Chiesa

INTERVENTO DELL’ARCIVESCOVO DI FIRENZE ALLA GIORNATA CONCLUSIVA DELL’ASSEMBLEA DEL CLERO

betoriLecceto, 11 settembre 2013

1. Un anno nella società e nella comunità ecclesiale

La riflessione che intendo proporvi, per collocare l’impegno pastorale che ci attende, muove da uno sguardo sull’anno pastorale appena concluso, per poi delineare alcuni obiettivi per quelloche si apre di fronte a noi. Il dato contestuale più evidente è il permanere di una crisi che sembra non aver concluso il proprio corso, in particolare per il nostro Paese.
L’emergenza finanziaria ed economica che caratterizza questa crisi non può nasconderne le radici profonde, che sono di natura etica e culturale, come dapiù parti è stato evidenziato. Se il profitto finanziario ha preso il sopravvento sulle ragioni produttive dell’economia e se questa non riesce a uscire dal riferimento a modelli di sviluppo che penalizzano il lavoro invece di crearlo, è perché al fondo è stato rinnegato il primato dell’uomo sul lavoro e di questo sul capitale. E ciò è stato possibile perché nel frattempo la cultura ha contribuito a dissolvere lo specifico dell’umano e a oscurare i contorni della dignità dellapersona, ridotta a oggetto manipolabile e schiacciata su orizzonti puramente immanentistici. Non possiamo dimenticare la grande lezione del magistero dei Pontefici degli ultimi cento anni, in particolare quello recente di Benedetto XVI, in difesa dell’uomo e della sua apertura al trascendente, a salvaguardia della ragione e dell’aspirazione alla verità. La ripresa sistematica di questo pensiero, anche nelle categorie tipiche della predicazione diPapa Francesco – per non pochi versi innovative ma certamente, quanto al contenuto, con esso strettamente coerenti –, deve continuare ad alimentare la nostra riflessione, i cammini spirituali proposti nelle comunità, la formazione della coscienza di quanti il Signore ha affidato al nostro servizio pastorale. Solo dalla consapevolezza maturata tramite questa riflessione di cultura e di fede possiamo trovare slancio per una pastorale che raggiunga davvero le “periferie” dell’esistenza umana, quelle più minacciate da una visione riduttiva della persona e della società. Su questo fronte di rivendicazione delle ragioni della verità su Dio, sull’uomo e sul mondo,così come rivelate nella vicenda e nella persona di Gesù Cristo, si decidela pertinenza e l’efficacia della nostra pastorale ai tempi che viviamo, senza confusioni e senza cedimenti alle mode.
Un chiaro riferimento antropologico permette di affrontare con serenità e coraggio il compito della testimonianza evangelica in questo territorio, in questa città. Non abbiamo infatti altro compito, se non mostrare come dal Vangelo sia possibile trarre una visione compiuta del soggetto umano e della comunità degli uomini. Leggiamo nei testi del Concilio Vaticano II: «Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo… Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione» (Gaudium et spes, 22). Commento pertinente a tali affermazioni sono queste parole del card. Camillo Ruini: «In Cristo… ci è data un’interpretazione di Dio e dell’uomo, e quindi implicitamente di tuttala realtà, che è così pregnante e dinamica da potersi incarnare nelle più diverse situazioni e contesti storici, mantenendo al contempo la sua specifica fisionomia, i suoi elementi essenziali e i suoi contenuti di fondo» (“Fede, libertà, intelligenza”, in SERVIZIO NAZIONALE PER IL PROGETTO CULTURALE (ed.), Fede, libertà, intelligenza. Forum del progetto culturale, Piemme, Casale Monferrato 1998, 15-16). Queste convinzioni guidano il nostro sguardo sulla realtà sociale che ci circonda e di cui noi stessi siamo parte.Da questo orizzonte,con la forza del Vangelo, sento come Vescovo di poter e didover esprimere una valutazione sui tempi che vive la nostra città e il territorio all’intorno, con interventi che hanno natura culturale, spirituale ed etica. Nescaturisce anzitutto un richiamo alla vocazione propria di Firenze, quella che ha trovato un’espressione determinante per la storia dell’umanità nei secoli dell’umanesimo e del rinascimento e che ha saputo sempre rigenerarsi nei