett. Enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 21 : AAS 112 (2020), 976, citant Benoît XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 juin 2009), n. 22 : AAS 101 (2009), 657.
[61] Ibidem, n. 20 : AAS 112 (2020), 975-976. Cf. aussi la « Prière au Créateur » à la fin de la même Encyclique.
[62] Ibidem, n. 116 : AAS 112 (2020), 1009, citant François, Discours aux participants à la Rencontre mondiale des mouvements populaires (28 octobre 2014) : AAS 106 (2014), 851-852.
[63] Ibidem, n. 162 : AAS 112 (2020), 1025, citant François, Discours aux Membres du Corps Diplomatique accrédité près le Saint-Siège (12 janvier 2015) : AAS 107 (2015), 165.
[64] Ibidem, n. 25 : AAS 112 (2020), 978, citant François, Message pour la célébration de la XLIXe Journée mondiale de la paix 1er janvier 2016 (8 décembre 2015) : AAS 108 (2016), 49.
[65] François, Message aux Participants du 6e Forum de Paris sur la Paix (10 novembre 2023) : L’Osservatore Romano (10 novembre 2023), 7, citant Id., Audience générale (23 mars 2022) : L’Osservatore Romano (23 marzo 2022), 3.
[66] François, Discours à la Conférence des États Parties à la Convention-cadre des Nations unies sur les changements climatiques (COP 28) (2 décembre 2023) : L’Osservatore Romano (2 dicembre 2023), 2.
[67] Cf. saint Paul VI, Discours aux Nations unies (4 octobre 1965) : AAS 57 (1965), 881.
[68] Saint Jean-Paul II, Lett. enc. Redemptor hominis (4 mars 1979), n. 16 : AAS 71 (1979), 295.
[69] François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 258 : AAS 112 (2020), 1061.
[70] François, Discours au Conseil de sécurité des Nations unies (14 juin 2023) : L’Osservatore Romano (15 giugno 2023), 8.
[71] François, Discours pour la Journée mondiale de prière pour la paix (20 septembre 2016) : L’Osservatore Romano (22 settembre 2016), 5.
[72] Cf. François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 38 : AAS 112 (2020), 983 : « Par conséquent, il faut aussi “réaffirmer le droit de ne pas émigrer, c’est-à-dire d’être en condition de demeurer sur sa propre terre” », citant Benoît XVI, Message pour la Journée mondiale des Migrants et des Réfugiés (12 octobre 2012) : AAS 104 (2012), 908.
[73] Cf. François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 38 : AAS 112 (2020), 982-983.
[74] Ibidem, n. 39 : AAS 112 (2020), 983.
[75] Benoît XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 juin 2009), n. 62 : AAS 101 (2009), 697.
[76] François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 39 : AAS 112 (2020), 983.
[77] Il peut être utile de rappeler ici la déclaration de Paul III sur la dignité des hommes présents sur les terres du “Nouveau Monde” dans la bulle Pastorale officium (29 mai 1537), où il affirme – sous peine d'excommunication – que les habitants de ces territoires, « même s'ils se trouvent en dehors du sein de l'Église ne soient pas pour autant privés de leur liberté ou de la disposition de leurs biens, [...] du moment que sont des hommes et par conséquent capables de croire et de parvenir au salut ». (« licet extra gremium Eccelesiae existant, non tamen sua libertate, aut rerum suarum dominio […] privandos esse, et cum homines, ideoque fidei et salutis capaces sint») : DH 1495.
[78] François, Discours aux participants à l’Assemblée plénière du Conseil Pontifical pour la Pastorale des Migrants et des Personnes en déplacement (24 mai 2013) : AAS 105 (2013), 470-471.
[79] François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 188 : AAS 112 (2020), 1036, citant Id., Discours à l’Organisation des Nations unies (25 septembre 2015) : AAS 107 (2015), 1039.
[80] François, Discours à un groupe de nouveaux ambassadeurs à l’occasion de la présentation des Lettres de créance (12 décembre 2013) : L’Osservatore Romano (13 dicembre 2013), 8.
[81] François, Discours aux participants à la Conférence internationale sur la traite des personnes (11 avril 2019) : AAS 111 (2019), 700.
[82] Document final de la XVème Assemblée Générale Ordinaire du Synode des évêques (27 octobre 2018), n. 29.
[83] François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 23 : AAS 112 (2020), 977, citant Id., Exhort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 212 : AAS 105 (2013), 1108.
[84] Saint Jean-Paul II, Lettre aux femmes (29 juin 1995), n. 4 : Insegnamenti XVIII/1 (1997), 1874.
[85] Ibidem, n. 5 : Insegnamenti XVIII/1 (1997), 1875.
[86] Catéchisme de l'Église catholique, n. 1645.
[87] François, Discours à la célébration mariale – Vierge de la Porte (20 janvier 2018) : AAS 110 (2018), 329.
[88] François, Discours aux participants à l’Assemblée plénière de la Congrégation pour la Doctrine de la Foi (21 janvier 2022) : L’Osservatore Romano (21 gennaio 2022), 8.
[89] Saint Jean-Paul II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 mars 1995), 58 : AAS 87 (1995), 466-467. Sur la question du respect dû aux embryons humains, voir Congrégation pour la Doctrine de la Foi, Instruction Donum vitae (22 février 1987) : « La pratique de maintenir en vie des embryons humains, in vivo ou in vitro, à des fins expérimentales ou commerciales est absolument contraire à la dignité humaine » (I, 4) : AAS 80 (1988), 82
[90] François, Exhort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 213 : AAS 105 (2013), 1108.
[91] Ibidem.
[92] François, Discours aux Membres du Corps Diplomatique accrédité près le Saint-Siège pour la présentation des vœux pour la nouvelle année (8 janvier 2024) : L’Osservatore Romano (8 gennaio 2024), 3.
[93] Cf. Congrégation pour la Doctrine de la Foi, Instruction Dignitas personae (8 septembre 2008), n. 16 : AAS 100 (2008), 868-869. Tous ces aspects sont rappelés avec précision dans l'Instruction de ce qui était alors la Congrégation pour la Doctrine de la Foi intitulée Donum vitae (22 février 1987) : AAS 80 (1988), 71-102.
[94] Congrégation pour la Doctrine de la Foi, Lettre Samaritanus bonus (14 juillet 2020), V, n. 4 : AAS 112 (2020), 925.
[95] Cf. Ibidem, V, n. 1 : AAS 112 (2020), 919.
[96] François, Audience générale (9 février 2022) : L’Osservatore Romano (9 febbraio 2022), 3.
[97] Cf. surtout François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), nn. 18-21 : AAS 112 (2020), 975-976 : « La marginalisation mondiale ». Le n. 188 de la même Encyclique en arrive à identifier une « culture du déchet ».
[98] Cf. François, Discours aux participants au Congrès du Conseil Pontifical pour la Promotion de la Nouvelle Évangélisation (21 octobre 2017) : L’Osservatore Romano (22 ottobre 2017), 8 : « la vulnérabilité appartient à l’essence de l’homme ».
[99] Cf. François, Message à l’occasion de la Journée internationale des personnes handicapées (3 décembre 2020) : AAS 112 (2020), 1185-1186.
[100] François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), nn. 187-188 : AAS 112 (2020), 1035-1036, citant Id., Discours au Parlement européen, (25 novembre 2014) : AAS 106 (2014), 999, et Id., Discours à la classe dirigeante e au Corps diplomatique, Bangui – République Centrafricaine (29 novembre 2015) : AAS 107 (2015) 1320.
[101] François, Exhort. ap. Amoris laetitia (19 mars 2016), n. 250 : AAS 108 (2016), 412-413, citant le Catéchisme de l'Église catholique, n. 2358.
[102] François, Discours aux Membres du Corps Diplomatique accrédité près le Saint-Siège pour la présentation des vœux pour la nouvelle année (8 janvier 2024) : L’Osservatore Romano (8 gennaio 2024), 3.
[103] François, Exhort. ap. Amoris laetitia (19 mars 2016), n. 56 : AAS 108 (2016), 334.
[104] Ibidem, citant la XIVème Assemblée Générale Ordinaire du Synode des Évêques, Relatio finalis (24 octobre 2015), 58.
[105] François, Exhort. ap. Amoris laetitia (19 mars 2016), n. 286 : AAS 108 (2016), 425.
[106] Catéchisme de l'Église catholique, n. 364.
[107] Cela vaut également pour le respect dû aux corps des défunts ; cf. par exemple Congrégation pour la Doctrine de la Foi, Instruction Ad resurgendum cum Christo (15 août 2016), n. 3 : AAS 108 (2016), 1290 : « En ensevelissant les corps des fidèles, l’Église confirme la foi en la résurrection de la chair et veut mettre l’accent sur la grande dignité du corps humain, en tant que partie intégrante de la personne, dont le corps partage l’histoire ». Plus généralement, cf. aussi Commission Théologique Internationale, Quelques questions actuelles concernant l’eschatologie (1990), n. 5 : « L’homme appelé à la résurrection ».
[108] Cf. François, Lett. enc. Laudato si’ (24 mai 2015), n. 155 : AAS 107 (2015), 909.
[109] François, Exhort. ap. Amoris laetitia (19 mars 2016), n. 56 : AAS 108 (2016), 344.
[110] François, Exhort. ap. Christus vivit (25 mars 2019), n. 88 : AAS 111 (2019), 413, citant le Document final de la XVème Assemblée Générale Ordinaire du Synode des évêques (27 octobre 2018), n. 23.
[111] François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 42 : AAS 112 (2020), 984.
[112] François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 205 : AAS 112 (2020), 1042, citant Id., Message pour la XLVIIIe Journée mondiale des Communications Sociales (24 janvier 2014) : AAS 106 (2014), 113.
[113] François, Angélus (10 décembre 2023) : L’Osservatore Romano (11 dicembre 2023), 12.
[114] Cf. Commission Théologique Internationale, Dignité et droits de la personne humaine (1983), n. 2.
[115] François, Lett. enc. Fratelli tutti (3 octobre 2020), n. 195 : AAS 112 (2020), 1038, citant Id., Exhort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 274 : AAS 105 (2013), 1130.
[116] François, Lett. enc. Laudato si’ (24 mai 2015), n. 205 : AAS 107 (2015), 928.
[00588-FR.01] [Texte original: Italien]
Declaration “Dignitas Infinita”
on Human Dignity
Presentation
During the Congresso of 15 March 2019, the then-Congregation for the Doctrine of the Faith decided to commence “the drafting of a text highlighting the indispensable nature of the dignity of the human person in Christian anthropology and illustrating the significance and beneficial implications of the concept in the social, political, and economic realms—while also taking into account the latest developments on the subject in academia and the ambivalent ways in which the concept is understood today.” An initial draft of the text was prepared with the help of some experts in 2019 but a Consulta Ristretta of the Congregation, convened on 8 October of the same year, found it to be unsatisfactory.
The Doctrinal Office then prepared another draft ex novo, based on the contribution of various experts, which was presented and discussed in a Consulta Ristretta held on 4 October 2021. In January 2022, the new draft was presented during the Plenary Session of the Congregation, during which the Members took steps to shorten and simplify the text.
Following this, on 6 February 2023, the amended version of the new draft was reviewed by a Consulta Ristretta, which proposed some additional modifications. An updated version was then submitted for the Members’ consideration during the Ordinary Session of the Dicastery (Feria IV) on 3 May 2023, where Members agreed that the document, with some adjustments, could be published. Subsequently, Pope Francis approved the deliberations of that session during the Audience granted to me on 13 November 2023. On this occasion, he also asked that the document highlight topics closely connected to the theme of dignity, such as poverty, the situation of migrants, violence against women, human trafficking, war, and other themes. To honor the Holy Father’s directions, the Doctrinal Section of the Dicastery dedicated a Congresso to an in-depth study of the Encyclical Fratelli Tutti, which offers an original analysis and further consideration of the theme of human dignity “beyond all circumstances.”
On 2 February 2024, a new and significantly modified version of this text was sent to the Members of the Dicastery ahead of the Ordinary Session (Feria IV) on 28 February 2024. The letter accompanying the draft included the following clarification: “This additional drafting was necessary to meet a specific request of the Holy Father: namely, he explicitly urged that more attention be given to the grave violations of human dignity in our time, particularly in light of the Encyclical Fratelli Tutti. With this, the Doctrinal Office took steps to reduce the initial part […] and to develop in greater detail what the Holy Father indicated.” The text of the current Declaration was finally approved during the above-mentioned Feria IV of 28 February 2024. Then, in the Audience granted to me and to Monsignor Armando Matteo, Secretary of the Doctrinal Section, on 25 March 2024, the Holy Father approved this Declaration and ordered its publication.
The five-year course of the text’s preparation helps us to understand that the document before us reflects the gravity and centrality of the theme of dignity in Christian thought. The text required a considerable process of maturation to arrive at the final version that we have published today.
In its initial three sections, the Declaration recalls fundamental principles and theoretical premises, with the goal of offering important clarifications that can help avoid frequent confusion that surrounds the use of the term “dignity.” The fourth section presents some current and problematic situations in which the immense and inalienable dignity due to every human being is not sufficiently recognized. The Church sees the condemnation of these grave and current violations of human dignity as a necessary measure, for she sustains the deep conviction that we cannot separate faith from the defense of human dignity, evangelization from the promotion of a dignified life, and spirituality from a commitment to the dignity of every human being.
This dignity of every human being can be understood as “infinite” (dignitas infinita), as Pope St. John Paul II affirmed in a meeting for people living with various limitations or disabilities.[1] He said this to show how human dignity transcends all outward appearances and specific aspects of people’s lives.
In Fratelli Tutti, Pope Francis wanted to underscore that this dignity exists “beyond all circumstances.” With this, he summoned all people to defend human dignity in every cultural context and every moment of human existence, regardless of physical, psychological, social, or even moral deficiencies. The Declaration strives to show that this is a universal truth that we are all called to recognize as a fundamental condition for our societies to be truly just, peaceful, healthy, and authentically human.
Although not comprehensive, the topics discussed in this Declaration are selected to illuminate different facets of human dignity that might be obscured in many people’s consciousness. Some topics may resonate more with some sectors of society than others. Nevertheless, all of them strike us as being necessary because, taken together, they help us recognize the harmony and richness of the thought about human dignity that flows from the Gospel.
This Declaration does not set out to exhaust such a rich and crucial subject. Instead, its aim is to offer some points for reflection that can help us maintain an awareness of human dignity amid the complex historical moment in which we are living. This is so that we may not lose our way and open ourselves up to more wounds and profound sufferings amid the numerous concerns and anxieties of our time.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefect
Introduction
1. (Dignitas infinita) Every human person possesses an infinite dignity, inalienably grounded in his or her very being, which prevails in and beyond every circumstance, state, or situation the person may ever encounter. This principle, which is fully recognizable even by reason alone, underlies the primacy of the human person and the protection of human rights. In the light of Revelation, the Church resolutely reiterates and confirms the ontological dignity of the human person, created in the image and likeness of God and redeemed in Jesus Christ. From this truth, the Church draws the reasons for her commitment to the weak and those less endowed with power, always insisting on “the primacy of the human person and the defense of his or her dignity beyond every circumstance.”[2]
2. This ontological dignity and the unique and eminent value of every man and woman in the world was reaffirmed authoritatively in the Universal Declaration of Human Rights, issued by the United Nations General Assembly on 10 December 1948.[3] As we commemorate the 75th anniversary of that document, the Church sees an opportunity to proclaim anew its conviction that all human beings—created by God and redeemed by Christ—must be recognized and treated with respect and love due to their inalienable dignity. The anniversary also provides an occasion for the Church to clarify some frequent misconceptions concerning human dignity and to address some serious and urgent related issues.
3. From the start of her mission and propelled by the Gospel, the Church has striven to affirm human freedom and promote the rights of all people.[4] In recent times, thanks to the voices of the Pontiffs, the Church has made a deliberate effort to formulate this commitment in more explicit terms through a renewed call to acknowledge the fundamental dignity inherent in every person. On this point, Pope St. Paul VI affirmed that “no anthropology equals that of the Church regarding the human person—particularly concerning the person’s originality, dignity, the intangibility and richness of the person’s fundamental rights, sacredness, capacity for education, aspiration to a complete development, and immortality.”[5]
4. Pope St. John Paul II, during the Third General Conference of Latin American and Caribbean Bishops in Puebla in 1979, affirmed that human dignity is “a Gospel value that cannot be despised without greatly offending the Creator. This dignity is infringed on the individual level when due regard is not had for values such as freedom, the right to profess one’s religion, physical and mental integrity, the right to essential goods, to life. It is infringed on the social and political level when man cannot exercise his right of participation, or when he is subjected to unjust and unlawful coercion, or submitted to physical or mental torture, etc. […] If the Church makes herself present in the defense of, or in the advancement of human dignity, she does so in line with her mission, which, although it is religious and not social or political, cannot fail to consider man in the entirety of his being.”[6]
5. Then, in 2010, addressing the Pontifical Academy for Life, Pope Benedict XVI declared that human dignity is “a fundamental principle which faith in the Crucified and Risen Jesus Christ has always defended, especially when, in respect of the simplest and most defenseless people, it is disregarded.”[7] On another occasion, speaking to economists, he stated that “the economy and finance do not exist for their own sake; they are only an instrument or means. Their sole end is the human person and his or her total fulfillment in dignity. This is the only capital, and it is right to safeguard [it].”[8]
6. From the start of his pontificate, Pope Francis has invited the Church to “believe in a Father who loves all men and women with an infinite love, realizing that ‘he thereby confers upon them an infinite dignity.’”[9] He has strongly emphasized that such immense dignity is an original datum (something given) that is to be acknowledged faithfully and welcomed with gratitude. Based on this recognition and acceptance of human dignity, a new coexistence among people can be established that develops social relationships in the context of authentic fraternity. Indeed, only by “acknowledging the dignity of each human person” can we “contribute to the rebirth of a universal aspiration to fraternity.”[10] Pope Francis affirms that “the wellspring of human dignity and fraternity is in the Gospel of Jesus Christ,”[11] but even human reason can arrive at this conviction through reflection and dialogue since “the dignity of others is to be respected in all circumstances, not because that dignity is something we have invented or imagined, but because human beings possess an intrinsic worth superior to that of material objects and contingent situations. This requires that they be treated differently. That every human being possesses an inalienable dignity is a truth that corresponds to human nature apart from all cultural change.”[12] Pope Francis concludes, “human beings have the same inviolable dignity in every age of history, and no one can consider himself or herself authorized by particular situations to deny this conviction or to act against it.”[13] From this perspective, Pope Francis’ encyclical, Fratelli Tutti, constitutes a kind of “Magna Carta” of our contemporary tasks to protect and promote human dignity.
A Fundamental Clarification
7. There is widespread agreement today on the importance and normative scope of human dignity and on the unique and transcendent value of every human being.[14] However, the phrase “the dignity of the human person” risks lending itself to a variety of interpretations that can yield potential ambiguities[15] and “contradictions that lead us to wonder whether the equal dignity of all human beings […] is truly recognized, respected, protected and promoted in every situation.”[16] This brings us to recognize the possibility of a fourfold distinction of the concept of dignity: ontological dignity, moral dignity, social dignity, and existential dignity. The most important among these is the ontological dignity that belongs to the person as such simply because he or she exists and is willed, created, and loved by God. Ontological dignity is indelible and remains valid beyond any circumstances in which the person may find themselves. When we speak of moral dignity, we refer to how people exercise their freedom. While people are endowed with conscience, they can always act against it. However, were they to do so, they would behave in a way that is “not dignified” with respect to their nature as creatures who are loved by God and called to love others. Yet, this possibility always exists for human freedom, and history illustrates how individuals—when exercising their freedom against the law of love revealed by the Gospel—can commit inestimably profound acts of evil against others. Those who act this way seem to have lost any trace of humanity and dignity. This is where the present distinction can help us discern between the moral dignity that de facto can be “lost” and the ontological dignity that can never be annulled. And it is precisely because of this latter point that we must work with all our might so that all those who have done evil may repent and convert.
8. There are still two other possible aspects of dignity to consider: social and existential. When we speak of social dignity, we refer to the quality of a person’s living conditions. For example, in cases of extreme poverty, where individuals do not even have what is minimally necessary to live according to their ontological dignity, it is said that those poor people are living in an “undignified” manner. This expression does not imply a judgment on those individuals but highlights how the situation in which they are forced to live contradicts their inalienable dignity. The last meaning is that of existential dignity, which is the type of dignity implied in the ever-increasing discussion about a “dignified” life and one that is “not dignified.” For instance, while some people may appear to lack nothing essential for life, for various reasons, they may still struggle to live with peace, joy, and hope. In other situations, the presence of serious illnesses, violent family environments, pathological addictions, and other hardships may drive people to experience their life conditions as “undignified” vis-à-vis their perception of that ontological dignity that can never be obscured. These distinctions remind us of the inalienable value of the ontological dignity that is rooted in the very being of the human person in all circumstances.
9. Finally, it is worth mentioning that the classical definition of a person as an “individual substance of a rational nature”[17] clarifies the foundation of human dignity. As an “individual substance,” the person possesses ontological dignity (that is, at the metaphysical level of being itself). Having received existence from God, humans are subjects who “subsist”—that is, they exercise their existence autonomously. The term “rational” encompasses all the capacities of the human person, including the capacities of knowing and understanding, as well as those of wanting, loving, choosing, and desiring; it also includes all corporeal functions closely related to these abilities. “Nature” refers to the conditions particular to us as human beings, which enable our various operations and the experiences that characterize them; in this sense, nature is the “principle of action.” We do not create our nature; we hold it as a gift and we can nurture, develop, and enhance our abilities. By exercising the freedom to cultivate the riches of our nature, we grow over time. Even if a person is unable to exercise these capabilities due to various limitations or conditions, nevertheless the person always subsists as an “individual substance” with a complete and inalienable dignity. This applies, for instance, to an unborn child, an unconscious person, or an older person in distress.
1. A Growing Awareness of the Centrality of Human Dignity
10. Already in classical antiquity,[18] an intuition about human dignity emerged from a social perspective that viewed each person as invested with a particular dignity based on their rank and status within an established order. From its origins in the social sphere, the word “dignity” then was used to describe the differentiated dignity of beings in the cosmos. In this view, all beings possess their own “dignity” according to their place within the harmony of the whole. Some high points of ancient thought did begin to acknowledge a unique place for humans as beings endowed with reason, able to take responsibility for themselves and others in the world.[19] Nevertheless, a way of thinking that would be able to ground our respect for the dignity of every human person in every circumstance was still a long way away.
Biblical Perspectives
11. Biblical Revelation teaches that all human beings possess inherent dignity because they are created in the image and likeness of God: “God said, ‘Let us make man in our image, after our likeness’ […] So God created man in his own image, in the image of God he created him; male and female he created them” (Gen. 1:26-27). With this, humanity has a specific quality that means it is not reducible to purely material elements. Moreover, the “image” does not define the soul or its intellectual abilities but the dignity of man and woman. In their relationship of equality and mutual love, both the man and the woman represent God in the world and are also called to cherish and nurture the world. Because of this, to be created in the image of God means to possess a sacred value that transcends every distinction of a sexual, social, political, cultural, and religious nature. Our dignity is bestowed upon us by God; it is neither claimed nor deserved. Every human being is loved and willed by God and, thus, has an inviolable dignity. In Exodus, at the heart of the Old Testament, God shows himself to be the one who hears the cry of the poor, sees the misery of his people, and cares for those who are least and for the oppressed (cf. Ex. 3:7; 22:20-26). The same teaching can be found in the Deuteronomic Code (cf. Dt. 12-26); here, the teaching on rights is transformed into a manifesto of human dignity, particularly in favor of the threefold category of the orphan, the widow, and the stranger (cf. Dt. 24:17). The ancient precepts of Exodus are recalled and applied to the moment in the preaching of the prophets, who represent the critical conscience of Israel. The prophets Amos, Hosea, Isaiah, Micah, and Jeremiah have entire chapters denouncing injustice. Amos bitterly decries the oppression of the poor and his listeners’ failure to recognize any fundamental human dignity in the destitute (cf. Am. 2:6-7; 4:1; 5:11-12). Isaiah pronounces a curse against those who trample on the rights of the poor, denying them all justice: “Woe to those who decree iniquitous decrees, and the writers who keep writing oppression, to turn aside the needy from justice” (Is. 10:1-2). This prophetic teaching is echoed in Wisdom Literature. For example, Sirach equates the oppression of the poor with murder: “To take away a neighbor’s living is to murder him; to deprive an employee of his wages is to shed blood” (Sir. 34:22). In the Psalms, the religious relationship with God comes through the defense of the weak and needy: “Do justice for the weak and the orphan; give justice to the poor and afflicted. Rescue the weak and the needy; set them free from the hand of the wicked” (Ps. 82:3-4).
12. Born and raised in humble conditions, Jesus reveals the dignity of the needy and those who labor.[20] Then, throughout his public ministry, he affirms the value and dignity of all who bear the image of God, regardless of their social status and external circumstances. Jesus broke down cultural and cultic barriers, restoring dignity to those who were “rejected” or were considered to be on the margins of society, such as tax collectors (cf. Mt. 9:10-11), women (cf. Jn. 4:1-42), children (cf. Mk. 10:14-15), lepers (cf. Mt. 8:2-3), the sick (cf. Mk. 1:29-34), strangers (cf. Mt. 25:35), and widows (cf. Lk. 7:11-15). He heals, feeds, defends, liberates, and saves. He is described as a shepherd who is concerned about the one sheep that was lost (cf. Mt. 18:12-14). He identifies with the least of his brethren: “As you did it to one of the least of these my brethren, you did it to me” (Mt. 25:40). In biblical language, the “little ones” are not only the children, but are also the vulnerable, the most insignificant, the outcast, the oppressed, the discarded, the poor, the marginalized, the unlearned, the sick, and those who are downtrodden by the powerful. The glorious Christ will judge by the love of neighbor that consists in ministering to the hungry, the thirsty, the stranger, the naked, the sick, and the imprisoned, with whom he identifies (cf. Mt. 25:34-36). For Jesus, the good done to every human being, regardless of the ties of blood or religion, is the single criterion of judgment. The apostle Paul affirms that every Christian must live according to the requirements of dignity and respect for the rights of all people (cf. Rom. 13:8-10) according to the new commandment of love (cf. 1 Cor. 13:1-13).
Developments in Christian Thought
13. As Christian thought developed, it also prompted and accompanied the progress of humanity’s reflection on the concept of dignity. Drawing from the rich tradition of the Church Fathers, classical Christian anthropology emphasized the doctrine of the human being as created in the image and likeness of God and the unique role of the human person in creation.[21] By critically sifting through the inheritance it had received from ancient philosophy, Medieval Christian thought arrived at a synthesis of the notion of the “person” that recognized the metaphysical foundation of human dignity. St. Thomas Aquinas attested to this when he affirmed that “‘person’ signifies what is most perfect in all nature—that is, a subsistent individual of a rational nature.”[22] The Christian humanism of the Renaissance later emphasized this ontological dignity and its preeminent manifestation in free human action.[23] Even in the writings of such modern thinkers as Descartes and Kant, who challenged some of the foundations of traditional Christian anthropology, one can still strongly perceive echoes of Revelation. Building upon some recent philosophical reflections about the status of theoretical and practical subjectivity, Christian reflection then came to emphasize even more the depths of the concept of dignity. In the twentieth century, this reached an original perspective (as seen in Personalism) that reconsidered the question of subjectivity and expanded it to encompass intersubjectivity and the relationships that bind people together.[24] The thinking flowing from this view has enriched contemporary Christian anthropology.[25]
The Present Era
14. Today, the term “dignity” is mainly used to emphasize the uniqueness of the human person, incomparable to all other entities in the universe. From this perspective, we can understand how the word “dignity” was used in the 1948 United Nations Declaration, which speaks about “the inherent dignity and of the equal and inalienable rights of all members of the human family.” Only this inalienable character of human dignity makes it possible to speak about human rights.[26]
15. To clarify the concept of dignity even further, it is essential to point out that dignity is not something granted to the person by others based on their gifts or qualities, such that it could be withdrawn. Were it so bestowed, it would be given in a conditional and alienable way, and then the very meaning of dignity (however worthy of great respect) would remain exposed to the risk of being abolished. Instead, dignity is intrinsic to the person: it is not conferred subsequently (a posteriori), it is prior to any recognition, and it cannot be lost. All human beings possess this same intrinsic dignity, regardless of whether or not they can express it in a suitable manner.
16. For this reason, the Second Vatican Council speaks of the “sublime dignity of the human person, who stands above all things and whose rights and duties are universal and inviolable.”[27] As the opening line of the conciliar Declaration Dignitatis Humanae recalls, “contemporary man is becoming increasingly conscious of the dignity of the human person; more and more people are demanding that men should exercise fully their own judgment and a responsible freedom in their actions and should not be subject to the pressure of coercion but be inspired by a sense of duty.”[28] Such freedom of thought and conscience, both individual and communal, is based on the recognition of human dignity “as known through the revealed Word of God and by reason itself.”[29] The Church’s Magisterium progressively developed an ever-greater understanding of the meaning of human dignity, along with its demands and consequences, until it arrived at the recognition that the dignity of every human being prevails beyond all circumstances.
2. The Church Proclaims, Promotes, and Guarantees Human Dignity
17. The Church proclaims the equal dignity of all people, regardless of their living conditions or qualities. This proclamation rests on a threefold conviction, which—in the light of Christian faith—gives human dignity an immeasurable value and reinforces its intrinsic demands.
The Indelible Image of God
18. The first conviction, drawn from Revelation, holds that the dignity of the human person comes from the love of the Creator, who has imprinted the indelible features of his image on every person (cf. Gen. 1:26). The Creator calls each person to know him, to love him, and to live in a covenantal relationship with him, while calling the person also to live in fraternity, justice, and peace with all others. In this perspective, dignity refers not only to the soul but also to the person as an inseparable unity of body and soul. Accordingly, dignity is also inherent in each person’s body, which participates in its own way in being in imago Dei (in the image of God) and is also called to share in the soul’s glory in the divine beatitude.
Christ Elevates Human Dignity
19. The second conviction follows from the fact that the dignity of the human person was revealed in its fullness when the Father sent his Son, who assumed human existence to the full: “In the mystery of the Incarnation, the Son of God confirmed the dignity of the body and soul which constitute the human being.”[30] By uniting himself with every human being through his Incarnation, Jesus Christ confirmed that each person possesses an immeasurable dignity simply by belonging to the human community; moreover, he affirmed that this dignity can never be lost.[31] By proclaiming that the Kingdom of God belongs to the poor, the humble, the despised, and those who suffer in body and spirit; by healing all sorts of illnesses and infirmities, even the most dramatic ones, such as leprosy; by affirming that whatever is done to these individuals is also done to him because he is present in them: in all these ways, Jesus brought the great novelty of recognizing the dignity of every person, especially those who were considered “unworthy.” This new principle in human history—which emphasizes that individuals are even more “worthy” of our respect and love when they are weak, scorned, or suffering, even to the point of losing the human “figure”—has changed the face of the world. It has given life to institutions that take care of those who find themselves in disadvantaged conditions, such as abandoned infants, orphans, the elderly who are left without assistance, the mentally ill, people with incurable diseases or severe deformities, and those living on the streets.
A Vocation to the Fullness of Dignity
20. The third conviction concerns the ultimate destiny of human beings. After the Creation and the Incarnation, Christ’s Resurrection reveals a further aspect of human dignity. Indeed, “the dignity of man rests above all on the fact that he is called to communion with God,”[32] destined to last forever. Thus, “the dignity of this life is linked not only to its beginning, to the fact that it comes from God, but also to its final end, to its destiny of fellowship with God in knowledge and love of him. In the light of this truth, Saint Irenaeus qualifies and completes his praise of man: ‘the glory of God’ is indeed, ‘man, living man,’ but ‘the life of man consists in the vision of God.’”[33]
21. Consequently, the Church believes and affirms that all human beings—created in the image and likeness of God and recreated[34] in the Son, who became man, was crucified, and rose again—are called to grow under the action of the Holy Spirit to reflect the glory of the Father in that same image and to share in eternal life (cf. Jn. 10:15-16, 17:22-24; 2 Cor. 3:18; Eph. 1:3-14). Indeed, “Revelation […] shows forth the dignity of the human person in all its fullness.”[35]
A Commitment to One’s Own Freedom
22. Every individual possesses an inalienable and intrinsic dignity from the beginning of his or her existence as an irrevocable gift. However, the choice to express that dignity and manifest it to the full or to obscure it depends on each person’s free and responsible decision. Some Church Fathers, such as St. Irenaeus and St. John Damascene, distinguished between the “image” and “likeness” mentioned in Genesis (cf. 1:26). This allowed for a dynamic perspective on human dignity that understands that the image of God is entrusted to human freedom so that—under the guidance and action of the Spirit—the person’s likeness to God may grow and each person may attain their highest dignity.[36] All people are called to manifest the ontological scope of their dignity on an existential and moral level as they, by their freedom, orient themselves toward the true good in response to God’s love. Thus, as one who is created in the image of God, the human person never loses his or her dignity and never ceases to be called to embrace the good freely. At the same time, to the extent that the person responds to the good, the individual’s dignity can manifest itself freely, dynamically, and progressively; with that, it can also grow and mature. Consequently, each person must also strive to live up to the full measure of their dignity. In light of this, one can understand how sin can wound and obscure human dignity, as it is an act contrary to that dignity; yet, sin can never cancel the fact that the human being is created in the image and likeness of God. In this way, faith plays a decisive role in helping reason perceive human dignity and in accepting, consolidating, and clarifying its essential features, as Benedict XVI pointed out: “Without the corrective supplied by religion, though, reason too can fall prey to distortions, as when it is manipulated by ideology, or applied in a partial way that fails to take full account of the dignity of the human person. Such misuse of reason, after all, was what gave rise to the slave trade in the first place and to many other social evils, not least the totalitarian ideologies of the twentieth century.”[37]
3. Dignity, the Foundation of Human Rights and Duties
23. As Pope Francis has recalled, “In modern culture, the closest reference to the principle of the inalienable dignity of the person is the Universal Declaration of Human Rights, which Saint John Paul II defined as a ‘milestone on the long and difficult path of the human race,’ and as ‘one of the highest expressions of the human conscience.’”[38] To resist attempts to alter or annul the profound meaning of that Declaration, it is worth recalling some essential principles that must always be honored.
Unconditional Respect for Human Dignity
24. First, while there has been a growing awareness of human dignity, many misunderstandings of the concept still distort its meaning. Some people propose that it is better to use the expression “personal dignity” (and the rights “of the person”) instead of “human dignity” (and the rights “of man”) since they understand a “person” to be only “one who is capable of reasoning.” They then argue that dignity and rights are deduced from the individual’s capacity for knowledge and freedom, which not all humans possess. Thus, according to them, the unborn child would not have personal dignity, nor would the older person who is dependent upon others, nor would an individual with mental disabilities.[39] On the contrary, the Church insists that the dignity of every human person, precisely because it is intrinsic, remains “in all circumstances.” The recognition of this dignity cannot be contingent upon a judgment about the person’s ability to understand and act freely; otherwise, it would not be inherent in the person, independent of the individual’s situation, and thus deserving unconditional respect. Only by recognizing an intrinsic and inalienable dignity in every human being can we guarantee a secure and inviolable foundation for that quality. Without any ontological grounding, the recognition of human dignity would vacillate at the mercy of varying and arbitrary judgments. The only prerequisite for speaking about the dignity inherent in the person is their membership in the human species, whereby “the rights of the person are the rights of man.”[40]
An Objective Basis for Human Freedom
25. Second, the concept of human dignity is also occasionally misused to justify an arbitrary proliferation of new rights, many of which are at odds with those originally defined and often are set in opposition to the fundamental right to life.[41] It is as if the ability to express and realize every individual preference or subjective desire should be guaranteed. This perspective identifies dignity with an isolated and individualistic freedom that claims to impose particular subjective desires and propensities as “rights” to be guaranteed and funded by the community. However, human dignity cannot be based on merely individualistic standards, nor can it be identified with the psychophysical well-being of the individual. Rather, the defense of human dignity is based on the constitutive demands of human nature, which do not depend on individual arbitrariness or social recognition. Therefore, the duties that stem from recognizing the dignity of the other and the corresponding rights that flow from it have a concrete and objective content based on our shared human nature. Without such an objective basis, the concept of dignity becomes de facto subject to the most diverse forms of arbitrariness and power interests.
The Relational Structure of the Human Person
26. Viewed through the lens of the relational character of the person, human dignity helps to overcome the narrow perspective of a self-referential and individualistic freedom that claims to create its own values regardless of the objective norms of the good and of our relationship with other living beings. Indeed, there is an ever-growing risk of reducing human dignity to the ability to determine one’s identity and future independently of others, without regard for one’s membership in the human community. In this flawed understanding of freedom, the mutual recognition of duties and rights that enable us to care for each other becomes impossible. In fact, as Pope St. John Paul II recalled, freedom is placed “at the service of the person and of his fulfillment through the gift of self and openness to others; but when freedom is made absolute in an individualistic way, it is emptied of its original content, and its very meaning and dignity are contradicted.”[42]
27. Human dignity also encompasses the capacity, inherent in human nature, to assume obligations vis-à-vis others.
28. The difference between humans and all other living beings, which stands out thanks to the concept of dignity, should not lead us to forget the goodness of other creatures. Those beings exist not only for human utility but also possess a value of their own; they are like gifts entrusted to humanity to be cherished and cultivated. Thus, while the concept of dignity is reserved for the human being, at the same time, the creaturely goodness of the rest of the cosmos must be affirmed. As Pope Francis points out, “By virtue of our unique dignity and our gift of intelligence, we are called to respect creation and its inherent laws […], ‘Each creature possesses its own particular goodness and perfection…Each of the various creatures, willed in its own being, reflects in its own way a ray of God’s infinite wisdom and goodness. Man must therefore respect the particular goodness of every creature, to avoid any disordered use of things.’”[43] Furthermore, “today we see ourselves forced to realize that it is only possible to sustain a ‘situated anthropocentrism.’ To recognize, in other words, that human life is incomprehensible and unsustainable without other creatures.”[44] In this perspective, “it is not a matter of indifference to us that so many species are disappearing and that the climate crisis endangers the life of many other beings.”[45] Indeed, it belongs to human beings’ dignity to care for the environment, taking particular account of the human ecology that preserves their very existence.
Freeing the Human Person from Negative Influences in the Moral and Social Spheres
29. These fundamental prerequisites, however necessary, are not enough to guarantee a person’s growth consistent with his or her dignity. While “God created man a rational being, conferring on him the dignity of a person who can initiate and control his own actions,”[46] with a view to the good, our free will often prefers evil over good. Thus, human freedom, in its turn, needs to be freed. In his letter to the Galatians, St. Paul affirms that “for freedom, Christ has set us free” (Gal. 5:1), recalling the task proper to each Christian, on whose shoulders rests a responsibility for liberation that extends to the whole world (cf. Rom. 8:19ff). This is a liberation that, starting from the hearts of individual people, is called to spread and manifest its humanizing power across all relationships.
30. Freedom is a marvelous gift from God. Even when God draws us to him with his grace, he does so in a way that never violates our freedom. Thus, it would be a grave error to think that by distancing ourselves from God and his assistance, we could somehow be freer and thus feel more dignified. Instead, detached from the Creator, our freedom can only weaken and become obscured. The same happens if freedom imagines itself to be independent of any external reference and perceives any relationship with a prior truth as a threat; as a result, respect for the freedom and dignity of others would also diminish. As Pope Benedict XVI explained, “A will which believes itself radically incapable of seeking truth and goodness has no objective reasons or motives for acting save those imposed by its fleeting and contingent interests; it does not have an ‘identity’ to safeguard and build up through truly free and conscious decisions. As a result, it cannot demand respect from other ‘wills,’ which are themselves detached from their own deepest being and thus capable of imposing other ‘reasons’ or, for that matter, no ‘reason’ at all. The illusion that moral relativism provides the key for peaceful coexistence is actually the origin of divisions and the denial of the dignity of human beings.”[47]
31. Moreover, it would be unrealistic to posit an abstract freedom devoid of any influence, context, or limitation. Instead, “the proper exercise of personal freedom requires specific conditions of an economic, social, juridic, political and cultural order,”[48] which often remain unfulfilled. In this sense, we can say that some individuals enjoy more “freedom” than others. Pope Francis has given special attention to this point: “Some people are born into economically stable families, receive a fine education, grow up well nourished, or naturally possess great talent. They will certainly not need a proactive state; they need only claim their freedom. Yet, the same rule clearly does not apply to a disabled person, to someone born in dire poverty, to those lacking a good education and with little access to adequate health care. If a society is governed primarily by the criteria of market freedom and efficiency, there is no place for such persons, and fraternity will remain just another vague ideal.”[49] Therefore, it is crucial to understand that “removing injustices promotes human freedom and dignity”[50] at every level of human endeavor. To enable authentic freedom, “we must put human dignity back at the center and, on that pillar, build the alternative social structures we need.”[51] Similarly, freedom is frequently obscured by a variety of psychological, historical, social, educational, and cultural influences. Real and historical freedom always needs to be “liberated.” One must, moreover, reaffirm the fundamental right to religious freedom.
32. At the same time, human history shows clear progress in understanding human dignity and freedom, albeit not without shadows and risks of regression. Such advancement in understanding human dignity is demonstrated by the fact that there is an increasing desire to eradicate racism, slavery, and the marginalization of women, children, the sick, and people with disabilities. This aspiration has been bolstered under the influence of the Christian faith, which continues to be a ferment, even in increasingly secularized societies. However, the arduous journey of advancing human dignity remains far from completion.
4. Some Grave Violations of Human Dignity
33. In light of the previous reflections on the centrality of human dignity, the final section of this Declaration addresses some specific and grave violations of that dignity. It does so in the spirit proper to the Church’s magisterium, which has found full expression in the teaching of the recent Pontiffs, as mentioned previously. For example, Pope Francis, on the one hand, tirelessly reminds us of the need to respect human dignity: “Every human being has the right to live with dignity and to develop integrally; this fundamental right cannot be denied by any country. People have this right even if they are unproductive or were born with or developed limitations. This does not detract from their great dignity as human persons, a dignity based not on circumstances but on the intrinsic worth of their being. Unless this basic principle is upheld, there will be no future either for fraternity or for the survival of humanity.”[52] On the other hand, he never ceases to point out the concrete violations of human dignity in our time, calling us each to awaken to our responsibility and the need to engage in a concrete commitment in this regard.
34. In addressing some of the many grave violations of human dignity today, we can draw upon the teachings of the Second Vatican Council, which emphasized that “all offenses against life itself, such as murder, genocide, abortion, euthanasia, and willful suicide” must be recognized as contrary to human dignity.[53] Furthermore, the Council affirmed that “all violations of the integrity of the human person, such as mutilation, physical and mental torture, undue psychological pressures,” also infringe upon our dignity.[54] Finally, it denounced “all offenses against human dignity, such as subhuman living conditions, arbitrary imprisonment, deportation, slavery, prostitution, the selling of women and children, degrading working conditions where individuals are treated as mere tools for profit rather than free and responsible persons.”[55] Here, one should also mention the death penalty, for this also violates the inalienable dignity of every person, regardless of the circumstances.[56] In this regard, we must recognize that “the firm rejection of the death penalty shows to what extent it is possible to recognize the inalienable dignity of every human being and to accept that he or she has a place in this universe. If I do not deny that dignity to the worst of criminals, I will not deny it to anyone. I will give everyone the possibility of sharing this planet with me, despite all our differences.”[57] It is also fitting to reaffirm the dignity of those who are incarcerated, who often must live in undignified conditions. Finally, it should be stated that—even if someone has been guilty of serious crimes—the practice of torture completely contradicts the dignity that is proper to every human being.
35. While not claiming to be exhaustive, the following paragraphs draw attention to some grave violations of human dignity that are particularly relevant.
The Drama of Poverty
36. One of the phenomena that contributes significantly to denying the dignity of so many human beings is extreme poverty, linked as it is to the unequal distribution of wealth. As Pope St. John Paul II emphasized, “One of the greatest injustices in the contemporary world consists precisely in this: that the ones who possess much are relatively few and those who possess almost nothing are many. It is the injustice of the poor distribution of the goods and services originally intended for all.”[58] Moreover, it would be misleading to make a cursory distinction between “rich” and “poor” countries, for Benedict XVI recognized that “the world’s wealth is growing in absolute terms, but inequalities are on the increase. In rich countries, new sectors of society are succumbing to poverty and new forms of poverty are emerging. In poorer areas, some groups enjoy a sort of ‘super-development’ of a wasteful and consumerist kind, which forms an unacceptable contrast with the ongoing situations of dehumanizing deprivation.” The “‘scandal of glaring inequalities’ continues,”[59] where the dignity of the poor is doubly denied because of the lack of resources available to meet their basic needs and the indifference shown toward them by their neighbors.
37. With Pope Francis, therefore, one must conclude that “wealth has increased, but together with inequality, with the result that ‘new forms of poverty are emerging.’ The claim that the modern world has reduced poverty is made by measuring poverty with criteria from the past that do not correspond to present-day realities.”[60] As a result, poverty “can take a variety of forms, such as an obsession with reducing labor costs with no concern for its grave consequences, since the unemployment that it directly generates leads to the expansion of poverty.”[61] Among these “destructive effects of the empire of money,”[62] it must be recognized that “there is no poverty worse than that which takes away work and the dignity of work.”[63] Moreover, if some people are born into a country or family where they have fewer opportunities to develop, we should acknowledge that this is contrary to their dignity, which is the same dignity as that of those born into a wealthy family or country. We are all responsible for this stark inequality, albeit to varying degrees.
War
38. Another tragedy that denies human dignity, both in the past and today, is war: “War, terrorist attacks, racial or religious persecution, and many other affronts to human dignity […] ‘have become so common as to constitute a real ‘third world war’ fought piecemeal.’”[64] With its trail of destruction and suffering, war attacks human dignity in both the short and long term: “While reaffirming the inalienable right to self-defense and the responsibility to protect those whose lives are threatened, we must acknowledge that war is always a ‘defeat of humanity.’ No war is worth the tears of a mother who has seen her child mutilated or killed; no war is worth the loss of the life of even one human being, a sacred being created in the image and likeness of the Creator; no war is worth the poisoning of our common home; and no war is worth the despair of those who are forced to leave their homeland and are deprived, from one moment to the next, of their home and all the family, friendship, social and cultural ties that have been built up, sometimes over generations.”[65] All wars, by the mere fact that they contradict human dignity, are “conflicts that will not solve problems but only increase them.”[66] This point is even more critical in our time when it has become commonplace for so many innocent civilians to perish beyond the confines of a battlefield.
39. Therefore, even today, the Church cannot but make her own the words of the Pontiffs, repeating with Pope St. Paul VI: “jamais plus la guerre, jamais plus la guerre!” [“never again war, never again war!”].[67] Moreover, together with Pope St. John Paul II, the Church pleas “in the name of God and in the name of man: Do not kill! Do not prepare destruction and extermination for people! Think of your brothers and sisters who are suffering hunger and misery! Respect each one’s dignity and freedom!”[68] As much now as ever, this is the cry of the Church and of all humanity. Pope Francis underscores this by stating, “We can no longer think of war as a solution because its risks will probably always be greater than its supposed benefits. In view of this, it is very difficult nowadays to invoke the rational criteria elaborated in earlier centuries to speak of the possibility of a ‘just war.’ Never again war!”[69] Since humanity often falls back into the same mistakes of the past, “in order to make peace a reality, we must move away from the logic of the legitimacy of war.”[70] The intimate relationship between faith and human dignity means it would be contradictory for war to be based on religious convictions: “The one who calls upon God’s name to justify terrorism, violence, and war does not follow God’s path. War in the name of religion becomes a war against religion itself.”[71]
The Travail of Migrants
40. Migrants are among the first victims of multiple forms of poverty. Not only is their dignity denied in their home countries,[72] but also their lives are put at risk because they no longer have the means to start a family, to work, or to feed themselves.[73] Once they have arrived in countries that should be able to accept them, “migrants are not seen as entitled like others to participate in the life of society, and it is forgotten that they possess the same intrinsic dignity as any person. […] No one will ever openly deny that they are human beings; yet in practice, by our decisions and the way we treat them, we can show that we consider them less worthy, less important, less human.”[74] Therefore, it is urgent to remember that “every migrant is a human person who, as such, possesses fundamental, inalienable rights that must be respected by everyone and in every circumstance.”[75] Receiving migrants is an important and meaningful way of defending “the inalienable dignity of each human person regardless of origin, race or religion.”[76]
Human Trafficking
41. Human trafficking must also be counted among the grave violations of human dignity.[77] While it is not a new phenomenon, it has taken on tragic dimensions before our eyes, which is why Pope Francis has denounced it in particularly emphatic terms: “I reaffirm here that the ‘trade in people’ is a vile activity, a disgrace to our societies that claim to be civilized! Exploiters and clients at all levels should make a serious examination of conscience both in the first person and before God! Today the Church is renewing her urgent appeal that the dignity and centrality of every individual always be safeguarded, with respect for fundamental rights, as her social teaching emphasizes. She asks that these rights really be extended for millions of men and women on every continent, wherever they are not recognized. In a world in which a lot is said about rights, how often is human dignity actually trampled upon! In a world in which so much is said about rights, it seems that the only thing that has any rights is money.”[78]
42. For these reasons, the Church and humanity must not cease fighting against such phenomena as “the marketing of human organs and tissues, the sexual exploitation of boys and girls, slave labor, including prostitution, the drug and weapons trade, terrorism, and international organized crime. Such is the magnitude of these situations, and their toll in innocent lives, that we must avoid every temptation to fall into a declarationist nominalism that would assuage our consciences. We need to ensure that our institutions are truly effective in the struggle against all these scourges.”[79] Confronted with these varied and brutal denials of human dignity, we need to be increasingly aware that “human trafficking is a crime against humanity.”[80] It essentially denies human dignity in at least two ways: “Trafficking profoundly disfigures the humanity of the victim, offending his or her freedom and dignity. Yet, at the same time, it dehumanizes those who carry it out.”[81]
Sexual Abuse
43. The profound dignity inherent in human beings in their entirety of mind and body also allows us to understand why all sexual abuse leaves deep scars in the hearts of those who suffer it. Indeed, those who suffer sexual abuse experience real wounds in their human dignity. These are “sufferings that can last a lifetime and that no repentance can remedy. This phenomenon is widespread in society and it also affects the Church and represents a serious obstacle to her mission.”[82] From this stems the Church’s ceaseless efforts to put an end to all kinds of abuse, starting from within.