suoi momenti migliori, non ultimi quelli che hanno illustrato la città attorno alla metà del Novecento. Ancora oggi vogliamo sperare che ci possano essere tra noi energie per riprendere questa strada maestra dell’identità di Firenze, quella che – per dirlo in modo sintetico – sa unire arte e carità, cultura e solidarietà. E se dobbiamo segnalare problemi e pericoli, li denunciamo come tali e non come un giudizio sulla città, tantomeno sulle sue istituzioni, a cui ribadisco disponibilitàalla collaborazione. Sono parole che vogliono proporsi come un richiamo, perché si sia avvertiti dei rischi che possono inquinare la nostra vita e impediscono di costruire insieme il bene comune. Non ho bisogno di fare elenchi,perché sono le cronache di ogni giorno a fungere da segnalatori e a chiedere che nulla venga sottovalutato di ciò che mette in discussione la figura piena dellapersona e la ricchezza di una società varia ma unita e solidale. Tra le molte cose che si potrebbero dire al riguardo, voglio soffermarmi appena sul tema della centralità del lavoro per la realizzazione della persona e la crescita ordinata della società. Si parla molto di crisi economica e di parametri produttivi e finanziari preoccupanti per ilfuturo del Paese, ma appare del tutto insufficiente l’attenzione verso le persone coinvolte dallacrisi, soprattutto verso coloro che perdono il lavoro o che attendono invano di averne uno. Aiutare ciascuno a trovare la propria collocazione nel lavoro, per potervi esercitare le proprie potenzialità, è essenziale per una corretta gerarchia dei fini nella società. A questo sono state indirizzate le iniziative prese dalla diocesi per dare nuove occasioni a chi ha perduto il lavoro. Iniziative assai parziali, nelle misure permesse dalle nostre limitate disponibilità, ma indicative di una strada, quella della intrapresa, che ci permettiamo di proporre a tutti. In questo contesto sento di dover rilanciarequel “patto per Firenze”, a cui qualche anno fa chiamai a cooperare istituzioni e forze produttive del territorio. Nonostante quanto si riuscirà a fare per la ripresa economica, resteranno però sempre zone di povertà che continueranno a chiedere aiuto e solidarietà e dovranno ottenere una risposta coerentecon l’identità storica della comunità fiorentina. La Chiesa è presente, nellevarie forme organizzative delle sue molteplici espressioni, per non far mancare a nessuno vicinanza e sostegno. Essa sa di doverlo fare per il precetto che il Signore le ha lasciato. Sa però anche che la sua azione può trovare modalità di collaborazione con altri soggetti, in specie istituzionali, per essere potenziata  e valorizzata. Siamo aperti a ogni collaborazione, nella chiarezza delle diverse competenze, avendo come meta il bene comune. Voglio ringraziare per quanto si fa già in tal senso. Ricordo come ci attivammo due anni fa di fronte a un eccezionale afflusso di richiedenti asilo provenienti dal Nord-Africa; voglio pensare che, se ci saranno richieste dallo Stato, la stessa generositàpossa ripetersi da parte delle nostre parrocchie. Tutte queste azioni solidali non sarebbero possibili senza il contributo di un molteplice e variegato volontariato che le nostre comunità esprimono, motivano e sostengono, e che qui incoraggio e ringrazio. Molte iniziative e gesti in quest’anno hanno dato spessoree concretezza all’azione caritativa nella nostra diocesi,continuando cammini secolari come quello delle Misericordie o dei Buonomini di San Martino, oppure esperienze più recenti ma non meno incisive comequelle dell’ODA, del Progetto Villa Lorenzi, del CEIS, delle diverse case di accoglienza sostenute dalla Caritas (per malati di AIDS, per familiaridi malati. per rifugiati politici, per minori in difficoltà, ecc.), delle mense e degli alloggi temporanei, specie invernali, per i poveri. Mi sia permesso però di segnalare tra le cose nuove appena nate, la realizzazione della nuova cappella alla Stazione ferroviaria di Santa Maria Novella, dove convivono l’uno accanto all’altro gli ambienti di accoglienza 4 solidale dell’ACISIJF e un luogo di preghiera, vera oasi dellospirito in mezzo all’agitazione che rischia di sopraffarci.

2. Un anno nella comunità ecclesiale

Indirizzo ora lo sguardo alla vita ecclesiale e lo faccio ovviamente a partire dai tre eventi che l’hanno caratterizzata a livello universale. Anzitutto la rinuncia al Pontificato di Benedetto XVI, un gesto che racchiude in sé un altissimo valore teologico e spirituale. È anzitutto un gesto straordinario di umiltà, in un mondo avido di potere e di sicurezze; un atto che dobbiamo pur dire che ci ha sorpreso, ma che abbiamo accolto con l’obbedienza che si deve ad ogni decisione del Papa. Il gesto di Benedetto XVI ci aiuta inoltre a leggere in maniera più profonda il significato di ogni ministero ecclesiale, che, anche nella forma più alta – quella del ministero petrino –, altro non è che un servizio reso a Cristo e ai fratelli, di cui la persona che ne è incaricata è solo uno strumento e quindi può anche accettare il sacrificio di sé per il bene della Chiesa. Il Papa che ci ha tutti conquistati negli anni per la densità della parola e per la profondità del pensiero teologico, ci ha da ultimo stupiticon la potenza di un gesto, che è stato un definitivo richiamo a Cristo, unicoCapo e Pastore della Chiesa. Gli rinnoviamo ancora la nostra gratitudine per gli anni del suo pontificato e per quanto continua a fare per la Chiesa nella testimonianza di un’esistenza vissuta nel silenzio e nella preghiera. Il gesto di Benedetto XVI ha orientato il successivo Conclave nella ricerca di rispondere ai molteplici interrogativi legati a una particolare situazione storica che il Pontefice aveva così descritto nelladichiarazione di rinuncia: il «mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitatoda questioni di grande rilevanza per la vita della fede», una complessità nella quale «per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo», quel vigore che il Papa dichiarava in lui talmentediminuito da non ritenersi più in grado di sostenere il ministero petrino (Declaratio, 11 febbraio 2013). La consapevolezza di questa complessità e la necessità di trovare una risposta adeguata alle esigenze dei tempi hanno condotto i cardinali, nell’obbedienza allo Spirito, a trovare una convergenza che esprimesse il coraggio del Vangelo e la forza della comunione, con un esito che ha stupito il mondo, ma che non dovrebbe essere incomprensibile a chi guarda alla realtà con gli occhi della fede e sa che laChiesa è guidata dal Signore. Papa Francesco ci ha raggiunti con la freschezza diuna prospettiva cristiana meno appesantita dalle complessità del vecchio continente e ricca del 5 contatto con il popolo. Le sue sono parole antiche, masuonano con una forza di attualità che tutti riescono a cogliere: perdono, misericordia, umiltà, incontro… Si coglie realismo ecclesiale e volontàdi porsi accanto alle situazioni di fragilità, atteggiamenti che toccano il cuore di tutti. Tocca i cuori la sua attenzione ai poveri e alla povertà, l’invito a raggiungerele periferie sociali ed esistenziali in cui è in pericolo l’integrità della persona umana. Colpisce la sua ricerca di dialogo e sinodalità. Non si trattadi riprodurre dei modelli che in altri sarebbero artificiosi: ciò che Papa Francesco propone non è un modello, ma una testimonianza di autenticità, che presuppone conversione e coerenza evangelica, che chiede di camminare insieme alla gente con la gioia del Vangelo. L’esigenza è molto più alta di un qualsiasi aggiornamento di strategia pastorale. Di questa forza di autenticità ho avuto diretta esperienza nella Visita “ad limina” dei Vescovi toscani con Papa Francesco. Un dono di vera fraternità, di attento ascolto delle situazioni in cui vivono le nostre comunità, di puntuali indicazioni per un impegno più incisivo nelle attuali condizioni storiche. Ci ha sollecitati ad avere particolare attenzione nella promozionedel laicato, nel sostegno alla famiglia, nella proposta vocazionale ai