Violence Against Women
44. Violence against women is a global scandal that is gaining increasing recognition. While the equal dignity of women may be recognized in words, the inequalities between women and men in some countries remain very serious. Even in the most developed and democratic countries, the concrete social reality testifies to the fact that women are often not accorded the same dignity as men. Pope Francis highlighted this when he affirmed that “the organization of societies worldwide is still far from reflecting clearly that women possess the same dignity and identical rights as men. We say one thing with words, but our decisions and reality tell another story. Indeed, ‘doubly poor are those women who endure situations of exclusion, mistreatment, and violence, since they are frequently less able to defend their rights.’”[83]
45. Pope St. John Paul II recognized that “much remains to be done to prevent discrimination against those who have chosen to be wives and mothers. […] [T]here is an urgent need to achieve real equality in every area: equal pay for equal work, protection for working mothers, fairness in career advancements, equality of spouses with regard to family rights and the recognition of everything that is part of the rights and duties of citizens in a democratic State.”[84] Indeed, inequalities in these areas are also various forms of violence. He also recalled that “the time has come to condemn vigorously the types of sexual violence which frequently have women for their object and to pass laws which effectively defend them from such violence. Nor can we fail, in the name of the respect due to the human person, to condemn the widespread hedonistic and commercial culture which encourages the systematic exploitation of sexuality and corrupts even very young girls into letting their bodies be used for profit.”[85] Among the forms of violence carried out on women, how can we not mention coercive abortions, which affect both mother and child, often to satisfy the selfishness of males? And how can we not also mention the practice of polygamy? As the Catechism of the Catholic Church reminds us, polygamy is contrary to the equal dignity of women and men; it is also “contrary to conjugal love which is undivided and exclusive.”[86]
46. In this consideration of violence against women, one cannot condemn enough the phenomenon of femicide. On this front, the entire international community must have a coordinated and concrete commitment, as Pope Francis reiterated, “Our love for Mary must help us to feel appreciation and gratitude for women, for our mothers and grandmothers, who are a bastion in the life in our cities. Almost always in silence, they carry life forward. It is the silence and strength of hope. Thank you for your witness. […] But in thinking of our mothers and grandmothers, I want to invite you to combat a scourge that affects our American continent: the numerous cases where women are killed. And the many situations of violence that are kept quiet behind so many walls. I ask you to fight against this source of suffering by calling for legislation and a culture that repudiates every form of violence.”[87]
Abortion
47. The Church consistently reminds us that “the dignity of every human being has an intrinsic character and is valid from the moment of conception until natural death. It is precisely the affirmation of such dignity that is the inalienable prerequisite for the protection of a personal and social existence, and also the necessary condition for fraternity and social friendship to be realized among all the peoples of the earth.”[88] On account of the intangible value of human life, the Church’s magisterium has always spoken out against abortion. In this regard, Pope St. John Paul II writes: “Among all the crimes which can be committed against life, procured abortion has characteristics making it particularly serious and deplorable. […] But today, in many people’s consciences, the perception of its gravity has become progressively obscured. The acceptance of abortion in the popular mind, in behavior, and even in law itself is a telling sign of an extremely dangerous crisis of the moral sense, which is becoming more and more incapable of distinguishing between good and evil, even when the fundamental right to life is at stake. Given such a grave situation, we need now more than ever to have the courage to look the truth in the eye and to call things by their proper name, without yielding to convenient compromises or to the temptation of self-deception. In this regard, the reproach of the Prophet is extremely straightforward: ‘Woe to those who call evil good and good evil, who put darkness for light and light for darkness’ (Is. 5:20). Especially in the case of abortion, there is a widespread use of ambiguous terminology, such as ‘interruption of pregnancy,’ which tends to hide abortion’s true nature and to attenuate its seriousness in public opinion. Perhaps this linguistic phenomenon is itself a symptom of an uneasiness of conscience. But no word has the power to change the reality of things: procured abortion is the deliberate and direct killing, by whatever means it is carried out, of a human being in the initial phase of his or her existence, extending from conception to birth.”[89] Unborn children are, thus, “the most defenseless and innocent among us. Nowadays, efforts are made to deny them their human dignity and to do with them whatever one pleases, taking their lives and passing laws preventing anyone from standing in the way of this.” [90] It must, therefore, be stated with all force and clarity, even in our time, that “this defense of unborn life is closely linked to the defense of each and every other human right. It involves the conviction that a human being is always sacred and inviolable, in any situation and at every stage of development. Human beings are ends in themselves and never a means of resolving other problems. Once this conviction disappears, so do solid and lasting foundations for the defense of human rights, which would always be subject to the passing whims of the powers that be. Reason alone is sufficient to recognize the inviolable value of each single human life, but if we also look at the issue from the standpoint of faith, ‘every violation of the personal dignity of the human being cries out in vengeance to God and is an offense against the Creator of the individual.’”[91] In this context, it is worth recalling St. Teresa of Calcutta’s generous and courageous commitment to the defense of every person conceived.
Surrogacy
48. The Church also takes a stand against the practice of surrogacy, through which the immensely worthy child becomes a mere object. On this point, Pope Francis’s words have a singular clarity: “The path to peace calls for respect for life, for every human life, starting with the life of the unborn child in the mother’s womb, which cannot be suppressed or turned into an object of trafficking. In this regard, I deem deplorable the practice of so-called surrogate motherhood, which represents a grave violation of the dignity of the woman and the child, based on the exploitation of situations of the mother’s material needs. A child is always a gift and never the basis of a commercial contract. Consequently, I express my hope for an effort by the international community to prohibit this practice universally.”[92]
49. First and foremost, the practice of surrogacy violates the dignity of the child. Indeed, every child possesses an intangible dignity that is clearly expressed—albeit in a unique and differentiated way—at every stage of his or her life: from the moment of conception, at birth, growing up as a boy or girl, and becoming an adult. Because of this unalienable dignity, the child has the right to have a fully human (and not artificially induced) origin and to receive the gift of a life that manifests both the dignity of the giver and that of the receiver. Moreover, acknowledging the dignity of the human person also entails recognizing every dimension of the dignity of the conjugal union and of human procreation. Considering this, the legitimate desire to have a child cannot be transformed into a “right to a child” that fails to respect the dignity of that child as the recipient of the gift of life.[93]
50. Surrogacy also violates the dignity of the woman, whether she is coerced into it or chooses to subject herself to it freely. For, in this practice, the woman is detached from the child growing in her and becomes a mere means subservient to the arbitrary gain or desire of others. This contrasts in every way with the fundamental dignity of every human being and with each person’s right to be recognized always individually and never as an instrument for another.
Euthanasia and Assisted Suicide
51. There is a special case of human dignity violation that is quieter but is swiftly gaining ground. It is unique in how it utilizes a mistaken understanding of human dignity to turn the concept of dignity against life itself. This confusion is particularly evident today in discussions surrounding euthanasia. For example, laws permitting euthanasia or assisted suicide are sometimes called “death with dignity acts.” With this, there is a widespread notion that euthanasia or assisted suicide is somehow consistent with respect for the dignity of the human person. However, in response to this, it must be strongly reiterated that suffering does not cause the sick to lose their dignity, which is intrinsically and inalienably their own. Instead, suffering can become an opportunity to strengthen the bonds of mutual belonging and gain greater awareness of the precious value of each person to the whole human family.
52. Certainly, the dignity of those who are critically or terminally ill calls for all suitable and necessary efforts to alleviate their suffering through appropriate palliative care and by avoiding aggressive treatments or disproportionate medical procedures. This approach corresponds with the “enduring responsibility to appreciate the needs of the sick person: care needs, pain relief, and affective and spiritual needs.”[94] However, an effort of this nature is entirely different from—and is indeed contrary to—a decision to end one’s own life or that of another person who is burdened by suffering. Even in its sorrowful state, human life carries a dignity that must always be upheld, that can never be lost, and that calls for unconditional respect. Indeed, there are no circumstances under which human life would cease from being dignified and could, as a result, be put to an end: “Each life has the same value and dignity for everyone: the respect of the life of another is the same as the respect owed to one’s own life.”[95] Therefore, helping the suicidal person to take his or her own life is an objective offense against the dignity of the person asking for it, even if one would be thereby fulfilling the person’s wish: “We must accompany people towards death, but not provoke death or facilitate any form of suicide. Remember that the right to care and treatment for all must always be prioritized so that the weakest, particularly the elderly and the sick, are never rejected. Life is a right, not death, which must be welcomed, not administered. And this ethical principle concerns everyone, not just Christians or believers.”[96] As mentioned above, the dignity of each person, no matter how weak or burdened by suffering, implies the dignity of us all.
The Marginalization of People with Disabilities
53. One criterion for verifying whether real attention is given to the dignity of every individual in society is the help given to the most disadvantaged. Regrettably, our time is not known for such care; rather, a “throwaway culture” is increasingly imposing itself.[97] To counter this trend, the condition of those experiencing physical or mental limitations warrants special attention and concern. Such conditions of acute vulnerability[98]—which feature prominently in the Gospels—prompt universal questions about what it means to be a human person, especially starting from the condition of impairment or disability. The question of human imperfection also carries clear socio-cultural implications since some cultures tend to marginalize or even oppress individuals with disabilities, treating them as “rejects.” However, the truth is that each human being, regardless of their vulnerabilities, receives his or her dignity from the sole fact of being willed and loved by God. Thus, every effort should be made to encourage the inclusion and active participation of those who are affected by frailty or disability in the life of society and of the Church.[99]
54. In a broader perspective, it must be remembered that “this charity, which is the spiritual heart of politics, is always a preferential love shown to those in greatest need; it undergirds everything we do on their behalf. […] ‘To tend those in need takes strength and tenderness, effort, and generosity in the midst of a functionalistic and privatized mindset that inexorably leads to a ‘throwaway culture’ […]. It involves taking responsibility for the present with its situations of utter marginalization and anguish, and being capable of bestowing dignity upon it.’ It will likewise inspire intense efforts to ensure that ‘everything be done to protect the status and dignity of the human person.’”[100]
Gender Theory
55. The Church wishes, first of all, “to reaffirm that every person, regardless of sexual orientation, ought to be respected in his or her dignity and treated with consideration, while ‘every sign of unjust discrimination’ is to be carefully avoided, particularly any form of aggression and violence.”[101] For this reason, it should be denounced as contrary to human dignity the fact that, in some places, not a few people are imprisoned, tortured, and even deprived of the good of life solely because of their sexual orientation.
56. At the same time, the Church highlights the definite critical issues present in gender theory. On this point, Pope Francis has reminded us that “the path to peace calls for respect for human rights, in accordance with the simple yet clear formulation contained in the Universal Declaration of Human Rights, whose seventy-fifth anniversary we recently celebrated. These principles are self-evident and commonly accepted. Regrettably, in recent decades, attempts have been made to introduce new rights that are neither fully consistent with those originally defined nor always acceptable. They have led to instances of ideological colonization, in which gender theory plays a central role; the latter is extremely dangerous since it cancels differences in its claim to make everyone equal.”[102]
57. Regarding gender theory, whose scientific coherence is the subject of considerable debate among experts, the Church recalls that human life in all its dimensions, both physical and spiritual, is a gift from God. This gift is to be accepted with gratitude and placed at the service of the good. Desiring a personal self-determination, as gender theory prescribes, apart from this fundamental truth that human life is a gift, amounts to a concession to the age-old temptation to make oneself God, entering into competition with the true God of love revealed to us in the Gospel.
58. Another prominent aspect of gender theory is that it intends to deny the greatest possible difference that exists between living beings: sexual difference. This foundational difference is not only the greatest imaginable difference but is also the most beautiful and most powerful of them. In the male-female couple, this difference achieves the most marvelous of reciprocities. It thus becomes the source of that miracle that never ceases to surprise us: the arrival of new human beings in the world.
59. In this sense, respect for both one’s own body and that of others is crucial in light of the proliferation of claims to new rights advanced by gender theory. This ideology “envisages a society without sexual differences, thereby eliminating the anthropological basis of the family.”[103] It thus becomes unacceptable that “some ideologies of this sort, which seek to respond to what are at times understandable aspirations, manage to assert themselves as absolute and unquestionable, even dictating how children should be raised. It needs to be emphasized that ‘biological sex and the socio-cultural role of sex (gender) can be distinguished but not separated.’”[104] Therefore, all attempts to obscure reference to the ineliminable sexual difference between man and woman are to be rejected: “We cannot separate the masculine and the feminine from God’s work of creation, which is prior to all our decisions and experiences, and where biological elements exist which are impossible to ignore.”[105] Only by acknowledging and accepting this difference in reciprocity can each person fully discover themselves, their dignity, and their identity.
Sex Change
60. The dignity of the body cannot be considered inferior to that of the person as such. The Catechism of the Catholic Church expressly invites us to recognize that “the human body shares in the dignity of ‘the image of God.’”[106] Such a truth deserves to be remembered, especially when it comes to sex change, for humans are inseparably composed of both body and soul. In this, the body serves as the living context in which the interiority of the soul unfolds and manifests itself, as it does also through the network of human relationships. Constituting the person’s being, the soul and the body both participate in the dignity that characterizes every human.[107] Moreover, the body participates in that dignity as it is endowed with personal meanings, particularly in its sexed condition.[108] It is in the body that each person recognizes himself or herself as generated by others, and it is through their bodies that men and women can establish a loving relationship capable of generating other persons. Teaching about the need to respect the natural order of the human person, Pope Francis affirmed that “creation is prior to us and must be received as a gift. At the same time, we are called to protect our humanity, and this means, in the first place, accepting it and respecting it as it was created.”[109] It follows that any sex-change intervention, as a rule, risks threatening the unique dignity the person has received from the moment of conception. This is not to exclude the possibility that a person with genital abnormalities that are already evident at birth or that develop later may choose to receive the assistance of healthcare professionals to resolve these abnormalities. However, in this case, such a medical procedure would not constitute a sex change in the sense intended here.
Digital Violence
61. Although the advancement of digital technologies may offer many possibilities for promoting human dignity, it also increasingly tends toward the creation of a world in which exploitation, exclusion, and violence grow, extending even to the point of harming the dignity of the human person. Consider, for example, how easy it is through these means to endanger a person’s good name with fake news and slander. On this point, Pope Francis stresses that “it is not healthy to confuse communication with mere virtual contact. Indeed, ‘the digital environment is also one of loneliness, manipulation, exploitation, and violence, even to the extreme case of the ‘dark web.’ Digital media can expose people to the risk of addiction, isolation, and gradual loss of contact with concrete reality, blocking the development of authentic interpersonal relationships. New forms of violence are spreading through social media, for example, cyberbullying. The internet is also a channel for spreading pornography and the exploitation of persons for sexual purposes or through gambling.’”[110] In this way, paradoxically, the more that opportunities for making connections grow in this realm, the more people find themselves isolated and impoverished in interpersonal relationships: “Digital communication wants to bring everything out into the open; people’s lives are combed over, laid bare and bandied about, often anonymously. Respect for others disintegrates, and even as we dismiss, ignore, or keep others distant, we can shamelessly peer into every detail of their lives.”[111] Such tendencies represent a dark side of digital progress.
62. In this perspective, if technology is to serve human dignity and not harm it, and if it is to promote peace rather than violence, then the human community must be proactive in addressing these trends with respect to human dignity and the promotion of the good: “In today’s globalized world, ‘the media can help us to feel closer to one another, creating a sense of the unity of the human family which in turn can inspire solidarity and serious efforts to ensure a more dignified life for all. […] The media can help us greatly in this, especially nowadays, when the networks of human communication have made unprecedented advances. The internet, in particular, offers immense possibilities for encounter and solidarity. This is something truly good, a gift from God.’ We need constantly to ensure that present-day forms of communication are in fact guiding us to generous encounter with others, to honest pursuit of the whole truth, to service, to closeness to the underprivileged and to the promotion of the common good.”[112]
Conclusion
63. On the 75th anniversary of the promulgation of the Universal Declaration of Human Rights (1948), Pope Francis reaffirmed that this document “is like a master plan, from which many steps have been taken, but many still need to be made, and unfortunately, at times, steps backward have been taken. The commitment to human rights is never finished! In this regard, I am near to all those who, without fanfare, in concrete daily life, fight and personally pay the price for defending the rights of those who do not count.”[113]
64. In this spirit, the Church, with the present Declaration, ardently urges that respect for the dignity of the human person beyond all circumstances be placed at the center of the commitment to the common good and at the center of every legal system. Indeed, respect for the dignity of each person is the indispensable basis for the existence of any society that claims to be founded on just law and not on the force of power. Acknowledging human dignity forms the basis for upholding fundamental human rights, which precede and ground all civic coexistence.[114]
65. Each individual and also every human community is responsible for the concrete and actual realization of human dignity. Meanwhile, it is incumbent on States not only to protect human dignity but also to guarantee the conditions necessary for it to flourish in the integral promotion of the human person: “In political activity, we should remember that ‘appearances notwithstanding, every person is immensely holy and deserves our love and dedication.’”[115]
66. Even today, in the face of so many violations of human dignity that seriously threaten the future of the human family, the Church encourages the promotion of the dignity of every human person, regardless of their physical, mental, cultural, social, and religious characteristics. The Church does this with hope, confident of the power that flows from the Risen Christ, who has fully revealed the integral dignity of every man and woman. This certainty becomes an appeal in Pope Francis’ words directed to each of us: “I appeal to everyone throughout the world not to forget this dignity which is ours. No one has the right to take it from us.”[116]
The Supreme Pontiff, Francis, at the Audience granted to the undersigned Prefect of the Dicastery for the Doctrine of the Faith, with the Secretary for the Doctrinal Section of the Dicastery, on 25 March 2024, approved this Declaration, which was decided at the Ordinary Session of this Dicastery on 28 February 2024, and he ordered its publication.
Given in Rome, at the Dicastery for the Doctrine of the Faith, on 2 April 2024, the nineteenth anniversary of the death of Pope St. John Paul II.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefect
Msgr. Armando Matteo
Secretary for the Doctrinal Section
EX AUDIENTIA DIE 25.03.2024
FRANCISCUS
________________
[1] John Paul II, Angelus in the Cathedral of Osnabrück (16 November 1980): Insegnamenti III/2 (1980), 1232.
[2] Francis, Apostolic Exhortation Laudate Deum (4 October 2023), no. 39: L’Osservatore Romano (4 October 2023), III.
[3] In 1948, the United Nations adopted the Universal Declaration of Human Rights, which consists of thirty articles. The word “dignity” appears there five times, in strategic places: in the first words of the Preamble and in the first sentence of Article One. This dignity is declared to be “inherent in all members of the human family” (Preamble) and “all human beings are born free and equal in dignity and rights” (Article 1).
[4] Paying attention only to the modern era, we see how the Church has progressively accentuated the importance of human dignity. The theme was particularly developed in Pope Leo XIII’s Encyclical Rerum Novarum (1891), Pope Pius XI’s Encyclical Quadragesimo Anno (1931) and Pope Pius XII’s Address to the Congress of the Italian Catholic Union of Midwives (1951). The Second Vatican Council, then, developed this issue, devoting an entire document to the subject with the Declaration Dignitatis Humanae (1965) and discussing human freedom in the Pastoral Constitution Gaudium et Spes (1965).
[5] Paul VI, General Audience (4 September 1968): Insegnamenti VI (1968), 886.
[6] John Paul II, Address to the Third General Conference of the Latin American Episcopate (28 January 1979), III.1-2: Insegnamenti II/1 (1979), 202-203.
[7] Benedict XVI, Address to Participants in the General Assembly of the Pontifical Academy for Life (13 February 2010): Insegnamenti VI/1 (2011), 218.
[8] Benedict XVI, Address to Participants in the Meeting of the Development Bank of the Council of Europe (12 June 2010): Insegnamenti VI/1 (2011), 912-913.
[9] Francis, Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium (24 November 2013), no. 178: AAS 105 (2013), 1094; quoting John Paul II, Angelus in the Cathedral of Osnabrück (16 November 1980): Insegnamenti III/2 (1980), 1232.
[10] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 8: AAS 112 (2020), 971.
[11] Ibid., no. 277: AAS 112 (2020), 1069.
[12] Ibid., no. 213: AAS 112 (2020), 1045.
[13] Ibid., no. 213: AAS 112 (2020), 1045; quoting Id., Message to Participants in the International Conference “Human Rights in the Contemporary World: Achievements, Omissions, Negations” (10 December 2018): L’Osservatore Romano, (10-11 December 2018), 8.
[14] The 1948 UN Declaration was followed and further elaborated by the 1966 UN International Covenant on Civil and Political Rights and the 1975 Helsinki Final Act of the Conference on Security and Cooperation in Europe.
[15] Cf. International Theological Commission, Dignity and Rights of the Human Person (1983), Introduction, 3. A compendium of Catholic teaching on human dignity can be found in the Catechism of the Catholic Church, in the chapter entitled, “The Dignity of the Human Person,” nos. 1700-1876.
[16] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 22: AAS 112 (2020), 976.
[17] Boethius, Contra Eutychen et Nestorium, c. 3: PL 64, 1344: “persona est rationalis naturae individua substantia.” Cf. Bonaventure, In I Sent., d. 25, a. 1, q. 2; Thomas Aquinas, Summa Theologiae I, q. 29, a. 1, resp.
[18] Since it is not the purpose of this Declaration to draw up an exhaustive treatise on the notion of dignity, for the sake of brevity, only the so-called classical Greek and Roman culture is mentioned here as an example, as the point of reference for early Christian philosophical and theological reflection.
[19] For example, see Cicero, De Officiis I, 105-106: “Sed pertinet ad omnem officii quaestionem semper in promptu habere, quantum natura hominis pecudibus reliquisque beluis antecedat […] Atque etiam si considerare volumus, quae sit in natura excellentia et dignitas, intellegemus, quam sit turpe diffluere luxuria et delicate ac molliter vivere quamque honestum parce, continenter, severe, sobrie” (Id., Scriptorum Latinorum Bibliotheca Oxoniensis, ed. M. Winterbottom, Oxford 1994, 43). In English translation: “But it is essential to every inquiry about duty that we keep before our eyes how far superior man is by nature to cattle and other beasts […] And if we will only bear in mind the superiority and dignity of our nature, we shall realize how wrong it is to abandon ourselves to excess and to live in luxury and voluptuousness, and how right it is to live in thrift, self-denial, simplicity, and sobriety” (Id., On Duties, tr. W. Miller, Loeb Classical Library 30, Harvard University Press, Cambridge 1913, 107-109).
[20] Cf. Paul VI, Address to the Pilgrimage to the Holy Land: Visit to the Basilica of the Annunciation in Nazareth (5 January 1964): AAS 56 (1964), 166-170.
[21] For example, see Clement of Rome, 1 Clem. 33, 4f: PG 1, 273; Theophilus of Antioch, Ad Aut. I, 4: PG 6, 1029; Clement of Alexandria, Strom. III, 42, 5-6: PG 8, 1145; Ibid., VI, 72, 2: PG 9, 293; Irenaeus of Lyons, Adv. Haer. V, 6, 1: PG 7, 1137-1138; Origen, De princ. III, 6, 1: PG 11, 333; Augustine, De Gen. ad litt. VI, 12: PL 34, 348; De Trinitate XIV, 8, 11: PL 42, 1044-1045.
[22] Thomas Aquinas, Summa Theologiae, I, q. 29, a. 3, resp.: «persona significat id, quod est perfectissimum in tota natura, scilicet subsistens in rationali natura».
[23] Cf. Giovanni Pico della Mirandola and his well-known text, Orartio de Hominis Dignitate (1486).
[24] For a Jewish thinker, such as E. Levinas (1906-1995), the human being is qualified by his freedom insofar as he discovers himself as infinitely responsible for another human being.
[25] Some great Christian thinkers of the nineteenth and twentieth centuries—such as St. J.H. Newman, Bl. A. Rosmini, J. Maritain, E. Mounier, K. Rahner, H.‑U. von Balthasar, and others—have succeeded in proposing a vision of the human person that can validly dialogue with all the currents of thought present in the early twenty-first century, whatever their inspiration, even Postmodernism.
[26] This is why the “Universal Declaration of Human Rights […] implicitly suggests that the source of inalienable human rights is found in the dignity of every human person” (International Theological Commission, In Search of a Universal Ethics: A New Look at the Natural Law [2009], no. 115).
[27] Second Vatican Ecumenical Council, Pastoral Constitution Gaudium et Spes (7 December 1965), no. 26: AAS 58 (1966), 1046. The entire first chapter of the first part of the Pastoral Constitution (nos. 11-22) is devoted to the “Dignity of the Human Person.”
[28] Second Vatican Ecumenical Council, Declaration Dignitatis Humanae (7 December 1965), no. 1: AAS 58 (1966), 929.
[29] Ibid., no. 2: AAS 58 (1966), 931.
[30] Cf. Congregation for the Doctrine of the Faith, Instruction Dignitas Personae (8 September 2008), no. 7: AAS 100 (2008), 863. Cf. also Irenaeus of Lyons, Adv. Haer. V, 16, 2: PG 7, 1167-1168.
[31] Since “by his Incarnation, the Son of God has united himself in a certain way with every man,” the dignity of every man is revealed to us by Christ in its fullness (Second Vatican Ecumenical Council, Pastoral Constitution Gaudium et Spes [7 December 1965], no. 22: AAS 58 [1966], 1042).
[32] Second Vatican Ecumenical Council, Pastoral Constitution Gaudium et Spes (7 December 1965), no. 19: AAS 58 (1966), 1038.
[33] John Paul II, Encyclical Letter Evangelium Vitae (25 March 1995), no. 38: AAS 87 (1995), 443, quoting Irenaeus of Lyons, Adv. Haer. IV, 20, 7: PG 7, 1037-1038.
[34] Indeed, Christ has given the baptized a new dignity, that of being “sons of God”: cf. Catechism of the Catholic Church, nos. 1213, 1265, 1270, 1279.
[35] Second Vatican Ecumenical Council, Declaration Dignitatis Humanae (7 December 1965), no. 9: AAS 58 (1966), 935.
[36] Cf. Irenaeus of Lyons, Adv. Haer. V, 6, 1. V, 8, 1. V, 16, 2: PG 7, 1136-1138. 1141-1142. 1167-1168; John Damascene, De fide orth. 2, 12: PG 94, 917-930.
[37] Benedict XVI, Address at Westminster Hall (17 September 2010): Insegnamenti VI/2 (2011), 240.
[38] Francis, General Audience (12 August 2020): L’Osservatore Romano (13 August 2020), 8; quoting John Paul II, Address to the United Nations General Assembly (2 October 1979), 7 and Id., Address to the United Nations General Assembly (5 October 1995), 2.
[39] Cf. Congregation for the Doctrine of the Faith, Instruction Dignitas Personae (8 September 2008), no. 8: AAS 100 (2008), 863-864.
[40] International Theological Commission, Religious Freedom for the Good of All (2019), no. 38.
[41] Cf. Francis, Address to Members of the Diplomatic Corps Accredited to the Holy See for the Presentation of New Year’s Greetings (8 January 2024): L’Osservatore Romano (8 January 2024), 3.
[42] John Paul II, Encyclical Letter Evangelium Vitae (25 March 1995), no. 19: AAS 87 (1995), 422.
[43] Francis, Encyclical Letter Laudato Si’ (24 May 2015), no. 69: AAS 107 (2015), 875; quoting Catechism of the Catholic Church, no. 339.
[44] Francis, Apostolic Exhortation Laudate Deum (4 October 2023), no. 67: L’Osservatore Romano (4 October 2023), IV.
[45] Ibid., no. 63: L’Osservatore Romano (4 October 2023), IV.
[46] Catechism of the Catholic Church, no. 1730.
[47] Benedict XVI, Message for the Celebration of the 44th World Day of Peace (1 January 2011), no. 3: Insegnamenti VI/2 (2011), 979.
[48] Pontifical Council for Justice and Peace, Compendium of the Social Doctrine of the Church, no. 137.
[49] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 109: AAS 112 (2020), 1006.
[50] Pontifical Council for Justice and Peace, Compendium of the Social Doctrine of the Church, no. 137.
[51] Francis, Address to Participants in the World Meeting of Popular Movements (28 October 2014): AAS 106 (2014), 858.
[52] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 107: AAS 112 (2020), 1005-1006.
[53] Second Vatican Ecumenical Council, Pastoral Constitution Gaudium et Spes (7 December 1965), no. 27: AAS 58 (1966), 1047.
[54] Ibid.
[55] Ibid.
[56] Cf. Catechism of the Catholic Church, no. 2267, and Congregation for the Doctrine of the Faith, Letter to Bishops Regarding the New Revision of Number 2267 of the Catechism of the Catholic Church on the Death Penalty (1 August 2018), nos. 7-8.
[57] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 269: AAS 112 (2020), 1065.
[58] John Paul II, Encyclical Letter Sollicitudo Rei Socialis (30 December 1987), no. 28: AAS 80 (1988), 549.
[59] Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in Veritate (29 June 2009), no. 22: AAS 101 (2009), 657, quoting Paul VI, Encyclical Letter Populorum Progressio (26 March 1967), no. 9: AAS 59 (1967), 261-262.
[60] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 21: AAS 112 (2020), 976; quoting Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in Veritate (29 June 2009), no. 22: AAS 101 (2009), 657.
[61] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 20: AAS 112 (2020), 975-976. Cf. also the “Prayer to the Creator” at the end of this encyclical.
[62] Ibid., no. 116: AAS 112 (2020), 1009; quoting Francis, Address to Participants in the World Meeting of Popular Movements (28 October 2014): AAS 106 (2014), 851-852.
[63] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 162: AAS 112 (2020), 1025; quoting Francis, Address to Members of the Diplomatic Corps Accredited to the Holy See (12 January 2015): AAS 107 (2015), 165.
[64] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 25: AAS 112 (2020), 978; quoting Francis, Message for the 2016 World Day of Peace (1 January 2016): AAS 108 (2016), 49.
[65] Francis, Message to Participants in the Sixth Edition of the “Forum de Paris sur la Paix” (10 November 2023): L’Osservatore Romano (10 November 2023), 7; quoting Id., General Audience (23 March 2022): L’Osservatore Romano (23 March 2022), 3.
[66] Francis, Address to the Conference of Parties to the United Nations Framework Convention on Climate Change (COP 28) (2 December 2023): L’Osservatore Romano (2 December 2023), 2.
[67] Cf. Paul VI, Address to the United Nations (4 October 1965): AAS 57 (1965), 881.
[68] John Paul II, Encyclical Letter Redemptor Hominis (4 March 1979), no. 16: AAS 71 (1979), 295.
[69] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 258: AAS 112 (2020), 1061.
[70] Francis, Address to the Security Council of the United Nations (14 June 2023): L’Osservatore Romano (15 June 2023), 8.
[71] Francis, Address on the World Day of Prayer for Peace (20 September 2016): L’Osservatore Romano (22 September 2016), 5.
[72] Cf. Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 38: AAS 112 (2020), 983: “For this reason, ‘there is also a need to reaffirm the right not to emigrate, that is, to remain in one’s homeland’”; quoting Benedict XVI, Message for the 99th World Day Migrants and Refugees (12 October 2012): AAS 104 (2012), 908.
[73] Cf. Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 38: AAS 112 (2020), 982-983.
[74] Ibid., no. 39: AAS 112 (2020), 983.
[75] Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in Veritate (29 June 2009), no. 62: AAS 101 (2009), 697.
[76] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 39: AAS 112 (2020), 983.
[77] We might recall here Pope Paul III’s declaration on the dignity of those people found in the lands of the “New World” in the Bull Pastorale Officium (29 May 1537), where the Holy Father established—under penalty of excommunication—that the inhabitants of those territories, “even if outside the bosom of the Church, are not […] to be deprived, of their freedom or the ownership of their goods, for they are men and, therefore, capable of faith and salvation” («licet extra gremium Ecclesiae existant, non tamen sua libertate, aut rerum suarum dominio […] privandos esse, et cum homines, ideoque fidei et salutis capaces sint»): DH 1495.
[78] Francis, Address to Participants in the Plenary of the Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People (24 May 2013): AAS 105 (2013), 470-471.
[79] Francis, Address to the United Nations Organization, New York (25 September 2015): AAS 107 (2015), 1039.
[80] Francis, Address to New Ambassadors Accredited to the Holy See on the Occasion of the Presentation of the Letters of Credence (12 December 2013): L’Osservatore Romano (13 December 2013), 8.
[81] Francis, Address to Participants in the International Conference on Human Trafficking (11 April 2019): AAS 111 (2019), 700.
[82] XV Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops, Final Document (27 October 2018), no. 29.
[83] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 23: AAS 112 (2020), 977, quoting Francis, Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium (24 November 2013), no. 212: AAS 105 (2013), 1108.
[84] John Paul II, Letter to Women (29 June 1995), no. 4: Insegnamenti XVIII/1 (1997), 1874.
[85] Ibid., no. 5: Insegnamenti XVIII/1 (1997), 1875.
[86] Catechism of the Catholic Church, no. 1645.
[87] Francis, Address on the Occasion of the Marian Celebration – Our Lady of the Gate (20 January 2018): AAS 110 (2018), 329.
[88] Francis, Address to the Participants in the Plenary Assembly of the Congregation for the Doctrine of the Faith (21 January 2022): L’Osservatore Romano (21 January 2022), 8.
[89] John Paul II, Encyclical Letter Evangelium Vitae (25 March 1995), no. 58: AAS 87 (1995) 466-467. On the subject of the respect due to human embryos, see Congregation for the Doctrine of the Faith, Instruction Donum Vitae (22 February 1987): “The practice of keeping alive human embryos in vivo or in vitro for experimental or commercial purposes is totally opposed to human dignity” (I, 4): AAS 80 (1988), 82.
[90] Francis, Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium (24 November 2013), no. 213: AAS 105 (2013), 1108.
[91] Ibid.
[92] Francis, Address to Members of the Diplomatic Corps Accredited to the Holy See (8 January 2024): L’Osservatore Romano (8 January 2024), 3.
[93] Cf. Congregation for the Doctrine of the Faith, Instruction Dignitas Personae (8 September 2008), no. 16: AAS 100 (2008), 868-869. All these aspects are recalled in the then-Congregation’s Instruction Donum Vitae (22 February 1987): AAS 80 (1988), 71-102.
[94] Congregation for the Doctrine of the Faith, Letter Samaritanus Bonus (14 July 2020), V, no. 4: AAS 112 (2020), 925.
[95] Cf. Ibid., V, no. 1: AAS 112 (2020), 919.
[96] Francis, General Audience (9 February 2022): L’Osservatore Romano (9 February 2022), 3.
[97] See especially Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), nos. 18-21: AAS 112 (2020), 975-976: “A ‘Throwaway’ World.” No. 188 of the same Encyclical goes so far as to identify a “throwaway culture.”
[98] Cf. Francis, Address to Participants in the Conference Organized by the Pontifical Council for Promoting the New Evangelization (21 October 2017): L’Osservatore Romano (22 October 2017), 8: “Vulnerability is intrinsic to the essential nature of the human person.”
[99] Cf. Francis, Message for the International Day of Persons with Disabilities (3 December 2020): AAS 112 (2020), 1185-1188.
[100] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), nos. 187-188: AAS 112 (2020), 1035-1036; cf. Id., Address to the European Parliament, Strasbourg (25 November 2014): AAS 106 (2014), 999, and Id., Address at the Meeting with Authorities and the Diplomatic Corps in the Central African Republic, Bangui (29 November 2015): AAS 107 (2015), 1320.
[101] Francis, Post-Synodal Apostolic Exhortation Amoris Laetitia (19 March 2016), no. 250: AAS 108 (2016), 412-413; quoting Catechism of the Catholic Church, no. 2358.
[102] Francis, Address to Members of the Diplomatic Corps Accredited to the Holy See for the Presentation of New Year’s Greetings (8 January 2024): L’Osservatore Romano (8 January 2024), 3.
[103] Francis, Apostolic Exhortation Amoris Laetitia (19 March 2016), no. 56: AAS 108 (2016), 334.
[104] Ibid.; quoting Fourteenth Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops, Relatio Finalis (24 October 2015), 58.
[105] Ibid., no. 286: AAS 108 (2016), 425.
[106] Catechism of the Catholic Church, no. 364.
[107] This also applies to the respect due to the bodies of the deceased; for example, see Congregation for the Doctrine of the Faith, Instruction Ad Resurgendum cum Christo (15 August 2016), no. 3: AAS 108 (2016), 1290: “By burying the bodies of the faithful, the Church confirms her faith in the resurrection of the body, and intends to show the great dignity of the human body as an integral part of the human person whose body forms part of their identity.” More generally, see also International Theological Commission, Current Problems of Eschatology (1990), no. 5: “People Called to Resurrection.”
[108] Cf. Francis, Encyclical Letter Laudato si’ (24 May 2015), no. 155: AAS 107 (2015), 909.
[109] Francis, Apostolic Exhortation Amoris Laetitia (19 March 2016), no. 56: AAS 108 (2016), 344.
[110] Francis, Post-Synodal Apostolic Exhortation Christus Vivit (25 March 2019), no. 88: AAS 111 (2019), 413, quoting the XV Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops, Final Document (27 October 2018), no. 23.
[111] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 42: AAS 112 (2020), 984.
[112] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 205: AAS 112 (2020), 1042; quoting Id., Message for the 48th World Communications Day (24 January 2014): AAS 106 (2014), 113.
[113] Francis, Angelus (10 December 2023): L’Osservatore Romano (11 December 2023), 12.
[114] Cf. International Theological Commission, Propositions on the Dignity and Rights of the Human Person (1983), no. 2.
[115] Francis, Encyclical Letter Fratelli Tutti (3 October 2020), no. 195: AAS 112 (2020), 1038, quoting Id., Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium (24 November 2013), no. 274: AAS 105 (2013), 1130.
[116] Francis, Encyclical Letter Laudato si’ (24 May 2015), no. 205: AAS 107 (2015), 928.
[00588-EN.01] [Original text: Italian]
Erklärung Dignitas infinita
über die menschliche Würde
Präsentation
Auf dem Kongress vom 15. März 2019 beschloss die damalige Kongregation für die Glaubenslehre, „mit der Ausarbeitung eines Textes zu beginnen, der die Unausweichlichkeit des Konzepts der Würde der menschlichen Person innerhalb der christlichen Anthropologie hervorhebt und deren Tragweite sowie die nützlichen Auswirkungen auf sozialer, politischer und wirtschaftlicher Ebene aufzeigt, unter Berücksichtigung der jüngsten Entwicklungen des Themas im akademischen Bereich und dessen ambivalenten Auffassungen im heutigen Kontext“. Ein erster diesbezüglicher Entwurf, der im Laufe des Jahres 2019 mit Hilfe einer Reihe von Experten erarbeitet wurde, wurde von einer eingeschränkten Konsultorenversammlung der Kongregation am 8. Oktober desselben Jahres als nicht zufriedenstellend bewertet.
Ein weiterer Entwurf des Textes wurde von der doktrinären Sektion auf der Grundlage der Beiträge mehrerer Experten von Grund auf neu erstellt. Dieser Entwurf wurde am 4. Oktober 2021 in einer Konsultorenversammlung in kleiner Besetzung vorgestellt und diskutiert. Im Januar 2022 wurde der neue Entwurf der Plenarsitzung der Kongregation vorgelegt, bei der die Mitglieder den Text gekürzt und vereinfacht haben.
Am 6. Februar 2023 wurde der neue, geänderte Text von einer kleinbesetzten Konsultorenversammlung bewertet, die einige weitere Änderungen vorschlug. Die neue Fassung wurde der Ordentlichen Versammlung des Dikasteriums (Feria IV) am 3. Mai 2023 zur Bewertung vorgelegt. Die Mitglieder stimmten zu, dass das Dokument mit einigen Änderungen veröffentlicht werden kann. Der Heilige Vater Franziskus genehmigte die Beschlüsse dieser Feria IV bei der mir am 13. November 2023 gewährten Audienz. Bei dieser Gelegenheit bat er mich auch, in dem Text Themen hervorzuheben, die eng mit dem Thema der Würde verbunden sind, wie das Drama der Armut, die Situation von Migranten, Gewalt gegen Frauen, Menschenhandel, Krieg und andere. Um diesem Hinweis des Heiligen Vaters bestmöglich nachzukommen, widmete die doktrinäre Sektion des Dikasteriums einen Kongress dem eingehenden Studium der Enzyklika Fratelli tutti, die eine originelle Analyse und Vertiefung des Themas der Menschenwürde „unabhängig von allen Umständen“ bietet.
Mit Schreiben vom 2. Februar 2024 wurde den Mitgliedern des Dikasteriums im Hinblick auf die Feria IV am darauffolgenden 28. Februar ein neuer, erheblich veränderter Textentwurf mit folgender Erläuterung übermittelt: „Dieser weitere Entwurf wurde notwendig, um einer besonderen Bitte des Heiligen Vaters zu entsprechen. Er forderte ausdrücklich, dass die Aufmerksamkeit auf die gegenwärtigen schweren Verletzungen der Menschenwürde in unserer Zeit im Anschluss an die Enzyklika Fratelli tutti gerichtet werden sollte. Die doktrinäre Sektion hat daher den ersten Teil gekürzt [...] und detaillierter ausgearbeitet, worauf der Heilige Vater hingewiesen hatte“. Die Ordentliche Versammlung des Dikasteriums schließlich hat den Text der vorliegenden Erklärung am 28. Februar 2024 angenommen. Bei der Audienz, die mir zusammen mit dem Sekretär der doktrinären Sektion, Msgr. Armando Matteo, am 25. März 2024 gewährt wurde, hat der Heilige Vater dann die vorliegende Erklärung approbiert und ihre Veröffentlichung angeordnet.
Die Ausarbeitung des Textes, die sich über fünf Jahre hinzog, gibt zu verstehen, dass wir es mit einem Dokument zu tun haben, das aufgrund der Ernsthaftigkeit und der zentralen Bedeutung der Frage der Würde im christlichen Denken einen beträchtlichen Reifungsprozess benötigte, um zu dem endgültigen Entwurf zu gelangen, den wir heute veröffentlichen.
In den ersten drei Teilen erinnert die Erklärung an grundlegende Prinzipien und theoretische Annahmen, um wichtige Klarstellungen zu bieten, die die häufigen Verwirrungen vermeiden können, die bei der Verwendung des Begriffs „Würde“ auftreten. Im vierten Teil werden einige aktuelle problematische Situationen dargestellt, in denen die unermessliche und unveräußerliche Würde, die jedem Menschen zukommt, nicht angemessen anerkannt wird. Das Anzeigen solch schwerwiegender und aktueller Verletzungen der Menschenwürde erscheint geboten, denn die Kirche nährt die tiefe Überzeugung, dass der Glauben nicht von der Verteidigung der Menschenwürde, die Evangelisierung nicht von der Förderung eines würdigen Lebens und die Spiritualität nicht vom Einsatz für die Würde aller Menschen getrennt werden können.
Diese Würde aller Menschen kann in der Tat als „unendlich“ (dignitas infinita) verstanden werden, wie der heilige Johannes Paul II. bei einem Treffen mit Menschen, die von bestimmten Einschränkungen oder Behinderungen betroffen sind,[1] bekräftigt hat, um zu zeigen, dass die Würde aller Menschen jede äußerliche Erscheinung oder jedes Merkmal des konkreten Lebens der Menschen übersteigt.
Papst Franziskus wollte in der Enzyklika Fratelli tutti mit besonderem Nachdruck betonen, dass diese Würde „unabhängig von allen Umständen“ besteht, und forderte alle auf, sie in jedem kulturellen Kontext, in jedem Augenblick des Lebens eines Menschen zu verteidigen, unabhängig von körperlichen, psychologischen, sozialen oder sogar moralischen Mängeln. In dieser Hinsicht versucht die Erklärung zu zeigen, dass wir es mit einer universellen Wahrheit zu tun haben, zu deren Anerkennung wir alle aufgerufen sind, als grundlegende Voraussetzung dafür, dass unsere Gesellschaften wirklich gerecht, friedlich, gesund und letztlich authentisch menschlich seien.
Die Auflistung der in der Erklärung ausgewählten Themen ist sicherlich nicht erschöpfend. Es handelt sich jedoch um Themen, die es ermöglichen, verschiedene Aspekte der Menschenwürde zum Ausdruck zu bringen, die im Bewusstsein vieler Menschen heute möglicherweise verdunkelt sind. Einige sind für verschiedene Bereiche unserer Gesellschaft leicht akzeptabel, andere weniger. Sie erscheinen uns jedoch alle notwendig, weil sie zusammengenommen dazu beitragen, die Harmonie und den Reichtum des Denkens über die Würde zu erkennen, die sich aus dem Evangelium ergibt.
Die vorliegende Erklärung erhebt nicht den Anspruch, ein so reiches und entscheidendes Thema zu erschöpfen, sondern will einige Denkanstöße bereitstellen, die uns helfen, diese Thematik in der komplexen geschichtlichen Situation, in der wir leben, im Auge zu behalten, damit wir uns inmitten so vieler Sorgen und Ängste nicht verirren und uns nicht noch mehr zerreißenden und tiefen Leiden aussetzen.
Víctor Manuel Kard. Fernández
Präfekt
Einleitung
1. Eine unendliche Würde (Dignitas infinita), die unveräußerlich in ihrem Wesen begründet ist, kommt jeder menschlichen Person zu, unabhängig von allen Umständen und in welchem Zustand oder in welcher Situation sie sich auch immer befinden mag. Dieser Grundsatz, der auch von der Vernunft allein voll erkannt werden kann, ist die Grundlage für den Vorrang der menschlichen Person und den Schutz ihrer Rechte. Die Kirche bekräftigt und bestätigt im Licht der Offenbarung in absoluter Art und Weise diese ontologische Würde der menschlichen Person, die nach dem Bild und Gleichnis Gottes geschaffen und in Christus Jesus erlöst wurde. Aus dieser Wahrheit leitet sie die Gründe für ihr Engagement für die Schwächeren und weniger Mächtigen ab, wobei sie stets auf den „Primat der menschlichen Person und der Verteidigung ihrer Würde unabhängig von allen Umständen“[2] besteht.
2. Diese ontologische Würde und der einzigartige und herausragende Wert jeder Frau und jedes Mannes, die in dieser Welt existieren, wurden in der Allgemeinen Erklärung der Menschenrechte (10. Dezember 1948) von der Generalversammlung der Vereinten Nationen verbindlich bekräftigt.[3] Beim Gedenken des 75. Jahrestags dieses Dokuments sieht die Kirche die Gelegenheit, erneut ihre Überzeugung zu verkünden, dass jeder Mensch, der von Gott geschaffen und von Christus erlöst wurde, gerade wegen seiner unveräußerlichen Würde anerkannt und mit Achtung und Liebe behandelt werden muss. Der erwähnte Jahrestag bietet der Kirche auch die Gelegenheit, einige Missverständnisse zu klären, die häufig in Bezug auf die Menschenwürde auftreten, und einige ernste und dringende konkrete Fragen in diesem Zusammenhang anzusprechen.
3. Seit Beginn ihrer Sendung hat sich die Kirche, geleitet vom Evangelium, darum bemüht, die Freiheit zu bekräftigen und die Rechte aller Menschen zu fördern.[4] In jüngster Zeit hat sie sich dank der Stimme der Päpste bemüht, dieses Engagement durch den erneuten Aufruf zur Anerkennung der grundlegenden Würde der menschlichen Person noch deutlicher zu formulieren. Der heilige Paul VI. sagte, dass „keine Anthropologie derjenigen der Kirche über die menschliche Person gleichkommt, selbst wenn sie individuell betrachtet wird, was ihre Originalität, ihre Würde, die Unantastbarkeit und den Reichtum ihrer Grundrechte, ihre Heiligkeit, ihre Erziehbarkeit, ihr Streben nach vollständiger Entwicklung und ihre Unsterblichkeit betrifft“[5].
4. Der heilige Johannes Paul II. erklärte 1979 auf der Dritten Lateinamerikanischen Bischofskonferenz in Puebla: „Die Menschenwürde ist ein Wert im Evangelium, der nicht verachtet werden kann, ohne den Schöpfer schwer zu verletzen. Diese Würde wird auf individueller Ebene verletzt, wenn Werte wie Freiheit, das Recht auf Religionsausübung, körperliche und seelische Unversehrtheit, das Recht auf lebensnotwendige Güter und auf das Leben nicht gebührend berücksichtigt werden. Sie wird auf gesellschaftlicher und politischer Ebene mit Füßen getreten, wenn Menschen ihr Recht auf Teilhabe nicht wahrnehmen können oder sie wird ungerechtfertigtem und unrechtmäßigem Zwang oder physischer oder psychischer Folter ausgesetzt usw. [...] Wenn die Kirche bei der Verteidigung oder Förderung der Menschenwürde präsent ist, so tut sie dies in Übereinstimmung mit ihrer Sendung, die, obwohl sie religiös und nicht sozial oder politisch ist, nicht umhin kann, den Menschen in seiner Ganzheit zu betrachten.“[6]
5. Im Jahr 2010 erklärte Benedikt XVI. vor der Päpstlichen Akademie für das Leben, dass die Würde der Person „ein grundlegendes Prinzip [ist], das der Glaube an Jesus Christus, den Gekreuzigten und Auferstandenen, immer verteidigt hat, vor allem wenn es gegenüber den geringsten und schutzlosesten Personen mißachtet wird“[7]. Bei einer anderen Gelegenheit sagte er vor Wirtschaftsfachleuten: „Die Wirtschafts- und die Finanzwelt sind kein Selbstzweck, sondern nur ein Werkzeug, ein Hilfsmittel. Ihr einziges Ziel ist die menschliche Person und ihre volle Erfüllung in Würde. Dies ist das einzige Kapital, das es zu bewahren gilt.“[8]
6. Gleich zu Beginn seines Pontifikats hat Papst Franziskus die Kirche eingeladen, „einen himmlischen Vater zu bekennen, der jeden einzelnen Menschen unendlich liebt“ und zu entdecken, „dass er ihm, dadurch unendliche Würde verleiht‘,“[9] wobei er nachdrücklich betont, dass diese unermessliche Würde eine ursprüngliche Gegebenheit darstellt, die mit Treue anerkannt und mit Dankbarkeit angenommen werden muss. Gerade auf diese Anerkennung und Annahme beruht die Möglichkeit, ein neues Zusammenleben unter den Menschen zu begründen, das die Weggemeinschaft in einem Horizont echter Brüderlichkeit dekliniert: Nur indem wir „die Würde jedes Menschen anerkennen“, können wir „bei allen ein weltweites Streben nach Geschwisterlichkeit zum Leben erwecken“[10]. Nach Papst Franziskus liegt „die Quelle der Menschenwürde und Geschwisterlichkeit im Evangelium Jesu Christi“[11], aber es ist auch eine Überzeugung, zu der die menschliche Vernunft durch Reflexion und Dialog gelangen kann, denn„ wenn man diese Würde in jeder Situation respektieren soll, dann nicht etwa deshalb, weil wir die Würde der anderen erfinden oder annehmen, sondern weil sie wirklich einen Wert besitzen, der über die materiellen Dinge und die Umstände hinausgeht; diese erfordern, dass sie auf andere Weise behandelt werden. Dass jeder Mensch eine unveräußerliche Würde besitzt, ist eine Wahrheit, die der menschlichen Natur unabhängig jeden kulturellen Wandels zukommt.“[12] In Wahrheit, so schließt Papst Franziskus, „besitzt der Mensch die gleiche unantastbare Würde in jeder historischen Epoche. Niemand kann sich durch die Umstände ermächtigt fühlen, diese Überzeugung zu leugnen oder ihr nicht entsprechend zu handeln“[13]. In dieser Perspektive stellt seine Enzyklika Fratelli tutti bereits eine Art Magna Charta der heutigen Aufgaben zur Wahrung und Förderung der Menschenwürde dar.