giovani, nella considerazione delle problematiche sociali. Come atteggiamento pastorale di fondo ci ha chiesto l’ascolto della gente, lo stare vicini alla gente così com’è, quali strumenti del dono dellamisericordia. Ne siamo usciti con rinnovato coraggio apostolico, ma anche con la consapevolezza che il ministero di Papa Francesco esige da tutti noi un profondo rinnovamento personale ed ecclesiale. Il carisma che promana dalla personae dall’azione di Papa Francesco raggiunge non solo chi, come i Vescovi toscani e poi tutti gli italiani, ha avuto il dono di un incontro personale con lui. Tutte le nostre comunità e la gente in genere è profondamente colpita dal suo insegnamento e dai suoi gesti. Vogliamo da qui dirgli che siamo lieti di corrispondervi, come abbiamo fatto sabato scorso per la giornata di digiuno e preghiera per la pace in Siria, nel Medio Oriente e nel mondo. Lo abbiamo fatto in tante comunità parrocchiali, e ve ne ringrazio, e a livello diocesano lo abbiamo collocato nel contesto della tradizionale festa della Rificolona, innestando la preghiera chiesta dal Papa nelle radici cristiane della manifestazione, oggi esaltate anche dal pellegrinaggio, dal santuario mariano dell’Impruneta a quello della Ss.ma Annunziata, che anno dopo anno sta raccogliendo crescenti adesioni. Quest’ultimo accenno alla nostra realtà locale mi conduce ad alcune considerazioni sulla nostra arcidiocesi, in cui quest’anno abbiamo dato inizio alla Visita pastorale, toccando fino a questo momento i vicariati foranei della 6 Valdelsa fiorentina, del Mugello occidentale e, in questi giorni, di Firenzuola. Un’esperienza che mi sta coinvolgendo personalmente in modo rilevante: sono felice di poter entrare in contatto diretto con i preti e la gente delle nostre parrocchie, specie gli anziani e i malati. Condivido con voi la gioia di aver incontrato comunità vive e di aver potuto constatare il forte legame tra i preti e la gente: preti dediti generosamente al servizio del loro popolo; gente grata per questo servizio e legata con affetto al loro prete. Certo, non mancano cose da migliorare e se ne daranno indicazioni nelle lettere di conclusione della Visita, destinate al vicariato e alle singole parrocchie. Tra le cose da fare meglio voglio qui segnalare il bisogno ditessere ancora più intensamente i rapporti di condivisione e di collaborazione, che soli possono permettere diaffrontare senza angoscia un futuro in cui il calo numerico del clero porterà a scelte non facili. Sono sofferenze che vi chiedo di aiutare a comprendere e a condividere. Sempre dalla Visita pastorale ho tratto un’immagine positiva del rapporto tra Chiesa e territorio. Tutte le realtàistituzionali, educative, economiche, di solidarietà sociale dei paesi visitati si sono aperte all’incontro, che ovunque è stato cordiale e ricco di contenuti. Mentre quindi ringrazio i preti e i loro collaboratori parrocchiali per la fatica che si sono dovuti sobbarcare nell’organizzare la Visita, al tempo stesso ringrazio pure, per l’accoglienza che mi è stata riservata, i sindaci, con i consigli e gli amministratori comunali, i dirigenti scolastici, insieme ai docenti e agli alunni, quanti operano nel mondo dellaproduzione e del lavoro, i responsabili dell’associazionismo. L’anno pastorale che va a chiudersi è stato anche l’Anno della fede, secondo quanto disposto da Benedetto XVI e confermato da Papa Francesco. Non sono mancate anche tra noi iniziative di approfondimento dei temi della fede, sia nelle nostre occasioni formative sia con eventi aperti a tutta la comunità. Ringrazio quanti si sono impegnati per realizzarli e quanti hanno accolto l’invito alla partecipazione. L’esigenza della formazione del clero e dei laici, cogliendo tutte le occasioni proposte, a cominciare dalla settimana teologica e dagli incontri di spiritualità, deve essere centrale nelle