Eine grundlegende Klärung
7. Obwohl inzwischen ein recht allgemeiner Konsens über die Bedeutung und auch über die normative Tragweite der Würde und des einzigartigen und transzendenten Wertes jedes Menschen besteht,[14] birgt der Ausdruck „Würde der menschlichen Person“ oft die Gefahr, dass er viele Bedeutungen annehmen und somit zu möglichen Missverständnissen[15] und „Widersprüche[n führen kann], aufgrund derer wir uns fragen, ob die Gleichheit an Würde aller Menschen […] unter allen Umständen anerkannt, geachtet, geschützt und gefördert wird“[16]. All dies führt uns dazu, die Möglichkeit einer vierfachen Unterscheidung im Verständnis von Würde zu erkennen: die ontologische Würde, die sittliche Würde, die soziale Würde und schließlich die existenzielle Würde. Die wichtigste Sinngebung ist an die ontologische Würde gebunden, die der Person als solcher allein durch die Tatsache zukommt, dass sie existiert und von Gott gewollt, geschaffen und geliebt ist. Diese Würde kann niemals ausgelöscht werden und bleibt über alle Umstände hinaus gültig, in denen sich der Einzelne befinden kann. Wenn wir dagegen von sittlicher Würde sprechen, beziehen wir uns vielmehr auf die Ausübung der Freiheit durch das menschliche Geschöpf. Dieses ist zwar mit einem Gewissen ausgestattet, bleibt aber immer offen für die Möglichkeit, gegen dieses Gewissen zu handeln. Damit verhält sich der Mensch in einer Weise, die seiner Natur als von Gott geliebtes und zur Liebe zu seinen Brüdern und Schwestern berufenes Geschöpf „unwürdig ist“. Aber diese Möglichkeit besteht. Und nicht nur das. Die Geschichte bezeugt, dass die Ausübung der Freiheit gegen das vom Evangelium geoffenbarte Gesetz der Liebe unermessliche Ausmaße des Bösen erreichen kann, das anderen zugefügt wird. Wenn dies geschieht, stehen wir vor Menschen, die jede Spur von Menschlichkeit, jede Spur von Würde verloren zu haben scheinen. In dieser Hinsicht hilft uns die hier eingeführte Unterscheidung, genau zwischen dem Aspekt der sittlichen Würde, die tatsächlich „verloren“ gehen kann, und dem Aspekt der ontologischen Würde, die niemals aufgehoben werden kann, zu differenzieren. Und gerade wegen letzterer müssen wir uns mit aller Kraft dafür einsetzen, dass all jene, die Böses getan haben, umkehren und Buße tun.
8. Es gibt noch zwei weitere mögliche Bedeutungen von Würde: die soziale und die existenzielle. Wenn wir von sozialer Würde sprechen, beziehen wir uns auf die Bedingungen, unter denen ein Mensch lebt. Wenn beispielsweise in extremer Armut nicht die Mindestvoraussetzungen gegeben sind, damit ein Mensch ihrer ontologischen Würde entsprechend leben kann, sagen wir, dass das Leben dieses armen Menschen ein „unwürdiges“ Leben ist. Dieser Ausdruck bedeutet keineswegs eine Verurteilung der menschlichen Person, sondern soll die Tatsache hervorheben, dass ihre unveräußerliche Würde durch die Situation, in der sie zu leben gezwungen ist, beeinträchtigt wird. Die letzte Bedeutung ist die der existenziellen Würde. Immer häufiger sprechen wir heute von einem „würdigen“ und einem „unwürdigen“ Leben. Und mit dieser Bezeichnung beziehen wir uns auf Situationen, die eben existenziell sind: zum Beispiel der Fall eines Menschen, dem es an nichts Lebensnotwendigem fehlt, der aber aus verschiedenen Gründen Schwierigkeiten hat, in Frieden, Freude und Hoffnung zu leben. In anderen Situationen ist es das Vorhandensein schwerer Krankheiten, gewalttätiger familiärer Verhältnisse, bestimmter pathologischer Abhängigkeiten und anderer Schwierigkeiten, die jemanden dazu bringen, seine Lebensverhältnisse gegenüber der Wahrnehmung jener ontologischen Würde, die niemals verdunkelt werden kann, als „unwürdig“ zu erleben. Die hier eingeführten Unterscheidungen dienen jedenfalls nur dazu, uns an den unveräußerlichen Wert jener ontologischen Würde zu erinnern, die im Wesen der menschlichen Person selbst verwurzelt ist und unabhängig von allen Umständen besteht.
9. Schließlich sei an dieser Stelle daran erinnert, dass die klassische Definition von Person als „unteilbare Substanz der vernünftigen Natur“[17] die Grundlage ihrer Würde deutlich macht. In der Tat genießt die Person als „unteilbare Substanz“ die ontologische Würde (d. h. auf der metaphysischen Ebene des Seins selbst): Sie ist ein Subjekt, das, nachdem es seine Existenz von Gott erhalten hat, „subsistiert“, d. h. seine Existenz selbständig ausübt. Das Wort „vernünftig“ umfasst eigentlich alle Fähigkeiten des Menschen: sowohl die des Erkennens und Verstehens als auch die des Wollens, Liebens, Wählens und Begehrens. Der Begriff „vernünftig“ umfasst dann auch alle körperlichen Fähigkeiten, die mit den oben genannten eng verbunden sind. Der Ausdruck „Natur“ bezeichnet die dem Menschen eigenen Bedingungen, die die verschiedenen Unternehmungen und Erfahrungen ermöglichen: Die Natur ist das „Prinzip des Handelns“. Der Mensch erschafft seine Natur nicht, er besitzt sie als Geschenk und kann seine Fähigkeiten kultivieren, entwickeln und bereichern. Indem er von seiner Freiheit Gebrauch macht, um den Reichtum seiner eigenen Natur zu kultivieren, baut sich die menschliche Person im Laufe der Zeit auf. Selbst wenn sie aufgrund verschiedener Einschränkungen oder Bedingungen nicht in der Lage ist, diese Fähigkeiten zu nutzen, bleibt die Person immer als „unteilbare Substanz“ mit deren ganzer unveräußerlichen Würde erhalten. Dies ist z. B. bei einem ungeborenen Kind, bei einem bewusstlosen Menschen, bei einem alten Menschen im Todeskampf der Fall.
1. Ein fortschreitendes Bewusstsein für die zentrale Bedeutung der Menschenwürde
10. Bereits in der klassischen Antike[18] bildet sich eine erste Einsicht über die Menschenwürde, die von einer sozialen Perspektive ausgeht: Jeder Mensch ist mit einer bestimmten Würde ausgestattet, je nach seinem Rang und innerhalb einer bestimmten Ordnung. Von der sozialen Sphäre aus entwickelte sich der Begriff weiter zur Beschreibung der unterschiedlichen Würde der Wesen im Kosmos. In dieser Sichtweise besitzen alle Wesen ihre eigene „Würde“, je nach ihrem Platz in der Harmonie des Ganzen. Gewiss, an einigen Höhepunkten des antiken Denkens beginnt man, eine besondere Stellung des Menschen anzuerkennen, insofern er mit Vernunft ausgestattet und daher fähig ist, für sich selbst und die anderen Wesen in der Welt Verantwortung zu übernehmen,[19] aber wir sind noch weit entfernt von einem Denken, das die Achtung vor der Würde jedes menschlichen Wesens über alle Umstände hinweg begründen kann.
Biblische Perspektiven
11. Die biblische Offenbarung lehrt, dass jeder Mensch eine ihm innewohnende Würde besitzt, weil er nach dem Bild und Gleichnis Gottes geschaffen ist: „Dann sprach Gott: ,Lasst uns Menschen machen als unser Abbild, uns ähnlich‘ [..] Gott schuf also den Menschen als sein Abbild; als Abbild Gottes schuf er ihn. Als Mann und Frau schuf er sie.“ (Gen 1,26-27). Das Menschsein hat eine spezifische Qualität, das nicht auf das rein Materielle reduziert werden kann. Das „Bild“ bezeichnet nicht die Seele oder die intellektuellen Fähigkeiten, sondern die Würde von Mann und Frau. Beide erfüllen in ihrer gegenseitigen Beziehung der Gleichheit und der gegenseitigen Liebe die Funktion, Gott in der Welt zu repräsentieren, und sind dazu berufen, die Welt zu bewahren und zu pflegen. Nach dem Bilde Gottes geschaffen zu sein bedeutet also, dass wir einen heiligen Wert in uns tragen, der alle geschlechtlichen, sozialen, politischen, kulturellen und religiösen Unterschiede übersteigt. Unsere Würde wird uns geschenkt; sie ist weder eingefordert noch verdient. Jeder Mensch wird von Gott um seiner selbst willen geliebt und gewollt und ist daher in seiner Würde unantastbar. Im Exodus, dem Herzstück des Alten Testaments, zeigt sich Gott als derjenige, der den Schrei des Armen hört, das Elend seines Volkes sieht, sich um die Letzten und Unterdrückten kümmert (vgl. Ex 3,7; 22,20-26). Dieselbe Lehre findet sich im Gesetzeswerk des Deuteronomium (vgl. Dtn 12-26): Hier wird die Lehre über die Rechtsvorschriften in ein „Manifest“ der Menschenwürde umgewandelt, insbesondere zugunsten der dreifachen Kategorie, nämlich des Waisen, der Witwe und des Fremden (vgl. Dtn 24,17). Die alten Gebote des Exodus werden durch die Verkündigung der Propheten, die das kritische Gewissen Israels darstellen, in Erinnerung gerufen und aktualisiert. Die Propheten Amos, Hosea, Jesaja, Micha und Jeremia prangern in ganzen Kapiteln die Ungerechtigkeit an. Amos prangert hart die Unterdrückung des Armen und die Nichtanerkennung einer grundlegenden Menschenwürde des Schwachen an (vgl. Am 2,6-7; 4,1; 5,11-12). Jesaja verflucht diejenigen, die die Rechte der Armen mit Füßen treten und ihnen jegliches Recht absprechen: „Weh denen, die unheilvolle Gesetze erlassen und unerträgliche Vorschriften machen, um die Schwachen vom Gericht fern zu halten“ (Jes 10,1-2). Diese prophetische Lehre wird in der Weisheitsliteratur wiederaufgenommen. Jesus Sirach setzt die Unterdrückung der Armen mit dem Mord gleich: „Den Nächsten mordet, wer ihm den Unterhalt nimmt, Blut vergießt, wer dem Arbeiter den Lohn vorenthält“ (Sir 34,22). In den Psalmen geht die religiöse Beziehung zu Gott über die Verteidigung der Schwachen und Bedürftigen: „Verschafft Recht den Unterdrückten und Waisen, verhelft den Gebeugten und Bedürftigen zum Recht! Befreit die Geringen und Armen, entreißt sie der Hand der Frevler!“ (Ps 82,3-4).
12. Jesus ist in bescheidenen Verhältnissen geboren und aufgewachsen, und offenbart die Würde der Bedürftigen und der arbeitenden Menschen[20]. Während seines gesamten Wirkens bekräftigt Jesus den Wert und die Würde all derer, die das Ebenbild Gottes tragen, unabhängig von ihrem sozialen Status und ihren äußeren Umständen. Jesus hat kulturelle und kultische Schranken niedergerissen und den „Ausgestoßenen“ oder denjenigen, die am Rande der Gesellschaft stehen, ihre Würde zurückgegeben: den Zöllnern (vgl. Mt 9,10-11), den Frauen (vgl. Joh 4,1-42), den Kindern (vgl. Mk 10,14-15), den Aussätzigen (vgl. Mt 8,2-3), den Kranken (vgl. Mk 1,29-34), den Fremden (vgl. Mt 25,35), den Witwen (vgl. Lk 7,11-15). Er heilt, speist die Hungrigen, er verteidigt, befreit, er rettet. Er wird als fürsorglicher Hirte für das eine verlorene Schaf beschrieben (vgl. Mt 18,12-14). Er selbst identifiziert sich mit seinen geringsten Brüdern und Schwestern: „Was ihr für einen meiner geringsten Brüder getan habt, das habt ihr mir getan“ (Mt 25,40). In der biblischen Sprache sind die „Kleinen“ nicht nur die unmündigen Kinder, sondern auch die wehrlosen Jünger, die Unbedeutendsten, die Ausgestoßenen, die Unterdrückten, die Verworfenen, die Armen, die Ausgegrenzten, die Unwissenden, die Kranken, die von den herrschenden Gruppen Herabgestuften. Der glorreiche Christus wird aufgrund der Nächstenliebe richten, die darin besteht, dem Hungrigen, dem Durstigen, dem Fremden, dem Nackten, dem Kranken, dem Gefangenen, mit denen er sich identifiziert, geholfen zu haben (vgl. Mt 25,34-36). Für Jesus ist das Gute, das jedem Menschen getan wird, unabhängig von den Banden des Blutes oder der Religion, das einzige Beurteilungskriterium. Der Apostel Paulus stellt fest: Jeder Christ muss sich gemäß den Ansprüchen der Würde und der Achtung der Rechte aller Menschen (vgl. Röm 13,8-10) verhalten, gemäß dem neuen Gebot der Nächstenliebe (vgl. 1 Kor 13,1-13).
Entwicklungen des christlichen Denkens
13. Die Entwicklung des christlichen Denkens hat dann den Fortschritt der menschlichen Reflexion über das Thema der Würde angeregt und begleitet. Die klassische christliche Anthropologie, die sich auf die große Tradition der Kirchenväter stützt, betonte die Lehre vom Menschen, der nach dem Bild und Gleichnis Gottes geschaffen wurde, sowie dessen einzigartige Rolle in der Schöpfung.[21] Das mittelalterliche christliche Denken ist beim Sichten des Erbes des antiken philosophischen Denkens zu einer Synthese des Personenbegriffs gelangt, indem es die metaphysische Grundlage der Würde der Person anerkannte, wie die folgenden Worte des heiligen Thomas von Aquin bezeugen: „,Person‘ bezeichnet, was im Bereiche aller Natur am vollkommensten ist; was nämlich für sich besteht in der vernünftigen Natur”.[22] Diese ontologische Würde in ihrer privilegierten Manifestation durch das freie menschliche Handeln wurde später vor allem durch den christlichen Humanismus der Renaissance betont.[23] Selbst in der Sicht moderner Denker wie Descartes und Kant, die ebenfalls einige der Grundlagen der traditionellen christlichen Anthropologie in Frage stellten, sind Anklänge an die Offenbarung deutlich zu erkennen. Auf der Grundlage einiger neuerer philosophischer Überlegungen zum Status der theoretischen und praktischen Subjektivität hat die christliche Reflexion dann die Tiefe des Begriffes der Menschenwürde weiter hervorgehoben und hat im 20. Jahrhundert eine originelle Sichtweise erreicht, so z. B. den Personalismus. Diese Perspektive greift nicht nur die Frage der Subjektivität auf, sondern vertieft sie in Richtung Intersubjektivität und Beziehungen, die die menschlichen Personen miteinander verbinden.[24] Das zeitgenössische christliche anthropologische Konzept wurde auch durch die Überlegungen aus dieser letztgenannten Sichtweise bereichert.[25]
Gegenwärtige Zeiten
14. Heutzutage wird der Begriff „Würde“ vor allem verwendet, um die Einzigartigkeit der menschlichen Person zu betonen, die mit den anderen Lebewesen des Universums nicht vergleichbar ist. In diesem Sinne ist auch die Verwendung des Begriffs der Menschenwürde in der Erklärung der Vereinten Nationen von 1948 zu verstehen, in der von der „angeborenen Würde und den gleichen und unveräußerlichen Rechten aller Mitglieder der menschlichen Familie“ die Rede ist. Erst dieser unveräußerliche Charakter der Menschenwürde macht es möglich, von Menschenrechten zu sprechen.[26]
15. Zur weiteren Klärung des Begriffs der Würde ist es wichtig, darauf hinzuweisen, dass die Würde der Person nicht von anderen Menschen auf der Grundlage bestimmter Gaben und Eigenschaften verliehen wird, so dass sie möglicherweise entzogen werden könnte. Würde die Menschenwürde der Person von anderen Menschen verliehen, dann wäre sie bedingt und veräußerbar, und der eigentliche Sinn der Würde (so sehr sie auch zu achten ist) bliebe der Gefahr ausgesetzt, abgeschafft zu werden. In Wirklichkeit ist die Würde der Person innewohnend und wird eben nicht erst im Nachhinein verliehen; sie geht jeder Anerkennung voraus und kann nicht verloren werden. Folglich besitzen alle Menschen die gleiche, ihnen innewohnende Würde, unabhängig davon, ob sie in der Lage sind, diese angemessen zum Ausdruck zu bringen oder nicht.
16. Deshalb spricht das Zweite Vatikanische Konzil von „der erhabenen Würde, die der menschlichen Person zukommt, da sie die ganze Dingwelt überragt und Träger allgemeingültiger sowie unverletzlicher Rechte und Pflichten ist.“[27] Wie es im Vorwort der Konzilserklärung Dignitatis humanae heißt, kommt [d]ie Würde der menschlichen Person […] den Menschen unserer Zeit immer mehr zum Bewußtsein.“[28] Diese individuelle und gemeinschaftliche Gedanken- und Gewissensfreiheit beruht auf der Anerkennung der Würde des Menschen, „wie sie durch das geoffenbarte Wort Gottes und durch die Vernunft selbst erkannt wird“.[29] Das kirchliche Lehramt selbst hat mit immer größerer Einsicht die Bedeutung dieser Würde eingedenk der damit verbundenen Erfordernisse und Konsequenzen erkannt und ist zur Erkenntnis gelangt, dass die Würde eines jeden Menschen über alle Umstände hinweg dieselbe ist.
2. Die Kirche verkündet, fördert und macht sich zum Garanten der Menschenwürde
17. Die Kirche verkündet die gleiche Würde aller Menschen, unabhängig von ihren Lebensumständen und ihren Eigenschaften. Diese Verkündigung beruht auf einer dreifachen Überzeugung, die im Lichte des christlichen Glaubens der Menschenwürde einen unermesslichen Wert verleiht und die ihr innewohnenden Forderungen verstärkt.
Ein unauslöschliches Bild Gottes
18. Gemäß der Offenbarung entspringt zunächst einmal die Würde des Menschen der Liebe seines Schöpfers, der ihm die unauslöschlichen Züge seines Ebenbildes eingeprägt hat (vgl. Gen 1,26) und ihn dazu aufruft, ihn zu erkennen, zu lieben und in einer Bundesbeziehung mit ihm sowie in Brüderlichkeit, Gerechtigkeit und Frieden mit allen anderen Menschen zu leben. In dieser Sichtweise bezieht sich die Würde nicht nur auf die Seele, sondern auf die Person als untrennbare Einheit und ist somit auch ihrem Leib zu eigen, der auf seine Weise am Ebenbild des Menschen teilhat und auch dazu berufen ist, an der Herrlichkeit der Seele in der göttlichen Seligkeit teilzuhaben.
Christus erhebt die Würde des Menschen
19. Eine zweite Überzeugung geht von der Tatsache aus, dass die Würde der menschlichen Person in ihrer ganzen Fülle offenbart wurde, als der Vater seinen Sohn sandte, der die menschliche Existenz bis ins Innerste annahm: „Im Geheimnis der Menschwerdung bekräftigte der Sohn Gottes die Würde des Leibes und der Seele, die für den Menschen konstitutiv sind“.[30] Indem er sich durch seine Menschwerdung in gewisser Weise mit jedem Menschen vereinigte, bestätigte Jesus Christus, dass jeder Mensch allein durch die Zugehörigkeit zu derselben menschlichen Gemeinschaft eine unschätzbare Würde besitzt, die niemals verloren gehen kann.[31] Indem er verkündete, dass das Reich Gottes den Armen, den Demütigen, den Verachteten, den an Leib und Geist Leidenden gehört; indem er alle Arten von Krankheiten und Gebrechen heilte, auch die besorgniserregendsten wie den Aussatz. Indem er bekräftigte, dass das, was man diesen Menschen antut, ihm angetan wird, weil er in diesen Menschen gegenwärtig ist, brachte Jesus die große Neuheit der Anerkennung der Würde jedes Menschen, auch und gerade derjenigen, die als „unwürdig“ betrachtet wurden. Dieses neue Prinzip in der Menschheitsgeschichte, wonach der Mensch umso mehr „wert“ ist, respektiert und geliebt zu werden, je schwächer, elender und leidender er ist, bis hin zum Verlust seiner menschlichen „Gestalt“, hat das Gesicht der Welt verändert und zur Gründung von Einrichtungen geführt, die sich um Menschen in schwierigen Lebensumständen kümmern: ausgesetzte Neugeborene, Waisen, allein gelassene alte Menschen, psychisch Kranke, Menschen mit unheilbaren Krankheiten oder schweren Missbildungen, Menschen, die auf der Straße leben.
Eine Berufung zur Fülle der Menschenwürde
20. Die dritte Überzeugung betrifft die endgültige Bestimmung des Menschen: Nach der Schöpfung und der Menschwerdung offenbart uns die Auferstehung Christi einen weiteren Aspekt der menschlichen Würde. In der Tat besteht „der erhabenste Aspekt der Würde des Menschen in seiner Berufung zur Gemeinschaft mit Gott“,[32] angelegt für die Ewigkeit. So hängt „die Würde dieses Lebens […] nicht nur von seinem Ursprung, von seiner Herkunft von Gott ab, sondern auch von seinem Endziel, von seiner Bestimmung als Gemeinschaft mit Gott im Erkennen und in der Liebe zu ihm. Im Lichte dieser Wahrheit präzisiert und vervollständigt der hl. Irenäus seine Lobpreisung des Menschen: ,Herrlichkeit Gottes‘ ist ,der lebendige Mensch‘, aber ‚das Leben des Menschen besteht in der Schau Gottes‘“[33].
21. Folglich glaubt und bekräftigt die Kirche, dass alle Menschen, die nach dem Bild und Gleichnis Gottes geschaffen und in dem menschgewordenen, gekreuzigten und auferstandenen Sohn wiedergeboren sind[34], dazu berufen sind, unter dem Wirken des Heiligen Geistes zu wachsen, um die Herrlichkeit des Vaters in demselben Bild widerzuspiegeln und am ewigen Leben teilzuhaben (vgl. Joh 10,15-16, 17,22-24; 2 Kor 3,18; Eph 1,3-14). In der Tat lässt „die Offenbarung [...] die Würde der menschlichen Person in ihrem ganzen Umfang ans Licht treten“[35].
Ein Einsatz für die eigene Freiheit
22. Obwohl jeder Mensch von Anfang an eine unveräußerliche und ihm innewohnende Würde als unwiderrufliches Geschenk besitzt, hängt es von seiner freien und verantwortlichen Entscheidung ab, ob er diese Würde voll zum Ausdruck bringt und manifestiert oder sie schmälert. Einige Kirchenväter – wie der hl. Irenäus oder der hl. Johannes von Damaskus – haben zwischen Bild und Ähnlichkeit, von denen in der Genesis die Rede ist, unterschieden, und damit eine dynamische Sicht der menschlichen Würde selbst ermöglicht: Das Bild Gottes ist der Freiheit des Menschen anvertraut, damit unter der Führung und dem Wirken des Geistes seine Ähnlichkeit mit Gott wächst und jeder Mensch seine höchste Würde erlangt.[36] In der Tat ist jeder Mensch dazu berufen, die ontologische Tragweite seiner Würde auf existenzieller und moralischer Ebene in dem Maße zu manifestieren, in dem er sich in seiner eigenen Freiheit als Antwort auf die Liebe Gottes auf das wahre Gut ausrichtet. Da der Mensch nach dem Bilde Gottes geschaffen ist, verliert er einerseits nie seine Würde und hört nie auf, dazu berufen zu sein, das Gute frei anzunehmen; andererseits kann sich seine Würde in dem Maße, wie er auf das Gute antwortet, frei, dynamisch und immer mehr manifestieren, wachsen und reifen. Das bedeutet, dass der Mensch auch danach streben muss, seiner Würde gerecht zu werden. So ist verständlich, in welchem Sinne die Sünde die Menschenwürde verwunden und verdunkeln kann, nämlich als ihr gegensätzliche Handlung, aber gleichzeitig kann die Sünde niemals die Tatsache auslöschen, dass der Mensch nach dem Bild Gottes geschaffen wurde. Der Glaube trägt also entscheidend dazu bei, der Vernunft bei der Wahrnehmung der Menschenwürde zu helfen und ihre Wesenszüge anzunehmen, zu bestärken und zu verdeutlichen, wie Benedikt XVI. betonte: „Ohne die Korrekturfunktion der Religion kann jedoch auch die Vernunft den Gefahren einer Verzerrung anheimfallen, wenn sie zum Beispiel von Ideologien manipuliert wird oder auf einseitige Weise zur Anwendung kommt, ohne die Würde der menschlichen Person voll zu berücksichtigen. Ein solcher Mißbrauch der Vernunft war es ja auch, der den Sklavenhandel und viele andere gesellschaftliche Übel erst ermöglicht hat, nicht zuletzt die totalitären Ideologien des zwanzigsten Jahrhunderts“[37].
3. Die Menschenwürde, die Grundlage der Menschenrechte und -pflichten
23. Wie Papst Franziskus bereits daran erinnert hat, „in der modernen Kultur ist der Bezug, der dem Prinzip der unveräußerlichen Würde des Menschen am nächsten ist, die Allgemeine Erklärung der Menschenrechte, die der heilige Johannes Paul II. als einen, Meilenstein auf dem langen und schwierigen Weg der Menschheit‘ und als ‚eine der höchsten Ausdrucksformen des menschlichen Gewissens‘ bezeichnet hat“[38]. Um den Versuchen zu widerstehen, die tiefe Bedeutung dieser Erklärung zu verändern oder auszulöschen, lohnt es sich, an einige wesentliche Grundsätze zu erinnern, die immer beachtet werden müssen.
Unbedingte Achtung der Menschenwürde
24. Zu allererst gibt es trotz des wachsenden Bewusstseins für die Frage der Menschenwürde immer noch viele Missverständnisse des Begriffs Würde, die seine Bedeutung verfälschen. Einige schlagen vor, statt „Menschenwürde“ (und Rechte des Menschen) besser den Ausdruck „persönliche Würde“ (und Rechte „der Person“) zu verwenden, weil sie unter einer Person lediglich „ein vernunftbegabtes Wesen“ verstehen. Folglich leiten sie Würde und Rechte aus der Fähigkeit zu Erkenntnis und Freiheit ab, mit der nicht alle Menschen ausgestattet sind. Das ungeborene Kind hätte demnach keine persönliche Würde, ebenso wenig wie ein unselbstständig gewordener alter Mensch, oder jemand mit einer geistigen Behinderung.[39] Die Kirche besteht im Gegenteil auf der Tatsache, dass die Würde jeder menschlichen Person, gerade weil ihr untrennbar verbunden, „jenseits aller Umstände“ bleibt und ihre Anerkennung in keiner Weise von der Beurteilung der Fähigkeit zu Erkenntnis und zu freiem Handeln einer Person abhängen kann. Andernfalls wäre die Würde nicht als solche dem Menschen innewohnend, unabhängig von seiner Konditionierung und daher einer bedingungslosen Achtung würdig. Nur durch die Anerkennung einer dem Menschen innewohnenden Würde, die niemals verloren gehen kann, ist es möglich, ihr eine unantastbare und sichere Grundlage zuzusichern. Ohne jeden ontologischen Bezug wäre die Anerkennung der Menschenwürde unterschiedlichen und willkürlichen Bewertungen ausgeliefert. Die einzige Bedingung, unter der von einer der Person an sich innewohnenden Würde gesprochen werden kann, ist also die Zugehörigkeit zur menschlichen Gattung, weshalb „die Rechte der Person die Rechte des Menschen“ sind.[40]
Ein objektiver Bezugspunkt für die menschliche Freiheit
25. Zweitens wird der Begriff der Menschenwürde gelegentlich missbräuchlich verwendet, um eine willkürliche Vermehrung neuer Rechte zu rechtfertigen, von denen viele oft im Widerspruch zu den ursprünglich definierten stehen und nicht von ungefähr in Konflikt mit dem Grundrecht auf Leben gebracht werden,[41] als ob die Möglichkeit, jede individuelle Präferenz oder jede subjektive Befindlichkeit zu äußern und zu verwirklichen, garantiert werden müsste. Die Würde wird dann mit einer isolierten und individualistischen Freiheit gleichgesetzt, die beansprucht, bestimmte subjektive Wünsche und Neigungen als von der Gemeinschaft garantierte und finanzierte „Rechte“ durchzusetzen. Die Menschenwürde kann jedoch weder auf rein individuellen Maßstäben beruhen noch mit dem psychischen und leiblichen Wohlbefinden des Einzelnen allein identifiziert werden. Vielmehr beruht die Verteidigung der Menschenwürde auf konstitutiven Forderungen der menschlichen Natur, die weder von individueller Willkür noch von gesellschaftlicher Anerkennung abhängen. Die Pflichten, die sich aus der Anerkennung der Würde des anderen ergeben, und die entsprechenden Rechte, die sich daraus ableiten, haben daher einen konkreten und objektiven Inhalt, der auf der gemeinsamen menschlichen Natur beruht. Ohne einen solchen objektiven Bezug ist der Begriff der Würde in der Tat der unterschiedlichsten Willkür und Machtinteressen unterworfen.
Die Beziehungsstruktur der menschlichen Person
26. Die Menschenwürde trägt angesichts des Beziehungscharakters der Person dazu bei, die reduktionistische Perspektive einer selbstbezogenen und individualistischen Freiheit zu überwinden, die den Anspruch erhebt, ihre eigenen Werte unabhängig von den objektiven Normen des Guten und der Beziehung zu anderen Lebewesen zu schaffen. Zunehmend besteht nämlich die Gefahr, die Menschenwürde auf die Fähigkeit zu beschränken, nach eigenem Ermessen über sich selbst und das eigene Schicksal zu entscheiden, unabhängig von dem der anderen, ohne die Zugehörigkeit zur menschlichen Gemeinschaft zu berücksichtigen. In einem solchen falschen Verständnis von Freiheit gelingt es nicht, Pflichten und Rechte gegenseitig so anzuerkennen, dass einer für den anderen Sorge trägt. Wie der heilige Johannes Paul II. wahrheitsgemäß in Erinnerung ruft, hat die Freiheit ihren Platz „im Dienst der Person und ihrer Verwirklichung durch die Selbsthingabe und die Annahme der anderen; wenn die Freiheit jedoch in individualistischer Weise verabsolutiert wird, wird sie ihres ursprünglichen Inhalts entleert und steht im Widerspruch zu ihrer Berufung und Würde“[42].
27. Zur Würde des Menschen gehört also auch die der menschlichen Natur selbst innewohnende Fähigkeit, Verpflichtungen gegenüber anderen zu übernehmen.
28. Der Unterschied zwischen dem Menschen und den übrigen Lebewesen, der durch den Begriff der Würde hervorgehoben wird, darf nicht dazu führen, dass man die Gutheit der übrigen Geschöpfe vergisst, die nicht nur in Funktion des Menschen, sondern auch mit einem eigenen Wert und daher als dem Menschen anvertraute Geschenke existieren, die es zu hüten und zu pflegen gilt. Während also der Begriff der Würde dem Menschen vorbehalten ist, muss gleichzeitig die geschöpfliche Gutheit des übrigen Kosmos bekräftigt werden. Wie Papst Franziskus betont: „Gerade wegen seiner einzigartigen Würde und weil er mit Vernunft begabt ist, ist der Mensch aufgerufen, die Schöpfung mit ihren inneren Gesetzen zu respektieren [...]: ‚Jedes Geschöpf besitzt seine eigene Güte und Vollkommenheit‘ [...] Die unterschiedlichen Geschöpfe spiegeln in ihrem gottgewollten Eigensein, jedes auf seine Art, einen Strahl der unendlichen Weisheit und Güte Gottes wider. Deswegen muss der Mensch die gute Natur eines jeden Geschöpfes achten und sich hüten, die Dinge gegen ihre Ordnung zu gebrauchen.“[43] Mehr noch, „aber heute sind wir gezwungen zu erkennen, dass man nur von einem ‚situierten Anthropozentrismus‘ sprechen kann. Das heißt, wir müssen anerkennen, dass das menschliche Leben ohne andere Lebewesen nicht verstanden und nicht aufrechterhalten werden kann.“[44] In dieser Perspektive „ist es für uns nicht unerheblich, dass viele Arten aussterben und dass die Klimakrise das Leben so vieler Wesen bedroht.“[45] In der Tat gehört es zur Würde des Menschen, sich um die Umwelt zu kümmern und dabei besonders auf die menschliche Ökologie zu achten, die seine eigene Existenz bewahrt.
Befreiung des Menschen von jedem moralischen und sozialen Zwang
29. Diese Grundvoraussetzungen, so notwendig sie auch sein mögen, reichen nicht aus, um ein der Würde des Menschen entsprechendes Wachstum zu gewährleisten. Obwohl „Gott […] den Menschen als vernunftbegabtes Wesen erschaffen und ihm die Würde einer Person verliehen [hat], die aus eigenem Antrieb handelt und über ihre Handlungen Herr ist“,[46] zieht der freie Wille im Hinblick auf das Gute oft das Böse dem Guten vor. Daher muss die menschliche Freiheit ihrerseits befreit werden. Im Brief an die Galater, in dem es heißt: „Zur Freiheit hat uns Christus befreit“ (Gal 5,1), erinnert Paulus an die Aufgabe eines jeden Christen, auf dessen Schultern eine Verantwortung für die Befreiung ruht, die sich auf die ganze Welt richtet (vgl. Röm 8,19ff). Es handelt sich um eine Befreiung, die aus Herzen des einzelnen Menschen herausgerufen ist, sich auszubreiten und ihre humanisierende Kraft in allen Beziehungen kundzutun.
30. Die Freiheit ist ein wunderbares Geschenk Gottes. Selbst wenn uns Gott mit seiner Gnade an sich zieht, tut er dies so, dass unsere Freiheit niemals verletzt wird. Es wäre daher ein großer Irrtum zu glauben, dass wir fern von Gott und seiner Hilfe freier sein können und uns deshalb würdiger fühlen. Losgelöst von ihrem Schöpfer kann unsere Freiheit nur schwächer werden und sich verdunkeln. Dasselbe geschieht, wenn die Freiheit sich als unabhängig von einem anderen Bezugspunkt als sich selbst begreift und jede Beziehung zu einer voraufgehenden Wahrheit als Bedrohung empfindet. Infolgedessen wird auch die Achtung vor der Freiheit und der Würde der anderen geschwächt. Papst Benedikt XVI. hat dies so erläutert: „Ein Wille, der sich für gänzlich unfähig hält, die Wahrheit und das Gute zu suchen, hat keine objektiven Gründe noch Motive für sein Handeln außer denen, die seine augenblicklichen und zufälligen Interessen ihm diktieren; er hat keine, Identität‘, die durch wirklich freie und bewußte Entscheidungen zu schützen und aufzubauen ist. Er kann daher nicht die Achtung seitens anderer, Willen‘ fordern, die sich ebenfalls von ihrem tiefsten Sein losgelöst haben, die also andere, Gründe‘ oder sogar gar keinen ,Grund‘ geltend machen können. Die Illusion, im ethischen Relativismus den Schlüssel für ein friedliches Zusammenleben zu finden, ist in Wirklichkeit der Ursprung von Spaltungen und von Verneinung der Würde der Menschen.“[47]
31. Außerdem wäre es nicht realistisch, eine abstrakte Freiheit zu behaupten, die frei von jeglichen Bedingungen, Zusammenhängen oder Einschränkungen ist. Vielmehr erfordert „[d]ie richtige Ausübung der persönlichen Freiheit […] exakte Voraussetzungen wirtschaftlicher, sozialer, rechtlicher, politischer und kultureller Art“,[48] die oft unerfüllt bleiben. In diesem Sinne können wir sagen, dass einige eine größere „Freiheit“ genießen als andere. Papst Franziskus hat diesen Punkt besonders hervorgehoben: „Einige wachsen in Familien mit guten wirtschaftlichen Voraussetzungen auf, erhalten eine solide Ausbildung, sind wohl genährt aufgewachsen oder besitzen von Natur aus bemerkenswerte Fähigkeiten. Sie werden sicherlich keinen aktiven Staat brauchen und nur Freiheit einfordern. Aber offensichtlich gilt das nicht für Menschen mit einer Behinderung, für Menschen aus einem armen Elternhaus, für Menschen mit einem niedrigen Bildungsniveau oder solche, die kaum Chancen auf eine angemessene Behandlung ihrer Krankheiten haben. Wenn die Gesellschaft in erster Linie auf den Kriterien des freien Marktes und der Leistung beruht, ist für sie kein Platz, und Geschwisterlichkeit wird zu einem allenfalls romantischen Ausdruck.“[49] Es ist daher unerlässlich zu verstehen, dass „die Befreiung von Ungerechtigkeiten […] der Freiheit und der Menschenwürde zugute [kommt]“[50], und zwar auf allen Ebenen und in allen Beziehungen des menschlichen Handelns. Damit echte Freiheit möglich ist, „müssen [wir] die Menschenwürde wieder in den Mittelpunkt stellen. Auf diesem Grundpfeiler müssen die sozialen Alternativen erbaut sein, die wir brauchen.“[51] In analoger Weise wird die Freiheit häufig durch zahlreiche psychologische, historische, soziale, erzieherische und kulturelle Zwänge beeinträchtigt. Die reale und die geschichtliche Freiheit müssen immer wieder „befreit“ werden. Und auch das Grundrecht auf Religionsfreiheit muss wieder bekräftigt werden.
32. Gleichzeitig ist es offensichtlich, dass die menschliche Geschichte Fortschritte im Verständnis der Würde und der Freiheit der Personen zeigt, aber nicht ohne Schatten und Gefahren einer entgegengesetzten Entwicklung. Davon zeugt das auch unter christlichem Einfluss – der in zunehmend säkularisierten Gesellschaften weiterhin lebendig ist – wachsende Bestreben, den Rassismus, die Sklaverei und die Ausgrenzung der Frauen, Kinder, Kranken und Behinderten zu beseitigen. Doch dieser mühsame Weg ist noch lange nicht zu Ende.
4. Einige schwere Verstöße gegen die Menschenwürde
33. Im Lichte der bisherigen Überlegungen zur zentralen Bedeutung der Menschenwürde werden in diesem letzten Abschnitt der Erklärung einige konkrete und schwerwiegende Verletzungen dieser Würde angesprochen. Dies geschieht im Geiste des kirchlichen Lehramtes, das, wie bereits erwähnt, in der Lehre der letzten Päpste seinen vollen Ausdruck gefunden hat. Papst Franziskus beispielsweise wird nicht müde, an die Achtung der Menschenwürde zu erinnern: „Jeder Mensch hat das Recht, in Würde zu leben und sich voll zu entwickeln, und kein Land kann dieses Grundrecht verweigern. Jeder Mensch besitzt diese Würde, auch wenn er wenig leistet, auch wenn er mit Einschränkungen geboren oder aufgewachsen ist; denn dies schmälert nicht seine immense Würde als Mensch, die nicht auf den Umständen, sondern auf dem Wert seines Seins beruht. Wenn dieses elementare Prinzip nicht gewahrt wird, gibt es keine Zukunft, weder für die Geschwisterlichkeit noch für das Überleben der Menschheit.“[52] Andererseits hört er nicht auf, allen die konkreten Verletzungen der Menschenwürde in unserer Zeit aufzuzeigen, und ruft alle zu einer energischen Annahme der Verantwortung und zum aktiven Handeln auf.
34. Entsprechend dem Wunsch, auf einige der vielen schweren Verletzungen der Menschenwürde in der heutigen Welt hinzuweisen, darf daran erinnert werden, was das Zweite Vatikanische Konzil in dieser Hinsicht gelehrt hat. So muss zur Kenntnis genommen werden, dass gegen die Menschenwürde steht, „was […] zum Leben selbst in Gegensatz steht, wie jede Art Mord, Völkermord, Abtreibung, Euthanasie und auch der freiwillige Selbstmord“[53]. Gegen unsere Würde verstößt auch, „was immer die Unantastbarkeit der menschlichen Person verletzt, wie Verstümmelung, körperliche oder seelische Folter und der Versuch, psychischen Zwang“[54]. Und schließlich „was immer die menschliche Würde angreift, wie unmenschliche Lebensbedingungen, willkürliche Verhaftung, Verschleppung, Sklaverei, Prostitution, Mädchenhandel und Handel mit Jugendlichen, sodann auch unwürdige Arbeitsbedingungen, bei denen der Arbeiter als bloßes Erwerbsmittel und nicht als freie und verantwortliche Person behandelt wird.“[55] Auch das Thema Todesstrafe muss hier erwähnt werden[56]: Auch die letztere verletzt unter allen Umständen die unveräußerliche Würde eines jeden Menschen. Man muss im Gegenteil anerkennen: „Die entschiedene Ablehnung der Todesstrafe zeigt, wie weit wir die unveräußerliche Würde jedes Menschen anerkennen und akzeptieren können, dass auch er seinen Platz in dieser Welt hat. Denn wenn ich ihn nicht dem schlimmsten aller Kriminellen abstreite, werde ich ihn niemandem absprechen. Ich werde allen die Möglichkeit geben, diesen Planeten mit mir zu teilen, ungeachtet dessen, was uns trennen mag.“[57] Es erscheint auch angebracht, auf die Würde der Menschen in den Gefängnissen hinzuweisen, die oft gezwungen sind, unter unwürdigen Bedingungen zu leben, und darauf, dass Folter die Würde eines jeden Menschen über allen Maßen verletzt, selbst wenn jemand sich schwerer Verbrechen schuldig gemacht hat.
35. Ohne den Anspruch auf Vollständigkeit erheben zu wollen, soll im Folgenden auf einige schwerwiegende Verstöße von besonderer Aktualität hingewiesen werden.
Das Drama der Armut
36. Eines der Phänomene, das in hohem Maße dazu beiträgt, die Würde so vieler Menschen zu verleugnen, ist die extreme Armut, die mit der ungleichen Verteilung des Reichtums zusammenhängt. Wie der heilige Johannes Paul II. bereits betont hat: „Eine der größten Ungerechtigkeiten in der Welt von heute besteht gerade darin: Nur relativ wenige sind es, die viel besitzen, und viele jene, die fast nichts haben. Es ist die Ungerechtigkeit der schlechten Verteilung der Güter und Dienstleistungen, die ursprünglich für alle bestimmt sind.“[58] Außerdem wäre es illusorisch, eine oberflächliche Unterscheidung zwischen „reichen Ländern“ und „armen Ländern“ zu treffen. Benedikt XVI. erkannte bereits an: „Absolut gesehen, nimmt der weltweite Reichtum zu, doch die Ungleichheiten vergrößern sich. In den reichen Ländern verarmen neue Gesellschaftsklassen, und es entstehen neue Formen der Armut. In ärmeren Regionen erfreuen sich einige Gruppen einer Art verschwenderischer und konsumorientierter Überentwicklung, die in unannehmbarem Kontrast zu anhaltenden Situationen entmenschlichenden Elends steht. ‚Der Skandal schreiender Ungerechtigkeit‘ hält an,“[59] bei dem die Würde der Armen in doppelter Weise missachtet wird, zum einen durch den Mangel an Mitteln zur Befriedigung ihrer Grundbedürfnisse und zum anderen durch die Gleichgültigkeit, mit der sie von denjenigen behandelt werden, die neben ihnen leben.
37. Mit Papst Franziskus darf deshalb schlussgefolgert werden: „Der Reichtum wächst, aber auf ungleiche Weise, und so, entstehen neue Formen der Armut‘. Wenn man sagt, dass die moderne Welt die Armut verringert habe, so misst man hier mit Maßstäben anderer Epochen, die nicht mit der aktuellen Wirklichkeit vergleichbar sind.“[60] In der Konsequenz, vermehrt sich die Armut “auf vielfältige Weise, wie etwa in der Versessenheit, die Kosten der Arbeit zu reduzieren, ohne sich der schwerwiegenden Konsequenzen bewusst zu werden, die eine solche Maßnahme auslöst; denn die entstandene Arbeitslosigkeit führt direkt zu einer zunehmenden Verbreitung der Armut.“[61] Unter diesen „zerstörerischen Auswirkungen der Herrschaft des Geldes“[62] gilt es zu erkennen: „es ,existiert keine schlimmere Armut als die, welche dem Menschen die Arbeit und die Würde der Arbeit nimmt‘“[63]. Wenn einige in einem Land oder in einer Familie mit weniger Entwicklungsmöglichkeiten geboren sind, gilt es anzuerkennen, das dies im Widerspruch zu ihrer Würde steht, die genau dieselbe derjenigen ist, die in einer reichen Familie oder in einem reichen Land geboren sind. Alle sind wir verantwortlich, wenn auch in unterschiedlichem Grad, für diese offene Ungerechtigkeit.
Der Krieg
38. Eine weitere Tragödie, die die Menschenwürde verleugnet, ist das Aufkommen des Krieges, heute wie zu allen Zeiten: „Kriege, Attentate, Verfolgungen aus rassistischen oder religiösen Motiven und so viele Gewalttaten gegen die Menschenwürde [...] haben ,sich in zahlreichen Regionen der Welt so vervielfältigt, dass sie die Züge dessen angenommen haben, was man einen «dritten Weltkrieg in Abschnitten» nennen könnte‘“.[64] Mit seiner Spur der Zerstörung und des Schmerzes greift der Krieg kurz- und langfristig die Menschenwürde an: „Während wir das unveräußerliche Recht auf Selbstverteidigung und die Verantwortung, diejenigen zu schützen, deren Existenz bedroht ist, bekräftigen, müssen wir zugeben, dass Krieg immer eine ,Niederlage der Menschlichkeit‘ ist. Kein Krieg ist die Tränen einer Mutter wert, die ihr Kind verstümmelt oder tot gesehen hat; kein Krieg ist den Verlust des Lebens auch nur eines einzigen menschlichen Wesens wert, eines heiligen Wesens, das nach dem Bild und Gleichnis des Schöpfers geschaffen wurde; kein Krieg ist die Vergiftung unseres Gemeinsamen Hauses wert; und kein Krieg ist die Verzweiflung derjenigen wert, die gezwungen sind, ihre Heimat zu verlassen und in einem Augenblick ihrer Heimat und aller familiären, freundschaftlichen, sozialen und kulturellen Bindungen beraubt werden, die manchmal über Generationen hinweg aufgebaut wurden.“[65] Alle Kriege sind allein aufgrund der Tatsache, dass sie der Menschenwürde widersprechen, „Konflikte, die die Probleme nicht lösen, sondern sie vergrößern“[66]. Dies ist in unserer Zeit, in der es normal geworden ist, dass so viele unschuldige Zivilisten außerhalb des Schlachtfelds sterben, noch ernster.
39. Daher kann die Kirche auch heute nicht umhin, sich die Worte der Päpste zu eigen zu machen, indem sie mit Paul VI. wiederholt: „jamais plus la guerre, jamais plus la guerre!“[67] [niemals mehr Krieg], und bittet mit Johannes Paul II. „alle zusammen im Namen Gottes und im Namen des Menschen […]: Tötet nicht! Bringt den Menschen keine Zerstörung und Vernichtung! Denkt an eure Brüder, die Hunger und Elend erleiden! Achtet die Würde und die Freiheit eines jeden Menschen!“[68] Gerade in unserer Zeit ist dies der Schrei der Kirche und der ganzen Menschheit. Schließlich betont Papst Franziskus: „[Wir] können […] nicht mehr den Krieg nicht mehr als Lösung betrachten […]. Angesichts dieser Tatsache ist es heute sehr schwierig, sich auf die in vergangenen Jahrhunderten gereiften rationalen Kriterien zu stützen, um von einem eventuell ‚gerechten Krieg‘ zu sprechen. Nie wieder Krieg!“[69] Da die Menschheit oft in die gleichen Fehler der Vergangenheit zurückfällt, „um den Frieden aufzubauen, müssen wir die Logik der Rechtmäßigkeit des Krieges hinter uns lassen“[70]. Die enge Beziehung, die zwischen dem Glauben und der Menschenwürde besteht, macht es widersprüchlich, den Krieg auf religiöse Überzeugungen zu gründen: „Wer den Namen Gottes anruft, um den Terrorismus, die Gewalt und den Krieg zu rechtfertigen, beschreitet nicht den Weg des Herrn: Der Krieg im Namen der Religion wird zu einem Krieg gegen die Religion selbst.“[71]
Die Leiden der Migranten
40. Migranten gehören zu den ersten Opfern der vielfältigen Formen von Armut. In ihren Ländern wird ihnen nicht nur die Würde abgesprochen,[72] sondern auch ihr Leben gefährdet, weil sie nicht mehr die Mittel haben, eine Familie zu gründen, zu arbeiten oder sich zu ernähren.[73] Sobald sie in den Ländern angekommen sind, die in der Lage sein sollten, sie aufzunehmen, „werden [sie] als nicht würdig genug angesehen, um wie jeder andere am sozialen Leben teilzunehmen, und man vergisst, dass sie die gleiche innewohnende Würde besitzen wie alle Menschen. […] Niemand wird behaupten, dass sie keine Menschen sind, in der Praxis jedoch bringt man mit den Entscheidungen und der Art und Weise, wie man sie behandelt, zum Ausdruck, dass man ihnen weniger Wert beimisst, sie für weniger wichtig und weniger menschlich hält.“[74] Es ist daher immer dringend notwendig, sich immer wieder daran zu erinnern: „Jeder Migrant ist eine menschliche Person, die als solche unveräußerliche Grundrechte besitzt, die von allen und in jeder Situation respektiert werden müssen“[75]. Sie willkommen zu heißen ist ein wichtiger und bedeutsamer Weg, um „die unveräußerliche Würde jedes Menschen unabhängig von Herkunft, Hautfarbe oder Religion“[76] zu verteidigen.
Der Menschenhandel
41. Auch der Menschenhandel muss als eine schwere Verletzung der Menschenwürde angesehen werden.[77] Er ist nicht neu, aber seine Entwicklung nimmt tragische Dimensionen an, die für alle sichtbar sind, weshalb Papst Franziskus ihn besonders scharf anprangert: „Ich betone, dass der ,Menschenhandel‘ eine niederträchtige Aktivität ist, eine Schande für unsere Gesellschaften, die sich als zivilisiert bezeichnen! Ausbeuter und Kunden auf allen Ebenen sollten vor sich selbst und vor Gott ernsthaft ihr Gewissen erforschen. Die Kirche erneuert heute ihren eindringlichen Appell, dass die Würde und die Zentralität jeder Person stets geschützt werden durch die Achtung der Grundrechte, wie es die Soziallehre der Kirche unterstreicht – Rechte, deren wirkliche Ausbreitung sie dort, wo sie nicht anerkannt werden, für Millionen von Frauen und Männern auf allen Kontinenten anmahnt. […] In einer Welt, in der man so viel von Rechten spricht, scheint der einzige, der sie hat, das Geld zu sein.“[78]
42. Aus diesen Gründen dürfen die Kirche und die Menschheit den Kampf gegen Phänomene nicht aufgeben wie „Handel von menschlichen Organen und Geweben, sexuelle Ausbeutung von Knaben und Mädchen, Sklavenarbeit einschließlich Prostitution, Drogen- und Waffenhandel, Terrorismus und internationale organisierte Kriminalität […]. Diese Situationen und die Anzahl der unschuldigen Leben, die sie fordern, sind von solchem Ausmaß, dass wir jede Versuchung meiden müssen, einem Nominalismus zu verfallen, der sich in Deklarationen erschöpft und einen Beruhigungseffekt auf das Gewissen ausübt. Wir müssen dafür sorgen, dass unsere Institutionen wirklich effektiv sind im Kampf gegen all diese Plagen.“[79] Angesichts so unterschiedlicher und brutaler Formen der Verweigerung der Menschenwürde muss man sich immer mehr bewusst machen: „Der Menschenhandel ist ein Verbrechen gegen die Menschlichkeit“[80]. Er verleugnet die Menschenwürde im Wesentlichen in mindestens zweierlei Hinsicht: „Denn der Menschenhandel entstellt das Menschsein des Opfers, indem er seine Freiheit und Würde verletzt. Aber zugleich entmenschlicht er denjenigen, der ihn ausübt.“[81]
Sexueller Missbrauch
43. Die tiefe Würde, die dem Menschen seiner Gesamtheit von Geist und Körper innewohnt, ermöglicht es uns auch zu verstehen, warum jeder sexuelle Missbrauch tiefe Narben im Herzen derjenigen hinterlässt, die ihn erleiden, und wirklich, sie fühlen sich zutiefst in ihrer Menschenwürde verletzt. Es handelt sich hierbei um „ein Leid, das ein Leben lang andauern und durch keine Reue geheilt werden kann. Dieses Phänomen ist in der Gesellschaft verbreitet, es betrifft auch die Kirche und stellt ein ernsthaftes Hindernis für ihre Sendung dar.“[82] Daher setzt sie sich unermüdlich dafür ein, allen Arten von Missbrauch ein Ende zu setzen, und zwar beginnend im Inneren der Kirche.
Die Gewalt gegen Frauen
44. Gewalt gegen Frauen ist ein weltweiter Skandal, der zunehmend anerkannt wird. Während die gleiche Würde der Frauen in Worten anerkannt wird, sind die Ungleichheiten zwischen Frauen und Männern in einigen Ländern sehr gravierend, und selbst in den am weitesten entwickelten und demokratischen Ländern zeugt die konkrete soziale Realität davon, dass Frauen oft nicht die gleiche Würde zuerkannt wird wie Männern. Papst Franziskus unterstreicht diese Tatsache, wenn er feststellt: „[D]ie Gesellschaften auf der ganzen Erde noch lange nicht so organisiert, dass sie klar widerspiegeln, dass die Frauen genau die gleiche Würde und die gleichen Rechte haben wie die Männer. Mit Worten behauptet man bestimmte Dinge, aber die Entscheidungen und die Wirklichkeit schreien eine andere Botschaft heraus. In der Tat, ‚doppelt arm sind die Frauen, die Situationen der Ausschließung, der Misshandlung und der Gewalt erleiden, denn oft haben sie geringere Möglichkeiten, ihre Rechte zu verteidigen‘.“[83]
45. Der heilige Johannes Paul II. erkannte bereits an: „Es ist sicher noch viel zu tun, damit das Dasein als Frau und Mutter keine Diskriminierung beinhaltet. Es ist dringend geboten, überall die tatsächliche Gleichheit der Rechte der menschlichen Person zu erreichen, und das heißt gleichen Lohn für gleiche Arbeit, Schutz der berufstätigen Mutter, gerechtes Vorankommen in der Berufslaufbahn, Gleichheit der Eheleute im Familienrecht und die Anerkennung von allem, was mit den Rechten und Pflichten des Staatsbürgers in einer Demokratie zusammenhängt.“[84] Ungleichheiten in diesen Bereichen sind verschiedene Formen von Gewalt. Er erinnerte auch daran, dass „[e]s […] an der Zeit [ist], die Formen sexueller Gewalt, deren Objekt nicht selten die Frauen sind, nachdrücklich zu verurteilen und geeignete gesetzliche Mittel zur Verteidigung hervorzubringen. Im Namen der Achtung der menschlichen Person müssen wir außerdem Anklage erheben gegen die verbreitete, von Genußsucht und Geschäftsgeist bestimmte Kultur, die die systematische Ausbeutung der Sexualität fördert, indem sie auch Mädchen im jungen Alter dazu anhält, in die Fänge der Korruption zu geraten und sich für die Vermarktung ihres Körpers herzugeben.“[85] Wie könnte man unter den Formen der Gewalt, die Frauen angetan werden, nicht den Zwang zur Abtreibung erwähnen, der sowohl die Mutter als auch das Kind betrifft und der so oft der Befriedigung des männlichen Egoismus dient? Und wie kann man nicht auch die Praxis der Polygamie erwähnen, die – wie der Katechismus der katholischen Kirche in Erinnerung ruft – im Widerspruch zur gleichen Würde von Frauen und Männern und auch im Widerspruch zur „ehelichen Liebe, die einzig und ausschließlich ist“[86]?
46. In diesem Horizont der Gewalt gegen Frauen kann das Phänomen der Frauenmorde nicht genug verurteilt werden. An dieser Front muss das Engagement der gesamten internationalen Gemeinschaft kompakt und konkret sein, wie Papst Franziskus bekräftigte: „Die Liebe zu Maria muss uns helfen, Haltungen der Anerkennung und der Dankbarkeit für die Frau, für unsere Mütter und Großmütter hervorzubringen, die eine Bastion im Leben unserer Städte sind. Fast immer im Stillen bringen sie das Leben voran. Es ist die Stille und die Kraft der Hoffnung. Danke für euer Zeugnis. […] aber mit Blick auf die Mütter und Großmütter möchte ich euch einladen, gegen eine Plage zu kämpfen, die unseren amerikanischen Kontinent heimsucht: die zahlreichen Fälle von Frauenmord. Und es sind unzählige Situationen von Gewalt, die hinter so vielen Mauern totgeschwiegen werden. Ich lade euch ein, gegen diese Quelle des Leidens zu kämpfen, indem ihr eine Gesetzgebung und eine Kultur der Ablehnung jeder Form von Gewalt fördert.“[87]
Abtreibung
47. Die Kirche hört nicht auf, daran zu erinnern, dass „die Würde eines jeden Menschen einen intrinsischen Charakter [hat] und sie gilt von der Empfängnis bis zum natürlichen Tod. Gerade die Bejahung dieser Würde ist die unveräußerliche Voraussetzung für den Schutz der persönlichen und sozialen Existenz und zugleich die notwendige Bedingung für die Verwirklichung von Brüderlichkeit und sozialer Freundschaft unter allen Völkern der Erde.“[88] Auf der Grundlage dieses unantastbaren Wertes des menschlichen Lebens hat sich das kirchliche Lehramt stets gegen die Abtreibung ausgesprochen. In diesem Zusammenhang schreibt der heilige Johannes Paul II.: „Unter allen Verbrechen, die der Mensch gegen das Leben begehen kann, weist die Vornahme der Abtreibung Merkmale auf, die sie besonders schwerwiegend und verwerflich machen. […] Doch heute hat sich im Gewissen vieler die Wahrnehmung der Schwere des Vergehens nach und nach verdunkelt. Die Billigung der Abtreibung in Gesinnung, Gewohnheit und selbst im Gesetz ist ein beredtes Zeichen für eine sehr gefährliche Krise des sittlichen Bewußtseins, das immer weniger imstande ist, zwischen Gut und Böse zu unterscheiden, selbst dann, wenn das Grundrecht auf Leben auf dem Spiel steht. Angesichts einer so ernsten Situation bedarf es mehr denn je des Mutes, der Wahrheit ins Gesicht zu schauen und die Dinge beim Namen zu nennen, ohne bequemen Kompromissen oder der Versuchung zur Selbsttäuschung nachzugeben. In diesem Zusammenhang klingt der Tadel des Propheten kategorisch: ,Weh denen, die das Böse gut und das Gute böse nennen, die die Finsternis zum Licht und das Licht zur Finsternis machen‘ (Jes 5,20). Gerade in bezug auf die Abtreibung ist die Verbreitung eines zweideutigen Sprachgebrauchs festzustellen, wie die Formulierung, Unterbrechung der Schwangerschaft‘, die darauf abzielt, deren wirkliche Natur zu verbergen und ihre Schwere in der öffentlichen Meinung abzuschwächen. Vielleicht ist dieses sprachliche Phänomen selber Symptom für ein Unbehagen des Gewissens. Doch kein Wort vermag die Realität der Dinge zu ändern: die vorsätzliche Abtreibung ist, wie auch immer sie vorgenommen werden mag, die beabsichtigte und direkte Tötung eines menschlichen Geschöpfes in dem zwischen Empfängnis und Geburt liegenden Anfangsstadium seiner Existenz.“[89] Ungeborene Kinder sind somit „sind die Schutzlosesten und Unschuldigsten von allen, denen man heute die Menschenwürde absprechen will, um mit ihnen machen zu können, was man will, indem man ihnen das Leben nimmt und Gesetzgebungen fördert, die erreichen, dass niemand das verbieten kann“[90]. Deshalb muss auch in unserer Zeit mit aller Kraft und Klarheit festgestellt werden, dass „diese Verteidigung des ungeborenen Lebens eng mit der Verteidigung jedes beliebigen Menschenrechtes verbunden [ist]. Sie setzt die Überzeugung voraus, dass ein menschliches Wesen immer etwas Heiliges und Unantastbares ist, in jeder Situation und jeder Phase seiner Entwicklung. Es trägt seine Daseinsberechtigung in sich selbst und ist nie ein Mittel, um andere Schwierigkeiten zu lösen. Wenn diese Überzeugung hinfällig wird, bleiben keine festen und dauerhaften Grundlagen für die Verteidigung der Menschenrechte; diese wären dann immer den zufälligen Nützlichkeiten der jeweiligen Machthaber unterworfen. Dieser Grund allein genügt, um den unantastbaren Wert eines jeden Menschenlebens anzuerkennen. Wenn wir es aber auch vom Glauben her betrachten, dann, schreit jede Verletzung der Menschenwürde vor dem Angesicht Gottes nach Rache und ist Beleidigung des Schöpfers des Menschen‘.“[91] Hierbei verdient das großzügige und mutige Engagement der heiligen Teresa von Kalkutta für die Verteidigung jeder empfangenen Person in Erinnerung gerufen zu werden.
Leihmutterschaft
48. Die Kirche wendet sich auch gegen die Praxis der Leihmutterschaft, durch die das unermesslich wertvolle Kind zu einem bloßen Objekt wird. In dieser Hinsicht sind die Worte von Papst Franziskus von einzigartiger Klarheit: „[D]er Weg des Friedens erfordert die Achtung vor dem Leben, vor jedem menschlichen Leben, angefangen bei dem des ungeborenen Kindes im Mutterleib, das weder beseitigt noch zu einem Objekt der Kommerzialisierung gemacht werden darf. In diesem Zusammenhang halte ich die Praxis der sogenannten Leihmutterschaft für verwerflich, da sie die Würde der Frau und des Kindes schwer verletzt. Sie basiert auf der Ausnutzung der materiellen Notlage der Mutter. Ein Kind ist immer ein Geschenk und niemals ein Vertragsgegenstand. Ich plädiere daher dafür, dass sich die internationale Gemeinschaft für ein weltweites Verbot dieser Praxis einsetzt.“[92]
49. Die Praxis der Leihmutterschaft verletzt in erster Linie die Würde des Kindes. Jedes Kind besitzt nämlich vom Moment der Empfängnis, der Geburt und dann in seinem Heranwachsen als Junge oder Mädchen bis hin zum Erwachsenwerden eine unantastbare Würde, die in jeder Phase seines Lebens deutlich zum Ausdruck kommt, wenn auch in einzigartiger und differenzierter Weise. Das Kind hat daher kraft seiner unveräußerlichen Würde das Recht auf eine vollständig menschliche und nicht künstlich herbeigeführte Herkunft und auf das Geschenk eines Lebens, das zugleich die Würde des Gebers und des Empfängers zum Ausdruck bringt. Die Anerkennung der Würde der menschlichen Person schließt auch die Anerkennung der Würde der ehelichen Vereinigung und der menschlichen Fortpflanzung in all ihren Dimensionen ein. In diesem Sinne kann der legitime Wunsch, ein Kind zu bekommen, nicht in ein „Recht auf ein Kind“ umgewandelt werden, das die Würde des Kindes selbst als Empfänger der freien Gabe des Lebens nicht respektiert.[93]
50. Die Praxis der Leihmutterschaft verletzt zugleich die Würde der Frau selbst, die dazu gezwungen wird oder sich aus freien Stücken dazu entschließt, sich ihr zu unterwerfen. Durch eine solche Praxis wird die Frau von dem Kind, das in ihr heranwächst, losgelöst und zu einem bloßen Mittel, das dem Profit oder dem willkürlichen Wunsch anderer unterworfen ist. Dies widerspricht in jeder Hinsicht der grundlegenden Würde eines jeden Menschen und seinem Recht, immer als er selbst und niemals als Instrument für etwas Anderes anerkannt zu werden.
Die Euthanasie und assistierter Suizid
51. Es gibt einen besonderen Fall der Verletzung der Menschenwürde, der zwar leiser ist, aber immer mehr an Bedeutung gewinnt. Seine Besonderheit besteht darin, dass ein falscher Begriff von Menschenwürde verwendet wird, um ihn gegen das Leben selbst zu wenden. Diese heute weit verbreitete Verwechslung tritt bei der Diskussion über die Euthanasie zutage. So werden Gesetze, die die Möglichkeit der Sterbehilfe oder des assistierten Suizids anerkennen, manchmal als „Gesetze zum würdevollen Sterben“ („death with dignity acts“) bezeichnet. Es herrscht die weit verbreitete Auffassung, dass Sterbehilfe oder Beihilfe zum Suizid mit der Achtung der Würde des Menschen vereinbar seien. Angesichts dieser Tatsache muss mit Nachdruck bekräftigt werden, dass das Leiden nicht dazu führt, dass der kranke Mensch die ihm innewohnende und unveräußerliche Würde verliert, sondern dass es zu einer Gelegenheit werden kann, die Bande der gegenseitigen Zugehörigkeit zu stärken und sich der Kostbarkeit eines jeden Menschen für die gesamte Menschheit bewusster zu werden.
52. Sicherlich verlangt die Würde des Kranken, dass jeder die angemessenen und notwendigen Anstrengungen unternimmt, um sein Leiden durch eine angemessene palliative Pflege zu lindern und jeden therapeutischen Übereifer oder unverhältnismäßige Maßnahme zu vermeiden. Diese Fürsorge entspricht der „ständige[n] Pflicht, die Bedürfnisse des Patienten zu verstehen: die des Beistands und der Schmerzlinderung sowie emotionale, affektive und spirituelle Bedürfnisse“[94]. Ein solches Bemühen ist jedoch etwas ganz anderes, unterschiedliches, ja gegenteiliges gegenüber der Entscheidung, das eigene oder das Leben eines anderen unter der Last des Leidens zu beseitigen. Das menschliche Leben, selbst in seinem schmerzhaften Zustand, ist Träger einer Würde, die immer geachtet werden muss, die nicht verloren gehen kann und deren Achtung bedingungslos bleibt. Es gibt in der Tat keine Bedingungen, ohne die das menschliche Leben nicht mehr würdig wäre und deshalb beseitigt werden könnte: „Das Leben hat für jeden die gleiche Würde und den gleichen Wert- Der Respekt vor dem Leben des anderen ist der gleiche, den man seiner eigenen Existenz schuldet“[95]. Dem Suizidanten zu helfen, sich das Leben zu nehmen, ist daher ein objektiver Verstoß gegen die Würde der Person, die darum bittet, selbst wenn dies die Erfüllung ihres Wunsches ist: „Wir müssen zum Tod begleiten, nicht den Tod herbeiführen oder Beihilfe zu irgendeiner Form des Selbstmords leisten. Ich erinnere daran, dass das Recht auf Behandlung, und zwar auf Behandlung für alle, stets an erster Stelle stehen muss, damit die schwachen Menschen, insbesondere die alten und kranken Menschen, niemals weggeworfen werden. Das Leben ist ein Recht, nicht der Tod, der angenommen werden muss und nicht verabreicht werden darf. Und dieses ethische Prinzip betrifft alle, nicht nur die Christen oder die Gläubigen.“[96] Wie bereits erwähnt, impliziert die Würde eines jeden Menschen, wie schwach oder leidend er auch sein mag, die Würde aller Menschen.
Der Ausschuss von andersfähigen Menschen
53. Ein Kriterium für die tatsächliche Beachtung der Würde eines jeden Menschen ist natürlich die Fürsorge für die am meisten Benachteiligten. Unsere Zeit zeichnet sich leider nicht gerade durch eine solche Fürsorge aus: In Wahrheit setzt sich eine Wegwerf-Kultur durch.[97] Um dieser Tendenz entgegenzuwirken, verdient die Situation derjenigen, die sich in einer Situation körperlicher oder psychischer Defizite befinden, besondere Aufmerksamkeit und Fürsorge. Dieser Zustand der besonderen Verletzlichkeit,[98] der in den Evangelienberichten so sehr im Vordergrund steht, stellt allgemein die Frage, was es bedeutet, ein Mensch zu sein, gerade in einem Zustand der Beeinträchtigung oder Behinderung. Die Frage nach der Unvollkommenheit des Menschen hat auch aus soziokultureller Sicht deutliche Auswirkungen, da Menschen mit Behinderungen in einigen Kulturen manchmal an den Rand gedrängt, wenn nicht sogar unterdrückt werden, da sie als echter „Abfall“ behandelt werden. In Wirklichkeit erhält jeder Mensch, unabhängig von seiner Verletzlichkeit, seine Würde gerade dadurch, dass er von Gott gewollt und geliebt ist. Aus diesen Gründen sollten die Eingliederung und aktive Teilnahme am gesellschaftlichen und kirchlichen Leben all derer, die in irgendeiner Weise durch Gebrechlichkeit oder Behinderung gekennzeichnet sind, so weit wie möglich gefördert werden.[99]
54. In einer breiteren Perspektive sollte man sich daran erinnern, dass die „Nächstenliebe, die das geistige Herzstück der Politik ist, […] eine Liebe [ist], die den Letzten den Vorzug gibt, und die hinter jeder Handlung steht, die zu ihren Gunsten vollzogen wird. […], sich der Gebrechlichkeit anzunehmen, [es] bedeutet Kraft und Zärtlichkeit, bedeutet Kampf und Fruchtbarkeit inmitten eines funktionellen und privatistischen Modells, das unweigerlich zur «Wegwerf-Kultur» führt. […] Es bedeutet, die Gegenwart in ihrer nebensächlichsten und am meisten beängstigenden Situation auf sich zu nehmen und fähig zu sein, sie mit Würde zu salben.‘ So ruft man gewiss eine intensive Tätigkeit ins Leben, denn es, muss alles getan werden, um den Status und die Würde der menschlichen Person zu schützen‘.“[100]
Gender-Theorie
55. Die Kirche möchte vor allem „bekräftigen, dass jeder Mensch, unabhängig von seiner sexuellen Orientierung, in seiner Würde geachtet und mit Respekt aufgenommen werden soll und sorgsam zu vermeiden ist, ihn ‚in irgendeiner Weise ungerecht zurückzusetzen‘ oder ihm gar mit Aggression und Gewalt zu begegnen“[101]. Aus diesem Grund muss es als Verstoß gegen die Menschenwürde angeprangert werden, dass mancherorts nicht wenige Menschen allein aufgrund ihrer sexuellen Orientierung inhaftiert, gefoltert und sogar des Lebens beraubt werden.
56. Gleichzeitig hebt die Kirche entscheidende Kritikpunkte in der Gender-Theorie hervor. In diesem Zusammenhang erinnerte Papst Franziskus daran, dass „[d]er Weg des Friedens […] die Achtung der Menschenrechte [erfordert], wie sie in der Allgemeinen Erklärung der Menschenrechte, deren 75-jähriges Bestehen wir kürzlich gefeiert haben, einfach und klar formuliert sind. Es handelt sich dabei um rational einleuchtende und allgemein anerkannte Grundsätze. Leider haben die Versuche der letzten Jahrzehnte, neue Rechte einzuführen, die nicht ganz mit den ursprünglich definierten übereinstimmen und nicht immer akzeptabel sind, zu ideologischen Kolonisierungen geführt, unter denen die Gender-Theorie eine zentrale Rolle spielt, die sehr gefährlich ist, weil sie mit ihrem Anspruch, alle gleich zu machen, die Unterschiede auslöscht“.[102]
57. Im Hinblick auf die Gender-Theorie, über deren wissenschaftliche Konsistenz in der Fachwelt viel diskutiert wird, erinnert die Kirche daran, dass das menschliche Leben in all seinen Bestandteilen, körperlich und geistig, ein Geschenk Gottes ist, von dem gilt, dass es mit Dankbarkeit angenommen und in den Dienst des Guten gestellt wird. Über sich selbst verfügen zu wollen, wie es die Gender-Theorie vorschreibt, bedeutet ungeachtet dieser grundlegenden Wahrheit des menschlichen Lebens als Gabe nichts anderes, als der uralten Versuchung des Menschen nachzugeben, sich selbst zu Gott zu machen und in Konkurrenz zu dem wahren Gott der Liebe zu treten, den uns das Evangelium offenbart.
58. Ein zweiter Punkt der Gender-Theorie ist, dass sie versucht, den größtmöglichen Unterschied zwischen Lebewesen zu leugnen: den der Geschlechter. Dieser fundamentale Unterschied ist nicht nur der größtmöglich vorstellbare, sondern auch der schönste und mächtigste: Er bewirkt im Paar von Mann und Frau die bewundernswerteste Gegenseitigkeit und ist somit die Quelle jenes Wunders, das uns immer wieder in Erstaunen versetzt, nämlich die Ankunft neuer menschlicher Wesen in der Welt.
59. In diesem Sinne ist der Respekt vor dem eigenen Leib und dem der anderen angesichts der Ausbreitung und des Anspruchs auf neue Rechte, die von der Gender-Theorie propagiert werden, wesentlich. Diese Ideologie „stellt eine Gesellschaft ohne Geschlechterdifferenz in Aussicht und höhlt die anthropologische Grundlage der Familie aus.“[103] Es ist daher inakzeptabel, „dass einige Ideologien dieser Art, die behaupten, gewissen und manchmal verständlichen Wünschen zu entsprechen, versuchen, sich als einzige Denkweise durchzusetzen und sogar die Erziehung der Kinder zu bestimmen. Man darf nicht ignorieren, dass ,das biologische Geschlecht (sex) und die soziokulturelle Rolle des Geschlechts (gender) unterschieden, aber nicht getrennt werden [können]‘.“[104] Deshalb sind alle Versuche abzulehnen, die den Hinweis auf den unaufhebbaren Geschlechtsunterschied zwischen Mann und Frau verschleiern: „[M]an [kann] das, was männlich und weiblich ist, nicht von dem Schöpfungswerk Gottes trennen […], das vor allen unseren Entscheidungen und Erfahrungen besteht und wo es biologische Elemente gibt, die man unmöglich ignorieren kann“[105]. Nur wenn jede menschliche Person diesen Unterschied in Wechselseitigkeit erkennen und akzeptieren kann, wird sie fähig, sich selbst, ihre Würde und ihre Identität voll zu entdecken.
Geschlechtsumwandlung
60. Die Würde des Leibes kann nicht als geringer angesehen werden als die der Person als solcher. Der Katechismus der katholischen Kirche fordert uns ausdrücklich auf, anzuerkennen, dass „[d]er Leib des Menschen […] an der Würde des Seins, nach dem Bilde Gottes‘ teil[hat]“[106]. An diese Wahrheit gilt es besonders bezüglich der Frage der Geschlechtsumwandlung zu erinnern. Der Mensch besteht untrennbar aus Leib und Seele, und der Leib ist der lebendige Ort, an dem sich das Innere der Seele entfaltet und manifestiert, auch durch das Netz menschlicher Beziehungen. Seele und Leib, die das Wesen der Person ausmachen, haben somit Anteil an der Würde, die jeden Menschen kennzeichnet.[107] In diesem Zusammenhang ist daran zu erinnern, dass der menschliche Leib insofern an der Würde der Person teilhat, als er mit persönlichen Bedeutungen ausgestattet ist, insbesondere in seiner geschlechtlichen Beschaffenheit.[108] Denn im Leib erkennt sich jeder Mensch als von anderen gezeugt, und es ist durch ihren Leib, dass Mann und Frau eine Liebesbeziehung aufbauen können, die wiederum fähig ist, andere Personen zu zeugen. Über Notwendigkeit der Achtung der natürlichen Ordnung der menschlichen Person, lehrt Papst Franziskus: „Die Schöpfung geht uns voraus und muss als Geschenk empfangen werden. Zugleich sind wir berufen, unser Menschsein zu behüten, und das bedeutet vor allem, es so zu akzeptieren und zu respektieren, wie es erschaffen worden ist“[109]. Daraus folgt, dass jeder geschlechtsverändernde Eingriff in der Regel die Gefahr birgt, die einzigartige Würde zu bedrohen, die ein Mensch vom Moment der Empfängnis an besitzt. Damit soll nicht ausgeschlossen werden, dass eine Person mit bereits bei der Geburt vorhandenen oder sich später entwickelnden genitalen Anomalien sich für eine medizinische Behandlung zur Behebung dieser Anomalien entscheiden kann. In diesem Fall würde die Operation keine Geschlechtsumwandlung in dem hier beabsichtigten Sinne darstellen.
Gewalt in der digitalen Welt
61. Der Fortschritt der digitalen Technologien bietet zwar viele Möglichkeiten, die Menschenwürde zu fördern, doch tendiert er zunehmend dazu, eine Welt zu schaffen, in der Ausbeutung, Ausgrenzung und Gewalt zunehmen, was so weit gehen kann, dass die Würde der menschlichen Person verletzt wird. Man denke daran, wie leicht es mit diesen Mitteln ist, den guten Namen eines Menschen durch falsche Berichterstattung und Verleumdung zu gefährden. In diesem Zusammenhang betont Papst Franziskus, dass „es ungesund [ist], Kommunikation mit rein virtuellem Kontakt zu verwechseln. Tatsächlich ist die digitale Welt ‚auch ein Ort der Einsamkeit, Manipulation, Ausbeutung und Gewalt, die sich im Extremfall im Dark Web manifestieren. Durch digitale Medien besteht die Gefahr, dass Nutzer abhängig werden, sich isolieren und immer stärker den Kontakt zur konkreten Wirklichkeit verlieren, wodurch die Entwicklung echter zwischenmenschlicher Beziehungen behindert wird. Neue Formen der Gewalt breiten sich über die Sozialen Medien aus, wie z. B. Cybermobbing; das Internet dient auch als Kanal zur Verbreitung von Pornografie und der Ausbeutung von Menschen für sexuelle Zwecke oder durch Glücksspiel‘.“[110] Und so kommt es paradoxerweise auch dazu, dass dort, wo die Verbindungsmöglichkeiten zunehmen, man sich zunehmend isoliert und an zwischenmenschlichen Beziehungen verarmt: „In der digitalen Kommunikation will man alles zeigen, und jeder Einzelne wird auf anonymem Weg zu einem Objekt, das bespitzelt, entblößt und in die Öffentlichkeit gezerrt wird. Die Achtung vor dem anderen bröckelt, und auf diese Weise – gerade wenn ich ihn verdränge, ihn nicht beachte und auf Distanz halte – kann ich ohne irgendeine Scham bis zum Äußersten in sein Leben eindringen“[111]. Solche Tendenzen stellen eine dunkle Seite des digitalen Fortschritts dar.
62. In dieser Perspektive, wenn die Technologie der Menschenwürde dienen und nicht schaden soll und wenn sie den Frieden und nicht die Gewalt fördern soll, dann muss die menschliche Gemeinschaft diesen Tendenzen in der Achtung vor der Menschenwürde gegenübertreten und das Gute fördern: „In dieser globalisierten Welt ‚können die Medien dazu verhelfen, dass wir uns einander näher fühlen, dass wir ein neues Gefühl für die Einheit der Menschheitsfamilie entwickeln, das uns zur Solidarität und zum ernsthaften Einsatz für ein würdigeres Leben drängt. […] Die Medien können uns dabei behilflich sein, besonders heute, da die Kommunikationsnetze der Menschen unerhörte Entwicklungen erreicht haben. Besonders das Internet kann allen größere Möglichkeiten der Begegnung und der Solidarität untereinander bieten, und das ist gut, es ist ein Geschenk Gottes‘. Es muss allerdings ständig überprüft werden, ob uns die heutigen Formen der Kommunikation tatsächlich zu einer großherzigen Begegnung, zu einer aufrichtigen Suche nach der vollen Wahrheit, zum Dienst, zur Nähe zu den Geringsten, zum Einsatz für den Aufbau des Gemeinwohls führen.“[112]
Schluss
63. Anlässlich des 75. Jahrestages der Verkündung der Allgemeinen Erklärung der Menschenrechte (1948) bekräftigte Papst Franziskus, dass dieses Dokument „wie ein Königsweg [ist], auf dem viele Fortschritte gemacht wurden, wo aber noch sehr viele weitere Schritte fehlen, und manchmal machen wir leider auch Rückschritte. Der Einsatz für die Menschenrechte ist nie zu Ende! In dieser Hinsicht bin ich all jenen nahe, die im konkreten Alltag ohne viel Aufhebens persönlich für die Rechte derjenigen kämpfen und einstehen, die nicht zählen.“[113]
64. In diesem Sinne fordert die Kirche mit dieser Erklärung nachdrücklich, dass die Achtung der Würde der menschlichen Person unabhängig von allen Umständen in den Mittelpunkt des Einsatzes für das Gemeinwohl und jeder Rechtsordnung gestellt wird. Die Achtung der Würde jedes einzelnen Menschen ist nämlich die unverzichtbare Grundlage für die Existenz jeder Gesellschaft, die den Anspruch erhebt, sich auf ein gerechtes Recht und nicht auf Macht zu gründen. Auf der Grundlage der Anerkennung der Menschenwürde werden die grundlegenden Menschenrechte gewahrt, die jedem zivilisierten Zusammenleben vorausgehen und zugrunde liegen.[114]
65. Jeder einzelnen Person und zugleich jeder menschlichen Gemeinschaft kommt die Aufgabe zu, die Menschenwürde konkret und wirksam zu verwirklichen, während es die Pflicht der Staaten ist, sie nicht nur zu schützen, sondern auch jene Bedingungen zu gewährleisten, die notwendig sind, damit sie sich in der ganzheitlichen Förderung der menschlichen Person entfalten kann: „Im politischen Einsatz muss man daran erinnern: ‚Jenseits aller äußeren Erscheinung ist jeder unendlich heilig und verdient unsere Liebe und unsere Hingabe‘.“[115]
66. Auch heute, angesichts so vieler Verletzungen der Menschenwürde, die die Zukunft des Menschengeschlechts ernsthaft bedrohen, ermutigt die Kirche zur Förderung der Würde jeder menschlichen Person, unabhängig von ihren körperlichen, geistigen, kulturellen, sozialen und religiösen Eigenschaften. Sie tut dies in der Hoffnung und in der Gewissheit der Kraft, die vom auferstandenen Christus ausgeht, der die ganzheitliche Würde eines jeden Menschen in ihrer ganzen Fülle offenbart hat. Diese Gewissheit wird in den Worten von Papst Franziskus zu einem Appell: „Jeden Menschen dieser Welt bitte ich, diese seine Würde nicht zu vergessen; niemand hat das Recht, sie ihm zu nehmen“[116].
Papst Franziskus hat bei der Audienz, die dem unterzeichneten Präfekten des Dikasteriums für die Glaubenslehre am 25. März 2024 gewährt wurde, die vorliegende Erklärung approbiert, die in der Ordentlichen Sitzung dieses Dikasteriums am 28. Februar 2024 beschlossen wurde, und ihre Veröffentlichung angeordnet.
Gegeben in Rom, am Sitz des Dikasteriums für die Glaubenslehre, am 2. April 2024, dem 19. Todestag des Heiligen Johannes Paul II.
Víctor Manuel Kard. Fernández
Präfekt
Msgr. Armando Matteo
Sekretär für die doktrinäre Sektion
EX AUDIENTIA DIE 25.03.2024
FRANCISCUS
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[1] Hl. Johannes Paul II., Angelus mit den Behinderten in der Kathedrale von Osnabrück (16. November 1980): Insegnamenti III/2 (1980), S. 1232.
[2] Franziskus, Apost. Schreiben Laudate Deum (4. Oktober 2023), Nr. 39: L’Osservatore Romano (4. Oktober 2023), S. III.
[3] Im Jahre 1948 haben die Vereinten Nationen die Allgemeine Erklärung der Menschenrechte verabschiedet, die aus dreißig Artikeln besteht. Das Wort „Würde“ kommt darin fünfmal vor, und zwar an strategischen Stellen: in den ersten Worten der Präambel und im ersten Satz des ersten Artikels. Diese Würde wird allen „Mitglieder[n] der Gemeinschaft der Menschen“ zugesprochen (Präambel) und „alle Menschen sind frei und gleich an Würde und Rechten geboren“ (Artikel 1).
[4] Betrachtet man nur die Neuzeit, so kann man sehen, wie die Kirche die Bedeutung der Menschenwürde immer stärker betont hat. Das Thema wurde insbesondere in der Enzyklika Rerum novarum von Papst Leo XIII. (1891), in der Enzyklika Quadragesimo anno von Papst Pius XI. (1931) und in der Allokution an die Teilnehmerinnen des Kongresses der Italienischen Katholischen Union der Hebammen von Papst Pius XII. (1951) behandelt. Das Zweite Vatikanische Konzil hat dieses Thema dann besonders vertieft, indem es dem Thema mit der Erklärung Dignitatis humanae (1965) ein ganzes Dokument widmete und die menschliche Freiheit auch in der Pastoralkonstitution Gaudium et spes (1965) erörterte.
[5] Hl. Paul VI., Generalaudienz (4. September 1968): Insegnamenti VI (1968), S. 886.
[6] Hl. Johannes Paul II., Ansprache bei der 3. Generalversammlung der Lateinamerikanischen Bischofskonferenz (28. Januar 1979), III.1–2: Insegnamenti II/1 (1979), S. 202–203.
[7] Benedikt XVI., Ansprache an die Teilnehmer der Vollversammlung der Päpstlichen Akademie für das Leben (13. Februar 2010): Insegnamenti VI/1 (2011), S. 218.
[8] Benedikt XVI., Ansprache an die Mitglieder der Entwicklungsbank des Europarats, Sala Clementina (12. Juni 2010): Insegnamenti VI/1 (2011), S. 912–913.
[9] Franziskus, Apost. Schreiben Evangelii gaudium (24. November 2013), Nr. 178: AAS 105 (2013), S. 1094, inneres Zitat: Hl. Johannes Paul II., Angelus mit den Behinderten in der Kathedrale von Osnabrück (16. November 1980): Insegnamenti III/2 (1980), S. 1232.
[10] Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nr. 8: AAS 112 (2020), S. 971.
[11] Ebd., Nr. 277: AAS 112 (2020), S. 1069.
[12] Ebd., Nr. 213: AAS 112 (2020), S. 1045.
[13] Ebd., Nr. 213: AAS 112 (2020), S. 1045, inneres Zitat: Franziskus, Botschaft an die Teilnehmer der Internationalen Konferenz „Menschenrechte in der heutigen Welt: Errungenschaften, Unterlassungen, Verweigerungen“ (10. Dezember 2018): L’Osservatore Romano (10.–11. Dezember 2018), S. 8.
[14] Auf die Erklärung der Vereinten Nationen von 1948 folgten deren weitere Überarbeitungen: der Internationale Pakt über bürgerliche und politische Rechte von 1966 und die Schlussakte der Konferenz über Sicherheit und Zusammenarbeit in Europa von 1975.
[15] Vgl. Internationale Theologische Kommission, Würde und Rechte der menschlichen Person (1983), Einleitung, 3. Ein Kompendium der katholischen Lehre zur Menschenwürde findet sich in Katechismus der katholischen Kirche, im Kapitel unter dem Titel „Die Würde des Menschen”, Nrn. 1700–1876.
[16] Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nr. 22: AAS 112 (2020), S. 976.
[17] Boethius, Contra Eutychen et Nestorium, Kap. 3: PL 64, S. 1344: „persona est rationalis naturae individua substantia“. Vgl. Hl. Bonaventura, Commentaria in librum I Sententiarum, d. 25, a. 1, q. 2; Hl. Thomas von Aquin, Summa theologiae, I, q. 29, a. 1, resp.
[18] Da es nicht das Ziel dieser Erklärung ist, eine erschöpfende Abhandlung über den Begriff der Würde zu verfassen, wird hier um der Kürze willen exemplarisch nur die sogenannte klassische griechische und römische Kultur als Bezugspunkt der frühchristlichen philosophischen und theologischen Reflexion erwähnt.
[19] Vgl. z. B. Cicero, De Officiis I, 105–106: „sed pertinet ad omnem officii quaestionem semper in promptu habere, quantum natura hominis pecudibus reliquisque beluis antecedat […] Atque etiam si considerare volumus, quae sit in natura excellentia et dignitas, intellegemus, quam sit turpe diffluere luxuria et delicate ac molliter vivere quamque honestum parce, continenter, severe, sobrie“ (Scriptorum Latinorum Biblioteca Oxoniensis, hrsg. v. M. Winterbottom, Oxford 1994, S. 43). In deutscher Übersetzung: „Es kommt bei der ganzen Untersuchung über die Pflicht darauf an, immer vor Augen zu haben, wie sehr die Natur des Menschen dem Vieh und den übrigen Tieren überlegen ist […] Und wenn wir uns vor Augen halten wollen, welche Überlegenheit und Würde in unserer Natur liegen, werden wir auch verstehen, wie schändlich es ist, sich Ausschweifungen zu ergeben und üppig und verweichlicht zu leben, und wie moralisch es ist, ein sparsames, enthaltsames, ernsthaftes und nüchternes Leben zu führen“, Vom pflichtgemäßen Handeln. Lateinisch – Deutsch, hrsg. v. R. Nickel, De Gruyter, Berlin 2013, S. 89.
[20] Vgl. Hl. Paul VI., Pilgerfahrt ins Heilige Land – Besuch der Verkündigungsbasilika in Nazareth (5. Januar 1964): AAS 56 (1964), S. 166–170.
[21] Unter den verschiedenen Belegen vgl. z. B. Hl. Clemens von Rom, 1 Clem. 33, 4f: PG 1, S. 273; Theophilus von Antiochien, Ad Aut. I, 4: PG 6, 1029; Hl. Clemens von Alexandrien, Strom. III, 42, 5–6: PG 8, S. 1145; ebd., VI, 72, 2: PG 9, S. 293; Hl. Irenäus von Lyon, Adv. Haer. V, 6, 1: PG 7, S. 1137–1138; Origenes, De princ. III, 6,1: PG 11, S. 333; Hl. Augustinus, De Gen. ad lit. VI, 12: PL 34, S. 348. De Trin. XIV, 8, 11: PL 42, S. 1044–1045.
[22] Hl. Thomas von Aquin, Summa Theologiae, I, q. 29, a. 3, resp.: „persona significat id, quod est perfectissimum in tota natura, scilicet subsistens in rationali natura“.
[23] Man denke nur an Giovanni Pico della Mirandola und seinen berühmten Text Orario de hominis dignitate (1486).
[24] Für einen jüdischen Denker wie E. Levinas (1906–1995) wird der Mensch durch seine Freiheit insofern qualifiziert, als er sich in unendlicher Weise für den anderen Menschen verantwortlich entdeckt.
[25] Einige der großen christlichen Denker des 19. und 20. Jahrhunderts, wie der heilige J. H. Newman, der selige A. Rosmini, J. Maritain, E. Mounier, K. Rahner, H. U. von Balthasar und andere, haben es geschafft, ein Menschenbild vorzulegen, das mit den Denkströmungen unseres beginnenden 21. Jahrhunderts, unabhängig von ihrer, auch der postmodernen Inspiration, wirksam in Dialog treten kann.
[26] Aus diesem Grund besagt die Allgemeine Erklärung der Menschenrechte implizit, „dass die Quelle der unveräußerlichen Menschenrechte in der Würde jeder menschlichen Person liegt“: Internationale Theologische Kommission, Auf der Suche nach einer universalen Ethik. Ein neuer Blick auf das natürliche Sittengesetz (2009), Nr. 115.
[27] II. Vatikanisches Konzil, Past. Konst. Gaudium et Spes (7. Dezember 1965), Nr. 26: AAS 58 (1966), S. 1046; das gesamte erste Kapitel des ersten Hauptteils der Konstitution (Nr. 11–22) ist der „Würde des der menschlichen Person“ gewidmet.
[28] II. Vatikanisches Konzil, Erkl. Dignitatis humanae (7. Dezember 1965), Nr. 1: AAS 58 (1966), S. 929.
[29] Ebd., Nr. 2: AAS 58 (1966), S. 931.
[30] Kongregation für die Glaubenslehre, Instr. Dignitas personae, Nr. 7: AAS 100 (2008), S. 863. Vgl. auch Irenäus von Lyon, Adv. Haer. V, 16, 2: PG 7, S. 1167–1168.
[31] Da „der Sohn Gottes, […] sich in seiner Menschwerdung gewissermaßen mit jedem Menschen vereinigt hat“ (II. Vatikanisches Konzil, Past. Konst. Gaudium et Spes [7. Dezember 1965], Nr. 22: AAS 58 [1966], S. 1042), wird die Würde jedes Menschen in ihrer Fülle durch Christus geoffenbart.
[32] II. Vatikanisches Konzil, Past. Konst. Gaudium et spes (7. Dezember 1965), Nr. 19: AAS 58 (1966), S. 1038.
[33] Hl. Johannes Paul II., Enz. Evangelium vitae (25. März 1995), Nr. 38: AAS 87 (1995), S. 443, inneres Zitat: Hl. Irenäus von Lyon, Adv. Haer. IV, 20,7: PG 7, S. 1037–1038.
[34] In der Tat hat Christus den Getauften eine neue Würde verliehen, nämlich die der „Kinder Gottes“: vgl. Katechismus der katholischen Kirche, Nrn. 1213, 1265, 1270, 1279.
[35] II. Vatikanisches Konzil, Erkl. Dignitatis humanae (7. Dezember 1965), Nr. 9: AAS 58 (1966), S. 935.
[36] Vgl. Hl. Irenäus von Lyon, Adv. Haer. V, 6, 1. V, 8, 1. V, 16, 2: PG 7, S. 1136–1138. 1141–1142. 1167–1168; Hl. Johannes von Damaskus, De fide orth. 2, 12: PG 94, S. 917–930.
[37] Benedikt XVI., Ansprache in Westminster Hall (17. September 2010): Insegnamenti VI/2 (2011), S. 240.
[38] Franziskus, Generalaudienz (12. August 2020): L’Osservatore Romano (13. August 2020), S. 8, innere Zitate: Hl. Johannes Paul II., Ansprache an die Vollversammlung der Vereinten Nationen (2. Oktober 1979), Nr. 7 und Ders., Ansprache an die Vollversammlung der Vereinten Nationen (5. Oktober 1995), Nr. 2.
[39] Vgl. Kongregation für die Glaubenslehre, Instr. Dignitas Personae (8. September 2008), Nr. 8: AAS 100 (2008), S. 863–864.
[40] Internationale Theologische Kommission, Die Religionsfreiheit im Dienste des Allgemeinwohls (2019), Nr. 38.
[41] Vgl. Franziskus, Ansprache an das beim Heiligen Stuhl akkreditierte diplomatische Korps (8. Januar 2024): L’Osservatore Romano (8. Januar 2024), S. 3.
[42] Hl. Johannes Paul II., Enz. Evangelium vitae (25. März 1995), Nr. 19: AAS 87 (1995), S. 422.
[43] Franziskus, Enz. Laudato si’ (24. Mai 2015), Nr. 69: AAS 107 (2015), S. 875, inneres Zitat: Katechismus der katholischen Kirche, Nr. 339.
[44] Franziskus, Apost. Schreiben Laudate Deum (4. Oktober 2023), Nr. 67: L’Osservatore Romano (4. Oktober 2023), IV.
[45] Ebd., Nr. 63: L’Osservatore Romano (4. Oktober 2023), IV.
[46] Katechismus der katholischen Kirche, Nr. 1730.
[47] Benedikt XVI., Botschaft zur Feier des 44. Weltfriedenstages (1. Januar 2011), Nr. 3: Insegnamenti VI/2 (2011), S. 979.
[48] Päpstlicher Rat für Gerechtigkeit und Frieden, Kompendium der Soziallehre der Kirche, Nr. 137.
[49] Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nr. 109: AAS 112 (2020), S. 1006.
[50] Päpstlicher Rat für Gerechtigkeit und Frieden, Kompendium der Soziallehre der Kirche, Nr. 137.
[51] Franziskus, Ansprache an die Teilnehmer des internationalen Treffens der Volksbewegungen (28. Oktober 2014): AAS 106 (2014), S. 858.
[52] Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nr. 107: AAS 112 (2020), S. 1005–1006.
[53] II. Vatikanisches Konzil, Past. Konst. Gaudium et spes (7. Dezember 1965), Nr. 27: AAS 58 (1966), S. 1047.
[54] Ebd.
[55] Ebd.
[56] Vgl. Katechismus der katholischen Kirche, Nr. 2267 und Kongregation für die Glaubenslehre, Schreiben an die Bischöfe über die neue Formulierung der Nr. 2267 des Katechismus der katholischen Kirche bezüglich der Todesstrafe (1. August 2018), Nrn. 7–8.
[57] Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nr. 269: AAS 112 (2020), S. 1065.
[58] Hl. Johannes Paul II., Enz. Sollicitudo Rei Socialis (30. Dezember 1987), Nr. 28: AAS 80 (1988), S. 549.
[59] Benedikt XVI., Enz. Caritas in veritate (29. Juni 2009), Nr. 22: AAS 101 (2009), S. 657, inneres Zitat: Paul VI., Enz. Populorum progressio (26. März 1967), Nr. 9: AAS 59 (1967), S. 261–262.
[60] Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nr. 21: AAS 112 (2020), S. 976, inneres Zitat: Benedikt XVI., Enz. Caritas in veritate (29 giugno 2009), Nr. 22: AAS 101 (2009), S. 657.
[61] Franziskus, Nr. 20: AAS 112 (2020), S. 975–976. Vgl. auch das „Gebet zum Schöpfer“ am Ende dieser Enzyklika.
[62] Ebd., Nr. 116: AAS 112 (2020), S. 1009, inneres Zitat: Franziskus, Ansprache an die Teilnehmer des internationalen Treffens der Volksbewegungen (28. Oktober 2014): AAS 106 (2014), S. 851–852.
[63] Franziskus, Enz. Fratelli tutti, Nr. 162: AAS 112 (2020), S. 1025, inneres Zitat: Franziskus, Ansprache an das beim Heiligen Stuhl akkreditierte diplomatische Korps (12. Januar 2015): AAS 107 (2015), S. 165.
[64] Ebd., Nr. 25: AAS 112 (2020), S. 978, inneres Zitat: Franziskus, Botschaft zur Feier der 49. Weltfriedenstages (1. Januar 2016): AAS 108 (2016), S. 49.
[65] Franziskus, Botschaft an die Teilnehmer der VI. Veranstaltung des „Forum de Paris sur la Paix“ (10. November 2023): L’Osservatore Romano (10. November 2023), S. 7, inneres Zitat: Ders., Generalaudienz (23. März 2022): L’Osservatore Romano (23. März 2022), S. 3.
[66] Franziskus, Ansprache bei der Konferenz der Vertragsstaaten der Klimarahmenkonvention der Vereinten Nationen (COP 28) (2. Dezember 2023): L’Osservatore Romano (2. Dezember 2023), S. 2.
[67] Vgl. Hl. Paul VI., Ansprache an die Vereinten Nationen (4. Oktober 1965): AAS 57 (1965), S. 881.
[68] Hl. Johannes Paul II., Enz. Redemptor hominis (4. März 1979), Nr. 16: AAS 71 (1979), S. 295.
[69] Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nr. 258: AAS 112 (2020), S. 1061.
[70] Franziskus, Ansprache an den Sicherheitsrat der Vereinten Nationen (14. Juni 2023): L’Osservatore Romano (15. Juni 2023), S. 8.
[71] Franziskus, Ansprache am Weltgebetstag für den Frieden (20. September 2016): L’Osservatore Romano (22. September 2016), S. 5.
[72] Vgl. Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nr. 38: AAS 112 (2020), S. 983: „Folglich muss auch ,das Recht nicht auszuwandern – das heißt, in der Lage zu sein, im eigenen Land zu bleiben – bekräftigt werden‘“, inneres Zitat: Benedikt XVI., Botschaft zum 99. Welttag des Migranten und Flüchtlings (12. Oktober 2012): AAS 104 (2012), S. 908.
[73] Vgl. Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nr. 38: AAS 112 (2020), S. 982–983.
[74] Ebd., Nr. 39: AAS 112 (2020), S. 983.
[75] Benedikt XVI., Enz. Caritas in veritate (29. Juni 2009), Nr. 62: AAS 101 (2009), S. 697.
[76] Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nr. 39: AAS 112 (2020), S. 983.
[77] An dieser Stelle kann es nützlich sein, an die Erklärung Pauls III. über die Würde der Menschen in den Ländern der „Neuen Welt“ in der Bulle Pastorale officium (29. Mai 1537) zu erinnern, in der er – unter Androhung der Exkommunikation – feststellt, dass die Bewohner dieser Territorien, „auch wenn sie sich außerhalb des Schoßes der Kirche befinden, dennoch nicht ihrer Freiheit oder der Herrschaft über ihren Besitz […] zu berauben seien, da sie Menschen und deshalb fähig zum Glauben und zum Heil sind“ [„licet extra gremium Ecclesiae existant, non tamen sua libertate, aut rerum suarum dominio […] privandos esse, et cum homines, ideoque fidei et salutis capaces sint“]: DH 1495.
[78] Franziskus, Ansprache an die Teilnehmer der Vollversammlung des Päpstlichen Rats der Seelsorge für die Migranten und Menschen unterwegs (24. Mai 2013): AAS 105 (2013), S. 470–471.