nostre preoccupazioni. Non a caso Papa Francescol’ha messa al primo posto nelle sfide segnalate ai Vescovi brasiliani, in un discorso che vi invito a rileggere, insieme a quello rivolto ai Vescovi responsabili del CELAM durante la sua permanenza in Brasile. Ha detto il Papa: «Cari Fratelli, se non formeremo ministri capaci di riscaldare il cuore alla gente, di camminare nella notte con loro, di dialogare con le loro illusionie delusioni, di ricomporre le loro disintegrazioni, che cosa potremo sperare per il cammino presente e futuro? Non è vero che Dio sia oscurato in loro. Impariamo a guardare più in profondità: 7 manca chi riscaldi loro il cuore, come con i discepoli di Emmaus (cfr Lc24,32). Per questo è importante promuovere e curare una formazione qualificata che crei persone capaci di scendere nella notte senza essere invase dal buio e perdersi; di ascoltare l’illusione di tanti, senza lasciarsi sedurre; di accogliere le delusioni, senza disperarsi e precipitare nell’amarezza;di toccare la disintegrazione altrui, senza lasciarsi sciogliere e scomporsi nella propria identità. Serve una solidità umana, culturale, affettiva, spirituale, dottrinale» (Papa Francesco, Discorso all’Episcopato Brasiliano, Rio de Janeiro 27 luglio 2013). Tornando all’Anno della fede, ringrazio quanti hanno dato convinta diffusione alla Lettera alle famiglieche nel 2013 ho dedicato proprio a questo tema. Segnalo anche l’esortazione dell’episcopato toscano nell’Anno della fede Accresci in noi la fede!, un testo che merita una più incisiva diffusione. Sempre nell’ottica delle fede si colloca un altro evento ecclesiale, a cui ho avuto il dono di partecipare: la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi su La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. A nessuno sfugge l’urgenza del tema affrontato. Ringrazio il Consiglio Presbiterale e il Consiglio Pastorale Diocesano per avermiaiutato nella preparazione. Ora siamo in attesa che i frutti dell’Assemblea  vengano riproposti dal Papa in una Esortazione apostolica post-sinodale; nel frattempo cerchiamo di valorizzare il Messaggio finaledell’Assemblea, pubblicato immediatamente al suo termine. Ho avuto modo di fare una particolare esperienza dievangelizzazione nella visita con cui, insieme al Vescovo Ausiliare, ho raggiunto i nostri sacerdoti “fidei donum” in Brasile. Questa visita hafatto seguito a quella che lo scorso anno ci ha portato tra i nostri preti presenti sulla costa occidentale del continente latino-americano. Visitandoli voglio mostrare la vicinanza della nostra Chiesa a chi, vivendo in prima persona il mandato missionario che tutti pure ci riguarda, rappresenta la nostra comunità su questofronte e al tempo stesso costituisce un costante richiamo a tutti perché il nostroorizzonte di fede abbia l’ampiezza del mondo intero. Sento il dovere di dirvi che ho trovato preti generosi, fortemente inseriti nel loro ambiente, amati dalla gente, testimonidel Vangelo in situazioni umane di grande difficoltà. Da qui li ringrazio per il dono spirituale che per me è stato l’incontro con loro. Come pure devo ringraziare le religiose di istituti fiorentini che operano a São Salvador daBahia e il Progetto Agata Smeralda per le numerose ed efficaci realizzazioni che lì sostiene a favore difanciulli, ragazzi e giovani. Il viaggio in Brasile mi ha permesso di essere presente, con non pochi giovani fiorentini, alla Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro. 8 Anche in Brasile questa convocazione dei giovani è stata un evento di grazia: ne siamo grati a Giovanni Paolo II che l’hapensata, a Benedetto XVI che l’ha continuata, a Papa Francescoche a Rio l’ha guidata in modo impareggiabile, per le modalità della sua comunicazione con i giovani e per i contenuti di fede che ha loro proposto. Rileggete i discorsi del Papa e approfonditeli con i giovani. Per quanto possono servire, vi rimando anche alle catechesi che ho tenuto in quel contesto, legate al tema della speranza, del discepolato e della missione. Una strada di evangelizzazione doverosa per noi è quella dell’incontro della fede con la cultura. Rammento alcune tra le numerose iniziative prese al riguardo in quest’anno pastorale. All’interno degli eventi promossi nelle giornate di Florens 2012, nel novembre dello scorso anno, si è realizzata nel nostro Battistero l’ostensionedei tre Crocifissi di Donatello, Brunelleschi e Michelangelo, con la quale il mistero della Croce è stato presentato nella ricchezza dei suoi contenuti e propostocome oggetto di doverosa meditazione e preghiera. All’evento era connessa anche la realizzazione artistica di Mimmo Paladino che nell’istallazione di una Croce in piazza Santa Croce ha indicato una strada per dire la medesima fede degli antichi nei linguaggi della contemporaneità. Sul fronte dell’arte va anche ricordata la rilettura nel contesto della Settimana Santa dell’Arte della Fuga di Johann Sebastian Bach, anche qui per richiamare le radici di fede che stanno dietro questa e le altre opere del sommo musicista; non meno significativa è stata la replica di questa esecuzione nel carcere di Sollicciano. Non voglio qui dimenticare il meritorio programma che ogni anno ci viene proposto dall’Opera del Duomo nella rassegna O flos colende. L’arte deve continuare a essere punto di riferimento del nostro impegno pastorale, anche nel lavoro di recupero dei beni culturali religiosi del passato, attività che vi vede in molti protagonisti e per la quale non vi ringrazio io, ma la città e il Paese. Tra questi recuperi ricordo qui il restauro del Crocifisso dei Bianchi, rinvenuto e poi riportato al suo antico splendore nella chiesa di Santa Lucia sul Prato, testimonianza di uno dei passaggi più significativi della religiosità tra fine XIV e XV secolo. Maguardiamo anche alfuturo, e in tal senso c’è da rallegrarsi per la nascita della Scuola di Arte Sacra che, dopo un’intesa tra diverse realtà, ha trovatosede nelle Pavoniere alle Cascine, in collaborazione con l’istituzione comunale che merita la nostra gratitudine. Continua intanto l’attività di inventariazione dei beniculturali ecclesiastici delle nostre parrocchie, con un ingente sforzofinanziario ma anche con risultati importanti per la conoscenza del patrimonio di cui siamo responsabili e di cui dovremo essere intelligenti utilizzatori ai fini pastorali. Abbiamo anche potuto dare continuità al Cortiledei Gentili, che quest’anno ha visto un confronto sul 9 tema Per un’economia dal volto umano: modelli e istituzioni, proponendosi di continuare il cammino affrontando altre tematiche. Chiudo questo capitolo ricordando l’attività della nostra Facoltà teologica, non solo in ordine all’insegnamento, ma anche sul versante della ricerca, per la quale in quest’anno segnalo il coinvolgimento della Facoltànell’inventariazione del materiale ceramico delle Grotte di Qumran e la realizzazione di un incontro di studio che ha coinvolto importanti istituzioni accademiche della Chiesaortodossa greca. Ribadisco qui l’importanza dell’attivitàcatechistica promossa dalle nostre parrocchie per le diverse età. Su di essaè stata promossa una verifica, che dovrà aiutarci in vista della ricezione delle indicazioni che nei prossimi anni dovrebbero venire dalla Conferenza Episcopale Italiana. Particolarmente significativa è per noi la catechesi rivolta agli adulti, che trova un suo peculiare riferimento negli itinerari dicatechesi biblica per adulti, sia nella forma classica curata dall’Ufficio catechistico sia in quella più popolare proposta dal Centro missionario. Rilanciamo con convinzione questa iniziativa che appartiene ormai alla storia della Chiesa fiorentina dal suo ultimo Sinodo e che ci ripromettiamo di verificare dopo tanti anni.