[79] Franziskus, Ansprache an die Mitglieder der UN-Generalversammlung, New York (25. September 2015): AAS 107 (2015), S. 1039.
[80] Franziskus, Ansprache an eine Gruppe neuer Botschafter beim Heiligen Stuhl (12. Dezember 2013): L’Osservatore Romano (13. Dezember 2013), S. 8.
[81] Franziskus, Ansprache an die Teilnehmer der internationalen Konferenz zum Menschenhandel (11. April 2019): AAS 111 (2019), S. 700.
[82] Abschlussdokument der XV. Ordentlichen Generalversammlung der Bischofssynode (27. Oktober 2018), Nr. 29.
[83] Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nr. 23: AAS 112 (2020), S. 977, inneres Zitat: Ders., Apost. Schreiben Evangelii gaudium (24. November 2013), Nr. 212: AAS 105 (2013), S. 1108.
[84] Hl. Johannes Paul II., Brief an die Frauen (29. Juni 1995), Nr. 4: Insegnamenti XVIII/1 (1997), S. 1874.
[85] Ebd., Nr. 5: Insegnamenti XVIII/1 (1997), S. 1875.
[86] Katechismus der katholischen Kirche, Nr. 1645.
[87] Franziskus, Ansprache bei der Marienandacht – Unsere Liebe Frau vom Tor (20. Januar 2018): AAS 110 (2018), Nr. 329.
[88] Franziskus, Ansprache an die Vollversammlung der Kongregation für die Glaubenslehre (21. Januar 2022): L’Osservatore Romano (21. Januar 2022), S. 8.
[89] Hl. Johannes Paul II., Enz. Evangelium vitae (25. März 1995), Nr. 58: AAS 87 (1995), S. 466–467. Zur Frage der Achtung gegenüber menschlichen Embryonen siehe Kongregation für die Glaubenslehre, Instr. Donum vitae (22. Februar 1987): „Die Praxis, menschliche Embryonen in vivo oder in vitro für experimentelle oder kommerzielle Zwecke am Leben zu erhalten, steht in völligem Widerspruch zur menschlichen Würde.“ (I, 4): AAS 80 (1988), S. 82.
[90] Franziskus, Apost. Schreiben Evangelii gaudium (24. November 2013), Nr. 213: AAS 105 (2013), S. 1108.
[91] Ebd.
[92] Franziskus, Ansprache an das beim Heiligen Stuhl akkreditierte diplomatische Korps (8. Januar 2024): L’Osservatore Romano (8. Januar 2024), S. 3.
[93] Vgl. Kongregation für die Glaubenslehre, Instr. Dignitas Personae (8. September 2008), Nr. 16: AAS 100 (2008), S. 868–869. Alle diese Aspekte werden in der Instruktion der damaligen Kongregation für die Glaubenslehre mit dem Titel Donum vitae genau erwähnt (22. Februar 1987): AAS 80 (1988), S. 71–102.
[94] Kongregation für die Glaubenslehre, Brief Samaritanus Bonus (14. Juli 2020), V, Nr. 4: AAS 112 (2020), S. 925.
[95] Vgl. ebd., V, Nr. 1: AAS 112 (2020), S. 919.
[96] Franziskus, Generalaudienz (9. Februar 2022): L’Osservatore Romano (9. Februar 2022), S. 3.
[97] Vgl. vor allem Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nrn. 18–21: AAS 112 (2020), S. 975–976: „Der Ausschuss der Welt“. Die Nr. 188 derselben Enzyklika kommt zur Identifikation einer „Wegwerf-Kultur“.
[98] Vgl. Franziskus, Ansprache an die Teilnehmer der Tagung “Katechese und Menschen mit Behinderung“, gefördert durch den Päpstlichen Rat zur Förderung der Neuevangelisierung (21. Oktober 2017): L’Osservatore Romano (22. Oktober 2017), S. 8: „Die Verletzlichkeit gehört zum Wesen des Menschen“.
[99] Vgl. Franziskus, Botschaft zum internationalen Tag der Menschen mit Behinderung (3. Dezember 2020): AAS 112 (2020), S. 1185–1186.
[100] Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nrn. 187–188: AAS 112 (2020), S. 1035–1036, inneres Zitat: Ders., Ansprache an das Europaparlament, Straßburg (25. November 2014): AAS 106 (2014), S. 999, und Ders., Ansprache an die Vertreter des öffentlichen Lebens und an das diplomatische Korps, Bangui – Zentralafrikanische Republik (29. November 2015): AAS 107 (2015), S. 1320.
[101] Franziskus, Apost. Schreiben Amoris laetitia (19. März 2016), Nr. 250: AAS 108 (2016), S. 412–413, inneres Zitat: Katechismus der katholischen Kirche, Nr. 2358.
[102] Franziskus, Ansprache an das beim Heiligen Stuhl akkreditierte diplomatische Korps (8. Januar 2024): L’Osservatore Romano (8. Januar 2024), S. 3.
[103] Franziskus, Apost. Schreiben Amoris laetitia (19. März 2016), Nr. 56: AAS 108 (2016), S. 334.
[104] Ebd., inneres Zitat: XIV. Ordentliche Generalversammlung der Bischofssynode, Abschlussbericht (24. Oktober 2015), Nr. 58.
[105] Franziskus, Apost. Schreiben Amoris laetitia (19. März 2016), Nr. 286: AAS 108 (2016), S. 425.
[106] Katechismus der katholischen Kirche, Nr. 364.
[107] Dies gilt auch für die Achtung vor dem Leib der Verstorbenen; vgl. z. B. Kongregation für die Glaubenslehre, Instr. Ad resurgendum cum Christo (15. August 2016), Nr. 3: AAS 108 (2016), S. 1290: „Indem die Kirche den Leichnam der Verstorbenen beerdigt, bekräftigt sie den Glauben an die Auferstehung des Fleisches. Zugleich möchte sie so die hohe Würde des menschlichen Leibes als wesentlicher Teil der Person, dessen Geschichte der Leib teilt, ins Licht stellen“. Ausführlicher dazu vgl. Internationale Theologische Kommission, Einige aktuelle Fragen der Eschatologie (1990), Nr. 5: „Der zur Auferstehung berufene Mensch“.
[108] Vgl. Franziskus, Enz. Laudato si’ (24. Mai 2015), Nr. 155: AAS 107 (2015), S. 909.
[109] Franziskus, Apost. Schreiben Amoris laetitia (19. März 2016), Nr. 56: AAS 108 (2016), S. 344.
[110] Franziskus, Apost. Schreiben Christus vivit (25. März 2019), Nr. 88: AAS 111 (2019), S. 413, inneres Zitat: Abschlussdokument der XV. Ordentlichen Generalversammlung der Bischofssynode (27. Oktober 2018), Nr. 23.
[111] Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nr. 42: AAS 112 (2020), S. 984.
[112] Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nr. 205: AAS 112 (2020), S. 1042, inneres Zitat: Ders., Botschaft zum 48. Welttag der sozialen Kommunikationsmittel (24. Januar 2014): AAS 106 (2014), S. 113.
[113] Franziskus, Angelus (10. Dezember 2023): L’Osservatore Romano (11. Dezember 2023), S. 12.
[114] Vgl. Internationale Theologische Kommission, Würde und Rechte der menschlichen Person (1983), Nr. 2.
[115] Franziskus, Enz. Fratelli tutti (3. Oktober 2020), Nr. 195: AAS 112 (2020), S. 1038, inneres Zitat: Ders., Apost. Schreiben Evangelii gaudium (24. November 2013), Nr. 274: AAS 105 (2013), S. 1130.
[116] Franziskus, Enz. Laudato si’ (24. Mai 2015), Nr. 205: AAS 107 (2015), S. 928.
[00588-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Declaración Dignitas infinita
sobre la dignidad humana
Presentación
En el Congreso del 15 de marzo del 2019, la entonces Congregación para la Doctrina de la Fe decidió iniciar «la redacción de un texto subrayando lo imprescindible del concepto de dignidad de la persona humana en el seno de la antropología cristiana e ilustrando el alcance y las implicaciones beneficiosas a nivel social, político y económico, teniendo en cuenta los últimos desarrollos del tema en el ámbito académico y sus comprensiones ambivalentes en el contexto actual». Un primer proyecto a este respecto, elaborado con la ayuda de algunos expertos durante el año 2019, fue considerado insatisfactorio, en una Consulta restringida de la Congregación, el 8 de octubre del mismo año.
La Sección Doctrinal elaboró ex novo otro borrador del texto, basándose en las aportaciones de diversos expertos. Ese borrador fue presentado y debatido en una Consulta restringida el 4 de octubre de 2021. En enero de 2022, el nuevo borrador se presentó a la Sesión Plenaria de la Congregación, durante la cual los miembros acortaron y simplificaron el texto.
El 6 de febrero de 2023, el nuevo texto corregido fue evaluado en una Consulta restringida que propuso algunas modificaciones posteriores. La nueva versión se sometió a la valoración de las Sesión Ordinaria del Dicasterio (Feria IV) el 3 de mayo de 2023. Los miembros acordaron que el documento, con algunas modificaciones, podía ser publicado. El Santo Padre aprobó los Deliberata de esta Feria IV en el curso de la Audiencia concedida a mi el 13 de noviembre de 2023. En esa ocasión me pidió, además, resaltar en el texto algunas temáticas estrechamente relacionadas con el tema de la dignidad, como por ejemplo el drama de la pobreza, la situación de los emigrantes, las violencias contra las mujeres, la trata de personas, la guerra y otros. Para honrar lo mejor posible esta indicación del Santo Padre, la Sección Doctrinal del Dicasterio dedicó un Congreso a profundizar en la carta encíclica Fratelli tutti, que ofrece un análisis original y un estudio en profundidad del tema de la dignidad humana “más allá de toda circunstancia”.
En una carta fechada el 2 de febrero de 2024, con vistas a la Feria IV del 28 de febrero siguiente, se envió a los miembros del Dicasterio un nuevo borrador del texto, considerablemente modificado, con la siguiente aclaración: «Esta nueva redacción se hizo necesaria para responder a una petición específica del Santo Padre. El Santo Padre había pedido explícitamente que se prestara mayor atención a las graves violaciones de la dignidad humana que se producen actualmente en nuestro tiempo, en la senda de la encíclica Fratelli tutti. Así pues, la Sección Doctrinal tomó medidas para reducir la parte inicial [...] y elaborar con más detalle lo que el Santo Padre había indicado». La Sesión Ordinaria del Dicasterio, aprobó finalmente el texto de la actual Declaración el 28 de febrero de 2024. Durante la Audiencia concedida a mí, junto con el Secretario de la Sección Doctrinal, Mons. Armando Matteo, el 25 de marzo de 2024, el Santo Padre aprobó esta Declaración y ordenó su publicación.
La elaboración del texto, que duró cinco años, nos permite comprender que estamos ante un documento que, debido a la seriedad y centralidad de la cuestión de la dignidad en el pensamiento cristiano, necesitó un considerable proceso de maduración para llegar a la redacción final que hoy publicamos.
En las tres primeras partes, la Declaración recuerda los principios fundamentales y los supuestos teóricos para ofrecer importantes aclaraciones que puedan evitar las frecuentes confusiones que se producen en el uso del término “dignidad”. En la cuarta parte, presenta algunas situaciones problemáticas actuales en las que no se reconoce adecuadamente la inmensa e inalienable dignidad que corresponde a todo ser humano. La denuncia de estas graves y actuales violaciones de la dignidad humana es un gesto necesario, porque la Iglesia está profundamente convencida de que no se puede separar la fe de la defensa de la dignidad humana, la evangelización de la promoción de una vida digna y la espiritualidad del compromiso por la dignidad de todos los seres humanos.
Esta dignidad de todos los seres humanos puede, de hecho, entenderse como “infinita” (dignitas infinita), como afirmó San Juan Pablo II en un encuentro con personas que sufrían ciertas limitaciones o discapacidades,[1] para mostrar cómo la dignidad de todos los seres humanos va más allá de todas las apariencias externas o características de la vida concreta de las personas.
El Papa Francisco, en la encíclica Fratelli tutti, ha querido subrayar con particular insistencia que esta dignidad existe “más allá de toda circunstancia”, invitando a todos a defenderla en cada contexto cultural, en cada momento de la existencia de una persona, independientemente de cualquier deficiencia física, psicológica, social o incluso moral. En este sentido, la Declaración se esfuerza por mostrar que estamos ante una verdad universal, que todos estamos llamados a reconocer, como condición fundamental para que nuestras sociedades sean verdaderamente justas, pacíficas, sanas y, en definitiva, auténticamente humanas.
La lista de temas elegidos por la Declaración no es, ciertamente, exhaustiva. Sin embargo, los temas tratados son, precisamente, los que permiten expresar diversos aspectos de la dignidad humana que pueden estar oscurecidos en la conciencia de muchas personas hoy en día. Algunos serán fácilmente compartidos por distintos sectores de nuestras sociedades, otros no tanto. Sin embargo, todos nos parecen necesarios porque, en su conjunto, ayudan a reconocer la armonía y la riqueza del pensamiento sobre la dignidad que brota del Evangelio.
Esta Declaración no pretende agotar un tema tan rico y decisivo, pero pretende aportar algunos elementos de reflexión que nos ayudarán a tenerlo presente en el complejo momento histórico que vivimos para que, en medio de tantas preocupaciones y angustias, no perdamos el rumbo y nos expongamos a sufrimientos más lacerantes y profundos.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefecto
Introducción
1. (Dignitas infinita) Una dignidad infinita, que se fundamenta inalienablemente en su propio ser, le corresponde a cada persona humana, más allá de toda circunstancia y en cualquier estado o situación en que se encuentre. Este principio, plenamente reconocible incluso por la sola razón, fundamenta la primacía de la persona humana y la protección de sus derechos. La Iglesia, a la luz de la Revelación, reafirma y confirma absolutamente esta dignidad ontológica de la persona humana, creada a imagen y semejanza de Dios y redimida en Cristo Jesús. De esta verdad extrae las razones de su compromiso con los que son más débiles y menos capacitados, insistiendo siempre «sobre el primado de la persona humana y la defensa de su dignidad más allá de toda circunstancia».[2]
2. Esta dignidad ontológica y el valor único y eminente de cada mujer y cada hombre que existen en este mundo fueron recogidos con autoridad en la Declaración Universal de los Derechos Humanos (10 de diciembre de 1948) por la Asamblea General de las Naciones Unidas.[3] Al conmemorar el 75 aniversario de este Documento, la Iglesia ve la oportunidad de proclamar una vez más su convicción de que, creado por Dios y redimido por Cristo, todo ser humano debe ser reconocido y tratado con respeto y amor, precisamente por su dignidad inalienable. El mencionado aniversario ofrece también a la Iglesia la oportunidad de aclarar algunos malentendidos que surgen a menudo en torno a la dignidad humana y de abordar algunas cuestiones concretas, graves y urgentes, relacionadas con ella.
3. Desde el principio de su misión, la Iglesia, impulsada por el Evangelio, se ha esforzado por afirmar la libertad y promover los derechos de todos los seres humanos.[4] En los últimos tiempos, gracias a la voz de los Pontífices, ha tratado de formular más explícitamente este compromiso a través de la renovada llamada al reconocimiento de la dignidad fundamental debida a la persona humana. San Pablo VI decía «ninguna antropología iguala a la antropología de la Iglesia sobre la persona humana, incluso considerada individualmente, en cuanto a su originalidad, dignidad, intangibilidad y riqueza de sus derechos fundamentales, sacralidad, educabilidad, aspiración a un desarrollo completo e inmortalidad».[5]
4. San Juan Pablo II, en el 1979, afirmó durante la Tercera Conferencia Episcopal Latinoamericana en Puebla: «la dignidad humana es un valor evangélico que no puede ser despreciado sin grande ofensa al Creador. Esta dignidad es conculcada, a nivel individual, cuando no son debidamente tenidos en cuenta valores como la libertad, el derecho a profesar la religión, la integridad física y psíquica, el derecho a los bienes esenciales, a la vida. Es conculcada, a nivel social y político, cuando el hombre no puede ejercer su derecho de participación o es sujeto a injustas e ilegítimas coacciones, o sometido a torturas físicas o psíquicas, etc. […] Si la Iglesia se hace presente en la defensa o en la promoción de la dignidad del hombre, lo hace en la línea de su misión, que aun siendo de carácter religioso y no social o político, no puede menos de considerar al hombre en la integridad de su ser».[6]
5. En el 2010, delante de la Pontificia Academia para la Vida, Benedicto XVI afirmó que la dignidad de la persona es «un principio fundamental que la fe en Jesucristo crucificado y resucitado ha defendido desde siempre, sobre todo cuando no se respeta en relación a los sujetos más sencillos e indefensos».[7] En otra ocasión, hablándoles a los economistas, dijo que «la economía y las finanzas no existen sólo para sí mismas; son sólo un instrumento, un medio. Su finalidad es únicamente la persona humana y su realización plena en la dignidad. Este es el único capital que conviene salvar».[8]
6. Desde los inicios de su pontificado, el Papa Francisco ha invitado a la Iglesia a «confesar a un Padre que ama infinitamente a cada ser humano» y a «descubrir que “con ello le confiere una dignidad infinita”»,[9] subrayando con fuerza que esta dignidad inmensa representa un dato originario a reconocer con lealtad y a acoger con gratitud. Es precisamente en ese reconocimiento y aceptación donde puede fundarse una nueva convivencia entre los seres humanos, que decline la sociabilidad en un horizonte de auténtica fraternidad: sólo «reconociendo la dignidad de cada persona humana, podamos hacer renacer entre todos un deseo mundial de hermandad».[10] Según el Papa Francisco «ese manantial de dignidad humana y de fraternidad está en el Evangelio de Jesucristo»,[11] pero también es una convicción a la que la razón humana puede llegar mediante la reflexión y el diálogo, ya que «hay que respetar en toda situación la dignidad ajena, es porque nosotros no inventamos o suponemos la dignidad de los demás, sino porque hay efectivamente en ellos un valor que supera las cosas materiales y las circunstancias, y que exige que se les trate de otra manera. Que todo ser humano posee una dignidad inalienable es una verdad que responde a la naturaleza humana más allá de cualquier cambio cultural».[12] En realidad, concluye el Papa Francisco, «el ser humano tiene la misma dignidad inviolable en cualquier época de la historia y nadie puede sentirse autorizado por las circunstancias a negar esta convicción o a no obrar en consecuencia».[13] En este horizonte, su encíclica Fratelli tutti constituye ya una especie de Carta Magna de las tareas actuales para salvaguardar y promover la dignidad humana.
Una aclaración fundamental
7. Aunque en la actualidad existe un consenso bastante general sobre la importancia e incluso el alcance normativo de la dignidad y el valor único y trascendente de todo ser humano, la expresión “dignidad humana” a menudo corre el riesgo de prestarse a muchos significados y, por tanto, a posibles malentendidos[15] y «contradicciones que nos llevan a preguntarnos si verdaderamente la igual dignidad de todos los seres humanos […], [sea] reconocida, respetada, protegida y promovida en todas las circunstancias». Todo esto nos lleva a reconocer la posibilidad de una cuádruple distinción del concepto de dignidad: dignidad ontológica, dignidad moral, dignidad social y finalmente dignidad existencial. El sentido más importante permanece, como se ha argumentado hasta ahora, el vinculado a la dignidad ontológica que corresponde a la persona como tal por el mero hecho de existir y haber sido querida, creada y amada por Dios. Esta dignidad no puede ser nunca eliminada y permanece válida más allá de toda circunstancia en la que pueden encontrarse los individuos. Cuando se habla de la dignidad moral se refiere, como se acaba de considerar, al ejercicio de la libertad por parte de la criatura humana. Esta última, aunque dotada de conciencia, permanece siempre abierta a la posibilidad de actuar contra ella. Al hacerlo, el ser humano se comporta de un modo que “no es digno” de su naturaleza de criatura amada por Dios y llamada a amar a los otros. Pero esta posibilidad existe. Y no sólo eso. La historia nos atestigua que el ejercicio de la libertad contra la ley del amor revelada por el Evangelio puede alcanzar cotas incalculables de mal infligido a los otros. Cuando esto sucede, nos encontramos ante personas que parecen haber perdido todo rastro de humanidad, todo rastro de dignidad. A este respecto, la distinción introducida aquí nos ayuda a discernir con precisión entre el aspecto de la dignidad moral, que de hecho puede “perderse”, y el aspecto de la dignidad ontológica que nunca puede ser anulada. Y es precisamente en razón de esta última que se deberá trabajar con todas las fuerzas, para que todos los que han hecho el mal puedan arrepentirse y convertirse.
8. Quedan otras dos posibles acepciones de dignidad: social y existencial. Cuando hablamos de dignidad social nos referimos a las condiciones en las que vive una persona. En la pobreza extrema, por ejemplo, cuando no se dan las condiciones mínimas para que una persona viva de acuerdo con su dignidad ontológica, se dice que la vida de esa persona pobre es una vida “indigna”. Esta expresión no indica en modo alguno un juicio hacia la persona, al contrario, quiere destacar el hecho de que su dignidad inalienable se contradice por la situación en la que se ve obligada a vivir. La última acepción es la de la dignidad existencial. Hoy se habla cada vez con más frecuencia de una vida “digna” y de una vida “indigna”. Y con esta expresión nos referimos a situaciones de tipo existencial: por ejemplo, al caso de una persona que, aun no faltándole, aparentemente, nada de esencial para vivir, por diversas razones, le resulta difícil vivir con paz, con alegría y con esperanza. En otras situaciones es la presencia de enfermedades graves, de contextos familiares violentos, de ciertas adicciones patológicas y de otros malestares los que llevan a alguien a experimentar su propia condición de vida como “indigna” frente a la percepción de aquella dignidad ontológica que nunca puede ser oscurecida Las distinciones aquí introducidas, en todo caso, no hacen más que recordarnos el valor inalienable de esa dignidad ontológica enraizada en el ser mismo de la persona humana y que subsiste más allá de toda circunstancia.
9. Por último, conviene recordar aquí que la definición clásica de la persona como «sustancia individual de naturaleza racional»[17] explicita el fundamento de su dignidad. En efecto, en cuanto “sustancia individual”, la persona goza de dignidad ontológica (es decir, en el nivel metafísico del ser mismo): es un sujeto que, habiendo recibido la existencia de Dios, “subsiste”, es decir, ejerce la existencia autónomamente. En realidad, la palabra “racional” engloba todas las capacidades del ser humano: tanto la cognitiva como la volitiva, amar, elegir, desear. El término “racional” incluye también todas las capacidades corporales íntimamente relacionadas con las anteriores. La expresión “naturaleza” indica las condiciones propias del ser humano que hacen posibles las diversas operaciones y experiencias: la naturaleza es el “principio del obrar”. El ser humano no crea su naturaleza; la posee como un don recibido y puede cultivar, desarrollar y enriquecer sus capacidades. En el ejercicio de su libertad para cultivar las riquezas de su propia naturaleza, la persona humana se construye a sí misma con el paso del tiempo. Aunque, debido a diversas limitaciones o condiciones, no pueda utilizar estas capacidades, la persona siempre subsiste como “sustancia individual” con toda su dignidad inalienable. Esto ocurre, por ejemplo, en un niño no nacido, en una persona inconsciente, en un anciano en agonía.
1. Una conciencia progresiva de la centralidad de la dignidad humana
10. Ya en la antigüedad clásica[18] se perfila una primera intuición con respecto a la dignidad humana, que procede de una perspectiva social: cada ser humano viene revestido de una dignidad particular, según su rango y dentro de un orden determinado. Del ámbito social, la palabra pasó a describir las distintas dignidades de los seres en el cosmos. Desde este punto de vista, todos los seres poseen su propia “dignidad”, según el lugar que ocupan en la armonía del conjunto. Ciertamente, algunas cumbres del pensamiento antiguo comienzan a reconocer un lugar singular al ser humano, en la medida en que está dotado de razón y, por tanto, es capaz de responsabilizarse de sí mismo y de los demás seres del mundo, [19] pero aún estamos lejos de un pensamiento capaz de fundamentar el respeto a la dignidad de toda persona humana, más allá de cualquier circunstancia.
Perspectivas bíblicas
11. La Revelación bíblica enseña que todos los seres humanos poseen una dignidad intrínseca porque han sido creados a imagen y semejanza de Dios: «Dijo Dios: “Hagamos al hombre a nuestra imagen y semejanza” […] Y creó Dios al hombre a su imagen, a imagen de Dios lo creó, varón y mujer los creó» (Gen 1, 2627). La humanidad tiene una cualidad específica que la hace no reducible a la pura materialidad. La “imagen” no define el alma o las capacidades intelectuales, sino la dignidad del varón y de la mujer. Ambos, en su mutua relación de igualdad y amor recíproco, cumplen la función de representar a Dios en el mundo y están llamados a cuidar y nutrir el mundo. Ser creados a imagen de Dios significa, por tanto, que poseemos un valor sagrado en nuestro interior que trasciende toda distinción sexual, social, política, cultural y religiosa. Nuestra dignidad nos es conferida, no es pretendida ni merecida. Todo ser humano es amado y querido por Dios por sí mismo y, por tanto, es inviolable en su dignidad. En el Éxodo, corazón del Antiguo Testamento, Dios se muestra como el que escucha el clamor de los pobres, ve la miseria de su pueblo, cuida de los últimos y de los oprimidos (cf. Ex 3, 7; 22, 20-26). La misma enseñanza vuelve a aparecer en el Código Deuteronómico (cf. Dt 12-26): aquí la enseñanza sobre los derechos se transforma en un “manifiesto” de la dignidad humana, en particular a favor de la triple categoría del huérfano, de la viuda y del extranjero (cf. Dt 24, 17). Los antiguos preceptos del Éxodo son recordados y actualizados por la predicación de los profetas, que representan la conciencia crítica de Israel. Los profetas Amós, Oseas, Isaías, Miqueas y Jeremías dedican capítulos enteros a denunciar la injusticia. Amós reprende amargamente la opresión de los pobres, la falta de reconocimiento de toda dignidad humana fundamental para los miserables (cf. Am 2, 6-7; 4, 1; 5, 11-12). Isaías pronuncia una maldición contra quienes pisotean los derechos de los pobres, negándoles toda justicia: «ay de los que establecen decretos inicuos, y publican prescripciones vejatorias, para oprimir a los pobres en el juicio y privar de su derecho a los humildes de mi pueblo» (Is 10, 1-2). Esta enseñanza profética se recoge en la literatura sapiencial. El Sirácida equipara la opresión de los pobres con el asesinato: «mata a su prójimo quien le roba el sustento, |quien no paga el sueldo al jornalero derrama sangre» (Si 34, 22). En los Salmos, la relación religiosa con Dios pasa por la defensa de los débiles y necesitados: «proteged al desvalido y al huérfano, haced justicia al humilde y al necesitado, defended al pobre y al indigente, sacándolos de las manos del culpable» (Sal 82, 3-4).
12. Jesús nació y creció en condiciones humildes y reveló la dignidad de los necesitados y los trabajadores.[20] A lo largo de su ministerio, Jesús afirmó el valor y la dignidad de todos los que son portadores de la imagen de Dios, independientemente de su condición social y circunstancias externas. Jesús rompió las barreras culturales y de culto, devolviendo la dignidad a los “descartados” o a los considerados al margen de la sociedad: los recaudadores de impuestos (cf. Mt 9, 10-11), las mujeres (cf. Jn 4, 1-42), los niños (cf. Mc 10, 14-15), los leprosos (cf. Mt 8, 2-3), los enfermos (cf. Mc 1, 29-34), los extranjeros (cf. Mt 25, 35), las viudas (cf. Lc 7, 11-15). Él sana, alimenta, defiende, libera, salva. Se le describe como un pastor solícito por la única oveja perdida (cf. Mt 18, 12-14). Él mismo se identifica con sus hermanos más pequeños: «cada vez que lo hicisteis con uno de estos, mis hermanos más pequeños, conmigo lo hicisteis» (Mt 25, 40). En el lenguaje bíblico, los “pequeños” no son sólo los niños por edad, sino los desvalidos, los más insignificantes, los marginados, los oprimidos, los descartados, los pobres, los marginados, los ignorantes, los enfermos, los degradados por los grupos dominantes. El Cristo glorioso juzgará en función del amor al prójimo, que consiste en haber asistido al hambriento, al sediento, al forastero, al desnudo, al enfermo, al encarcelado, con los que él mismo se identifica (cf. Mt 25, 34-36). Para Jesús, el bien hecho a todo ser humano, independientemente de los lazos de sangre o de religión, es el único criterio de juicio. El apóstol Pablo afirma que todo cristiano debe comportarse según las exigencias de la dignidad y el respeto de los derechos de todos los seres humanos (cf. Rm 13,8-10), según el mandamiento nuevo de la caridad (cf. 1 Co 13, 1-13).
El desarrollo del pensamiento cristiano
13. El desarrollo del pensamiento cristiano estimuló y acompañó posteriormente el progreso de la reflexión humana sobre el tema de la dignidad. La antropología cristiana clásica, basada en la gran tradición de los Padres de la Iglesia, puso de relieve la doctrina del ser humano creado a imagen y semejanza de Dios y su papel singular en la creación.[21] El pensamiento cristiano medieval, escrutando críticamente el legado del pensamiento filosófico antiguo, llegó a una síntesis de la noción de persona, reconociendo el fundamento metafísico de su dignidad, como atestiguan las siguientes palabras de santo Tomás de Aquino: «persona significa lo que en toda naturaleza es perfectísimo, lo que subsiste en la naturaleza racional».[22] Esta dignidad ontológica, en su manifestación privilegiada a través de la libre acción humana, fue subrayada más tarde sobre todo por el humanismo cristiano del Renacimiento.[23] Incluso en la visión de pensadores modernos, como Descartes y Kant, que cuestionaron algunos de los fundamentos de la antropología cristiana tradicional, se perciben con fuerza los ecos de la Revelación. A partir de algunas reflexiones filosóficas más recientes sobre el estatuto de la subjetividad teórica y práctica, la reflexión cristiana ha llegado después a acentuar aún más la profundidad del concepto de dignidad, alcanzando en el siglo XX una perspectiva original, como por ejemplo la del personalismo. Esta perspectiva no sólo retoma la cuestión de la subjetividad, sino que la profundiza en la dirección de la intersubjetividad y de las relaciones que unen a las personas humanas entre sí.[24] La propuesta antropológica cristiana y contemporánea también se ha enriquecido con el pensamiento procedente de esta última visión.[25]
Los tiempos actuales
14. En nuestros días, el término “dignidad” viene utilizado principalmente para destacar el carácter singular de la persona humana, inconmensurable con respecto a los demás seres del universo. Dentro de este horizonte, se entiende la forma en que se utiliza el término dignidad en la Declaración de las Naciones Unidas de 1948, donde se habla de «la dignidad intrínseca y de los derechos iguales e inalienables de todos los miembros de la familia humana». Sólo este carácter inalienable de la dignidad humana permite hablar de los derechos del hombre.[26]
15. Para aclarar aún más el concepto de dignidad, es importante señalar que la dignidad no es concedida a la persona por otros seres humanos, sobre la base de determinados dones y cualidades, de modo que podría ser eventualmente retirada. Si la dignidad le fuese concedida a la persona por otros seres humanos, entonces se daría de manera condicional y alienable, y el significado mismo de la dignidad (por muy digno de gran respeto que sea) quedaría expuesto al riesgo de ser abolido. En realidad, la dignidad es intrínseca a la persona, no conferida a posteriori, previa a todo reconocimiento y no puede perderse. Por consiguiente, todos los seres humanos poseen la misma e intrínseca dignidad, independientemente del hecho sean o no capaces de expresarla adecuadamente.
16. Por ello, el Concilio Vaticano II habla de la «excelsa dignidad de la persona humana, de su superioridad sobre las cosas y de sus derechos y deberes universales e inviolables».[27] Como recuerda el incipit de la Declaración conciliar Dignitatis Humanae, «los hombres de nuestro tiempo se hacen cada vez más conscientes de la dignidad de la persona humana, y aumenta el número de aquellos que exigen que los hombres en su actuación gocen y usen del propio criterio y libertad responsables, guiados por la conciencia del deber y no movidos por la coacción».[28] Esta libertad de pensamiento y de conciencia, tanto individual como comunitaria, está basada sobre el reconocimiento de la dignidad humana «tal como se la conoce por la palabra revelada de Dios y por la misma razón natural».[29] El mismo magisterio eclesial ha madurado, cada vez con más plenitud, el significado de esta dignidad, junto con las exigencias e implicaciones relacionadas con ella, llegando a la comprensión de que la dignidad de todo ser humano es tal más allá de toda circunstancia.
2. La Iglesia anuncia, promueve y se hace garante de la dignidad humana
17. La Iglesia proclama la igual dignidad de todos los seres humanos, independientemente de su condición de vida o de su calidad. Este anuncio se apoya sobre una triple convicción que, a la luz de la fe cristiana, confiere un valor inconmensurable a la dignidad humana y refuerza sus exigencias intrínsecas.
Una imagen de Dios indeleble
18. Antes que nada, según la Revelación, la dignidad del ser humano proviene del amor de su Creador, que ha impreso en él los rasgos indelebles de su imagen (cf. Gn 1, 26), llamándolo a conocerlo, a amarlo y a vivir en una relación de alianza con Dios mismo y de fraternidad, justicia y paz con todos los demás hombres y mujeres. En esta visión, la dignidad se refiere no sólo al alma, sino a la persona como unidad inseparable, y por tanto también inherente a su cuerpo, que a su manera participa del ser imagen de Dios de la persona humana y está llamado también a compartir la gloria del alma en la bienaventuranza divina.
Cristo eleva la dignidad del hombre
19. Una segunda convicción procede del hecho que la dignidad de la persona humana se reveló en su plenitud cuando el Padre envió su Hijo que asumió plenamente la existencia humana: «el Hijo de Dios, en el misterio de la Encarnación, confirmó la dignidad del cuerpo y del alma que constituyen el ser humano».[30] Así, al unirse en cierto modo a cada ser humano por su encarnación, Jesucristo confirmó que todo ser humano posee una dignidad inestimable, por el mero hecho de pertenecer a la misma comunidad humana, y que esta dignidad no puede perderse jamás.[31] Proclamando que el Reino de Dios pertenece a los pobres, a los humildes, a quienes son despreciados, a los que sufren en el cuerpo y en el espíritu; curando todo tipo de enfermedades y dolencias, incluso las más deshumanizadoras como la lepra; afirmando que lo que se hace a estas personas se le hace a él, porque él está presente en esas personas, Jesús aportó la gran novedad del reconocimiento de la dignidad de toda persona, y también, y sobre todo, de aquellas personas que eran calificadas de “indignas”. Este nuevo principio de la historia humana, por el que el ser humano es más “digno” de respeto y amor cuanto más débil, miserable y sufriente, hasta el punto de perder la propia “figura” humana, ha cambiado la faz del mundo, dando lugar a instituciones que se ocupan de personas en condiciones inhumanas: los neonatos abandonados, los huérfanos, los ancianos en soledad, los enfermos mentales, personas con enfermedades incurables o graves malformaciones y aquellos que viven en la calle.
Una vocación a la plenitud de la dignidad
20. La tercera convicción se refiere al destino último del ser humano: tras la creación y la encarnación, la resurrección de Cristo nos revela un ulterior aspecto de la dignidad humana. En efecto, «la razón más alta de la dignidad humana consiste en la vocación del hombre a la unión con Dios», destinada a durar por siempre. De este modo, «la dignidad [de la vida humana] no sólo está ligada a sus orígenes, a su procedencia divina, sino también a su fin, a su destino de comunión con Dios en su conocimiento y amor. A la luz de esta verdad san Ireneo precisa y completa su exaltación del hombre: “el hombre que vive” es “gloria de Dios” pero “la vida del hombre consiste en la visión de Dios”».
21. Por consiguiente, la Iglesia cree y afirma que todos los seres humanos, creados a imagen y semejanza de Dios y recreados[34] en el Hijo hecho hombre, crucificado y resucitado, están llamados a crecer bajo la acción del Espíritu Santo para reflejar la gloria del Padre, en aquella misma imagen, participando de la vida eterna (cf. Jn 10, 15-16.17, 22-24; 2 Cor 3, 18; Ef 1, 3-14). En efecto, «la Revelación […] manifiesta la dignidad de la persona humana en toda su amplitud».[35]
Un compromiso con la propia libertad
22. Aunque cada ser humano posee una dignidad inalienable e intrínseca desde el principio de su existencia como don irrevocable, depende de su decisión libre y responsable expresarla y manifestarla en plenitud o empañarla. Algunos Padres de la Iglesia – como san Ireneo o san Juan Damasceno – establecieron una distinción entre la imagen y la semejanza de las que habla el Génesis, permitiendo así una visión dinámica de la propia dignidad humana: la imagen de Dios se confía a la libertad del ser humano para que, bajo la guía y la acción del Espíritu, crezca su semejanza con Dios y cada persona alcance su máxima dignidad.[36] Cada persona está llamada a manifestar en el plano existencial y moral el horizonte ontológico de su dignidad, en la medida en que con su propia libertad se orienta hacia el verdadero bien, como respuesta al amor de Dios. Así, en la medida en que ha sido creada a imagen de Dios, por una parte, la persona humana nunca pierde su dignidad y nunca deja de estar llamada a abrazar libremente el bien; por otra parte, en la medida en que la persona humana responde al bien, su dignidad puede manifestarse, crecer y madurar libre, dinámica y progresivamente. Esto significa que también el ser humano debe esforzarse por vivir a la altura de su dignidad. Se comprende entonces en qué sentido el pecado puede herir y ensombrecer la dignidad humana, como acto contrario a ella, pero, al mismo tiempo, que nunca puede borrar el hecho que el ser humano ha sido creado a imagen de Dios. La fe, por tanto, contribuye decisivamente a ayudar a la razón en su percepción de la dignidad humana, y a acoger, consolidar y clarificar sus rasgos esenciales, como ha señalado Benedicto XVI: «sin la ayuda correctora de la religión, la razón puede ser también presa de distorsiones, como cuando es manipulada por las ideologías o se aplica de forma parcial en detrimento de la consideración plena de la dignidad de la persona humana. Después de todo, dicho abuso de la razón fue lo que provocó la trata de esclavos en primer lugar y otros muchos males sociales, en particular la difusión de las ideologías totalitarias del siglo XX».[37]
3. La dignidad, fundamento de los derechos y de los deberes humanos
23. Como ya recordó el Papa Francisco, «en la cultura moderna, la referencia más cercana al principio de la dignidad inalienable de la persona es la Declaración Universal de los Derechos del Hombre, que san Juan Pablo II definió “piedra miliar puesta en el largo y difícil camino del género humano”, y como “una de las más altas expresiones de la conciencia humana”».[38] Para resistir a los intentos de alterar o eliminar el significado profundo de esa Declaración, vale la pena recordar algunos principios esenciales que deben siempre respetarse.
El respeto incondicionado de la dignidad humana
24. En primer lugar, aunque cada vez hay más conciencia de la cuestión de la dignidad humana, sigue habiendo hoy muchos malentendidos sobre el concepto de dignidad, que distorsionan su significado. Algunos proponen que es mejor utilizar la expresión “dignidad personal” (y derechos “de la persona”) en lugar de “dignidad humana” (y derechos “del hombre”), porque entienden por persona sólo “un ser capaz de razonar”. En consecuencia, sostienen que la dignidad y los derechos se infieren de la capacidad de conocimiento y libertad, de las que no todos los seres humanos están dotados. Así pues, el niño no nacido no tendría dignidad personal, ni el anciano incapacitado, ni los discapacitados mentales.[39] La Iglesia, por el contrario, insiste en el hecho de que la dignidad de toda persona humana, precisamente porque es intrínseca, permanece “más allá de toda circunstancia”, y su reconocimiento no puede depender, en modo alguno, del juicio sobre la capacidad de una persona para comprender y actuar libremente. De lo contrario, la dignidad no sería como tal inherente a la persona, independiente de sus condicionamientos y, por tanto, merecedora de un respeto incondicional. Sólo mediante el reconocimiento de la dignidad intrínseca del ser humano, que nunca puede perderse, desde la concepción hasta la muerte natural, puede garantizarse a esta cualidad un fundamento inviolable y seguro. Sin referencia ontológica alguna, el reconocimiento de la dignidad humana oscilaría a merced de valoraciones diversas y arbitrarias. La única condición, por tanto, para que pueda hablarse de dignidad por sí misma inherente a la persona es que ésta pertenezca a la especie humana, por lo que «los derechos de la persona son los derechos humanos».[40]
Una referencia objetiva para la libertad humana
25. En segundo lugar, a veces también se abusa del concepto de dignidad humana para justificar una multiplicación arbitraria de nuevos derechos, muchos de los cuales suelen ser contrarios a los definidos originalmente y no pocas veces se ponen en contradicción con el derecho fundamental a la vida,[41] como si hubiera que garantizar la capacidad de expresar y realizar cada preferencia individual o deseo subjetivo. La dignidad se identifica entonces con una libertad aislada e individualista, que pretende imponer como “derechos”, garantizados y financiados por la comunidad, ciertos deseos y preferencias que son subjetivas. Pero la dignidad humana no puede basarse en estándares meramente individuales ni identificarse únicamente con el bienestar psicofísico del individuo. Al contrario, la defensa de la dignidad del ser humano se fundamenta en las exigencias constitutivas de la naturaleza humana, que no dependen ni de la arbitrariedad individual ni del reconocimiento social. Los deberes que se derivan del reconocimiento de la dignidad del otro y los correspondientes derechos que de ello se derivan tienen, por tanto, un contenido concreto y objetivo, basado en la naturaleza humana común Sin esa referencia objetiva, el concepto de dignidad queda sometido de hecho a las más diversas arbitrariedades, así como a los intereses de poder.
La estructura relacional de la persona humana
26. La dignidad de la persona humana, a la luz del carácter relacional de la persona, ayuda también a superar la perspectiva reductiva de una libertad autorreferencial e individualista, que pretende crear los propios valores prescindiendo de las normas objetivas del bien y de la relación con los demás seres vivos. Cada vez más, de hecho, se corre el riesgo de restringir la dignidad humana a la capacidad de decidir discrecionalmente sobre uno mismo y sobre su propio destino, independientemente del de los demás, sin tener en cuenta la pertenencia a la comunidad humana. En esta concepción tan errónea de la libertad, los deberes y los derechos no pueden reconocerse mutuamente para que cuidemos unos de otros. En realidad, como recuerda san Juan Pablo II, la libertad es puesta «al servicio de la persona y de su realización mediante el don de sí misma y la acogida del otro. Sin embargo, cuando la libertad es absolutizada en clave individualista, se vacía de su contenido original y se contradice en su misma vocación y dignidad».[42]
27. Así pues, la dignidad del ser humano incluye también la capacidad, inherente a la propia naturaleza humana, de asumir obligaciones hacia los otros.
28. La diferencia entre el ser humano y el resto de los otros seres vivos, que resalta gracias al concepto de dignidad, no debe hacernos olvidar la bondad de los demás seres creados, que existen no sólo en función del ser humano, sino también con un valor propio y, por tanto, como dones que le han sido confiados para que custodiados y cultivados. Así, mientras se reserva al ser humano el concepto de dignidad, se debe afirmar al mismo tiempo la bondad creatural del resto del cosmos. Como subrayaba el Papa Francisco: «Precisamente por su dignidad única y por estar dotado de inteligencia, el ser humano está llamado a respetar lo creado con sus leyes internas […]: “Toda criatura posee su bondad y su perfección propias […] Las distintas criaturas, queridas en su ser propio, reflejan, cada una a su manera, un rayo de la sabiduría y de la bondad infinitas de Dios. Por esto, el hombre debe respetar la bondad propia de cada criatura para evitar un uso desordenado de las cosas”».[43] Todavía más, «hoy nos vemos obligados a reconocer que sólo es posible sostener un “antropocentrismo situado”. Es decir, reconocer que la vida humana es incomprensible e insostenible sin las demás criaturas».[44] Desde esta perspectiva, «no es irrelevante para nosotros que desaparezcan tantas especies, que la crisis climática ponga en riesgo la vida de tantos seres».[45] Pertenece, de hecho, a la dignidad del hombre el cuidado del ambiente, teniendo en cuenta en particular aquella ecología humana que preserva su misma existencia.
La liberación del ser humano de condicionamientos morales y sociales
29. Estos requisitos previos básicos, por muy necesarios que sean, no bastan para garantizar el crecimiento de una persona en coherencia con su dignidad. Aun cuando «Dios ha creado al hombre racional confiriéndole la dignidad de una persona dotada de la iniciativa y del dominio de sus actos» en vista del bien, el libre albedrío con frecuencia prefiere el mal al bien. Por eso la libertad humana necesita a su vez ser liberada. En la carta a los Gálatas, «para la libertad nos ha liberado Cristo» (Gal 5, 1), san Pablo recuerda la tarea propia de cada cristiano, sobre cuyos hombros descansa una responsabilidad de liberación que se extiende al mundo entero (cf. Rm 8,19ss). Se trata de una liberación que, desde el corazón de cada persona está llamada a difundirse y a manifestar su fuerza humanizadora en todas las relaciones.
30. La libertad es un don maravilloso de Dios. Incluso cuando nos atrae con su gracia, Dios lo hace de tal manera que nuestra libertad nunca se ve violentada. Por eso, sería un grave error pensar que, lejos de Dios y de su ayuda, podemos ser más libres y, en consecuencia, sentirnos más dignos. Desvinculada de su Creador, nuestra libertad sólo puede debilitarse y oscurecerse. Lo mismo ocurre si la libertad se imagina como independiente de cualquier referencia que no sea ella misma y se percibe como una amenaza cualquier relación con una verdad precedente. Como consecuencia, también fracasará el respeto por la libertad y la dignidad de los demás. Así lo explicó el Papa Benedicto XVI: «una voluntad que se cree radicalmente incapaz de buscar la verdad y el bien no tiene razones objetivas y motivos para obrar, sino aquellos que provienen de sus intereses momentáneos y pasajeros; no tiene una “identidad” que custodiar y construir a través de las opciones verdaderamente libres y conscientes. No puede, pues, reclamar el respeto por parte de otras “voluntades”, que también están desconectadas de su ser más profundo, y que pueden hacer prevalecer otras “razones” o incluso ninguna “razón”. La ilusión de encontrar en el relativismo moral la clave para una pacífica convivencia, es en realidad el origen de la división y negación de la dignidad de los seres humanos».[47]
31. Además, no sería realista afirmar una libertad abstracta, libre de cualquier condicionamiento, contexto o límite. Por el contrario, «el recto ejercicio de la libertad personal exige unas determinadas condiciones de orden económico, social, jurídico, político y cultural»[48], que a menudo no se cumplen. En este sentido, podemos decir que unos son más “libres” que otros. El Papa Francisco se ha detenido especialmente en este punto: «algunos nacen en familias de buena posición económica, reciben buena educación, crecen bien alimentados, o poseen naturalmente capacidades destacadas. Ellos seguramente no necesitarán un Estado activo y sólo reclamarán libertad. Pero evidentemente no cabe la misma regla para una persona con discapacidad, para alguien que nació en un hogar extremadamente pobre, para alguien que creció con una educación de baja calidad y con escasas posibilidades de curar adecuadamente sus enfermedades. Si la sociedad se rige primariamente por los criterios de la libertad de mercado y de la eficiencia, no hay lugar para ellos, y la fraternidad será una expresión romántica más».[49] Por lo tanto, es indispensable comprender que «la liberación de las injusticias promueve la libertad y la dignidad humana»[50] en todos los niveles y relaciones de las acciones humanas. Para que sea posible una auténtica libertad «tenemos que volver a llevar la dignidad humana al centro y que sobre ese pilar se construyan las estructuras sociales alternativas que necesitamos».[51] Análogamente, la libertad se ve frecuentemente oscurecida por numerosos condicionamientos psicológicos, históricos, sociales, educativos y culturales. La libertad real e histórica siempre necesita ser “liberada”. Y se deberá, también, reafirmar el derecho fundamental a la libertad religiosa.
32. Al mismo tiempo, es evidente que la historia de la humanidad muestra un progreso en la comprensión de la dignidad y la libertad de las personas, no sin sombras y peligros de involución. Testigo de ello es la creciente aspiración – también por influencia cristiana, que sigue siendo fermento incluso en una sociedad cada vez más secularizada – a erradicar el racismo, la esclavitud y la marginación de mujeres, niños, enfermos y personas con discapacidad. Pero este arduo camino dista mucho de haber terminado.
4. Algunas violaciones graves de la dignidad humana
33. A la luz de las reflexiones hechas hasta ahora sobre la centralidad de la dignidad humana, esta última sección de la Declaración aborda algunas violaciones concretas y graves de la misma. Lo hace con el espíritu propio del magisterio de la Iglesia, que ha encontrado su expresión plena en el magisterio de los últimos Pontífices, como ya se ha recordado. Por ejemplo el Papa Francisco, por una parte, no se cansa de pedir el respeto de la dignidad humana: «todo ser humano tiene derecho a vivir con dignidad y a desarrollarse integralmente, y ese derecho básico no puede ser negado por ningún país. Lo tiene aunque sea poco eficiente, aunque haya nacido o crecido con limitaciones. Porque eso no menoscaba su inmensa dignidad como persona humana, que no se fundamenta en las circunstancias sino en el valor de su ser. Cuando este principio elemental no queda a salvo, no hay futuro ni para la fraternidad ni para la sobrevivencia de la humanidad».[52] Por otra parte, no deja nunca de señalar a todos las violaciones concretas de la dignidad humana en nuestro tiempo, llamando a todos y cada uno a una sacudida de responsabilidad y de compromiso activo.
34. Queriendo señalar algunas de las muchas violaciones de la dignidad humana en nuestro mundo contemporáneo, podemos recordar lo que el Concilio Vaticano II enseñó a este respecto. Hay que reconocer que se opone a la dignidad humana «cuanto atenta contra la vida – homicidios de cualquier clase, genocidios, aborto, eutanasia y el mismo suicidio deliberado».[53] Atenta además contra nuestra dignidad «cuanto viola la integridad de la persona humana, como, por ejemplo, las mutilaciones, las torturas morales o físicas, los conatos sistemáticos para dominar la mente ajena».[54] Y finalmente «cuanto ofende a la dignidad humana, como son las condiciones infrahumanas de vida, las detenciones arbitrarias, las deportaciones, la esclavitud, la prostitución, la trata de blancas y de jóvenes; o las condiciones laborales degradantes, que reducen al operario al rango de mero instrumento de lucro, sin respeto a la libertad y a la responsabilidad de la persona humana».[55] Será necesario también mencionar aquí el tema de la pena de muerte:[56] también esta última viola la dignidad inalienable de toda persona humana más allá de cualquier circunstancia. Por el contrario, hay que reconocer que «el firme rechazo de la pena de muerte muestra hasta qué punto es posible reconocer la inalienable dignidad de todo ser humano y aceptar que tenga un lugar en este universo. Ya que, si no se lo niego al peor de los criminales, no se lo negaré a nadie, daré a todos la posibilidad de compartir conmigo este planeta a pesar de lo que pueda separarnos».[57] También parece oportuno reiterar la dignidad de las personas encarceladas, que a menudo se ven obligadas a vivir en condiciones indignas, y que la práctica de la tortura atenta contra la dignidad de todo ser humano más allá de todo límite, incluso si alguien es culpable de delitos graves.
35. Sin pretender ser exhaustivos, a continuación llamamos la atención sobre algunas violaciones graves de la dignidad humana que son de especial actualidad.
El drama de la pobreza
36. Uno de los fenómenos que más contribuye a negar la dignidad de tantos seres humanos es la pobreza extrema, ligada a la desigual distribución de la riqueza. Como ya fue subrayado por san Juan Pablo II, «una de las mayores injusticias del mundo contemporáneo consiste precisamente en esto: en que son relativamente pocos los que poseen mucho, y muchos los que no poseen casi nada. Es la injusticia de la mala distribución de los bienes y servicios destinados originariamente a todos.».[58] Además, sería ilusorio hacer una distinción superficial entre “Países ricos” y “Países pobres”. Benedicto XVI ya reconoció, de hecho, que «la riqueza mundial crece en términos absolutos, pero aumentan también las desigualdades. En los países ricos, nuevas categorías sociales se empobrecen y nacen nuevas pobrezas. En las zonas más pobres, algunos grupos gozan de un tipo de superdesarrollo derrochador y consumista, que contrasta de modo inaceptable con situaciones persistentes de miseria deshumanizadora. Se sigue produciendo “el escándalo de las disparidades hirientes”»,[59] donde la dignidad de los pobres es doblemente negada, tanto por la falta de recursos disponibles para satisfacer sus necesidades básicas, como por la indiferencia con que son tratados por quienes viven junto a ellos.
37. Por tanto, con el Papa Francisco hay que concluir que «aumentó la riqueza, pero con inequidad, y así lo que ocurre es que “nacen nuevas pobrezas”. Cuando dicen que el mundo moderno redujo la pobreza, lo hacen midiéndola con criterios de otras épocas no comparables con la realidad actual».[60] Como resultado, la pobreza se extiende «de múltiples maneras, como en la obsesión por reducir los costos laborales, que no advierte las graves consecuencias que esto ocasiona, porque el desempleo que se produce tiene como efecto directo expandir las fronteras de la pobreza».[61] Entre estos «destructores efectos del Imperio del dinero»,[62] se debe reconocer che «no existe peor pobreza que aquella que priva del trabajo y de la dignidad del trabajo».[63] Si algunos nacen en un país o en una familia donde tienen menos oportunidades de desarrollo, hay que reconocer que eso está reñido con su dignidad, que es exactamente la misma que la de quienes nacen en una familia o en un país ricos. Todos somos responsables, aunque en diversos grados, de esta flagrante desigualdad.
La guerra
38. Otra tragedia que niega la dignidad humana es la que provoca la guerra, hoy como en todos los tiempos: «guerras, atentados, persecuciones por motivos raciales o religiosos, y tantas afrentas contra la dignidad humana […] van “multiplicándose dolorosamente en muchas regiones del mundo, hasta asumir las formas de la que podría llamar una ‘tercera guerra mundial en etapas’”».[64] Con su estela de destrucción y dolor, la guerra atenta contra la dignidad humana a corto y largo plazo: «incluso reafirmando el derecho inalienable a la legítima defensa, así como la responsabilidad de proteger aquellos cuya existencia está amenazada, debemos admitir que la guerra siempre es una “derrota de la humanidad”. Ninguna guerra vale las lágrimas de una madre que ha visto a su hijo mutilado o muerto; ninguna guerra vale la pérdida de la vida, aunque sea de una sola persona humana, ser sagrado, creado a imagen y semejanza del Creador; ninguna guerra vale el envenenamiento de nuestra Casa Común; y ninguna guerra vale la desesperación de los que están obligados a dejar su patria y son privados, de un momento a otro, de su casa y de todos los vínculos familiares, de amistad, sociales y culturales que se han construido, a veces a través de generaciones».[65] Todas las guerras, por el mero hecho de contradecir la dignidad humana, son «conflictos que no resolverán los problemas, sino que los aumentarán».[66] Esto es aún más grave en nuestra época, en la que se ha convertido en normal que, fuera del campo de batalla, mueran tantos civiles inocentes.
39. En consecuencia, aún hoy la Iglesia no puede dejar de hacer suyas las palabras de los Pontífices, repitiendo con san Pablo VI: «¡Nunca jamás guerra! ¡Nunca jamás guerra!»,[67] y pidiendo, junto a san Juan Pablo II, «a todos en nombre de Dios y en nombre del hombre: ¡no matéis! ¡No preparéis a los hombres destrucciones y exterminio! ¡Pensad en vuestros hermanos que sufren hambre y miseria! ¡Respetad la dignidad y la libertad de cada uno!».[68] Precisamente en nuestro tiempo, éste es el grito de la Iglesia y de toda la humanidad. Por último, el Papa Francisco subraya que «no podemos pensar en la guerra como solución, debido a que los riesgos probablemente siempre serán superiores a la hipotética utilidad que se le atribuya. Ante esta realidad, hoy es muy difícil sostener los criterios racionales madurados en otros siglos para hablar de una posible “guerra justa”. ¡Nunca más la guerra!».[69] Como la humanidad vuelve a caer a menudo en los mismos errores del pasado, «para construir la paz es necesario salir de la lógica de la legitimidad de la guerra».[70] La íntima relación que existe entre fe y dignidad humana hace contradictorio que se fundamente la guerra sobre convicciones religiosas: «quien invoca el nombre de Dios para justificar el terrorismo, la violencia y la guerra, no sigue el camino de Dios: la guerra en nombre de la religión es una guerra contra la religión misma».[71]
El trabajo de los emigrantes
40. Los emigrantes están entre las primeras victimas de las múltiples formas de pobreza. No es solo que su dignidad viene negada en sus países,[72] sino que su misma vida es puesta en riesgo porque no tienen los medios para crear una familia, para trabajar o para alimentarse.[73] Una vez llegados a los países que deberían poder recibirlos, «no son considerados suficientemente dignos para participar en la vida social como cualquier otro, y se olvida que tienen la misma dignidad intrínseca de cualquier persona. […] Nunca se dirá que no son humanos pero, en la práctica, con las decisiones y el modo de tratarlos, se expresa que se los considera menos valiosos, menos importantes, menos humanos».[74] Por tanto, es siempre urgente recordar que «todo emigrante es una persona humana que, en cuanto tal, posee derechos fundamentales inalienables que han de ser respetados por todos y en cualquier situación».[75] Su acogida es una forma importante y significativa de defender «la inalienable dignidad de cada persona humana más allá de su origen, color o religión».[76]
La trata de personas
41. La trata de personas también debe considerarse una grave violación de la dignidad humana.[77] Esto no constituye una novedad, pero su desarrollo adquiere dimensiones trágicas que están a la vista de todos, por lo que el Papa Francisco lo ha denunciado en términos particularmente enérgicos: «reafirmo que la “trata de personas” es una actividad innoble, una vergüenza para nuestras sociedades que se consideran civilizadas. ¡Explotadores y clientes a todos los niveles deberían hacer un serio examen de conciencia ante sí mismos y ante Dios! La Iglesia renueva hoy su fuerte llamamiento para que se defienda siempre la dignidad y la centralidad de toda persona, en el respeto de los derechos fundamentales, como destaca su doctrina social, y pide que los derechos se extiendan realmente allí donde no se los reconoce a millones de hombres y mujeres en todos los continentes. En un mundo en el que se habla mucho de derechos, ¡cuántas veces se ultraja de hecho la dignidad humana! En un mundo donde se habla tanto de derechos, parece que el dinero es el único que los tiene. Queridos hermanos y hermanas, vivimos en un mundo donde manda el dinero. Vivimos en un mundo, en una cultura donde reina el fetichismo del dinero».[78]
42. Por estos motivos, la Iglesia y la humanidad no deben abandonar la lucha contra fenómenos como el «comercio de órganos y tejidos humanos, explotación sexual de niños y niñas, trabajo esclavo, incluyendo la prostitución, tráfico de drogas y de armas, terrorismo y crimen internacional organizado. Es tal la magnitud de estas situaciones y el grado de vidas inocentes que va cobrando, que hemos de evitar toda tentación de caer en un nominalismo declaracionista con efecto tranquilizador en las conciencias. Debemos cuidar que nuestras instituciones sean realmente efectivas en la lucha contra todos estos flagelos».[79] Ante formas tan diversas y brutales de negación de la dignidad humana, es necesario ser cada vez más conscientes de que «la trata de personas es un crimen contra la humanidad».[80] Niega en sustancia la dignidad humana al menos de dos formas: «desfigura la humanidad de la víctima, ofendiendo su libertad y su dignidad. Pero, al mismo tiempo, deshumaniza a quienes la llevan a cabo».[81]
Los abusos sexuales
43. La profunda dignidad inherente al ser humano en su totalidad de mente y cuerpo nos permite comprender también por qué todo abuso sexual deja profundas cicatrices en el corazón de quienes lo sufren: éstos están, de hecho, heridos en su dignidad humana. Se trata de «sufrimientos que pueden llegar a durar toda la vida y a los que ningún arrepentimiento puede poner remedio. Este fenómeno está muy difundido en la sociedad, afecta también a la Iglesia y representa un serio obstáculo para su misión».[82] De ahí su inquebrantable compromiso de poner fin a cualquier tipo de abuso, empezando desde dentro.
Las violencias contra las mujeres
44. Las violencias contra las mujeres es un escándalo global, cada vez más reconocido. Aunque de palabra se reconoce la igual dignidad de la mujer, en algunos países las desigualdades entre mujeres y varones son muy graves e incluso en los países más desarrollados y democráticos la realidad social concreta atestigua que a menudo no se reconoce a la mujer la misma dignidad que al varón. El Papa Francisco subraya este hecho cuando afirma que «la organización de las sociedades en todo el mundo todavía está lejos de reflejar con claridad que las mujeres tienen exactamente la misma dignidad e idénticos derechos que los varones. Se afirma algo con las palabras, pero las decisiones y la realidad gritan otro mensaje. Es un hecho que “doblemente pobres son las mujeres que sufren situaciones de exclusión, maltrato y violencia, porque frecuentemente se encuentran con menores posibilidades de defender sus derechos”».[83]
45. Ya san Juan Pablo II reconocía que «aún queda mucho por hacer para que el ser mujer y madre no comporte una discriminación. Es urgente alcanzar en todas partes la efectiva igualdad de los derechos de la persona y por tanto igualdad de salario respecto a igualdad de trabajo, tutela de la trabajadora-madre, justas promociones en la carrera, igualdad de los esposos en el derecho de familia, reconocimiento de todo lo que va unido a los derechos y deberes del ciudadano en un régimen democrático».[84] Las desigualdades en estos aspectos son distintas formas de violencia. También recordó que «es hora de condenar con determinación, empleando los medios legislativos apropiados de defensa, las formas de violencia sexual que con frecuencia tienen por objeto a las mujeres. En nombre del respeto de la persona no podemos además no denunciar la difundida cultura hedonística y comercial que promueve la explotación sistemática de la sexualidad, induciendo a chicas incluso de muy joven edad a caer en los ambientes de la corrupción y hacer un uso mercenario de su cuerpo».[85] Entre las formas de violencia ejercidas contera las mujeres, ¿cómo no mencionar la coacción al aborto, que afecta tanto a la madre como al hijo, tan a menudo para satisfacer el egoísmo de los varones? ¿Y cómo no mencionar también la práctica de la poligamia que – como recuerda el Catecismo de la Iglesia Católica – es contraria a la igual dignidad de mujeres y varones y también es contraria a «al amor conyugal que es único y exclusivo»?[86]
46. Es este horizonte de violencia contra las mujeres, no se condenará nunca de forma suficiente el fenómeno del feminicidio. En este frente, el compromiso de toda la comunidad internacional debe ser sólido y concreto, como ha reiterado el Papa Francisco: «el amor a María nos tiene que ayudar a generar actitudes de reconocimiento y gratitud frente a la mujer, frente a nuestras madres y abuelas que son un bastión en la vida de nuestras ciudades. Casi siempre silenciosas llevan la vida adelante. Es el silencio y la fuerza de la esperanza. Gracias por su testimonio […] pero mirando a las madres y a las abuelas, quiero invitarlos a luchar contra una plaga que afecta a nuestro continente americano: los numerosos casos de feminicidio. Y son muchas las situaciones de violencia que quedan silenciadas detrás de tantas paredes. Los invito a luchar contra esta fuente de sufrimiento pidiendo que se promueva una legislación y una cultura de repudio a toda forma de violencia».[87]
El aborto
47. La Iglesia no cesa de recordar que «la dignidad de todo ser humano tiene un carácter intrínseco y vale desde el momento de su concepción hasta su muerte natural. Precisamente la afirmación de tal dignidad es el presupuesto irrenunciable para la tutela de una existencia personal y social, y también la condición necesaria para que la fraternidad y la amistad social puedan realizarse en todos los pueblos de la tierra».[88] Sobre la base de este valor intangible de la vida humana, el magisterio eclesial se ha siempre pronunciado contra el aborto. Al respecto escribe san Juan Pablo II: «entre todos los delitos que el hombre puede cometer contra la vida, el aborto procurado presenta características que lo hacen particularmente grave e ignominioso […] Hoy, sin embargo, la percepción de su gravedad se ha ido debilitando progresivamente en la conciencia de muchos. La aceptación del aborto en la mentalidad, en las costumbres y en la misma ley es señal evidente de una peligrosísima crisis del sentido moral, que es cada vez más incapaz de distinguir entre el bien y el mal, incluso cuando está en juego el derecho fundamental a la vida. Ante una situación tan grave, se requiere más que nunca el valor de mirar de frente a la verdad y de llamar a las cosas por su nombre, sin ceder a compromisos de conveniencia o a la tentación de autoengaño. A este propósito resuena categórico el reproche del Profeta: “¡Ay, los que llaman al mal bien, y al bien mal!; que dan oscuridad por luz, y luz por oscuridad” (Is 5, 20). Precisamente en el caso del aborto se percibe la difusión de una terminología ambigua, como la de “interrupción del embarazo”, que tiende a ocultar su verdadera naturaleza y a atenuar su gravedad en la opinión pública. Quizás este mismo fenómeno lingüístico sea síntoma de un malestar de las conciencias. Pero ninguna palabra puede cambiar la realidad de las cosas: el aborto procurado es la eliminación deliberada y directa, como quiera que se realice, de un ser humano en la fase inicial de su existencia, que va de la concepción al nacimiento».[89] Los niños que van a nacer «son los más indefensos e inocentes de todos, a quienes hoy se les quiere negar su dignidad humana en orden a hacer con ellos lo que se quiera, quitándoles la vida y promoviendo legislaciones para que nadie pueda impedirlo».[90] Se deberá, por tanto, afirmar con total fuerza y claridad, también en nuestro tiempo, que «esta defensa de la vida por nacer está íntimamente ligada a la defensa de cualquier derecho humano. Supone la convicción de que un ser humano es siempre sagrado e inviolable, en cualquier situación y en cada etapa de su desarrollo. Es un fin en sí mismo y nunca un medio para resolver otras dificultades. Si esta convicción cae, no quedan fundamentos sólidos y permanentes para defender los derechos humanos, que siempre estarían sometidos a conveniencias circunstanciales de los poderosos de turno. La sola razón es suficiente para reconocer el valor inviolable de cualquier vida humana, pero si además la miramos desde la fe, “toda violación de la dignidad personal del ser humano grita venganza delante de Dios y se configura como ofensa al Creador del hombre”».[91] Merece mencionarse aquí el compromiso generoso y valiente de santa Teresa de Calcuta en defensa de todo concebido.
La maternidad subrogada
48. La Iglesia, también, se posiciona en contra de la práctica de la maternidad subrogada, mediante la cual el niño, inmensamente digno, se convierte en un mero objeto. A este respecto, las palabras del Papa Francisco son de una claridad única: «el camino hacia la paz exige el respeto de la vida, de toda vida humana, empezando por la del niño no nacido en el seno materno, que no puede ser suprimida ni convertirse en un producto comercial. En este sentido, considero deplorable la práctica de la llamada maternidad subrogada, que ofende gravemente la dignidad de la mujer y del niño; y se basa en la explotación de la situación de necesidad material de la madre. Un hijo es siempre un don y nunca el objeto de un contrato. Por ello, hago un llamamiento para que la Comunidad internacional se comprometa a prohibir universalmente esta práctica».[92]
49. La práctica de la maternidad subrogada viola, ante todo, la dignidad del niño. En efecto, todo niño, desde el momento de su concepción, de su nacimiento, y luego al crecer como joven, convirtiéndose en adulto, posee una dignidad intangible que se expresa claramente, aunque de manera singular y diferenciada, en cada etapa de su vida. Por tanto, el niño tiene derecho, en virtud de su dignidad inalienable, a tener un origen plenamente humano y no inducido artificialmente, y a recibir el don de una vida que manifieste, al mismo tiempo, la dignidad de quien la da y de quien la recibe. El reconocimiento de la dignidad de la persona humana implica también el reconocimiento de la dignidad de la unión conyugal y de la procreación humana en todas sus dimensiones. En este sentido, el deseo legítimo de tener un hijo no puede convertirse en un “derecho al hijo” que no respete la dignidad del propio hijo como destinatario del don gratuito de la vida. [93]
50. La práctica de la maternidad subrogada viola, al mismo tiempo, la dignidad de la propia mujer que o se ve obligada a ello o decide libremente someterse. Con esta práctica, la mujer se desvincula del hijo que crece en ella y se convierte en un mero medio al servicio del beneficio o del deseo arbitrario de otros. Esto se contrapone, totalmente, con la dignidad fundamental de todo ser humano y su derecho a ser reconocido siempre por sí mismo y nunca como instrumento para otra cosa.
La eutanasia y el suicidio asistido
51. Hay un caso particular de violación de la dignidad humana, más silencioso pero que está ganando mucho terreno. Tiene la peculiaridad de utilizar un concepto erróneo de la dignidad humana para volverla contra la vida misma. Esta confusión, muy común hoy en día, sale a la luz cuando se habla de eutanasia. Por ejemplo, las leyes que reconocen la posibilidad de la eutanasia o el suicidio asistido se denominan a veces “leyes de muerte digna” (“death with dignity acts”). Está muy extendida la idea de que la eutanasia o el suicidio asistido son compatibles con el respeto a la dignidad de la persona humana. Frente a este hecho, hay que reafirmar con fuerza que el sufrimiento no hace perder al enfermo esa dignidad que le es intrínseca e inalienablemente propia, sino que puede convertirse en una oportunidad para reforzar los lazos de pertenencia mutua y tomar mayor conciencia de lo preciosa que es cada persona para el conjunto de la humanidad.
52. Ciertamente, la dignidad del enfermo, en condiciones críticas o terminales, exige que todos realicen los esfuerzos adecuados y necesarios para aliviar su sufrimiento mediante unos cuidados paliativos apropiados y evitando cualquier encarnizamiento terapéutico o intervención desproporcionada. Estos cuidados responden al «constante deber de comprender las necesidades del enfermo: necesidad de asistencia, de alivio del dolor, necesidades emotivas, afectivas y espirituales».[94] Pero tal esfuerzo es totalmente distinto, diferente, incluso contrario a la decisión de eliminar la propia vida o la de los demás bajo el peso del sufrimiento. La vida humana, incluso en su condición dolorosa, es portadora de una dignidad que debe respetarse siempre, que no puede perderse y cuyo respeto permanece incondicional. En efecto, no hay condiciones en ausencia de las cuales la vida humana deje de ser digna y pueda, por tanto, suprimirse: «la vida tiene la misma dignidad y el mismo valor para todos y cada uno: el respeto de la vida del otro es el mismo que se debe a la propia existencia».[95] Ayudar al suicida a quitarse la vida es, por tanto, una ofensa objetiva contra la dignidad de la persona que lo pide, aunque con ello se cumpliese su deseo: «debemos acompañar a la muerte, pero no provocar la muerte o ayudar cualquier forma de suicidio. Recuerdo que se debe privilegiar siempre el derecho al cuidado y al cuidado para todos, para que los más débiles, en particular los ancianos y los enfermos, nunca sean descartados. La vida es un derecho, no la muerte, que debe ser acogida, no suministrada. Y este principio ético concierne a todos, no solo a los cristianos o a los creyentes».[96] Como ya se ha dicho, la dignidad de cada persona, por débil o sufriente que sea, implica a la dignidad de todos.
El descarte de las personas con discapacidad
53. Un criterio para verificar la atención real a la dignidad de cada individuo es, obviamente, la atención prestada a los más desfavorecidos. Nuestro tiempo, por desgracia, no se distingue mucho por esa atención: en verdad, se está imponiendo una cultura del descarte.[97] Para contrarrestar esta tendencia, merece especial atención y solicitud la condición de quienes se encuentran en situación de déficit físico o psíquico. Esta condición de especial vulnerabilidad,[98] tan relevante en los relatos evangélicos, cuestiona universalmente lo que significa ser una persona humana, precisamente desde un estado de deficiencia o discapacidad. La cuestión de la imperfección humana tiene también claras implicaciones desde el punto de vista sociocultural, ya que, en algunas culturas, las personas con discapacidad sufren a veces marginación, cuando no opresión, al ser tratadas como auténticos “descartados”. En realidad, todo ser humano, sea cual sea su condición de vulnerabilidad, recibe su dignidad por el hecho mismo de ser querido y amado por Dios. Por estas razones, debe fomentarse en la medida de lo posible la inclusión y la participación activa en la vida social y eclesial de todos aquellos que, de alguna manera, están marcados por la fragilidad o la discapacidad.[99]
54. En una perspectiva más amplia, se deberá recordar que la «caridad, corazón del espíritu de la política, es siempre un amor preferencial por los últimos, que está detrás de todas las acciones que se realicen a su favor los pobres […] “preocuparse de la fragilidad, de la fragilidad de los pueblos y de las personas. Cuidar la fragilidad quiere decir fuerza y ternura, lucha y fecundidad, en medio de un modelo funcionalista y privatista que conduce inexorablemente a la ‘cultura del descarte’. […] Significa hacerse cargo del presente en su situación más marginal y angustiante, y ser capaz de dotarlo de dignidad”. Así ciertamente se genera una actividad intensa, porque “hay que hacer lo que sea para salvaguardar la condición y dignidad de la persona humana”».[100]
La teoría de género
55. La Iglesia desea, ante todo, «reiterar que toda persona, independientemente de su tendencia sexual, ha de ser respetada en su dignidad y acogida con respeto, procurando evitar «todo signo de discriminación injusta», y particularmente cualquier forma de agresión y violencia».[101] Por ello, hay que denunciar como contrario a la dignidad humana que en algunos lugares se encarcele, torture e incluso prive del bien de la vida, a no pocas personas, únicamente por su orientación sexual.
56. Al mismo tiempo, la Iglesia destaca los decisivos elementos críticos presentes en la teoría de género. A este respecto, el Papa Francisco recordó: «el camino hacia la paz exige el respeto de los derechos humanos, según la sencilla pero clara formulación contenida en la Declaración Universal de los Derechos Humanos, cuyo 75 aniversario hemos celebrado recientemente. Se trata de principios racionalmente evidentes y comúnmente aceptados. Desgraciadamente, los intentos que se han producido en las últimas décadas de introducir nuevos derechos, no del todo compatibles respecto a los definidos originalmente y no siempre aceptables, han dado lugar a colonizaciones ideológicas, entre las que ocupa un lugar central la teoría de género, que es extremadamente peligrosa porque borra las diferencias en su pretensión de igualar a todos».[102]
57. Con respecto a la teoría de género, sobre cuya consistencia científica se debate mucho en la comunidad de expertos, la Iglesia recuerda que la vida humana, en todos sus componentes, físicos y espirituales, es un don de Dios, que debe ser acogido con gratitud y puesto al servicio del bien. Querer disponer de sí mismo, como prescribe la teoría de género, sin tener en cuenta esta verdad fundamental de la vida humana como don, no significa otra cosa que ceder a la vieja tentación de que el ser humano se convierta en Dios y entre en competencia con el verdadero Dios del amor que nos revela el Evangelio.
58. Un segundo aspecto sobre la teoría de género es que pretende negar la mayor diferencia posible entre los seres vivos: la diferencia sexual. Esta diferencia constitutiva no sólo es la mayor imaginable, sino también la más bella y la más poderosa: logra, en la pareja varón-mujer, la reciprocidad más admirable y es, por tanto, la fuente de ese milagro que nunca deja de asombrarnos que es la llegada de nuevos seres humanos al mundo.
59. En este sentido, el respeto del propio cuerpo y de aquel de los otros es esencial ante la proliferación y reivindicación de nuevos derechos que avanza la teoría de género. Esta ideología «presenta una sociedad sin diferencias de sexo, y vacía el fundamento antropológico de la familia».[103] Por tanto, resulta inaceptable que «algunas ideologías de este tipo, que pretenden responder a ciertas aspiraciones a veces comprensibles, procuren imponerse como un pensamiento único que determine incluso la educación de los niños. No hay que ignorar que “el sexo biológico (sex) y el papel sociocultural del sexo (gender), se pueden distinguir pero no separar”».[104] Por lo tanto, debe rechazarse todo intento de ocultar la referencia a la evidente diferencia sexual entre hombres y mujeres: «no podemos separar lo que es masculino y femenino de la obra creada por Dios, que es anterior a todas nuestras decisiones y experiencias, donde hay elementos biológicos que es imposible ignorar».[105] Sólo cuando cada persona humana puede reconocer y aceptar esta diferencia en reciprocidad es capaz de descubrirse plenamente a sí misma, su dignidad y su identidad.
El cambio de sexo
60. La dignidad del cuerpo no puede considerarse inferior a la de la persona como tal. El Catecismo de la Iglesia Católica nos invita expresamente a reconocer que «el cuerpo del hombre participa de la dignidad de la “imagen de Dios”».[106] Tal verdad merece ser recordada especialmente cuando se trata del cambio de sexo. En efecto, el ser humano está inseparablemente compuesto de cuerpo y alma, y el cuerpo es el lugar vivo donde se despliega y manifiesta la interioridad del alma, incluso a través de la red de relaciones humanas. Constituyendo el ser de la persona, alma y cuerpo participan así de esa dignidad que caracteriza a todo ser humano.[107] En este sentido, hay que recordar que el cuerpo humano participa de la dignidad de la persona, ya que está dotado de significados personales, especialmente en su condición sexual.[108] Es en el cuerpo, de hecho, donde cada persona se reconoce generada por los demás, y es a través de su cuerpo que el varón y la mujer pueden establecer una relación de amor capaz de generar a otras personas. Sobre la necesidad de respetar el orden natural de la persona humana, el Papa Francisco enseña que «lo creado nos precede y debe ser recibido como don. Al mismo tiempo, somos llamados a custodiar nuestra humanidad, y eso significa ante todo aceptarla y respetarla como ha sido creada».[109] De ahí que toda operación de cambio de sexo, por regla general, corra el riesgo de atentar contra la dignidad única que la persona ha recibido desde el momento de la concepción. Esto no significa que se excluya la posibilidad que una persona afectada por anomalías genitales, que ya son evidentes al nacer o que se desarrollan posteriormente, pueda optar por recibir asistencia médica con el objetivo de resolver esas anomalías. En este caso, la operación no constituiría un cambio de sexo en el sentido que aquí se entiende.
La violencia digital
61. El avance de las tecnologías digitales, aunque ofrece muchas posibilidades para promover la dignidad humana, tiende cada vez más a crear un mundo en el que crecen la explotación, la exclusión y la violencia, que pueden llegar a atentar contra la dignidad de la persona humana. Basta pensar en lo fácil que es, a través de estos medios, poner en peligro la buena reputación de cualquier persona con noticias falsas y calumnias. Sobre este punto el Papa Francisco subraya que «no es sano confundir la comunicación con el mero contacto virtual. De hecho, el ambiente digital también es un territorio de soledad, manipulación, explotación y violencia, hasta llegar al caso extremo del dark web. Los medios de comunicación digitales pueden exponer al riesgo de dependencia, de aislamiento y de progresiva pérdida de contacto con la realidad concreta, obstaculizando el desarrollo de relaciones interpersonales auténticas. Nuevas formas de violencia se difunden mediante los social media, por ejemplo el ciberacoso; la web también es un canal de difusión de la pornografía y de explotación de las personas para fines sexuales o mediante el juego de azar”».[110] Y así es como, allí donde crecen las posibilidades de conexión, ocurre paradójicamente que todo el mundo se encuentra en realidad cada vez más aislado y empobrecido de relaciones interpersonales: «en la comunicación digital se quiere mostrar todo y cada individuo se convierte en objeto de miradas que hurgan, desnudan y divulgan, frecuentemente de manera anónima. El respeto al otro se hace pedazos y, de esa manera, al mismo tiempo que lo desplazo, lo ignoro y lo mantengo lejos, sin pudor alguno puedo invadir su vida hasta el extremo».[111] Estas tendencias representan el lado oscuro del progreso digital.
62. Desde esta perspectiva, si la tecnología ha de estar al servicio de la dignidad humana y no perjudicarla, y si ha de promover la paz en lugar de la violencia, la comunidad humana debe ser proactiva a la hora de abordar estas tendencias respetando la dignidad humana y promover el bien: «en este mundo globalizado “los medios de comunicación pueden ayudar a que nos sintamos más cercanos los unos de los otros, a que percibamos un renovado sentido de unidad de la familia humana que nos impulse a la solidaridad y al compromiso serio por una vida más digna para todos. […] Pueden ayudarnos en esta tarea, especialmente hoy, cuando las redes de la comunicación humana han alcanzado niveles de desarrollo inauditos. En particular, internet puede ofrecer mayores posibilidades de encuentro y de solidaridad entre todos; y esto es algo bueno, es un don de Dios”. Pero es necesario verificar constantemente que las actuales formas de comunicación nos orienten efectivamente al encuentro generoso, a la búsqueda sincera de la verdad íntegra, al servicio, a la cercanía con los últimos, a la tarea de construir el bien común».[112]
Conclusión
63. En el 75 aniversario de la promulgación de la Declaración Universal de los Derechos Humanos (1948), el Papa Francisco reiteró que ese documento «es como una vía maestra, sobre la que se han dado muchos pasos adelante, pero faltan todavía tantos, y a veces, desafortunadamente, se vuelve atrás. ¡El compromiso con los derechos humanos nunca se acaba! A este respecto, estoy cerca de todos aquellos que, sin proclamas, en la vida concreta de cada día luchan y pagan en persona por defender los derechos de los que no cuentan».[113]
64. Es en este espíritu, con esta Declaración, en el que la Iglesia exhorta ardientemente a que el respeto de la dignidad de la persona humana, más allá de toda circunstancia, se sitúe en el centro del compromiso por el bien común y de todo ordenamiento jurídico. En efecto, el respeto de la dignidad de todos y de cada uno, es la base indispensable para la existencia misma de toda sociedad que pretenda fundarse en el derecho justo y no en la fuerza del poder. Es sobre la base del reconocimiento de la dignidad humana como se sostienen los derechos humanos fundamentales, que preceden y sustentan toda convivencia civilizada.[114]
65. Cada persona individual y, al mismo tiempo, cada comunidad humana tiene, por tanto, la tarea de la realización concreta y efectiva de la dignidad humana, mientras que corresponde a los Estados no sólo protegerla, sino también garantizar las condiciones necesarias para que florezca en la promoción integral de la persona humana: «en la actividad política hay que recordar que “más allá de toda apariencia, cada uno es inmensamente sagrado y merece nuestro cariño y nuestra entrega”».[115]
66. También hoy, ante tantas violaciones de la dignidad humana, que amenazan gravemente el futuro de la humanidad, la Iglesia no cesa de alentar la promoción de la dignidad de toda persona humana, cualesquiera que sean sus cualidades físicas, psíquicas, culturales, sociales y religiosas. Lo hace con esperanza, segura de la fuerza que brota de Cristo resucitado, que ha llevado ya a su plenitud definitiva la dignidad integral de todo varón y de toda mujer. Esta certeza se convierte en un llamamiento en las palabras del Papa Francisco a cada uno de nosotros: «a cada persona de este mundo le pido que no olvide esa dignidad suya que nadie tiene derecho a quitarle».[116]
El Sumo Pontífice Francisco, en la Audiencia concedida al suscrito Prefecto junto al Secretario para la Sección Doctrinal del Dicasterio para la Doctrina de la Fe, el día de 25 marzo de 2024, ha aprobado la presente Declaración, decidida en la Sesión Ordinaria de este Dicasterio con fecha 28 de febrero de 2024, y ha ordenado su publicación.
Dado en Roma, en la sede del Dicasterio para la Doctrina de la Fe, el 2 de abril de 2024, 19° aniversario de la muerte de san Juan Pablo II.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefecto
Mons. Armando Matteo
Secretario para la Sección Doctrinal
EX AUDIENTIA DIE 25.03.2024
FRANCISCUS
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[1] S. Juan Pablo II, Ángelus con personas con discapacidad en la Iglesia Catedral de Osnabrück (16 noviembre 1980): Insegnamenti III/2 (1980), 1232.
[2] Francisco, Exhort. ap. Laudate Deum (4 octubre 2023), n. 39: L’Osservatore Romano (4 octubre 2023), III.
[3] En el 1948, las Naciones Unidas adoptaron la Declaración Universal de los Derechos Humanos, que se compone de treinta artículos. La palabra “dignidad” aparece cinco veces, en puntos estratégicos: en las primeras palabras del Preámbulo y en la primera frase del Artículo Primero. Esta dignidad viene declarada como «intrínseca […] a todos los miembros de la familia humana» (Preámbulo) y «todos los seres humanos nacen libres e iguales en dignidad y derechos» (Artículo 1).
[4] Atendiendo solo a la época moderna, se ve como la Iglesia ha progresivamente acentuado la importancia de la dignidad humana. El tema fue desarrollado especialmente en la Encíclica Rerum novarum (1891) de Papa León XIII, en la Encíclica Quadragesimo anno (1931) de Papa Pio XI y en el Discurso al Congreso de la Unión Católica Italiana de Obstetras (1951) de Papa Pio XII. Después, el Concilio Vaticano II ha profundizado de modo particular esta temática, dedicando un documento completo al tema con la Declaración Dignitatis humanae (1965) y discutiendo también sobre la libertad humana en la Constitución pastoral Gaudium et spes (1965).
5] S. Pablo VI, Audiencia general (4 septiembre 1968): Insegnamenti VI (1968), 886.
[6] S. Juan Pablo II, Discurso a la III Conferencia General del Episcopado Latinoamericano (28 enero 1979), III.1-III.2: Insegnamenti II/1 (1979), 202-203.
[7] Benedicto XVI, Discurso a los participantes a la Asamblea General de la Pontificia Academia para la Vida (13 febrero 2010): Insegnamenti VI/1 (2011), 218.
[8] Benedicto XVI, Discurso a los participantes de la reunión del Banco del Desarrollo del Consejo de Europa, (12 junio 2010): Insegnamenti VI/1 (2011), 912-913.
[9] Francisco, Exhort. ap. Evangelii gaudium (24 noviembre 2013), n. 178: AAS 105 (2013), 1094, que cita a S. Juan Pablo II, Ángelus con personas con discapacidad en la Iglesia Catedral de Osnabrück (16 noviembre 1980): Insegnamenti III/2 (1980), 1232.
[10] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 8: AAS 112 (2020), 971.
[11] Ibídem, n. 277: AAS 112 (2020), 1069.
[12] Ibídem, n. 213: AAS 112 (2020), 1045.
[13] Ibídem, n. 213: AAS 112 (2020), 1045, que cita Francisco, Mensaje a los participantes en la Conferencia internacional “Los derechos humanos en el mundo contemporáneo: conquistas, omisiones, negaciones” (10 diciembre 2018): L’Osservatore Romano (10-11 diciembre 2018), 8.
[14] La Declaración del 1948 de las Naciones Unidas fue desarrollada y posteriormente profundizada por el Pacto internacional de las Naciones Unidas sobre los derechos civiles y políticos del 1966 y del Acto final de la Conferencia sobre la seguridad y la cooperación en Europa del 1975.
[15] Cf. Comisión Teológica Internacional, Dignidad y derechos de la persona humana (1983), Introducción, 3. Un compendio de la doctrina católica sobre la dignidad humana puede encontrarse en el Catecismo de la Iglesia Católica, en el capítulo titulado “La dignidad de la persona humana”, nn. 1700-1876.
[16] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 22: AAS 112 (2020), 976.
[17] Boecio, Contra Eutychen et Nestorium, c. 3: PL 64, 1344: «persona est rationalis naturae individua substantia». Cf. S. Buenaventura, In I Sent., d. 25, a. 1, q. 2; S. Tomás de Aquino, Summa Theologiae, I, q. 29, a. 1, resp.
[18] Puesto que no es el propósito de esta Declaración elaborar un tratado exhaustivo sobre la noción de dignidad, en aras de la brevedad sólo se menciona aquí, a modo de ejemplo, la llamada cultura clásica griega y romana, como punto de referencia de la reflexión filosófica y teológica de los primeros cristianos.
[19] Cf. por ej. Cicerón De Officiis I, 105-106: «Sed pertinet ad omnem officii quaestionem semper in promptu habere, quantum natura hominis pecudibus reliquisque beluis antecedat […] Atque etiam si considerare volumus, quae sit in natura excellentia et dignitas, intellegemus, quam sit turpe diffluere luxuria et delicate ac molliter vivere quamque honestum parce, continenter, severe, sobrie»; (Scriptorum Latinorum Bibliotecha Oxoninsis, ed. M. Winterbottom, Oxford 1994, p.43). Esta es la traducción española «incumbe al asunto entero del deber el tener siempre a la vista cuánto aventaja la naturaleza humana a la del ganado y las restantes bestias [...] Y también, si queremos considerar qué son la excelencia y dignidad enraizadas por naturaleza, entenderemos qué burdo es desgastarse en el vicio y vivir entre melindres y molicie, y qué honorable hacerlo de modo frugal, sobrio, serio y austero» (Los Deberes, tr. española I. J. García Pinilla, Biblioteca Clásica Gredos – 414, Madrid 2014).
[20] Cf. S. Pablo VI, Discurso en la Peregrinación a Tierra Santa: Visita a la Basílica de la Anunciación en Nazaret (5 enero 1964): AAS 56 (1964), 166-170.
[21] Entre las innumerables referencias, cf. por ej. S. Clemente de Roma, 1 Clem. 33, 4s: PG 1, 273; Teófilo de Antioquía, Ad Aut. I, 4: PG 6, 1029; S. Clemente de Alejandría, Strom. III, 42,5-6: PG 8, 1145; VI, 72, 2: PG 9, 293; S. Ireneo de Lyon, Adv. Haer. V, 6,1: PG 7, 1137-1138; Orígenes, De princ. III, 6,1: PG 11, 333; S. Agustín, De Gen. ad litt. VI, 12: PL 34, 348; De Trin. XIV, 8, 11: PL 42, 1044 – 1405.
[22] S. Tomás de Aquino, Summa Theologiae, I, q. 29, a. 3, resp.: «persona significat id, quod est perfectissimum in tota natura, scilicet subsistens in rationali natura».
[23] Basta pensar en Giovanni Pico della Mirandola y su conocido texto Oratio de hominis dignitate (1486).
[24] Para un pensador hebreo como E. Levinas (1906-1995), el ser humano viene cualificado por su libertad en la medida en que se descubre infinitamente responsable del otro ser humano.
[25] Algunos grandes pensadores cristianos del siglo XIX y XX, como S. J.H. Newman, el beato A. Rosmini, J. Maritain, E. Mounier, K. Rahner, H.‑U. von Balthasar, y otros, han logrado proponer una visión del hombre que puede dialogar válidamente con todas las corrientes de pensamiento de nuestro inicio del siglo XXI, cualquiera que sea su inspiración, incluso postmoderna.
[26] Por este motivo, la «Declaración universal de los derechos del hombre […] indica implícitamente que la fuente de los derechos humanos inalienables se sitúa en la dignidad de toda persona humana»: Comisión Teológica Internacional, En busca de una ética universal: nueva perspectiva sobre la ley natural (2009), n. 115.
[27] Concilio Ecuménico Vaticano II, Const. past. Gaudium et Spes (7 diciembre 1965), n. 26: AAS 58 (1966), 1046; todo el primer capítulo de la primera parte de la Constitución (nn. 11-22) viene dedicado a la “Dignidad de la persona humana”.
[28] Concilio Ecuménico Vaticano II, Declar. Dignitatis Humanae (7 diciembre 1965), n. 1: AAS 58 (1966), 929.
[29] Ibídem, n. 2: AAS 58 (1966), 931.
[30] Congregación para la Doctrina de la Fe, Instruc. Dignitas personae (8 septiembre 2008), n. 7: AAS 100 (2008), 863. Cf. también S. Ireneo de Lyon, Adv. Haer. V, 16, 2: PG 7, 1167-1168.
[31] Puesto que «el Hijo de Dios con su encarnación se ha unido, en cierto modo, con todo hombre.» (Concilio Ecuménico Vaticano II, Const. past. Gaudium et spes (7 diciembre 1965), n. 22: AAS 58 (1966), 1042), la dignidad de todo hombre nos viene revelada en su plenitud por Cristo.
[32] Concilio Ecuménico Vaticano II, Const. past. Gaudium et spes (7 diciembre 1965), n. 19: AAS 58 (1966), 1038.
[33] S. Juan Pablo II, Cart. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), n. 38: AAS 87 (1995), 443, que cita S. Ireneo de Lyon, Adv. Haer. IV, 20,7: PG 7, 1037-1038.
[34] De hecho, Cristo dio a los bautizados una nueva dignidad, la de “hijos de Dios”: cf. Catecismo de la Iglesia Católica nn. 1213, 1265, 1270, 1279.
[35] Concilio Ecuménico Vaticano. II, Declar. Dignitatis humanae (7 diciembre 1965), n. 9: AAS 58 (1966), 935.
[36] Cf. S. Ireneo de Lyon, Adv. Haer. V, 6, 1. V, 8, 1. V, 16, 2: PG 7, 1136-1138. 1141-1142. 1167-1168; S. Juan Damasceno, De fide orth. 2, 12: PG 94, 917-930.
[37] Benedicto XVI, Discurso en Westminster Hall (17 septiembre 2010): Insegnamenti VI/2 (2011), 240.
[38] Francisco, Audiencia general (12 agosto 2020): L’Osservatore Romano (13 agosto 2020), 8, que cita S. Juan Pablo II, Discurso a la Asamblea General de las Naciones Unidas (2 octubre1979), 7 y 2 e e Id., Discurso a la Asamblea General de las Naciones Unidas (5 octubre1995), 2.
[39] Cf. Congregación para la Doctrina de la Fe, Instruc. Dignitas personae (8 septiembre 2008), n. 8: AAS 100 (2008), 863-864.
[40] Comisión Teológica Internacional, La libertad religiosa para el bien de todos (2019), n. 38.
[41] Cf. Francisco, Discurso a los Miembros del Cuerpo Diplomático acreditado ante la Santa Sede para la presentación de las felicitaciones por el Año Nuevo (8 enero 2024): L’Osservatore Romano (8 enero 2024), 3.
[42] Cf. S. Juan Pablo II, Cart. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), n. 19: AAS 87 (1995), 422.
[43] Francisco, Cart. enc. Laudato si’ (24 mayo 2015), n. 69: AAS 107 (2015), 875, que cita el Catecismo de la Iglesia Católica, n. 339.
[44] Francisco, Exhort. ap. Laudate Deum (4 octubre 2023), n. 67: L’Osservatore Romano (4 octubre 2023), IV.
[45] Ibídem, n. 63: L’Osservatore Romano (4 octubre 2023), IV.
[46] Catecismo de la Iglesia Católica, n. 1730.
[47] Benedicto XVI, Mensaje para la celebración de la 44a Jornada mundial por la Paz (1 enero 2011), n. 3 Insegnamenti VI/2 (2011), 979.
[48] Pontificio Consejo de Justicia y Paz, Compendio de la Doctrina social de la Iglesia, n. 137.
[49] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 109: AAS 112 (2020), 1006.
[50] Pontificio Consejo de Justicia y Paz, Compendio de la Doctrina social de la Iglesia, n. 137.
[51] Francisco, Discurso a los participantes al Encuentro mundial de movimientos populares (28 octubre 2014): AAS 106 (2014), 858.
[52] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 107: AAS 112 (2020), 1005-1006.
[53] Concilio Ecuménico Vaticano II, Const. past. Gaudium et spes (7 diciembre 1965), n. 27: AAS 58 (1966), 1047.
[54] Ibídem.
[55] Ibídem.
[56] Cf. Catecismo de la Iglesia Católica, n. 2267 y Congregación para la Doctrina de la Fe, Carta a los obispos sobre la nueva redacción del n. 2267 del Catecismo de la Iglesia Católica sobre la pena de muerte (1 agosto 2018), nn. 7-8.
[57] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 269: AAS 112 (2020), 1065.
[58] S. Juan Pablo II, Cart. enc. Sollicitudo rei socialis (30 diciembre 1987), n. 28: AAS 80 (1988), 549.
[59] Benedicto XVI, Carta. enc. Caritas in veritate (29 junio 2009), n. 22: AAS 101 (2009), 657, que cita S. Pablo VI, Cart. enc. Populorum progressio (26 marzo 1967), n. 9: AAS 59 (1967), 261-262.
[60] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 21: AAS 112 (2020), 976, que cita Benedetto XVI, Cart. enc. Caritas in veritate (29 junio 2009), n. 22: AAS 101 (2009), 657.
[61] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 20: AAS 112 (2020), 975-976. Cf. también la “Oración al Creador” al final de la misma Encíclica.
[62] Ibídem, n. 116: AAS 112 (2020), 1009, que cita Francisco, Discurso a los participantes al Encuentro mundial de movimientos populares (28 octubre 2014): AAS 106 (2014), 851-852.
[63] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 162: AAS 112 (2020), 1025, que cita Francisco, Discurso a los miembros del Cuerpo diplomático acreditado ante la Santa Sede (12 enero 2015): AAS 107 (2015), 265.
[64] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 25: AAS 112 (2020), 978, que cita Francisco, Mensaje en la 49ª Jornada mundial por la Paz (1 enero 2016): AAS 108 (2016), 49.
[65] Francisco, Mensaje a los participantes a la VI Edición del “Fórum de Paris sobre la Paz” (10 noviembre 2023): L’Osservatore Romano (10 noviembre 2023), 7, que cita Id., Audiencia general (23 marzo 2022): L’Osservatore Romano (23 marzo 2022), 3.
[66] Francisco, Discurso a la Conferencia de las Partes en la Convención Marco de las Naciones Unidas sobre el Cambio Climático (COP 28) (2 diciembre 2023): L’Osservatore Romano (2 diciembre 2023), 2.
[67] Cf. S. Pablo VI, Discurso a las Naciones Unidas (4 octubre 1965): AAS 57 (1965), 881.
[68] S. Juan Pablo II, Cart. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), n. 16: AAS 71 (1979), 295.
[69] Francisco Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre2020), n. 258: AAS 112 (2020), 1061.
[70] Francisco, Discurso al Consejo de Seguridad de las Naciones Unidas (14 junio 2023): L’Osservatore Romano (15 junio 2023), 8.
[71] Francisco, Discurso en la Jornada mundial de Oración por la Paz (20 septiembre 2016): L’Osservatore Romano (22 septiembre 2016), 5.
[72] Cf. Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 38: AAS 112 (2020), 983: «Por consiguiente, también, “hay que reafirmar el derecho a no emigrar, es decir, a tener las condiciones para permanecer en la propia tierra”», que cita Benedicto XVI, Mensaje por la 99ª Jornada mundial del Emigrante y del Refugiado (12 octubre 2012): AAS 104 (2012), 908.
[73] Cf. Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 38: AAS 112 (2020), 982-983.
[74] Ibídem, n. 39: AAS 112 (2020), 983.
[75] Benedicto XVI, Cart. enc. Caritas in veritate (29 junio 2009), n. 62: AAS 101 (2009), 697.
[76] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 39: AAS 112 (2020), 983.
[77] Puede ser útil aquí recordar la declaración de Pablo III sobre la dignidad de los hombres que se encuentran en las tierras del “Nuevo Mundo” en la Bulla Pastorale officium (29 mayo1537), donde establece – bajo pena de excomunión – que los habitantes de aquellos territorios, «incluso si se encuentran fuera del seno de la Iglesia no estén privados […] de su libertad o del dominio sobre sus bienes, puesto que son hombres y por eso capaces de fe y salvación» [«licet extra gremium Eccelesiae existant, non tamen sua libertate, aut rerum suarum dominio […] privandos esse, et cum homines, ideoque fidei et salutis capaces sint»]: DH 1495.
[78] Francisco, Discurso a los participantes a la Plenaria del Pontificio Consejo de la Pastoral para los Emigrantes y los Itinerantes (24 mayo 2013): AAS 105 (2013), 470-471.
[79] Francisco, Discurso a la Organización de las Naciones Unidas (25 septiembre 2015): AAS 107 (2015), 1039.
[80] Francisco, Discurso a un grupo de Embajadores con ocasión de la presentación de las Cartas Credenciales (12 diciembre 2013): L’Osservatore Romano (13 diciembre 2013), 8.
[81] Francisco, Discurso a los participantes en la Conferencia internacional sobre la trata de personas (11 abril 2019): AAS 111 (2019), 700.
[82] Documento Final de la XV Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos, (27 octubre 2018), n. 29.
[83] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 23: AAS 112 (2020), 977, que cita Id., Exhort. ap. Evangelii gaudium (24 noviembre 2013), n. 212: AAS 105 (2013), 1108.
[84] S. Juan Pablo II, Carta a las mujeres (29 junio 1995), n. 4: Insegnamenti XVIII/1 (1997), 1874.
[85] Ibídem, n. 5: Insegnamenti XVIII/1 (1997), 1875.
[86] Catecismo de la Iglesia Católica, n. 1645.
[87] Francisco, Discurso con ocasión de la Celebración Mariana – Virgen De La Puerta (20 enero 2018): AAS 110 (2018), 329.
[88] Francisco, Discurso a los participantes en la Asamblea Plenaria de la Congregación para la Doctrina de la Fe (21 enero 2022): L’Osservatore Romano (21 enero 2022), 8.
[89] S. Juan Pablo II, Cart. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), 58: AAS 87 (1995), 466-467. Sobre el tema del respeto debido a los embriones humanos, se vea tema del respeto debido a los embriones humanos, Congregación para la Doctrina de la Fe, Instruc. Donum vitae (22 febrero 1987): «La praxis de mantener en vida embriones humanos, in vivo o in vitro, para fines experimentales o comerciales, es completamente contraria a la dignidad humana» (I, 4): AAS 80 (1988), 82
[90] Francisco, Exhort. ap. Evangelii gaudium (24 noviembre 2013), 213: AAS 105 (2013), 1108.