3. L’anno pastorale di fronte a noi

Come già accennato, continua la Visita pastorale, e questo costituisce il riferimento più evidente del nuovo anno pastorale. In questi mesi di settembreottobre 2013 sta toccando le parrocchie del vicariato foraneo di Firenzuola. Da gennaio a giugno 2014 ci sisposterà in quelle del vicariato di EmpoliMontelupo. Nell’ultima parte del 2014 ci sidovrebbe rivolgere al vicariato di San Giovanni, quel centro storico della città di qua d’Arno che speriamo possa nel frattempo aver trovato il suo nuovo assetto parrocchiale con il recepimento dei decreti canonici da parte dell’amministrazione statale. Non ho bisogno di ribadire l’importanza della Visita pastorale. Ne voglio però ricordare la natura e le finalità, così comesono indicate nella Lettera di indizione: «Segno della visita stessa di Dio al suo popolo; modo con cui il Vescovo si propone come immagine di Cristo pastore che si prende cura del suo gregge; espressione della comunione e dell’unità della Chiesa in un luogo; spazio per l’annuncio del Vangelo e momento in cui se ne rafforza la conoscenza e le ragioni; occasione per rinsaldare la fede e per dare slancio alla testimonianza del Vangelo nel mondo; incontro per una più profonda conoscenza reciproca tra pastore e fedeli; tempo opportuno per rinsaldare il servizio alVangelo sostenendo e coordinando la varietà dei carismi e dei ministeri. Al centro di tutto, però, non le nostre persone, ma Gesù Cristo, il Signore risorto vivente nella storia» (n. 5). Siamo tutti chiamati a dar corpo a quanto qui proposto.  La nostra diocesi a partire dai prossimi mesi si troverà al centro del cammino verso il V Convegno EcclesialeNazionale, che avrà come tema In Gesù Cristo il nuovo umanesimoe avrà luogo a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015. I tempi possono sembrare ancora lontani, ma la buona riuscita dell’evento, sia nei contenuti sia nelle forme – e queste ricadono sotto la nostra diretta responsabilità –, necessita di adeguata preparazione, onde evitare improvvisazioni e quindi metterne in pericolo le potenzialità. Già fin d’ora si comincerà a muovere la macchina organizzativa. A tale riguardo ho già nominato un Comitato organizzatore, che è composto, oltre che da me, da: S. E. Mons. Claudio Maniago, Vicario Generale; Avv. Stefania Saccardi, Vice Sindaco di Firenze; Dott.ssa Franca Rosa, Vice Prefetto nella Prefettura di Firenze; Avv. Franco Lucchesi, Presidente dell’Opera di S. Maria del Fiore; Prof. Antonio Natali, Direttore della Galleria degli Uffizi; Dott. Riccardo Galli, Addetto Stampa dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. Nei prossimi giorni prenderanno il via anche i lavori dei diversi settori operativi in cui è articolata l’organizzazione.  Qui però mi preme soprattutto richiamare tutti a essere protagonisti in ciò che il Comitato preparatorio nazionale chiede che si attui nel primo anno preparatorio: una raccolta dicontributi sul temadel Convegno, sulla base di uno strumento di lavoro che dovrebbe essere a breve diffuso.  Vorrei concludere queste indicazionisul futuro con un’esortazione di carattere generale sul modo con cui vivere il nostro impegno pastorale. Si tratta di un’indicazione da me più volte ribadita, ma che trova ora ulteriore motivazione nella testimonianza offerta dall’insegnamento e dai gesti di Papa Francesco. Mi riferisco alla promozione tra noi di un atteggiamento pastorale di accoglienza verso tutti. Con un’espressione assai efficace il Papa ci ha invitato ad evitare atteggiamenti di “dogana pastorale”. Mi piace riascoltare con voi quanto detto dal Papa nell’omelia alla messa mattutinanella cappella della Casa di Santa Marta del 25 maggio scorso, parole che sono