[91] Ibídem.
[92] Francisco, Discurso a los miembros del Cuerpo Diplomático acreditado ante la Santa Sede para la presentación de las felicitaciones por el Año Nuevo (8 enero 2024): L’Osservatore Romano (8 enero 2024), 3.
[93] Cf. Congregación para la Doctrina de la Fe, Instruc. Dignitas Personae (8 septiembre 2008), n. 16: AAS 100 (2008), 868-869. A todos estos aspectos se refiere precisamente la Instrucción de la entonces Congregación para la Doctrina de la Fe titulada Donum vitae (22 febrero 1987): AAS 80 (1988), 71-102.
[94] Congregación para la Doctrina de la Fe, Cart. Samaritanus bonus (14 julio 2020), V, n. 4: AAS 112 (2020), 925.
[95] Cf. Ibídem, V, n.1: AAS 112 (2020), 919.
[96] Francisco, Audiencia general (9 febrero 2022): L’Osservatore Romano (9 febrero 2022), 3.
[97] Cf. sobre todo, Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), nn. 18-21: AAS 112 (2020), 975-976: “El descarte mundial”. El n. 188 de la misma Encíclica llega a identificar una “cultura del descarte”.
[98] Cf. Francisco, Discurso a los participantes al Congreso promovido por el Pontificio Consejo para la Promoción de la Nueva Evangelización (21 octubre 2017): L’Osservatore Romano (22 octubre 2017), 8: «La vulnerabilidad pertenece a la esencia del ser humano».
[99] Cf. Francisco, Mensaje para el Día internacional de las personas con discapacidad (3 diciembre 2020): AAS 112 (2020), 1185-1186.
[100] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), nn. 187-188: AAS 112 (2020), 1035-1036, que cita Id., Discurso al Parlamento Europeo, Strasburgo (25 noviembre 2014): AAS 106 (2014), 999, e Id., Discurso a la clase dirigente y al Cuerpo diplomático, Bangui – República Centroafricana (29 noviembre 2015): AAS 107 (2015) 1320.
[101] Francisco, Exhort. ap. Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 250: AAS 108 (2016), 412-413, que cita el Catecismo de la Iglesia Católica, n. 2358.
[102] Francisco, Discurso a los miembros del Cuerpo Diplomático acreditado ante la Santa Sede para la presentación de felicitaciones por el Año Nuevo (8 enero 2024): L’Osservatore Romano (8 enero 2024), 3.
[103] Francisco, Exhort. ap. Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 56: AAS 108 (2016), 334.
[104] Ibídem, que cita XIV Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos, Relatio finalis (24 octubre 2015), 58.
[105] Francisco, Exhort. ap. Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 286: AAS 108 (2016), 425.
[106] Catecismo de la Iglesia Católica, n. 364.
[107] Esto vale también para el respeto debido a los cuerpos de los difuntos; cf. por ej., Congregación para la Doctrina de la Fe, Instruc. Ad resurgendum cum Christo (15 agosto 2016), n. 3: AAS 108 (2016), 1290: «Enterrando los cuerpos de los fieles difuntos, la Iglesia confirma su fe en la resurrección de la carne, y pone de relieve la alta dignidad del cuerpo humano como parte integrante de la persona con la cual el cuerpo comparte la historia». De modo más completo, cf. también, Comisión Teológica Internacional Algunas cuestiones actuales de escatología (1990), n. 5: “El hombre llamado a la resurrección”.
[108] Cf. Francisco, Cart. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 155: AAS 107 (2015), 909.
[109] Francisco, Exhort. ap. Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 56: AAS 108 (2016), 344.
[110] Francisco, Exhort. ap. Christus vivit (25 marzo 2019), n. 88: AAS 111 (2019), 413, que cita el Documento Final de la XV Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos (27 octubre 2018), n. 23.
[111] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 42: AAS 112 (2020), 984.
[112] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 205: AAS 112 (2020), 1042, que cita Id., Mensaje para la XLVIII Jornada mundial de las Comunicaciones Sociales (24 enero 2014): AAS 106 (2014), 113.
[113] Francisco, Ángelus (10 diciembre 2023): L’Osservatore Romano (11 diciembre 2023), 12.
[114] Cf. Comisión Teológica Internacional, Dignidad y derechos de la persona humana (1983), n. 2.
[115] Francisco, Cart. enc. Fratelli tutti (3 octubre 2020), n. 195: AAS 112 (2020), 1038, che cita Id., Exhort. ap. Evangelii gaudium (24 noviembre 2013), n. 274: AAS 105 (2013), 1130.
[116] Francisco, Cart. enc. Laudato si’ (24 mayo 2015), n. 205: AAS 107 (2015), 928.
[00588-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Declaração Dignitas infinita
sobre a dignidade humana
Apresentação
No Congresso de 15 de março de 2019, a então Congregação para a Doutrina da Fé decidiu encaminhar «a redação de um texto, evidenciando a imprescindibilidade do conceito de dignidade da pessoa humana ao interno da antropologia cristã e ilustrando o alcance e as implicações benéficas em nível social, político e econômico, tendo em conta os últimos desenvolvimentos do tema em âmbito acadêmico e as suas ambivalentes compreensões no contexto hodierno». Um primeiro projeto a respeito, elaborado com a ajuda de alguns especialistas durante o ano de 2019, foi considerado insatisfatório pela Consulta reservada da Congregação, realizada em 8 de outubro do mesmo ano.
Procedeu-se à elaboração ex novo de outro delineamento do texto por parte do Ofício Doutrinal, em base à contribuição de diversos especialistas. O esboço foi apresentado e discutido durante a Consulta reservada de 4 de outubro de 2021. Em janeiro de 2022, o novo esboço foi apresentado na Sessão Plenária da Congregação, na qual os Membros resolveram abreviar e simplificar o texto.
Em 6 de fevereiro de 2023, o novo texto emendado foi avaliado pela Consulta reservada, que propôs algumas ulteriores modificações. A nova versão foi submetida à avaliação da Sessão Ordinária do Dicastério (Feria IV) de 3 de maio de 2023. Os Membros concordaram que o documento, com algumas modificações, poderia ser publicado. O Santo Padre Francisco aprovou os Deliberata desta Feria IV durante a Audiência concedida a mim em 13 de novembro de 2023. Nesta ocasião, pediu-me ainda para evidenciar no texto algumas temáticas estreitamente conexas ao tema da dignidade, como por exemplo o drama da pobreza, a situação dos migrantes, as violências contra as mulheres, o tráfico de pessoas, a guerra e outras. Para honrar o melhor possível tais indicações do Santo Padre, a Sessão Doutrinal do Dicastério dedicou um Congresso ao estudo da Carta encíclica Fratelli tutti, que oferece uma original análise e aprofundamento da questão da dignidade humana “para além de toda circunstância”.
Com carta datada de 2 de fevereiro de 2024, em vista da Feria IV do sucessivo 28 de fevereiro, foi enviada aos Membros do Dicastério um novo esboço do texto, notavelmente modificado, com a seguinte observação: «Esta ulterior redação foi necessária para vir ao encontro de um específico pedido do Santo Padre. Ele explicitamente solicitou que se fixasse melhor a atenção sobre graves violações atuais da dignidade humana, no sulco da encíclica Fratelli tutti. O Ofício Doutrinal se incumbiu assim de reduzir a parte inicial [...] e de elaborar mais detalhadamente quanto indicado pelo Santo Padre». A Sessão Ordinária do Dicastério, em 28 de fevereiro de 2024, enfim aprovou o texto da atual Declaração. Na Audiência concedida a mim, juntamente com o Secretário da Seção Doutrinal, Mons. Armando Matteo, em 25 de março de 2024, o Santo Padre aprovou a presente Declaração e ordenou a sua publicação.
A elaboração do texto, que durou cinco anos, permite entender que se encontra diante de um documento que, pela seriedade e centralidade do tema no pensamento cristão, precisou de um notável processo de amadurecimento para chegar à redação definitiva que hoje publicamos.
Nas primeiras três partes, a Declaração recorda princípios fundamentais e pressupostos teóricos, a fim de oferecer importantes esclarecimentos que podem evitar as frequentes confusões que se verificam no uso do termo “dignidade”. Na quarta parte, apresenta algumas situações problemáticas atuais, em que a imensa e inalienável dignidade que corresponde a todo ser humano não é adequadamente reconhecida. A denúncia de tais graves violações da dignidade humana é um gesto necessário porque a Igreja nutre a profunda convicção que não se pode separar a fé da defesa da dignidade humana, a evangelização da promoção de uma vida digna, a espiritualidade do empenho pela dignidade de todos os seres humanos.
Tal dignidade de todos os seres humanos pode, de fato, ser entendida como “infinita” (dignitas infinita), como São João Paulo II afirmou em um encontro com pessoas portadoras de certas limitações ou deficiências,[*] a fim de mostrar como a dignidade de cada ser humano vai além de toda aparência exterior ou de toda característica da vida concreta das pessoas.
Papa Francisco, na Carta encíclica Fratelli tutti, quis sublinhar com particular insistência que esta dignidade existe “para além de toda circunstância”, convidando todos a defendê-la em todo contexto cultural, em todo momento da existência de uma pessoa, independentemente de qualquer deficiência física, psicológica, social ou também moral. A este propósito, a Declaração se esforça por mostrar que nos encontramos diante de uma verdade universal, que todos precisamos reconhecer como condição fundamental para que as nossas sociedades sejam verdadeiramente justas, pacíficas, sadias e, por fim, autenticamente humanas.
O elenco dos temas escolhidos pela Declaração não é certamente exaustivo. Os assuntos tratados são, porém, aqueles que permitem exprimir vários aspectos da dignidade humana que hoje podem ser obscurecidos na consciência de muitas pessoas. Alguns serão facilmente compartilháveis por diversos setores das nossas sociedades, outros menos. Seja como for, todos nos parecem necessários, porque no seu conjunto ajudam a reconhecer a harmonia e a riqueza do pensamento, que brota do Evangelho, acerca da dignidade.
Esta Declaração não tem a pretensão de exaurir um argumento tão rico e decisivo, mas deseja fornecer alguns elementos de reflexão que ajudam a tê-lo presente no complexo momento histórico em que vivemos. Assim, em meio a tantas preocupações e ansiedades, não perderemos a estrada e não nos exporemos a mais lacerantes e profundos sofrimentos.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefeito
Introdução
1. (Dignitas infinita) Uma dignidade infinita, inalienavelmente fundada no seu próprio ser, é inerente a cada pessoa humana, para além de toda circunstância e em qualquer estado ou situação se encontre. Este princípio, que é plenamente reconhecível também pela pura razão, coloca-se como fundamento do primado da pessoa humana e da tutela de seus direitos. A Igreja, à luz da Revelação, reafirma de modo absoluto esta dignidade ontológica da pessoa humana, criada à imagem e semelhança de Deus e redimida em Cristo Jesus. Desta verdade extrai as razões do seu empenho em favor daqueles que são mais fracos e menos dotados de poder, insistindo sempre «sobre o primado da pessoa humana e sobre a defesa da sua dignidade para além de toda circunstância».[1]
2. Desta dignidade ontológica e do valor único e eminente de cada mulher e de cada homem que existem neste mundo fez-se eco a Declaração universal dos direitos do homem (10 de dezembro de 1948) por parte da Assembleia Geral das Nações Unidas.[2] Fazendo memória do 75º aniversário deste Documento, a Igreja vê a ocasião para proclamar novamente a própria convicção de que, criado por Deus e redimido por Cristo, cada ser humano deve ser reconhecido e tratado com respeito e com amor, em razão da sua inalienável dignidade. Tal aniversário oferece à Igreja também a oportunidade para esclarecer alguns equívocos que surgem frequentemente acerca da dignidade humana e para enfrentar algumas graves e urgentes questões concretas relacionadas a esta.
3. Desde o início da sua missão, impelida pelo Evangelho, a Igreja se esforçou para afirmar a liberdade e para promover os direitos de todos os seres humanos.[3] Nos últimos tempos, graças à voz dos Pontífices, desejou formular mais explicitamente tal empenho através do renovado apelo pelo reconhecimento da dignidade fundamental que corresponde à pessoa humana. São Paulo VI disse que «nenhuma antropologia se iguala àquela da Igreja sobre a pessoa humana, considerada também singularmente, acerca de sua originalidade, sua dignidade, seu caráter intocável, da riqueza de seus direitos fundamentais, sua sacralidade, sua educabilidade, sua aspiração a um desenvolvimento completo, sua imortalidade».[4]
4. São João Paulo II, em 1979, durante a Terceira Conferência do Episcopado Latino-americano em Puebla, afirmou: «a dignidade humana representa um valor evangélico, que não pode ser desprezado sem grave ofensa ao Criador. Esta dignidade é espezinhada, em nível individual, quando não são considerados devidamente valores como a liberdade, o direito de professar a religião, a integridade física e psíquica, o direito aos bens essenciais, à vida. É espezinhada, em nível social e político, quando o homem não pode exercitar o seu direito à participação, ou é submetido a injustas e ilegítimas coerções ou a torturas físicas ou psíquicas etc. (...) Se a Igreja se faz presente na defesa ou na promoção da dignidade do homem, ela o faz em conformidade à sua missão que, mesmo sendo de caráter religioso e não social ou político, não pode renunciar a considerar o homem no seu ser integral»[5].
5. Em 2010, diante da Pontifícia Academia para a Vida, Bento XVI afirmou que a dignidade da pessoa é «um princípio fundamental que a fé em Jesus Cristo Ressuscitado sempre defendeu, sobretudo quando é desatendido em relação aos sujeitos mais simples e indefesos».[6] Em outra ocasião, falando aos economistas, disse que «a economia e a finança não existem para si mesmas, elas não são outra coisa que um instrumento, um meio. Seu fim é unicamente a pessoa humana e sua plena realização na dignidade. É este o único capital que é oportuno salvar».[7]
6. Desde os inícios de seu pontificado, Papa Francisco convidou a Igreja a «confessar um Pai que ama infinitamente cada ser humano» e a «descobrir que “com isso mesmo lhe confere uma dignidade infinita”»,[8] sublinhando com força que tal imensa dignidade representa um dado originário que se precisa reconhecer com lealdade e acolher com gratidão. Sobre tal reconhecimento e acolhimento é possível fundar uma nova coexistência entre os seres humanos, que modele a socialidade em um horizonte de autêntica fraternidade: unicamente «reconhecendo a dignidade de cada pessoa humana, podemos fazer renascer entre todos uma aspiração mundial à fraternidade».[9] Segundo Papa Francisco, «esta fonte de dignidade humana e de fraternidade está no Evangelho de Jesus Cristo»,[10] mas é também uma convicção à qual a razão humana pode chegar através da reflexão e do diálogo, dado que «se é preciso respeitar em toda situação a dignidade dos outros, é porque nós não inventamos ou supomos tal dignidade, mas porque existe efetivamente neles um valor superior em relação às coisas materiais e às circunstâncias, que exige que sejam tratados de outro modo. Que cada ser humano possui uma dignidade inalienável é uma verdade correspondente à natureza humana, para além de qualquer mudança cultural»[11]. Na verdade, conclui Papa Francisco, «o ser humano possui a mesma dignidade inviolável em qualquer época histórica e ninguém pode sentir-se autorizado pelas circunstâncias a negar esta convicção ou a não agir em consequência».[12] Em tal horizonte, a sua encíclica Fratelli tutti já constitui uma Magna Charta dos deveres atuais voltados a salvaguardar e promover a dignidade humana.
Um esclarecimento fundamental
7. Ainda que agora exista um consenso quase geral sobre a importância e também sobre o caráter normativo da dignidade e do valor único e transcendente de cada ser humano,[13] a expressão “dignidade da pessoa humana” pode prestar-se a muitos significados e assim a possíveis equívocos[14] e «contradições que induzem a perguntar-nos se realmente a igual dignidade de todos os seres humanos [...] seja reconhecida, respeitada, protegida e promovida em toda circunstância».[15] Tudo isso nos leva a reconhecer a possibilidade de uma quádrupla distinção do conceito de dignidade: dignidade ontológica, dignidade moral, dignidade social e, enfim, dignidade existencial. O sentido mais importante é aquele ligado à dignidade ontológica, que compete à pessoa enquanto tal, pelo simples fato de existir e de ser querida, criada e amada por Deus. Esta dignidade não pode jamais ser cancelada e permanece válida para além de toda circunstância em que os indivíduos venham a se encontrar. Quando se fala de dignidade moral, deseja-se referir ao exercício da liberdade por parte da criatura humana. Esta última, ainda que dotada de consciência, permanece sempre sujeita à possibilidade de agir contra ela. Fazendo assim, o ser humano se comporta de um modo que “não é digno” da sua natureza de criatura amada por Deus e chamada a amar os outros. Mas esta possibilidade existe. E não só: a história atesta que o exercício da liberdade contra a lei do amor revelada pelo Evangelho pode alcançar picos incalculáveis de maldade provocada aos outros. Quando isso acontece, encontra-se diante de pessoas que parecem ter perdido qualquer traço de humanidade, qualquer traço de dignidade. A este respeito, a distinção aqui introduzida ajuda a discernir propriamente entre o aspecto da dignidade moral, que pode ser de fato “perdida”, e o aspecto da dignidade ontológica, que não pode jamais ser anulada. E é justamente em razão desta última que se deverá trabalhar com todas as forças para que todos que cometeram o mal possam arrepender-se e converter-se.
8. Restam ainda outras duas acepções possíveis de dignidade: social e existencial. Quando se fala de dignidade social, quer-se referir às condições nas quais uma pessoa se encontra a viver. Na pobreza extrema, por exemplo, quando não se dão as condições mínimas para que uma pessoa possa viver segundo a sua dignidade ontológica, diz-se que a vida daquela pessoa tão pobre é uma vida “indigna”. Esta expressão não indica de nenhum modo um juízo quanto à pessoa, mas deseja evidenciar o fato que a sua dignidade inalienável foi contradita pela situação na qual é obrigada a viver. A última acepção é aquela de dignidade existencial. Sempre mais frequentemente fala-se hoje de uma vida “digna” e de uma vida “não digna”. Com tal indicação, quer-se referir a situações de tipo existencial: por exemplo, ao caso de uma pessoa que, aparentemente tendo todo o necessário para viver, por diversas razões tem dificuldade de viver em paz, com alegria e esperança. Em outras situações, é a presença de doenças graves, de contextos familiares violentos, de certas dependências patológicas e de outras dificuldades que levam a experimentar a própria condição de vida como “indigna” diante da percepção da dignidade ontológica que jamais pode ser obscurecida. As distinções aqui introduzidas, em todo caso, somente recordam o valor daquela dignidade ontológica enraizada no próprio ser da pessoa humana e que subsiste para além de qualquer circunstância.
9. É útil, enfim, recordar que a definição clássica da pessoa como «substância individual de natureza racional»[16] explicita o fundamento da sua dignidade. De fato, enquanto “substância individual”, a pessoa possui dignidade ontológica (isto é, no nível metafísico do próprio ser): ela é um sujeito que, recebendo de Deus a existência, “subsiste”, vale dizer exercita a existência de modo autônomo. A palavra “racional” compreende todas as capacidades do ser humano, seja a de conhecer e entender, seja a de querer, amar, escolher, desejar. O termo “racional” compreende também todas as capacidades corpóreas intimamente relacionadas àquelas já mencionadas. A expressão “natureza” indica as condições próprias do ser humano que tornam possíveis as várias operações e experiências que o caracterizam: a natureza é o “princípio do agir”. O ser humano não cria a sua natureza, mas a possui como um dom recebido, podendo cultivar, desenvolver e enriquecer as próprias capacidades. Exercendo a liberdade para cultivar as riquezas da sua natureza, a pessoa humana se constrói no tempo. Mesmo se, por causa dos vários limites ou condições, não é capaz de atuar tais capacidades, a pessoa subsiste sempre como “substância individual”, com toda a sua dignidade. Isto se verifica, por exemplo, em uma criança ainda não nascida, em uma pessoa em estado de inconsciência, em um idoso em agonia.
1. Uma progressiva consciência sobre o caráter central da dignidade humana
10. Já na antiguidade clássica[17] se manifesta uma primeira intuição acerca da dignidade humana, que procede de uma perspectiva social: cada ser humano é revestido de uma dignidade particular, segundo o seu grau e ao interno de uma determinada ordem. Do âmbito social, a palavra passou a descrever a diferente dignidade dos seres presentes no cosmos. Nesta visão, todos os seres possuem uma “dignidade” própria, segundo a sua colocação na harmonia do todo. Certamente, alguns expoentes do pensamento antigo começam a reconhecer um lugar singular ao ser humano, enquanto dotado de razão e, por isso mesmo, capaz de assumir responsabilidade quanto a si mesmo e aos outros seres no mundo,[18] mas estamos ainda longe de um pensamento capaz de fundar o respeito pela dignidade de cada pessoa humana, para além de toda circunstância.
Perspectivas bíblicas
11. A Revelação bíblica ensina que todos os seres humanos possuem dignidade intrínseca porque são criados à imagem e semelhança de Deus: «Deus disse: “façamos o homem à nossa imagem, segundo a nossa semelhança” [...]. E Deus criou o ser humano à sua imagem, à imagem de Deus o criou, homem e mulher os criou» (Gn 1, 26-27). A humanidade tem uma qualidade específica que a torna irredutível à pura materialidade. A “imagem” não define a alma ou as capacidades intelectivas, mas a dignidade do homem e da mulher. Ambos, na mútua relação de igualdade e amor recíproco, cumprem a função de representar Deus no mundo e são chamados a cuidar do mundo e cultivá-lo. Sermos criados à imagem de Deus significa, portanto, possuir em nós um valor sagrado que transcende toda distinção sexual, social, política, cultural e religiosa. A nossa dignidade é-nos conferida, não é nem pretendida e nem merecida. Todo ser humano é por si mesmo amado e querido por Deus e, por isso, é inviolável na sua dignidade. No Êxodo, coração do Antigo Testamento, Deus se mostra como Aquele que escuta o grito do pobre, vê a miséria do seu povo, cuida dos últimos e dos oprimidos (cf. Ex 3, 7; 22, 20-26). O mesmo ensinamento se encontra no Código Deuteronômico (cf. Dt 12-26): aqui o ensinamento sobre os direitos transforma-se em “manifesto” da dignidade humana, particularmente em favor da tríplice categoria do órfão, da viúva e do estrangeiro (cf. Dt 24, 17). Os antigos preceitos do Êxodo são retomados e e atualizados pela pregação dos profetas, os quais representam a consciência crítica de Israel. Os profetas Amós, Oseias, Isaías, Miqueias e Jeremias têm inteiros capítulos de denúncia da injustiça. Amós repreende duramente a opressão do pobre, o fato de não se reconhecer ao mísero nenhuma fundamental dignidade humana (cf. Am 2, 6-7; 4, 1; 5, 11-12). Isaías pronuncia uma maldição contra aqueles que espezinham os direitos dos pobres, negando a eles qualquer justiça: «ai daqueles que fazem decretos iníquos e escrevem às pressas sentenças opressivas, para negar a justiça aos míseros» (Is 10, 1-2). Este ensinamento profético é retomado na literatura sapiencial. O Eclesiástico equipara a opressão dos pobres ao homicídio: «mata o próximo quem lhe priva do nutrimento, derrama sangue quem nega o salário ao operário» (Eclo 34, 22). Nos Salmos, a relação religiosa com Deus passa através da defesa do fraco e do necessitado: «defendei o fraco e o órfão, ao pobre e ao mísero fazei justiça! Salvai o fraco e indigente, livrai-o da mão dos malvados!» (Sl 82, 3-4).
12. Jesus nasce e cresce em condições humildes e revela a dignidade dos necessitados e dos trabalhadores[19]. No decurso do seu ministério, Jesus afirma o valor e a dignidade de todos aqueles que trazem em si a imagem de Deus, independentemente da sua condição social e das circunstâncias externas. Jesus abateu as barreiras culturais e cultuais, dando novamente dignidade às categorias dos “descartados” ou àquelas consideradas às margens da sociedade: os cobradores de impostos (cf. Mt 9, 10-11), as mulheres (cf. Jo 4, 1-42), as crianças (cf. Mc 10, 14-15), os leprosos (cf. Mt 8, 2-3), os doentes (cf. Mc 1, 29-34), os estrangeiros (cf. Mt 25, 35), as viúvas (cf. Lc 7, 11-15). Ele cura, alimenta, defende, livra, salva. Ele é descrito como um pastor solícito, até pela única ovelha perdida (cf. Mt 18, 12-14). Ele mesmo se identifica com os seus irmãos mais pequeninos: «aquilo que fizestes ao menor dos meus, a mim o fizestes» (Mt 25, 40). Na linguagem bíblica, os “pequenos” não são somente as crianças, mas também os discípulos indefesos, os mais insignificantes, os rejeitados, os oprimidos, os descartados, os pobres, os marginalizados, os ignorantes, os doentes, os que são desqualificados pelos grupos dominantes. O Cristo glorioso julgará em base ao amor para com o próximo, que consiste em ter assistido o faminto, o sedento, o estrangeiro, o nu, o doente, o encarcerado, com os quais Ele mesmo se identifica (cf. Mt 25, 34-36). Para Jesus, o bem que for feito a cada ser humano, independentemente dos laços de sangue e de religião, é o único critério de juízo. O apóstolo Paulo afirma que cada cristão deve comportar-se segundo as exigências da dignidade e do respeito aos direitos de todos os seres humanos (cf. Rm 13, 8-10), segundo o mandamento novo da caridade (cf. 1Cor 13, 1-13).
Desenvolvimentos do pensamento cristão
13. O prosseguimento do pensamento cristão estimulou e acompanhou os progressos da reflexão humana sobre o tema da dignidade. A antropologia cristã clássica, baseada sobre a grande tradição dos Padres da Igreja, colocou em relevo a doutrina do ser humano criado à imagem e semelhança de Deus e o seu papel singular na criação.[20] O pensamento cristão medieval, avaliando criticamente a herança do pensamento filosófico antigo, chegou a uma síntese da noção de pessoa, reconhecendo o fundamento metafísico da sua dignidade, como atestam as seguintes palavras de Santo Tomás de Aquino: «pessoa significa o que de mais nobre existe em todo o universo, isto é, o subsistente de natureza racional».[21] Tal dignidade ontológica, na sua manifestação privilegiada através do livre agir humano, foi posteriormente ressaltada sobretudo pelo humanismo cristão do Renascimento.[22] Também na visão de pensadores modernos, como Descartes e Kant, não obstante colocassem em discussão alguns fundamentos da antropologia cristã tradicional, podem-se encontrar também fortes ecos da Revelação. Sobre a base de algumas reflexões filosóficas mais recentes sobre o estatuto da subjetividade teorética e prática, a reflexão cristã chegou a sublinhar ainda mais a grandeza do conceito de dignidade, alcançando uma perspectiva original, como por exemplo o personalismo no século XX. Tal perspectiva não só retoma a questão da subjetividade, mas a aprofunda na direção da intersubjetividade e das relações que ligam entre si as pessoas humanas.[23] A proposta antropológica cristã contemporânea igualmente se enriqueceu com o pensamento proveniente desta última visão.[24]
Tempos atuais
14. Nos nossos dias, o termo “dignidade” é utilizado prevalentemente para sublinhar o caráter único da pessoa humana, incomensurável em relação aos outros seres do universo. Neste horizonte, compreende-se o modo em que é usado o termo dignidade na Declaração das Nações Unidas de 1948, em que se trata «da dignidade inerente a todos os membros da família humana e dos seus direitos, iguais e inalienáveis». Somente este caráter inalienável da dignidade humana permite que se fale de direitos do homem.[25]
15. Para esclarecer melhor o conceito de dignidade, é importante assinalar que ela não é concedida à pessoa por outros seres humanos, a partir de seus talentos e qualidades, de modo que poderia ser eventualmente retirada. Se a dignidade fosse concedida à pessoa por outros seres humanos, então ela se daria de modo condicionado e alienável e o próprio significado de dignidade (ainda que merecedor de grande respeito) permaneceria exposto ao risco de ser abolido. Na verdade, a dignidade é intrínseca à pessoa, não conferida a posteriori, prévia a qualquer reconhecimento, não podendo ser perdida. Em consequência, todos os seres humanos possuem a mesma e intrínseca dignidade, independentemente do fato que sejam ou não capazes de exprimi-la adequadamente.
16. Por isso, o Concílio Vaticano II fala da «eminente dignidade da pessoa humana, superior a todas as coisas e cujos direitos e deveres são universais e invioláveis».[26] Como recorda o incipit da Declaração conciliar Dignitatis humanae, «os seres humanos tornam-se sempre mais conscientes da própria dignidade como pessoa e cresce o número daqueles que exigem poder agir por própria iniciativa, exercendo sua liberdade responsável, movidos pela consciência do dever e não obrigados por medidas coercitivas».[27] Tal liberdade de pensamento e de consciência, seja individual ou comunitária, é baseada sobre o reconhecimento da dignidade humana «como foi-lhes dada a conhecer pela Palavra de Deus revelada e pela própria razão».[28] O mesmo Magistério eclesial amadureceu, com sempre maior perfeição, o significado de tal dignidade, junto com as exigências e as implicações a ele conexas, chegando à tomada de consciência de que a dignidade de cada ser humano é tal para além de toda circunstância.
2. A Igreja anuncia, promove e garante a dignidade humana
17. A Igreja proclama a igual dignidade de todos os seres humanos, independentemente da sua condição de vida ou das suas qualidades. Este anúncio se apoia sobre uma tríplice convicção que, à luz da fé cristã, confere à dignidade humana um valor incomensurável e reforça as suas intrínsecas exigências.
Uma indelével imagem de Deus
18. Em primeiro lugar, segundo a Revelação, a dignidade do ser humano provém do amor do seu Criador, que imprimiu nele os traços indeléveis da sua imagem (cf. Gn 1, 26), chamando-o a conhecê-lo, amá-lo e viver uma relação de aliança consigo, bem como na fraternidade, na justiça e na paz com todos os outros homens e mulheres. Nesta visão, a dignidade se refere não só à alma, mas à pessoa como unidade incindível, e assim é inerente também ao corpo, o qual participa a seu modo do ser imagem de Deus da pessoa humana e é chamado igualmente a participar da glória da alma na beatitude divina.
Cristo eleva a dignidade do homem
19. Uma segunda convicção procede do fato que a dignidade da pessoa humana foi revelada plenamente quando o Pai enviou seu Filho, que assumiu a existência humana por inteiro: «o Filho de Deus, no mistério da encarnação, confirmou a dignidade do corpo e da alma, que constituem o ser humano». [29] Assim, unindo-se de certo modo a cada ser humano através da sua encarnação, Jesus Cristo confirmou que o homem possui uma dignidade inestimável, pelo simples fato de pertencer à mesma comunidade humana e que esta dignidade não pode ser perdida jamais.[30] Proclamando que o Reino de Deus pertence aos pobres, aos humildes, àqueles que são desprezados, que sofrem no corpo e no espírito; curando todo tipo de doença e de enfermidade, mesmo as mais dramáticas como a lepra; afirmando que aquilo que é feito a essas pessoas é fato a ele, porque ele está presente nessas pessoas, Jesus trouxe a grande novidade do reconhecimento da dignidade de cada pessoa, como também e sobretudo daquelas qualificadas como “indignas”. Este princípio novo na história, pelo qual o ser humano é tanto mais “digno” de respeito e de amor quanto mais é fraco, mísero e sofredor, até o ponto de perder a própria “figura” humana, mudou o rosto do mundo, dando vida a instituições que se dedicam a cuidar daqueles que se encontram em condições desfavoráveis: os recém-nascidos abandonados, os órfãos, os idosos deixados sozinhos, os doentes mentais, os portadores de doenças incuráveis ou com graves malformações, os sem-teto.
Uma vocação à plena dignidade
20. A terceira convicção diz respeito ao destino final do ser humano: depois da criação e da encarnação, a ressurreição de Cristo nos revela um aspecto ulterior da dignidade humana. De fato, «o aspecto mais sublime da dignidade do homem consiste na sua vocação à comunhão com Deus»,[31] destinada a durar para sempre. Desse modo, «a dignidade [da vida humana] não é ligada só às suas origens, ao seu proceder de Deus, mas também ao seu fim, ao seu destino de comunhão com Deus, conhecendo-o e amando-o. É à luz desta verdade que Santo Irineu dá precisão e arremata a sua exaltação do homem: “glória de Deus” é sim o “o homem que vive”, mas “a vida do homem consiste na visão de Deus”».[32]
21. Em consequência, a Igreja crê e afirma que todos os seres humanos, criados à imagem e semelhança de Deus e recriados[33] no Filho feito homem, crucificado e ressuscitado, são chamados a crescer sob a ação do Espírito Santo para refletir a glória do Pai, naquela mesma imagem, participando da vida eterna (cf. Jo 10, 15-16.17, 22-24; 2Cor 3, 18; Ef 1, 3-14). De fato, «a Revelação [...] faz conhecer a dignidade da pessoa humana em toda a sua amplitude».[34]
Um empenho pela própria liberdade
22. Ainda que cada ser humano possua uma inalienável e intrínseca dignidade desde o início da sua existência como dom irrevogável, depende da sua decisão livre e responsável exprimi-la e manifestá-la plenamente ou senão ofuscá-la. Alguns Padres da Igreja – como S. Irineu e S. João Damasceno – estabeleceram uma distinção entre a imagem e a semelhança de que fala Gênesis, permitindo assim um olhar dinâmico sobre a mesma dignidade humana: a imagem de Deus é confiada à liberdade do ser humano para que, sob a guia e a ação do Espírito, cresça a sua semelhança com Deus e cada pessoa possa chegar à sua mais alta dignidade.[35] Toda pessoa é chamada a manifestar em nível existencial e moral o caráter ontológico da sua dignidade, na medida em que com a própria liberdade se orienta para o verdadeiro bem, em resposta ao amor de Deus. Desse modo, enquanto é criada à imagem de Deus, de uma parte, a pessoa humana jamais perde a sua dignidade e não deixa de ser chamada a acolher livremente o bem; de outra parte, enquanto a pessoa humana responde ao bem, a sua dignidade pode livremente, dinamicamente e progressivamente manifestar-se, crescer e amadurecer. Isto significa que o ser humano deve buscar viver à altura da própria dignidade. Compreende-se então em que sentido o pecado possa ferir e ofuscar a dignidade humana, como ato contrário a ela, mas ao mesmo tempo isso não pode jamais cancelar o fato de o ser humano ter sido criado à imagem de Deus. A fé contribui de modo decisivo a ajudar a razão na sua percepção da dignidade humana, bem como para acolher, consolidar e precisar seus traços essenciais, como evidenciou Bento XVI: «sem o corretivo fornecido pela religião, também a razão pode sofrer distorções, como acontece quando ela é manipulada pela ideologia ou aplicada em modo parcial, que não tem em conta plenamente a dignidade da pessoa humana. Foi este uso distorcido da razão, no fim das contas, que deu origem ao comércio dos escravos e ainda a muitos outros males sociais, não por último as ideologias totalitárias do século XX».[36]
3. A dignidade, fundamento dos direitos e dos deveres humanos
23. Como já recordado por Papa Francisco, «na cultura moderna, a referência mais próxima ao princípio da dignidade inalienável da pessoa é a Declaração universal dos direitos do homem, que São João Paulo II definiu “pedra miliar colocada sobre o longo e difícil caminho do gênero humano”, e como “uma das mais altas expressões da consciência humana”».[37] Para resistir às tentativas de alterar ou cancelar o significado profundo daquela Declaração, vale a pena recordar alguns princípios essenciais que devem ser sempre honrados.
Respeito incondicionado à dignidade humana
24. Em primeiro lugar, ainda que seja difundida uma sempre maior sensibilidade quanto ao tema da dignidade humana, ainda hoje se observam numerosos mal-entendidos sobre o conceito de dignidade, que distorcem o seu significado. Alguns propõem que seria melhor usar a expressão “dignidade pessoal” (e direitos “da pessoa”) ao invés de “dignidade humana” (e direitos do homem), porque entendem como pessoa somente “um ser que é capaz de raciocinar”. Em consequência, sustentam que a dignidade e os direitos se deduzem da capacidade de conhecimento e de liberdade, que nem todos os seres humanos possuem. Logo, não teria dignidade pessoal a criança ainda não-nascida, nem o idoso não autossuficiente, nem o portador de deficiência mental.[38] A Igreja, ao contrário, insiste no fato que a dignidade de cada pessoa humana, porque é intrínseca, permanece “para além de toda circunstância” e o seu reconhecimento não pode absolutamente depender do juízo sobre a capacidade da pessoa de entender e de agir livremente. De outro modo, a dignidade não seria, como tal, inerente à pessoa, independente dos seus condicionamentos e merecedora de um respeito incondicionado. Somente reconhecendo ao ser humano uma dignidade intrínseca, que não se perde jamais, é possível garantir a tal qualidade um inviolável e seguro fundamento. Sem nenhuma referência ontológica, o reconhecimento da dignidade humana oscilaria à mercê de diferentes e arbitrárias avaliações. A única condição para que se possa falar de dignidade inerente à pessoa é a sua pertença à espécie humana, pelo que «os direitos da pessoa são direitos do ser humano».[39]
Uma referência objetiva para a liberdade humana
25. Em segundo lugar, o conceito de dignidade humana foi às vezes usado de modo abusivo também para justificar uma multiplicação arbitrária de novos direitos, muitos dos quais em contraste com aqueles originalmente definidos e, não raro, postos em contraste com o direito fundamental à vida[40], como se fosse devido garantir a expressão e a realização de toda preferência individual ou desejo subjetivo. A dignidade se identificaria então com uma liberdade isolada e individualista, que pretende impor como “direitos”, garantidos e financiados pela coletividade, alguns desejos e algumas propensões subjetivas. Mas a dignidade humana não pode ser baseada sobre standards meramente individuais, nem identificada somente com o bem-estar psicofísico do indivíduo. Ao invés disso, a defesa da dignidade do ser humano é fundada sobre exigências constitutivas da natureza humana, que não dependem nem do arbítrio individual, nem do reconhecimento social. Os deveres que brotam do reconhecimento da dignidade do outro e os correspondentes direitos que disso derivam têm, pois, um conteúdo concreto e objetivo, fundado sobre a natureza humana possuída em comum. Sem uma tal referência objetiva, o conceito de dignidade acabaria por se sujeitar aos mais diversos arbítrios, como também aos interesses de poder.
Estrutura relacional da pessoa humana
26. A dignidade humana, à luz do caráter relacional da pessoa, ajuda a superar a perspectiva redutiva de uma liberdade autorreferencial e individualista, que pretende criar os próprios valores prescindindo das normas objetivas do bem e da relação com os outros seres viventes. Sempre mais frequentemente existe o risco de limitar a dignidade à capacidade de decidir de modo discricional sobre si e sobre o próprio destino, independentemente daquele dos outros, sem ter presente a pertença à comunidade humana. Em tal compreensão errada da liberdade, os deveres e os direitos não podem ser mutuamente reconhecidos, de modo que se cuide uns dos outros. Na verdade, como recorda São João Paulo II, a liberdade é colocada «a serviço da pessoa e da sua realização mediante o dom de si e o acolhimento do outro; quando, porém, é absolutizada em chave individualista, a liberdade é esvaziada do seu conteúdo originário e é contradita na sua própria vocação e dignidade».[41]
27. Desse modo, a dignidade do ser humano compreende também a capacidade, ínsita na mesma natureza humana, de assumir obrigações para com os outros.
28. A diferença entre o ser humano e o restante dos seres viventes, que se ressalta graças ao conceito de dignidade, não deve fazer esquecer a bondade dos outros seres criados, que existem não só em função do homem, mas também com um valor próprio e, portanto, como dons a ele confiados para que sejam cuidados e cultivados. Assim, enquanto se reserva ao ser humano o conceito de dignidade, deve-se afirmar ao mesmo tempo a bondade criatural do inteiro cosmos. Como sublinha Papa Francisco: «Devido à sua dignidade única e por ser dotado de inteligência, o ser humano é chamado a respeitar a criação com as suas leis internas [...]: “Cada criatura tem a sua própria bondade e a sua própria perfeição [...]. As várias criaturas, queridas no seu próprio ser, refletem, cada uma a seu modo, um raio da infinita sabedoria e bondade de Deus. Por isso o homem deve respeitar a bondade própria de cada criatura, para evitar um uso desordenado das coisas”».[42] Ainda mais, «hoje somos obrigados a reconhecer que é possível sustentar somente um “antropocentrismo situado”. Quer dizer, reconhecer que a vida humana é incompreensível e insustentável sem as outras criaturas».[43] Nesta perspectiva, «não é irrelevante para nós que muitas espécies estejam desaparecendo e que a crise climática esteja colocando em perigo a vida de tantos seres».[44] Pertence, de fato, à dignidade do homem o cuidado com o ambiente, considerando em particular aquela ecologia humana que lhe preserva o próprio existir.
Libertação do ser humano de condicionamentos morais e sociais
29. Estes pré-requisitos basilares, ainda que necessários, não bastam para garantir um crescimento da pessoa que seja coerente com a sua dignidade. Mesmo se «Deus criou o homem racional, conferindo-lhe a dignidade de uma pessoa dotada de iniciativa e do domínio sobre seus atos»[45] em vista do bem, o livre-arbítrio frequentemente prefere o mal ao bem. Por isso, a liberdade humana tem necessidade de ser, por sua vez, libertada. Na Carta aos Gálatas, afirmando que «Cristo nos libertou para que permanecêssemos livres» (Gal 5, 1), São Paulo recorda a tarefa própria de cada cristão, sobre cujos ombros pesa uma responsabilidade de libertação extensiva ao mundo inteiro (cf. Rm 8, 19ss). Trata-se de uma libertação que, a partir do coração de cada pessoa, é chamada a difundir-se e a manifestar a sua força humanizante em todas as relações.
30. A liberdade é um dom maravilhoso de Deus. Mesmo quando nos atrai com sua graça, Deus o faz de modo tal que jamais a nossa liberdade seja violada. Seria, portanto, um grave erro pensar que, longe de Deus e da sua ajuda, podemos ser mais livres e, em consequência, sentir-nos mais dignos. Desligada do seu Criador, a nossa liberdade não pode senão enfraquecer-se e ofuscar-se. O mesmo acontece se a liberdade se imagina como independente de qualquer referência que não seja si mesma e estima toda relação com uma verdade precedente como se fosse uma ameaça. Consequentemente, também o respeito pela liberdade e pela dignidade dos outros será deteriorado. Papa Bento XVI o explicou: «uma vontade que se crê radicalmente incapaz de buscar a verdade e o bem não tem razões objetivas nem motivos para agir, senão aqueles impostos pelos seus interesses momentâneos e contingentes, não tem uma “identidade” a ser preservada e construída através de escolhas verdadeiramente livres e conscientes. Não pode, portanto, reclamar o respeito por parte das outras “vontades”, também elas desligadas do próprio ser mais profundo, que possam fazer valer outras “razões” ou até mesmo nenhuma “razão”. A ilusão de encontrar no relativismo moral a chave para uma pacífica convivência é, de fato, a origem da divisão e da negação da dignidade dos seres humanos».[46]
31. Além disso, não seria realístico afirmar uma liberdade abstrata, isenta de qualquer condicionamento, contexto ou limite. Ao invés, «o reto exercício da liberdade pessoal exige precisas condições de ordem econômica, social, jurídica, política e cultural»[47], que permanecem muitas vezes despercebidas. Neste sentido, podemos dizer que alguns têm maior “liberdade” que outros. Papa Francisco se deteve particularmente sobre este ponto: «alguns nascem em famílias de boas condições econômicas, recebem boa educação, crescem bem nutridos ou possuem naturalmente capacidades notáveis. Estes seguramente não terão necessidade de um Estado ativo e requererão só liberdade. Mas, evidentemente, não vale a mesma regra para uma pessoa deficiente, para quem nasceu em uma casa pobre, para quem cresceu com uma educação de baixa qualidade e com escassas possibilidades de cuidar como se deve das próprias doenças. Se a sociedade se rege primariamente pelos critérios da liberdade de mercado e da eficiência, não haverá lugar para estes e a fraternidade será ao máximo uma expressão romântica».[48] Torna-se, pois, indispensável compreender que «a libertação das injustiças promove a liberdade e a dignidade humana»[49] em todos os níveis das ações humanas. Para que seja possível uma autêntica liberdade, «devemos recolocar a dignidade humana ao centro e sobre esta pilastra sejam construídas as estruturas sociais alternativas de que temos necessidade».[50] De modo análogo, a liberdade é frequentemente obscurecida por tantos condicionamentos psicológicos, históricos, sociais, educativos, culturais. A liberdade real e histórica precisa sempre ser “libertada”. E deve-se ainda reafirmar o fundamental direito à liberdade religiosa.
32. Ao mesmo tempo, é evidente que a história da humanidade mostra um progresso na compreensão da dignidade e da liberdade das pessoas, não isento de sombras e perigos de involução. Disso é testemunha o fato que existe uma crescente aspiração – também sob a influência cristã, que continua a ser fermento, mesmo em sociedades sempre mais secularizadas – a erradicar o racismo, a escravidão, a marginalização das mulheres, crianças, doentes e pessoas deficientes. Mas este árduo caminho está longe de ser concluído.
4. Algumas graves violações da dignidade humana
33. À luz das reflexões aqui feitas acerca do caráter central da dignidade humana, esta última seção da Declaração enfrenta algumas concretas e graves violações da mesma. Isto é feito no espírito próprio do magistério da Igreja, que encontrou plena expressão no ensinamento dos últimos Pontífices, como já recordado. Papa Francisco, por exemplo, de uma parte não se cansa de recordar o respeito à dignidade humana: «todo ser humano tem direito a viver com dignidade e a desenvolver-se integralmente e nenhum país pode negar tal direito fundamental. Cada um o possui, mesmo se é pouco eficiente, mesmo se nasceu ou cresceu com limitações; de fato, isso não diminui a sua imensa dignidade como pessoa humana, que não se funda sobre as circunstâncias, mas sobre o valor do seu ser. Quando este princípio elementar não é salvaguardado, não existe futuro nem para a fraternidade, nem para a sobrevivência da humanidade».[51] De outra parte, o Papa não cessa de indicar a todos as concretas violações da dignidade humana no nosso tempo, chamando cada um a redespertar a responsabilidade e o empenho concreto.
34. Querendo indicar algumas das numerosas e graves violações da dignidade humana no mundo contemporâneo, podemos recordar o ensinamento do Concílio Vaticano II. É preciso reconhecer que se opõe à dignidade humana «tudo aquilo que é contrário à vida mesma, como toda espécie de homicídio, o genocídio, o aborto, a eutanásia e o suicídio voluntário».[52] Atenta ainda contra a nossa dignidade «tudo aquilo que viola a integridade da pessoa humana, como as mutilações, as torturas infligidas ao corpo e à mente, as constrições psicológicas».[53] Enfim, «tudo aquilo que ofende a dignidade humana, como as condições de vida sub-humana, os encarceramentos arbitrários, as deportações, a escravidão, a prostituição, o comércio de mulheres e de jovens, ou ainda as ignominiosas condições de trabalho com as quais os trabalhadores são tratados como simples instrumentos de lucro e não como pessoas livres e responsáveis».[54] É necessário mencionar aqui o tema da pena de morte[55], que também viola a dignidade inalienável de toda pessoa humana para além de toda circunstância. Deve-se, ao contrário, reconhecer que «a decidida rejeição da pena de morte mostra até que ponto é possível reconhecer a inalienável dignidade de cada ser humano e admitir que tenha um lugar neste mundo, já que se não o nego ao pior dos criminosos, não o negarei a ninguém, darei a todos a possibilidade de partilhar comigo este planeta, malgrado o que nos possa separar».[56] Parece oportuno também reafirmar a dignidade das pessoas que se encontram encarceradas, muitas vezes obrigadas a viver em condições indignas, como também que a prática da tortura afronta, para além de todo limite, a dignidade própria de cada ser humano, mesmo no caso de alguém culpado de graves crimes.
35. Mesmo sem ter a pretensão de exaustividade, naquilo que segue chamamos novamente a atenção sobre algumas graves violações da dignidade humana particularmente atuais.
O drama da pobreza
36. Um dos fenômenos que contribui consideravelmente para negar a dignidade de tantos seres humanos é a pobreza extrema, ligada à desigual distribuição da riqueza. Como já sublinhado por São João Paulo II, «uma das maiores injustiças do mundo contemporâneo consiste propriamente nisto: que são relativamente poucos aqueles que possuem muito e muitos aqueles que não possuem quase nada. É a injustiça da má distribuição dos bens e dos serviços destinados originariamente a todos».[57] Além disso, seria ilusório fazer uma distinção sumária entre “países ricos” e “países pobres”: já Bento XVI reconhecia que «cresce a riqueza mundial em termos absolutos, mas aumentam as disparidades. Nos países ricos, novas categorias sociais se empobrecem e nascem novas pobrezas. Em áreas mais pobres, alguns grupos têm uma espécie de super-desenvolvimento dissipador e consumista, que contrasta de modo inaceitável com perdurantes situações de miséria desumanizante. Continua “o escândalo de desigualdades clamorosas”»,[58] em que a dignidade dos pobres é duplamente negada, seja pela falta de recursos à disposição para satisfazer as suas necessidades primárias, seja pela indiferença com que são tratados por aqueles que vivem a seu lado.
37. Com Papa Francisco deve-se, portanto, concluir que «aumentou a riqueza, mas sem equidade, e assim o que acontece é que “nascem novas pobrezas”. Quando se diz que o mundo moderno reduziu a pobreza, isso se faz medindo-a com critérios de outras épocas não comparáveis com a realidade atual».[59] Em consequência, a pobreza se difunde «de muitos modos, como na obsessão por reduzir os custos do trabalho, sem dar-se conta das graves consequências que isso provoca, porque o desemprego que se produz tem como efeito direto o alargar-se dos confins da pobreza».[60] Entre esses «efeitos destrutivos do império do dinheiro»,[61] deve-se reconhecer que «não existe pior pobreza do que aquela que priva do trabalho e da dignidade do trabalho».[62] Se alguns nasceram em um país ou em uma família onde se tem menos possibilidade de desenvolvimento, é necessário reconhecer que isto contrasta com a sua dignidade, que é exatamente a mesma daqueles que nasceram em uma família ou em um país rico. Todos somos responsáveis, ainda que em diversos graus, desta evidente iniquidade.