state così riassunte dall’Osservatore Romano, il quale ha dato all’omelia il significativo titolo di “Accoglienza pastorale”: «Il Papa è quindi tornato a spiegare l’atteggiamento di Gesù che rimprovera gli apostoli i quali impediscono alla gente di avvicinarsi a lui. [...] Per spiegare meglio il concetto il Pontefice ha fatto alcuni esempi. In particolare quello che capita quando due fidanzati che vogliono sposarsi si presentano nella segreteria di una parrocchia e, invece di sostegno o di felicitazioni, sentono elencare i costi dellacerimonia o si sentono chiedere se i loro documenti sono tutti a posto. Così a volte, ha ricordato il Papa, essi “trovano la porta chiusa”. In questo modo chi avrebbe la possibilità “di aprire la porta ringraziando Dio per questo nuovo matrimonio” non lo fa, anzi la chiude. Tante volte “siamo controllori della fede invece di diventare facilitatori della fede della gente”. […] Si tratta di “una tentazione che noi abbiamo; quella di impadronirci, di appropriarci del Signore”. E ancora una volta il Papa è ricorso a un esempio: il caso di una ragazza madre che va in chiesa, in parrocchia, chiede di battezzare il bambino e si sente rispondere […]: no, “non puoi, tu non sei sposata”. E ha continuato: “Guardate questa ragazza che ha avuto il coraggio di portare avanti la sua gravidanza” e dinon abortire: “Cosa trova? Una porta chiusa. E così capita a tante. Questo non è un buon zelo pastorale. Questo allontana dal Signore, non apre le porte. E così quando noi siamo su questa strada, in questo atteggiamento, noi non facciamo bene alla gente, al popolo di Dio. Ma Gesù ha istituito sette sacramenti e noi con questo atteggiamento ne istituiamo l’ottavo, il sacramento della dogana pastorale”. […] Gesù, ha spiegato Papa Francesco concludendo l’omelia, vuole che tutti si avvicinino a lui. “Pensiamo al santo popolo di Dio, popolo semplice, che vuole avvicinarsi a Gesù. […] E chiediamo al Signore che tutti quelli che si avvicinano alla Chiesa trovino le porte aperte per incontrare questo amore di Gesù”». Mi permetto di chiosare così le parole del Papa: non si tratta di diminuire le esigenze della verità, ma di evitare di porreostacoli nel poterla accogliere e vivere. Si tratta di far crescere un atteggiamento fraterno con tutti e si tratta di non creare regole e condizioni che non appartengono alle esigenze della fede. Su fede e morale non si possono fare sconti, e abbiamo avuto modo di richiamarlo più volte in questi anni; ma l’approccio pastorale e l’organizzazione pastorale non devono erigersi a ostacolo per la fede della gente. A questo fine ho ritenuto di emanare alcune indicazioni circa la celebrazione dei matrimoni nelle nostre chiese, che vi verranno distribuite e a cui prego di attenervi. Cerchiamo di venire incontro a chi ancora ci chiede la celebrazione di un matrimonio cristiano e non poniamo limiti che non siano quelli del sacramento e della fede.  Con il nuovo anno pastorale si rinnovano anche i componenti degli organismi di partecipazione che il Concilio ha previsto a livello diocesano, come strumenti di comunione e condivisione nella Chiesa locale. Il nuovo Consiglio presbiterale è già completato nella sua composizione, mentre invito i vicariati che non l’hanno ancora fatto a inviare i nominativi dei propri rappresentanti nel Consiglio pastorale diocesano. Il confronto nei due Consigli è stato per me di prezioso aiuto nel cammino dell’Arcidiocesi in questi cinque anni e sono certo che ne trarremo tutti vantaggio anche nel futuro.

tratto da: http://www2.firenze.chiesacattolica.it/pls/diocesifirenze/bd_edit_doc_dioc_css.edit_documento?p_id=943589&rifi=&rifp=&vis=4






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