A guerra
38. Outra tragédia que nega a dignidade humana é o prolongar-se da guerra, hoje como em todos os tempos: «guerras, atentados, perseguições por motivos raciais e religiosos e tantas opressões contrárias à dignidade humana [...] vão “multiplicando-se dolorosamente em muitas regiões do mundo, de modo a assumir as feições daquela que se poderia chamar uma ‘terceira guerra mundial em pedaços’”».[63] Com o seu rastro de destruição e dor, a guerra ataca a dignidade humana a curto e a longo prazo: «ainda que reafirmando o direito inalienável à legítima defesa, como também a responsabilidade de proteger aqueles cuja existência é ameaçada, devemos admitir que a guerra é sempre uma “derrota da humanidade”. Nenhuma guerra vale a as lágrimas de uma mãe que viu seu filho mutilado ou morto; nenhuma guerra vale a perda da vida, ainda que fosse de uma só pessoa humana, ser sagrado, criado à imagem e semelhança do Criador; nenhuma guerra vale o envenenamento da nossa casa comum; nenhuma guerra vale o desespero de quantos são obrigados a deixar a sua pátria e são privados, de um momento a outro, da sua casa e de todos os vínculos familiares, de amizade, sociais e culturais que foram construídos, às vezes ao longo de gerações».[64] Todas as guerras, pelo simples fato de contradizer a dignidade humana, são «conflitos que não resolverão os problemas, mas os aumentarão».[65] Isto resulta ainda mais grave no nosso tempo, quando se tornou normal que, fora do campo de batalha, morram tantos civis inocentes.
39. Em consequência, também hoje a Igreja não pode senão fazer suas as palavras dos Pontífices, repetindo com São Paulo VI: «jamais plus la guerre, jamais plus la guerre!»[66] e pedindo, junto com São João Paulo II, «a todos, em nome de Deus e em nome do homem: Não matai! Não preparai aos homens destruição e extermínio! Pensai nos vossos irmãos que sofrem fome e miséria! Respeitai a dignidade e a liberdade de cada um!».[67] No nosso tempo propriamente, este é o grito da Igreja e de toda a humanidade. Papa Francisco sublinha, enfim, que «não podemos mais pensar na guerra como solução. Diante desta realidade, hoje é muito difícil sustentar os critérios racionais maturados em outros séculos para falar de uma possível “guerra justa”. Nunca mais a guerra!».[68] Já que a humanidade recai frequentemente nos mesmos erros do passado, «para construir a paz é necessário sair da lógica da legitimidade da guerra».[69] A íntima relação que existe entre fé e dignidade humana torna contraditório que a guerra seja fundada sobre convicções religiosas: «Aqueles que invocam o nome de Deus para justificar o terrorismo, a violência e a guerra não seguem o caminho de Deus: a guerra em nome da religião é uma guerra contra a própria religião».[70]
O sofrimento dos migrantes
40. Os migrantes estão entre as primeiras vítimas das múltiplas formas de pobreza. Não só a sua dignidade é negada nos seus países,[71] mas a sua própria vida é colocada em risco porque não têm mais os meios para formar uma família, para trabalhar ou para nutrir-se.[72] Uma vez que chegam em países que deveriam ser capazes de acolhê-los, «não são considerados dignos o bastante para participar da vida social como qualquer outro, e se esquece que possuem a mesma intrínseca dignidade de toda pessoa [...] Não se dirá jamais que não são humanos, mas na prática, com as decisões e os modos de tratá-los, manifesta-se que são considerados de menor valor, menos importantes, menos humanos».[73] É, portanto, sempre urgente recordar que «cada migrante é uma pessoa humana que, enquanto tal, possui direitos fundamentais inalienáveis que devem ser respeitados por todos em todas as situações».[74] O seu acolhimento é um modo importante e significativo de defender «a inalienável dignidade de toda pessoa humana para além da origem, da cor ou da religião».[75]
O tráfico de pessoas
41. O tráfico de pessoas humanas deve também ser contado como violação grave da dignidade humana.[76] Não constitui uma novidade, mas o seu desenvolvimento assume dimensões trágicas que estão sob os olhos de todos, razão pela qual Papa Francisco a denunciou em termos particularmente fortes: «reafirmo que o “tráfico de pessoas” é uma atividade indigna, uma vergonha para as nossas sociedades que se dizem civilizadas! Exploradores e clientes em todos os níveis deveriam fazer um sério exame de consciência diante de si mesmos e diante de Deus! A Igreja renova hoje o seu forte apelo para que sejam sempre tuteladas a dignidade e a centralidade de cada pessoa, no respeito dos direitos fundamentais, como a sua Doutrina social evidencia, direitos que ela pede que sejam estendidos realmente lá onde não são reconhecidos a milhões de homens e mulheres em todos os continentes. Num mundo em que se fala tanto de direitos, parece estranho que o único a os ter seja o dinheiro».[77]
42. Por tais motivos, a Igreja e a humanidade não devem renunciar a lutar contra fenômenos como «comércio de órgãos e tecidos humanos, exploração sexual de crianças, trabalho escravizado, incluída a prostituição, tráfico de drogas e de armas, terrorismo e crime internacional organizado. É tão grande a dimensão dessas situações e o número de vidas inocentes envolvidas, que devemos evitar qualquer tentação de cair em um nominalismo declamatório com efeito tranquilizante sobre as consciências. Devemos cuidar para que as nossas instituições sejam realmente eficazes na luta contra todos esses flagelos».[78] Diante de formas tão diversas e brutais de negação da dignidade humana, é necessário ser sempre mais conscientes que «o tráfico de pessoas é um crime contra a humanidade»,[79] que nega substancialmente a dignidade humana de dois modos pelo menos: «o tráfico [de pessoas] deturpa a humanidade da vítima, ofendendo a sua liberdade e dignidade, mas, ao mesmo tempo, desumaniza quem o pratica».[80]
Abusos sexuais
43. A profunda dignidade inerente ao ser humano na sua inteireza de alma e corpo permite também compreender por que todo abuso sexual deixa profundas cicatrizes no coração daquele que o sofre: de fato, ele se reconhece ferido na sua dignidade humana. Trata-se de «sofrimentos que podem durar toda a vida e a que nenhum arrependimento pode remediar. Tal fenômeno é difuso na sociedade, toca também a Igreja e representa um sério obstáculo à sua missão».[81] Daqui brota o empenho que a Igreja não cessa de exercitar para colocar fim a todo tipo de abuso, iniciando do seu interior.
As violências contra as mulheres
44. As violências contra as mulheres são um escândalo global, que é sempre mais reconhecido. Se nas palavras se reconhece a igual dignidade da mulher, em alguns países as desigualdades entre mulheres e homens são gravíssimas; também nos países mais desenvolvidos e democráticos a realidade social concreta testemunha o fato que frequentemente não se reconhece às mulheres a mesma dignidade dos homens. Papa Francisco evidencia este fato quando afirma que «a organização das sociedades em todo o mundo está ainda longe de refletir com clareza que as mulheres têm exatamente a mesma dignidade e os idênticos direitos dos homens. Com palavras se afirmam certas coisas, mas as decisões e a realidade gritam outra mensagem. É um fato que “são duplamente pobres as mulheres que sofrem situações de exclusão, maus tratos e violência, porque muitas vezes se encontram com menores possibilidades de defender os seus direitos”».[82]
45. Já São João Paulo II reconhecia que «muito ainda resta por fazer para que o ser mulher e mãe não comporte uma discriminação. É urgente obter em toda parte a efetiva igualdade dos direitos da pessoa e assim a paridade de salário em relação à paridade de trabalho, tutela da trabalhadora-mãe, justas progressões na carreira, igualdade entre os cônjuges no direito de família, o reconhecimento de tudo quanto é ligado aos direitos e aos deveres do cidadão em um regime democrático».[83] As desigualdades nestes aspectos são diversas formas de violência. E recordava também que «é hora de condenar com vigor, dando vida a apropriados instrumentos legislativos de defesa, as formas de violência sexual que, não raro, têm por objeto as mulheres. Em nome do respeito à pessoa, não podemos não denunciar a difusa cultura hedonista e mercantil que promove a sistemática exploração da sexualidade, induzindo inclusive jovens em tenra idade a cair nos circuitos da corrupção e a fazerem do seu corpo uma mercadoria».[84] Entre as formas de violência exercidas sobre as mulheres, como não citar a constrição ao aborto, que fere seja a mãe que o filho, tão frequente para satisfazer o egoísmo dos homens? E como não citar também as práticas da poligamia que – como recorda o Catecismo da Igreja Católica – é contrária à igual dignidade das mulheres e dos homens e é ainda contrária «ao amor conjugal, que é único e exclusivo»?[85]
46. Neste horizonte de violência contra as mulheres, jamais se condenará o suficiente o fenômeno do feminicídio. Neste front o empenho da inteira comunidade internacional deve ser compacto e concreto, como reafirmou Papa Francisco: «O amor por Maria nos deve ajudar a gerar atitudes de reconhecimento e gratidão para com a mulher, para com nossas mães e avós, que são um baluarte na vida das nossas cidades. Quase sempre silenciosas, levam adiante a vida. É o silêncio e a força da esperança. Obrigado pelo vosso testemunho! [...] mas olhando as mães e as avós, desejo convidar-vos a lutar contra uma chaga que fere o nosso continente americano: os numerosos casos de feminicídio. E são muitas as situações de violência mantidas em silêncio além de tantas paredes. Convido-vos a lutar contra esta fonte de sofrimento, pedindo que se promova uma legislação e uma cultura de repúdio a toda forma de violência».[86]
Aborto
47. A Igreja não cessa de recordar que «a dignidade de cada ser humano tem um caráter intrínseco e vale desde o momento da sua concepção até a sua morte natural. A afirmação de uma tal dignidade é o pressuposto irrenunciável para a tutela de uma existência pessoal e social, como também a condição necessária para que a fraternidade e a amizade social possam realizar-se entre todos os povos da terra».[87] Sobre a base deste valor intocável da vida humana, o magistério eclesial sempre se pronunciou contra o aborto. A propósito, escreve São João Paulo II: «Entre todos os delitos que o homem pode cometer contra a vida, o aborto procurado apresenta características que o tornam particularmente grave e deplorável. [...] Mas hoje, na consciência de muitos, a percepção da sua gravidade foi-se progressivamente obscurecendo. A aceitação do aborto na mentalidade, no costume e na própria lei é sinal eloquente de uma perigosíssima crise do senso moral, que se torna sempre mais incapaz de distinguir entre o bem e o mal, mesmo quando está em jogo o direito fundamental à vida. Diante de uma tão grave situação, é preciso mais que nunca ter a coragem de encarar a verdade e de chamar as coisas pelo seu nome, sem ceder a compromissos de comodidade ou à tentação do autoengano. A tal propósito, ressoa categórica a denúncia do Profeta: “Ai daqueles que chamam de bem o mal e o mal de bem, que mudam as trevas em luz e a luz em trevas” (Is 5, 20). Propriamente no caso do aborto, registra-se a difusão de uma terminologia ambígua, como aquela de “interrupção da gravidez”, que tende a esconder sua verdadeira natureza e a atenuar sua gravidade na opinião pública. Talvez este próprio fenômeno linguístico seja sintoma de um mal-estar das consciências. Mas nenhuma palavra consegue mudar a realidade das coisas: o aborto procurado é o assassínio deliberado e direto, seja qual for o modo de sua atuação, de um ser humano na fase inicial da sua existência, compreendida entre a concepção e o nascimento».[88] As crianças nascituras são assim «os mais indefesos e inocentes de todos, aos quais hoje se quer negar a dignidade humana para poder fazer deles o que se quer, tirando deles a vida e promovendo legislações de modo que ninguém o possa impedir».[89] Deve-se, portanto, afirmar com toda força e clareza, também no nosso tempo, que «esta defesa da vida nascente é intimamente ligada à defesa de qualquer direito humano. Supõe a convicção de que um ser humano é sempre sagrado e inviolável, em qualquer situação e em toda fase de seu desenvolvimento. É um fim em si mesmo e jamais um meio para resolver outras dificuldades. Se esta convicção cai, não restam sólidos e permanentes fundamentos para a defesa dos direitos humanos, que seriam sempre sujeitos às conveniências contingentes dos poderosos de ocasião. A pura razão é suficiente para reconhecer o valor inviolável de toda vida humana, mas se a contemplamos também a partir da fé, “cada violação da dignidade pessoal do ser humano grita por reparação diante da face de Deus e se configura como ofensa ao Criador do homem”».[90] Merece aqui ser recordado o generoso e corajoso empenho de Santa Teresa de Calcutá pela defesa de todo concebido.
Maternidade sub-rogada
48. Além disso, a Igreja toma posição contra a prática da maternidade sub-rogada, através da qual a criança, imensamente digna, torna-se mero objeto. A este propósito, as palavras de Papa Francisco são de uma clareza única: «o caminho da paz exige o respeito pela vida, de toda vida humana, a partir daquela do nascituro no ventre da mãe, que não pode ser suprimida, nem se tornar mercadoria. Quanto a isso, considero deplorável a prática da assim chamada maternidade sub-rogada, que lesa gravemente a dignidade da mulher e do filho. Esta [prática] se funda sobre a exploração de uma situação de necessidade material da mãe. Uma criança é sempre um dom e nunca objeto de um contrato. Faço votos, portanto, que haja um empenho da comunidade internacional para proibir em nível universal tal prática». [91]
49. A prática da maternidade sub-rogada viola, antes de tudo, a dignidade da criança. Cada criança, desde a concepção, do nascimento e no seu crescimento como menino ou menina, tornando-se adulto, possui uma dignidade intocável que se exprime claramente, ainda que de modo singular e diferenciado, em cada fase da sua vida. A criança tem pois o direito, em virtude da sua inalienável dignidade, de ter uma origem plenamente humana e não conduzida artificialmente, e de receber o dom de uma vida que manifeste, ao mesmo tempo, a dignidade de quem a doa e de quem a recebe. O reconhecimento da dignidade da pessoa humana comporta ainda aquele da dignidade da união conjugal e da procriação humana em todas as suas dimensões. Nesta direção, o legítimo desejo de ter um filho não pode ser transformado em um “direito ao filho” que não respeita a dignidade deste mesmo filho, como destinatário do dom gratuito da vida.[92]
50. A maternidade sub-rogada viola, ao mesmo tempo, a dignidade da mulher que é obrigada ou que decide livremente submeter-se a tal prática. Com esta, a mulher se separa do filho que nela cresce e se torna um simples meio, sujeito ao lucro ou ao desejo arbitrário de outrem. Isso afronta totalmente a dignidade fundamental de todo ser humano e o seu direito de ser sempre reconhecido por si mesmo e não como instrumento para outros fins.
Eutanásia e suicídio assistido
51. Existe um caso particular de violação da dignidade humana que é mais silencioso, mas que está ganhando muito terreno. Apresenta a peculiaridade de utilizar um conceito errado de dignidade humana para fazê-lo voltar-se contra a vida mesma. Tal confusão, muito comum hoje, vem à luz quando se fala de eutanásia. Por exemplo, as leis que reconhecem a possibilidade da eutanásia ou do suicídio assistido designam-se às vezes como “leis da morte digna” (death with dignity acts). É muito difusa a ideia que a eutanásia ou o suicídio assistido sejam coerentes com o respeito à dignidade da pessoa humana. Diante desse fato, deve-se reafirmar com força que o sofrimento não faz perder ao doente aquela dignidade que lhe é própria de modo intrínseco e inalienável, mas pode tornar-se ocasião para reforçar os vínculos da mútua pertença e para tomar maior consciência da preciosidade de cada pessoa para a humanidade inteira.
52. Certamente, a dignidade do doente em condições críticas ou terminais requer esforços adequados e necessários para aliviar o seu sofrimento mediante os oportunos cuidados paliativos, evitando toda obsessão terapêutica ou intervenções desproporcionais. Os cuidados paliativos respondem ao «dever constante de compreensão pelas necessidades do doente: necessidades de assistência, alívio da dor, necessidades emocionais, afetivas e espirituais». [93] Mas tal esforço é totalmente diverso, distinto, antes contrário à decisão de eliminar a própria vida ou a vida de outrem sob o peso do sofrimento. A vida humana, mesmo em uma condição de dor, é portadora de uma dignidade que deve ser sempre respeitada, que não pode ser perdida e cujo respeito permanece incondicionado. Não existem algumas condições, em falta das quais a vida humana deixe de ser dignamente tal e por isso possa ser suprimida: «A vida tem a mesma dignidade e o mesmo valor para cada um: o respeito pela vida do outro é o mesmo que se deve pela própria existência».[94] Ajudar o suicida a matar-se é, portanto, uma ofensa objetiva contra a dignidade da pessoa que o pede, mesmo que se esteja realizando um seu desejo: «devemos acompanhar até a morte, mas não provocar a morte ou ajudar qualquer forma de suicídio. Recordo que deve ser sempre privilegiado o direito ao cuidado e ao cuidado para todos, para que os mais fracos, em particular os idosos e doentes, não sejam jamais descartados. A vida é um direito, não a morte, a qual precisa ser acolhida, não aplicada. E este princípio ético se refere a todos, não só aos cristãos ou aos que têm fé».[95] Como já acenado, a dignidade de cada um, ainda que fraco ou sofredor, implica a dignidade de todos.
O descarte das pessoas com deficiência
53. Um critério para verificar a real atenção à dignidade de cada indivíduo é, obviamente, a assistência fornecida aos mais desvalidos. O nosso tempo, infelizmente, não se distingue muito por tal cuidado: na verdade, vai-se impondo uma cultura do descarte.[96] Para contrastar tal tendência, é merecedora de especial atenção e solicitude a condição daqueles que se encontram em uma situação de deficit físico ou psíquico. Tal condição de particular vulnerabilidade,[97] tão relevante nas narrações do Evangelho, interroga universalmente sobre o que significa ser pessoa humana, propriamente a partir de um estado de deficiência. A questão da imperfeição humana comporta claras implicações também do ponto de vista sociocultural, já que em algumas culturas as pessoas com deficiência sofrem marginalização, senão opressão, sendo tratadas como “descartáveis”. Realmente, cada ser humano, seja qual for a condição de vulnerabilidade em que venha a se encontrar, recebe a sua dignidade pelo fato mesmo de ser querido e amado por Deus. Por tal motivo, deve-se favorecer o mais possível a inclusão e a participação ativa na vida social e eclesial de todos aqueles que são de alguma forma marcados pela fragilidade ou deficiência.[98]
54. Numa perspectiva mais ampla, deve-se recordar que a «caridade, coração do espírito da política, é sempre um amor preferencial pelos últimos, o qual está por detrás de toda ação realizada em favor deles. [...] “Cuidar da fragilidade quer dizer força e ternura, quer dizer luta e fecundidade em meio a um modelo funcionalista e privatista, que conduz inexoravelmente à ‘cultura do descarte’. [...] Significa assumir o presente na sua situação mais marginal e angustiante e ser capaz de ungi-lo com dignidade”. Assim, certamente dar-se-á vida a uma atividade intensa, porque “tudo deve ser feito para tutelar a condição e a dignidade da pessoa humana”».[99]
Teoria de gênero (gender)
55. A Igreja deseja, em primeiro lugar, «reafirmar que cada pessoa, independentemente da própria orientação sexual, deve ser respeitada na sua dignidade e acolhida com respeito, cuidando de evitar “toda marca de injusta discriminação” e particularmente toda forma de agressão e violência».[100] Por esta razão, denuncia-se como contrário à dignidade humana o fato que em alguns lugares não poucas pessoas são encarceradas, torturadas e até mesmo privadas da vida unicamente pela sua orientação sexual.
56. Ao mesmo tempo, a Igreja evidencia os intensos pontos críticos da teoria de gênero (gender). A tal propósito, Papa Francisco recordou que: «o caminho da paz exige o respeito dos direitos humanos, segundo aquela simples, mas clara, formulação contida na Declaração universal dos direitos humanos, cujo 75º aniversário celebramos há pouco. Trata-se de princípios racionalmente evidentes e comumente aceitados. Infelizmente, as tentativas realizadas nas últimas décadas para introduzir novos direitos, não plenamente consistentes em relação àqueles originalmente definidos e não sempre aceitáveis, deram espaço a colonizações ideológicas, entre as quais tem um papel central a teoria de gênero (gender), que é perigosíssima porque cancela as diferenças na pretensão de tornar todos iguais».[101]
57. Em mérito à teoria de gênero, sobre cuja consistência científica muitas têm sido as discussões na comunidade dos especialistas, a Igreja recorda que a vida humana, em todos os seus componentes, físicos e espirituais, é um dom de Deus, que se deve acolher com gratidão e colocar a serviço do bem. Querer dispor de si, como prescreve a teoria de gênero, independentemente desta verdade basilar da vida humana como dom, não significa outra coisa senão ceder à antiquíssima tentação do homem que se faz Deus e entrar em concorrência com o verdadeiro Deus do amor, revelado no Evangelho.
58. Uma segunda observação sobre a teoria de gênero refere-se à sua tentativa de negar a maior das diferenças possíveis entre os seres viventes: a diferença sexual. Tal diferença fundante é não só a maior, mas a mais bela e a mais potente: na dualidade homem-mulher, ela alcança a mais admirável reciprocidade e é assim a fonte daquele milagre, que não deixa de surpreender-nos, qual é a chegada de novos seres humanos ao mundo.
59. Neste sentido, o respeito ao próprio corpo e àquele dos outros é essencial diante da proliferação dos pretensos novos direitos, propostos pela teoria de gênero. Tal ideologia «propõe uma sociedade sem diferenças de sexo e esvazia a base antropológica da família».[102] É, pois, inaceitável que «algumas ideologias deste tipo, que pretendem responder a certas aspirações às vezes compreensíveis, tentem impor-se como um pensamento único que determine a educação das crianças. Não se deve ignorar que o sexo biológico (sex) e o papel sociocultural do sexo (gender) podem-se distinguir, mas não separar».[103] Devem-se rejeitar todas aquelas tentativas de obscurecer a referência à insuprimível diferença sexual entre homem e mulher: «Não podemos separar o que é masculino e feminino da obra criada por Deus, que é anterior a todas as nossas decisões e experiências e onde existem elementos biológicos que não podem ser ignorados».[104] Cada pessoa humana, somente quando pode reconhecer e aceitar esta diferença na reciprocidade, torna-se capaz de descobrir plenamente a si mesma, a própria dignidade e a própria identidade.
Mudança de sexo
60. A dignidade do corpo não pode ser considerada inferior àquela da pessoa como tal. O Catecismo da Igreja Católica nos convida expressamente a reconhecer que «o corpo do homem participa da dignidade de “imagem de Deus”». [105] Tal verdade merece ser recordada sobretudo quando se trata do tema da mudança de sexo. O ser humano é composto de corpo e alma, unidos de modo incindível, sendo que o corpo é o lugar vivente em que a interioridade da alma se expande e se manifesta, inclusive através da rede das relações humanas. Constituindo o ser da pessoa, alma e corpo participam daquela dignidade que conota o ser humano.[106] A propósito, deve-se recordar que o corpo humano participa da dignidade da pessoa, enquanto é dotado de significados pessoais, particularmente na sua condição sexuada.[107] É no corpo, de fato, que cada pessoa se reconhece gerada por outros e é através do seu corpo que homem e mulher podem estabelecer uma relação de amor capaz de gerar outras pessoas. Sobre a necessidade de respeitar a ordem natural da pessoa humana, Papa Francisco ensina que «a criação nos precede e deve ser reconhecida como dom. Ao mesmo tempo, somos chamados a cuidar da nossa humanidade e isso significa em primeiro lugar respeitá-la e aceitá-la assim como foi criada».[108] Daqui deriva que qualquer intervenção de mudança de sexo normalmente se arrisca a ameaçar a dignidade única que a pessoa recebeu desde o momento da concepção. Isto não significa excluir a possibilidade que uma pessoa portadora de anomalias dos genitais, já evidentes desde o nascimento ou que se manifestem sucessivamente, possa decidir-se por receber assistência médica com o fim de resolver tais anomalias. Neste caso, a intervenção não configuraria uma mudança de sexo no sentido aqui entendido.
Violência digital
61. O progresso das tecnologias digitais, que oferecem muitas possibilidades para promover a dignidade humana, tende sempre mais à criação de um mundo em que crescem a exploração, a exclusão e a violência, que podem chegar a lesar a dignidade da pessoa humana. Pense-se como é fácil, através desses meios, colocar em perigo a boa fama de qualquer pessoa com notícias falsas e calúnias. Sobre este ponto, Papa Francisco sublinha que «não é sadio confundir a comunicação com o simples contato virtual. Realmente, “o ambiente digital é também um território de solidão, manipulação, exploração e violência, até o caso extremo da dark web. Os meios de comunicação digitais podem expor ao risco de dependência, de isolamento e de progressiva perda de contato com a realidade concreta, obstaculizando o desenvolvimento de relações interpessoais autênticas. Novas formas de violência se difundem através das redes sociais, por exemplo o cyberbullying; a web é também um canal de difusão da pornografia e de exploração das pessoas para fins sexuais ou através dos jogos de azar”».[109] E é assim que, ali onde crescem as possibilidades de conexão, paradoxalmente acontece que cada um se encontre sempre mais isolado e empobrecido de relações interpessoais: «na comunicação digital, quer-se mostrar tudo e cada indivíduo torna-se objeto de olhares que esquadrinham, desnudam e divulgam, muitas vezes de maneira anônima. Dilui-se o respeito pelo outro e assim, ao mesmo tempo em que o apago, ignoro e mantenho à distância, posso invadir a sua vida, sem nenhum pudor, até ao extremo».[110] Tais tendências representam um lado obscuro do progresso digital.
62. Nesta perspectiva, se a tecnologia deve servir à dignidade humana, e não causar-lhe dano, e se ela deve promover a paz ao invés da violência, então a comunidade humana deve ser proativa no enfrentar estas tendências, no respeito pela dignidade humana, e promover o bem: «neste mundo globalizado “os mass media podem ajudar a fazer-nos sentir mais próximos uns dos outros; a fazer-nos perceber um renovado sentido de unidade da família humana que impele à solidariedade e ao empenho sério por uma vida mais digna. [...] Podem ajudar-nos nisto, particularmente hoje, quando as redes da comunicação humana alcançaram desenvolvimentos inauditos. Em especial, a internet pode oferecer maiores possibilidades de encontro e de solidariedade entre todos, e esta é uma coisa boa, é um dom de Deus”. É, porém, necessário verificar continuamente se as atuais formas de comunicação nos orientam efetivamente ao encontro generoso, à busca sincera da verdade plena, ao serviço, à proximidade aos últimos, ao esforço de construir o bem comum».[111]
Conclusão
63. Na ocorrência do 75º aniversário da promulgação da Declaração universal dos direitos do homem (1948), Papa Francisco reafirmou que esse documento «é como uma via preferencial sobre a qual muitos passos adiante já foram dados, mas faltam ainda tantos outros, e às vezes infelizmente se volta atrás. O empenho pelos direitos humanos não termina nunca! A este propósito, sou próximo a todos aqueles que, sem publicidade, na vida concreta de cada dia, lutam e pagam pessoalmente para defender os direitos de quem não conta».[112]
64. É nesse espírito que, com a presente Declaração, a Igreja ardentemente exorta a colocar o respeito pela dignidade da pessoa humana, para além de toda circunstância, ao centro dos esforços pelo bem comum e de todo ordenamento jurídico. O respeito pela dignidade de cada um e de todos é, de fato, a base imprescindível para a existência mesma de cada sociedade que se pretende fundada sobre o justo direito e não na força do poder. Sobre a base do reconhecimento da dignidade humana se sustentam os direitos humanos fundamentais, que precedem e fundam toda convivência civil.[113]
65. A cada pessoa e, ao mesmo tempo, a cada comunidade humana compete portanto a tarefa da concreta e efetiva realização da dignidade humana, enquanto aos Estados compete não somente tutelá-la, mas também garantir aquelas condições necessárias para que ela possa florescer na promoção integral da pessoa humana: «na atividade política é preciso recordar que “além de qualquer aparência, cada um é imensamente sagrado e merece o nosso afeto e a nossa dedicação”».[114]
66. Também hoje, diante de tantas violações da dignidade humana que ameaçam seriamente o futuro da humanidade, a Igreja encoraja a promoção da dignidade de cada pessoa humana, sejam quais forem as suas qualidades físicas, psíquicas, culturais, sociais e religiosas. Ela o faz com esperança, certa da força que brota do Cristo Ressuscitado, que revelou plenamente a dignidade integral de todo homem e de toda mulher. Esta certeza torna-se apelo nas palavras de Papa Francisco: «A cada pessoa deste mundo peço que não se esqueça desta sua dignidade, que ninguém tem direito de tirar-lhe».[115]
O Sumo Pontífice Francisco, na Audiência concedida ao subscrito Prefeito, juntamente com o Secretário para a Seção Doutrinal do Dicastério para a Doutrina da Fé, no dia 25 de março de 2024, aprovou a presente Declaração, decidida na Sessão Ordinária deste Dicastério, realizada em 28 de fevereiro de 2024, e ordenou a sua publicação.
Dado em Roma, na sede do Dicastério para a Doutrina da Fé, aos 2 de abril de 2024, 19º aniversário de morte de São João Paulo II.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefeito
Mons. Armando Matteo
Secretário para a Seção Doutrinal
EX AUDIENTIA DIE 25.03.2024
FRANCISCUS
__________________
[*] S. João Paulo II, Angelus com pessoas portadoras de deficiência na Catedral de Osnabrück (16 de novembro de 1980): Insegnamenti III/2 (1980), 1232.
[1] Francisco, Exort. ap. Laudate Deum (4 de outubro de 2023), n. 39: L’Osservatore Romano (4 de outubro de 2023), III.
[2] Em 1948, as Nações Unidas adotaram a Declaração universal dos direitos do homem, que se compõe de trinta artigos. A palavra “dignidade” aparece por cinco vezes, em pontos estratégicos: nas primeiras palavras do Preâmbulo e na primeira frase do Artigo 1º. Esta dignidade é declarada «inerente a todos os membros da família humana» (Preâmbulo) e «todos os seres humanos nascem livres e iguais em dignidade e direitos» (Artigo 1º).
[3] Pondo atenção somente à época moderna, vê-se como a Igreja progressivamente acentuou a importância da dignidade humana. O tema foi desenvolvido em particular na Encíclica Rerum novarum (1891) do Papa Leão XIII, na Encíclica Quadragesimo anno (1931) do Papa Pio XI e no Discurso ao Congresso da União Católica Italiana das Obstétricas (1951) do Papa Pio XII. O Concílio Vaticano II aprofundou particularmente esta temática, dedicando-lhe um inteiro documento, com a Declaração Dignitatis humanae (1965) e discutindo a liberdade humana na Constituição pastoral Gaudium et spes (1965).
[4] S. Paulo VI, Audiência geral (4 de setembro de 1968): Insegnamenti VI (1968), 886.
[5] S. João Paulo II, Discurso à IIIª Conferência Geral do Episcopado Latino-americano (28 de janeiro de 1979), III.1-2: Insegnamenti II/1 (1979), 202-203.
[6] Bento XVI, Discurso aos participantes da Assembleia Geral da Pontifícia Academia para a Vida (13 de fevereiro de 2010): Insegnamenti VI/1 (2011), 218.
[7] Bento XVI, Discurso aos participantes da reunião do Banco de Desenvolvimento do Conselho da Europa (12 de junho de 2010): Insegnamenti VI/1 (2011), 912-913.
[8] Francisco, Exort. ap. Evangelii gaudium (24 de novembro de 2013), n. 178: AAS 105 (2013), 1094, que cita S. João Paulo II, Angelus com pessoas portadoras de deficiência na Catedral de Osnabrück (16 de novembro de1980): Insegnamenti III/2 (1980), 1232.
[9] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 8: AAS 112 (2020), 971.
[10] Ibidem, n. 277: AAS 112 (2020), 1069.
[11] Ibidem, n. 213: AAS 112 (2020), 1045.
[12] Ibidem, n. 213: AAS 112 (2020), 1045, que cita Francisco, Mensagem aos participantes da Conferência internacional “Os direitos humanos no mundo contemporâneo: conquistas, omissões, negações” (10 de dezembro de 2018): L’Osservatore Romano (10-11 de dezembro de 2018), 8.
[13] A Declaração de 1948 das Nações Unidas foi seguida e ulteriormente elaborada pelo Pacto internacional das Nações Unidas sobre os direitos civis e políticos, de 1966, e pelo Ato final da Conferência sobre a segurança e a cooperação na Europa, de 1975.
[14] Cf. Comissão Teológica Internacional, Dignidade e direitos da pessoa humana (1983), Introdução, 3. Um compêndio do ensinamento católico sobre a dignidade humana se encontra no Catecismo da Igreja Católica, no capítulo intitulado “A dignidade da pessoa humana”, nn. 1700-1876.
[15] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 22: AAS 112 (2020), 976.
[16] Boécio, Contra Eutychen et Nestorium, c. 3: PL 64, 1344: «persona est rationalis naturae individua substantia». Cf. S. Boaventura, In I Sententiarum, d. 25, a. 1, q. 2; S. Tomás de Aquino, Summa Theologiae, I, q. 29, a. 1, resp.
[17] Como não é a finalidade desta Declaração redigir um tratado exaustivo sobre a noção de dignidade, por exigência de brevidade acena-se em via exemplificativa somente à cultura clássica greco-romana, enquanto ponto de referência da primeira reflexão filosófica e teológica cristã.
[18] Cf. p. ex. Cícero, De officiis I, 105-106: «Sed pertinet ad omnem officii quaestionem semper in promptu habere, quantum natura hominis pecudibus reliquisque beluis antecedat […]. Atque etiam si considerare volumus, quae sit in natura excellentia et dignitas, intellegemus, quam sit turpe diffluere luxuria et delicate ac molliter vivere quamque honestum parce, continenter, severe, sobrie» (Scriptorum Latinorum Bibliotheca Oxoniensis, ed. M. Winterbottom, Oxford 1994, 43). Tradução: «Em toda investigação sobre o dever, é preciso ter presente quanto a natureza do homem é superior àquela dos animais domésticos e de todas as outras feras [...]. E ainda, se pensamos na excelência e na dignidade da natureza humana, compreenderemos quanto seja torpe nadar nos prazeres e viver na lascívia e na moleza; ao contrário, quanto seja decoroso conduzir uma vida parca, moderada, séria e sóbria».
[19] Cf. S. Paulo VI, Discurso durante a Peregrinação à Terra Santa: Visita à Basílica da Anunciação em Nazaré (5 de janeiro de 1964): AAS 56 (1964), 166-170.
[20] Entre as inumeráveis referências, cf. p. ex. S. Clemente de Roma, 1 Clem. 33, 4s: PG 1, 273; Teófilo de Antioquia, Ad Aut. I, 4: PG 6, 1029; S. Clemente de Alexandria, Strom. III, 42, 5-6: PG 8, 1145; Ibidem, VI, 72, 2: PG 9, 293; S. Irineu de Lião, Adv. haer. V, 6, 1: PG 7, 1137-1138; Orígenes, De princ. III, 6,1: PG 11, 333; S. Agostinho, De Gen. ad litt. VI, 12: PL 34, 348. De Trin. XIV, 8, 11: PL 42, 1044-1045.
[21] S. Tomás de Aquino, Summa Theologiae, I, q. 29, a. 3, resp.: «persona significat id quod est perfectissimum in tota natura, scilicet subsistens in rationali natura».
[22] Pode-se pensar p. ex. a Pico della Mirandola e ao seu conhecido texto Oratio de hominis dignitate (1486).
[23] Para um pensador judeu como E. Levinas (1906-1995), o ser humano é qualificado pela sua liberdade enquanto se descobre infinitamente responsável pelo outro ser humano.
[24] Alguns grandes pensadores cristãos dos séculos XIX e XX, come São J. H. Newman, Beato A. Rosmini, J. Maritain, E. Mounier, K. Rahner, H. U. von Balthasar, entre outros, chegaram a propor uma visão do homem que pode validamente dialogar com as correntes de pensamento do início de século XXI, qualquer que seja a sua inspiração, sem excluir os pós-modernos.
[25] Por este motivo, a «Declaração universal dos direitos do homem […] sugere implicitamente que a origem dos direitos humanos inalienáveis se situa na dignidade de toda pessoa humana»: Comissão Teológica Internacional, Em busca de uma ética universal: novo olhar sobre a lei natural (2009), n. 115.
[26] Conc. Ecum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes (7 de dezembro de 1965), n. 26: AAS 58 (1966), 1046; todo o primeiro capítulo da primeira parte da Constituição (nn. 11-22) é dedicado à “Dignidade da pessoa humana”.
[27] Conc. Ecum. Vat. II, Decl. Dignitatis humanae (7 de dezembro de 1965), n. 1: AAS 58 (1966), 929.
[28] Ibidem, n. 2: AAS 58 (1966), 931.
[29] Congregação para a Doutrina da Fé, Instrução Dignitas personae (8 de setembro de 2008), n. 7: AAS 100 (2008), 863. Cf. S. Irineu de Lião, Adv. haer. V, 16, 2: PG 7, 1167-1168.
[30] Como «com a encarnação o Filho de Deus se uniu de certo modo a cada homem» (Conc. Ecum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes (7 de dezembro de 1965), n. 22: AAS 58 (1966), 1042), a dignidade de cada homem nos é revelada por Cristo na sua plenitude.
[31] Conc. Ecum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes (7 de dezembro de 1965), n. 19: AAS 58 (1966), 1038.
[32] S. João Paulo II, Carta enc. Evangelium vitae (25 de março de 1995), n. 38: AAS 87 (1995), 443, que cita S. Irineu de Lião, Adv. haer. IV, 20,7: PG 7, 1037-1038.
[33] Cristo deu aos batizados uma nova dignidade, aquela de “filhos de Deus”: cf. Catecismo da Igreja Católica, nn. 1213, 1265, 1270, 1279.
[34] Conc. Ecum. Vat. II, Decl. Dignitatis humanae (7 de dezembro de 1965), n. 9: AAS 58 (1966), 935.
[35] Cf. S. Irineu de Lião, Adv. haer. V, 6, 1. V, 8, 1. V, 16, 2: PG 7, 1136-1138. 1141-1142. 1167-1168; S. João Damasceno, De fide orth. 2, 12: PG 94, 917-930.
[36] Bento XVI, Discurso em Westminster Hall (17 de setembro de 2010): Insegnamenti VI/2 (2011), 240.
[37] Francisco, Audiência geral (12 de agosto de 2020): L’Osservatore Romano (13 de agosto de 2020), 8, que cita S. João Paulo II, Discurso à Assembleia Geral das Nações Unidas (2 de outubro de 1979), 7 e Id., Discurso à Assembleia Geral das Nações Unidas (5 de outubro de 1995), 2.
[38] Cf. Congregação para a Doutrina da Fé, Instrução Dignitas personae (8 de setembro de 2008), n. 8: AAS 100 (2008), 863-864.
[39] Comissão Teológica Internacional, Liberdade religiosa para o bem de todos (2019), n. 38.
[40] Francisco, Discurso aos membros do Corpo Diplomático acreditado junto à Santa Sé para as felicitações de ano novo (8 de janeiro de 2024): L’Osservatore Romano (8 de janeiro de 2024), 3.
[41] S. João Paulo II, Carta enc. Evangelium vitae (25 de marzo de 1995), n. 19: AAS 87 (1995), 422.
[42] Francisco, Carta enc. Laudato si’ (24 de maio de 2015), n. 69: AAS 107 (2015), 875, que cita o Catecismo da Igreja Católica, n. 339.
[43] Francesco, Exort. ap. Laudate Deum (4 de outubro de 2023), n. 67: L’Osservatore Romano (4 de outubro de 2023), IV.
[44] Ibidem, n. 63: L’Osservatore Romano (4 de outubro de 2023), IV.
[45] Catecismo da Igreja Católica, n. 1730.
[46] Bento XVI, Mensagem para a celebração da 44a Jornada mundial da paz (1º de janeiro de 2011), n. 3: Insegnamenti VI/2 (2011), 979.
[47] Pontifício Conselho para a Justiça e a Paz, Compêndio da Doutrina social da Igreja, n. 137.
[48] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 109: AAS 112 (2020), 1006.
[49] Pontifício Conselho para a Justiça e a Paz, Compêndio da Doutrina social da Igreja, n. 137.
[50] Francisco, Discurso aos participantes do Encontro mundial dos movimentos populares (28 de outubro de 2014): AAS 106 (2014), 858.
[51] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 107: AAS 112 (2020), 1005-1006.
[52] Conc. Ecum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes (7 de dezembro de 1965), n. 27: AAS 58 (1966), 1047.
[53] Ibidem.
[54] Ibidem.
[55] Cf. Catecismo da Igreja Católica, n. 2267 e Congregação para a Doutrina da Fé, Carta aos Bispos sobre a nova redação do n. 2267 do Catecismo da Igreja Católica sobre a pena de morte (1° de agosto de 2018), nn. 7-8.
[56] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 269: AAS 112 (2020), 1065.
[57] S. João Paulo II, Carta enc. Sollicitudo rei socialis (30 de dezembro de 1987), n. 28: AAS 80 (1988), 549.
[58] Bento XVI, Carta enc. Caritas in veritate (29 de junho de 2009), n. 22: AAS 101 (2009), 657, que cita S. Paulo VI, Carta enc. Populorum progressio (26 de março de 1967), n. 9: AAS 59 (1967), 261-262.
[59] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 21: AAS 112 (2020), 976, que cita Bento XVI, Carta enc. Caritas in veritate (29 de junho de 2009), n. 22: AAS 101 (2009), 657.
[60] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 20: AAS 112 (2020), 975-976. Cf. também a “Oração ao Criador” ao final da mesma encíclica.
[61] Ibidem, n. 116: AAS 112 (2020), 1009, que cita Id., Discurso aos participantes do Encontro mundial dos movimentos populares (28 de outubro de 2014): AAS 106 (2014), 851-852.
[62] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 162: AAS 112 (2020), 1025, que cita Id., Discurso aos membros do Corpo Diplomático acreditado junto à Santa Sé (12 de janeiro de 2015): AAS 107 (2015), 165.
[63] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 25: AAS 112 (2020), 978, que cita Id., Mensagem para a 49ª Jornada mundial da paz (1° de janeiro de 2016): AAS 108 (2016), 49.
[64] Francisco, Mensagem aos participantes da VI edição do “Forum de Paris sur la Paix” (10 de novembro de 2023): L’Osservatore Romano (10 de novembro de 2023), 7, que cita Id., Audiência geral (23 de março de 2022): L’Osservatore Romano (23 de março de 2022), 3.
[65] Francisco, Discurso à Conferência das Partes da Convenção-Quadro das Nações Unidas sobre as mudanças climáticas (COP 28) (2 de dezembro de 2023): L’Osservatore Romano (2 de dezembro de 2023), 2.
[66] Cf. S. Paulo VI, Discurso às Nações Unidas (4 de outubro de 1965): AAS 57 (1965), 881.
[67] S. João Paulo II, Carta enc. Redemptor hominis (4 de março de 1979), n. 16: AAS 71 (1979), 295.
[68] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 258: AAS 112 (2020), 1061.
[69] Francisco, Discurso ao Conselho de Segurança das Nações Unidas (14 de junho de 2023): L’Osservatore Romano (15 de junho de 2023), 8.
[70] Francisco, Discurso na Jornada mundial de oração pela paz (20 de setembro de 2016): L’Osservatore Romano (22 de setembro de 2016), 5.
[71] Cf. Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 38: AAS 112 (2020), 983: «Em consequência, “seja reafirmado o direito a não emigrar, isto é, a estar em condições de permanecer na própria terra”», que cita Bento XVI, Mensagem para a 99ª Jornada mundial do Migrante e do Refugiado (12 de outubro de 2012): AAS 104 (2012), 908.
[72] Cf. Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 38: AAS 112 (2020), 982-983.
[73] Ibidem, n. 39: AAS 112 (2020), 983.
[74] Bento XVI, Carta enc. Caritas in veritate (29 de junho de 2009), n. 62: AAS 101 (2009), 697.
[75] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 39: AAS 112 (2020), 983.
[76] Pode ser útil aqui recordar a declaração de Paulo III sobre a dignidade dos homens descobertos nas terras do “Novo Mundo”, na Bula Pastorale officium (29 de maio de1537), onde estabelece – sob pena de excomunhão – que os habitantes daqueles territórios, «mesmo se estão fora do seio da Igreja […] não devem ser privados da sua liberdade ou do domínio sobre as suas coisas, porque são homens e, por isso, capazes de fé e de salvação» («licet extra gremium Ecclesiae existant, non tamen sua libertate, aut rerum suarum dominio […] privandos esse, et cum homines, ideoque fidei et salutis capaces sint»): DH 1495.
[77] Francisco, Discurso aos participantes da Plenária do Pontifício Conselho da Pastoral para os Migrantes e os Itinerantes (24 de maio de 2013): AAS 105 (2013), 470-471.
[78] Francisco, Discurso à Organização das Nações Unidas (25 de setembro de 2015): AAS 107 (2015), 1039.
[79] Francisco, Discurso a um grupo de Embaixadores por ocasião da apresentação das Credenciais (12 de dezembro de 2013): L’Osservatore Romano (13 de dezembro de 2013), 8.
[80] Francisco, Discurso aos participantes da Conferência internacional sobre o tráfico de pessoas (11 de abril de 2019): AAS 111 (2019), 700.
[81] Documento Final da XV Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos (27 de outubro de 2018), n. 29.
[82] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 23: AAS 112 (2020), 977, que cita Id., Exort. ap. Evangelii gaudium (24 de novembro de 2013), n. 212: AAS 105 (2013), 1108.
[83] S. João Paulo II, Carta às mulheres (29 de junho de 1995), n. 4: Insegnamenti XVIII/1 (1997), 1874.
[84] Ibidem, n. 5: Insegnamenti XVIII/1 (1997), 1875.
[85] Catecismo da Igreja Católica, n. 1645.
[86] Francisco, Discurso por ocasião da Celebração Mariana – Virgen de la Puerta (20 de janeiro de 2018): AAS 110 (2018), 329.
[87] Francisco, Discurso aos participantes da Assembleia Plenária da Congregação para a Doutrina da Fé (21 de janeiro de 2022): L’Osservatore Romano (21 de janeiro de 2022), 8.
[88] S. João Paulo II, Carta enc. Evangelium vitae (25 de março de 1995), 58: AAS 87 (1995), 466-467. Sobre o tema do respeito devido aos embriões humanos, cf. Congregação para a Doutrina da Fé, Instrução Donum vitae (22 de fevereiro de 1987): «A praxe de manter em vida embriões humanos, in vivo ou in vitro, para finalidades experimentais ou comerciais, é totalmente contrária à dignidade humana» (I, 4): AAS 80 (1988), 82.
[89] Francisco, Exort. ap. Evangelii gaudium (24 de novembro de 2013), 213: AAS 105 (2013), 1108.
[90] Ibidem.
[91] Francisco, Discurso aos membros do Corpo Diplomático acreditado junto à Santa Sé para as felicitações de ano novo (8 de janeiro de 2024): L’Osservatore Romano (8 de janeiro de 2024), 3.
[92] Cf. Congregação para a Doutrina da Fé, Instrução Dignitas personae (8 de setembro de 2008), n. 16: AAS 100 (2008), 868-869. Todos estes aspectos são recordados com precisão na Instrução Donum vitae (22 de fevereiro de 1987): AAS 80 (1988), 71-102, da mesma Congregação.
[93] Congregação para a Doutrina da Fé, Carta Samaritanus bonus (14 de julho de 2020), V, n. 4: AAS 112 (2020), 925.
[94] Cf. Ibidem, V, n.1: AAS 112 (2020), 919.
[95] Francisco, Audiência geral (9 de fevereiro de 2022): L’Osservatore Romano (9 de fevereiro de 2022), 3.
[96] Cf. sobretudo Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), nn. 18-21: AAS 112 (2020), 975-976: “O descarte mundial”. O n. 188 da mesma encíclica chega a identificar uma “cultura do descarte”.
[97] Cf. Francisco, Discurso aos participantes do Congresso promovido pelo Pontifício Conselho para a Promoção da Nova Evangelização (21 de outubro de 2017): L’Osservatore Romano (22 de outubro de 2017), 8: «A vulnerabilidade pertence à essência do homem».
[98] Cf. Francisco, Mensagem por ocasião da Jornada internacional das pessoas com deficiência (3 de dezembro de 2020): AAS 112 (2020), 1185-1186.
[99] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), nn. 187-188: AAS 112 (2020), 1035-1036, que cita Id., Discurso ao Parlamento Europeu (25 de novembro de 2014): AAS 106 (2014), 999, e Id., Discurso à classe dirigente e ao Corpo diplomático, Bangui – República Centro-africana (29 de novembro de 2015): AAS 107 (2015) 1320.
[100] Francisco, Exort. ap. Amoris laetitia (19 de março de 2016), n. 250: AAS 108 (2016), 412-413, que cita Catecismo da Igreja Católica, n. 2358.
[101] Francisco, Discurso aos membros do Corpo Diplomático acreditado junto à Santa Sé para as felicitações de ano novo (8 de janeiro de 2024): L’Osservatore Romano (8 de janeiro de 2024), 3.
[102] Francisco, Exort. ap. Amoris laetitia (19 de março de 2016), n. 56: AAS 108 (2016), 334.
[103] Ibidem, que cita a XIV Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos, Relatio finalis (24 de outubro de 2015), 58.
[104] Francisco, Exort. ap. Amoris laetitia (19 de março de 2016), n. 286: AAS 108 (2016), 425.
[105] Catecismo da Igreja Católica, n. 364.
[106] Isto vale também para o respeito devido aos corpos dos defuntos; cf. p. ex. Congregação para a Doutrina da Fé, Instrução Ad resurgendum cum Christo (15 de agosto de 2016), n. 3: AAS 108 (2016), 1290: «Sepultando os corpos dos fiéis defuntos, a Igreja confirma a fé na ressurreição da carne e pretende ressaltar a alta dignidade do corpo humano como parte integrante da pessoa, de cuja história o corpo participa». Para uma abordagem mais completa, cf. Comissão Teológica Internacional, Problemas atuais de escatologia (1990), n. 5: “O homem chamado à ressurreição”.
[107] Cf. Francisco, Carta enc. Laudato si’ (24 de maio de 2015), n. 155: AAS 107 (2015), 909.
[108] Francisco, Exort. ap. Amoris laetitia (19 de março de 2016), n. 56: AAS 108 (2016), 344.
[109] Francisco, Exort. ap. Christus vivit (25 de março de 2019), n. 88: AAS 111 (2019), 413, que cita o Documento Final da XV Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos (27 de outubro de 2018), n. 23.
[110] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 42: AAS 112 (2020), 984.
[111] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 205: AAS 112 (2020), 1042, que cita Id., Mensagem para a 48a Jornada mundial das Comunicações Sociais (24 de janeiro de 2014): AAS 106 (2014), 113.
[112] Francisco, Angelus (10 de dezembro de 2023): L’Osservatore Romano (11 de dezembro de 2023), 12.
[113] Cf. Comissão Teológica Internacional, Dignidade e direitos da pessoa humana (1983), n. 2.
[114] Francisco, Carta enc. Fratelli tutti (3 de outubro de 2020), n. 195: AAS 112 (2020), 1038, que cita Id., Exort. ap. Evangelii gaudium (24 de novembro de 2013), n. 274: AAS 105 (2013), 1130.
[115] Francisco, Carta enc. Laudato si’ (24 de maio de 2015), n. 205: AAS 107 (2015), 928.
© http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino.html - 8 aprile 2024