Chiesa
Il prete trasparenza di Cristo
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- Creato: 10 Aprile 2013
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L’eucaristia, la celebrazione dei sa-cramenti, il celibato, l’obbedienza: è stato dedicato alla riflessione e all’approfondimento delle peculiari-tà del sacerdozio ministeriale il cor-so di esercizi spirituali, giunto alla terza edizione, organizzato da Ami-cizia sacerdotale Summorum pontificum, il sodalizio che si richiama espressamente al motuproprio di Benedetto XVI, che, come è noto, nel 2007 ha ampliato l’uso del messale promulgato nel 1962 da Gio-vanni XXIII.
«Tu es sacerdos in aeter-num» è stato il tema della riflessione dettata dal cardinale prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, Raymond Leo Burke. Oltre quaranta i chierici, tra cui due vescovi, che hanno partecipato alla settimana di esercizi che si è svolta a Roma presso la casa generalizia dei padri passionisti. Ogni giornata ha avuto inizio con la messa, secon-do una precisa turnazione oraria che ha permesso a ciascun sacerdote di celebrare individualmente con ilVe -tus o il Novus Ordo. E il continuo ri-ferimento alla Vergine Maria, madre dei sacerdoti, attraverso la preghiera del Rosario, ha fatto da cornice all’intensa esperienza spirituale. In-fatti, per il sacerdote è di fonda-mentale importanza ritirarsi in di-sparte con Dio. Si tratta di tornare alla fonte della vocazione e della missione, considerando che le aspet-tative del sacerdote non consistono nella realizzazione di un programma personale, bensì nel compimento del progetto di amore di Dio. Il cardinale Burke, facendo leva anche sulla propria esperienza, ha enucleato le caratteristiche essenziali del sacerdozio: lo stretto legame con l’eucaristia, la configurazione al Sa-cro Cuore di Gesù, il dono del celi-bato, l’obbedienza, la misericordia, la guida morale. E non poteva man-care l’accostamento a Maria, quale faro vigile di ogni sacerdote. Una autentica dimensione spirituale della vita sacerdotale — ha sottolineato il porporato — trova fondamento nella carità pastorale di Cristo, anima del sacerdozio. Il sacerdote, infatti, agi-sce in persona Christi in ogni tempo e in ogni luogo, riceve un “p otere spirituale” che rende la sua vita tra-sparenza di tutti quei comportamen-ti propri di Gesù Cristo. I presbiteri — ha detto citando un passo della Pastores dabo vobis— «sono chiamati a prolungare la presenza di Cristo, unico e sommo pastore, attualizzan-do il suo stile di vita e facendosi quasi una trasparenza in mezzo al gregge loro affidato». Così, se il sa-cerdote, con l’ordinazione, viene configurato a Cristo capo e pastore, la sua vita deve essere, come quella di Cristo, a esclusivo servizio della Chiesa. E il servizio di Cristo trova il suo culmine nel dono totale di sé sulla Croce. Quindi il sacerdote non solo deve fare rivivere ma deve an-che ripresentare con la sua testimo-nianza, con la sua stessa vita, la ca-rità incondizionata di Cristo. L’of-ferta del Sacrificio è l’e s p re s s i o n e più piena della donazione di Cristo, della sua carità pastorale, e «l’euca-ristia è la ripresentazione attualiz-zante del sommo Sacrificio». Per il sacerdote l’esercizio della carità pa-storale non deve perciò essere rele-gato in un mero attivismo funziona-le, bensì deve essere il frutto di una vita costantemente alimentata a quell’amore, che è donato, consu-mato e rinnovato in modo incruento nell’eucaristia. Se la carità pastorale di Cristo co-stituisce il riferimento assoluto e im-prescindibile del sacerdote, ogni momento della sua vita deve essere un ritorno al mistero eucaristico. Soltanto con la devozione eucaristi-ca, egli può approfondire il suo inti-mo rapporto con il Corpo e Sangue di Cristo. La celebrazione eucaristi-ca, inoltre, unita all’adorazione quo-tidiana, non solo alimenta la devo-zione eucaristica, ma prepara il sa-cerdote a essere più pienamente coinvolto nel Sacrificio e intima-mente unito a Cristo. Così, se il pa-radigma insostituibile del sacerdote è la carità pastorale di Cristo, la te-stimonianza dei santi sacerdoti rap-presenta il modello a cui egli si può ispirare come ad autentici testimoni della fede, che hanno incarnato l’amore oblativo di Cristo. Il cardi-nale Burke ha perciò desiderato evi-denziare, con particolare allusione alla spiritualità eucaristica, i tratti sacerdotali della figura di san Gio-vanni Maria Vianney. Il santo cura-to d’Ars si può definire modello di vera devozione eucaristica. Ha cer-cato sempre di attrarre i suoi fedeli a Cristo presente realmente nell’eu-caristia. Infatti, la sua fede eucaristi-ca era tale da riaccendere la devo-zione eucaristica dei fedeli al punto di avvicinarli al sacramento della penitenza. Questo lo conduceva dall’altare al confessionale. Un’altra tessera che il prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica ha aggiunto al prezioso mosaico del sacerdozio ministeriale è quella del celibato. La devozione al Sacro Cuore di Gesù aiuta i pre-sbiteri a comprendere il celibato, non come rinuncia all’immenso do-no del matrimonio bensì come of-ferta del cuore indiviso per il bene della Chiesa, amando i fratelli. Il celibato sacerdotale non significa re-pressione della sfera affettiva, ma offrire, con gioia nella perfetta con-tinenza, tutte le inclinazioni sessuali e affettive per il bene del Regno dei cieli. Quale dono insito nella voca-zione sacerdotale, l’amore celibe va rinnovato quotidianamente, altri-menti inizieranno ad affiorare delle carenze. Ogni dono di Dio va ap-prezzato attentamente, ma soprat-tutto curato, mantenuto e custodito nella sua integrità. Per questo la preghiera aiuterà il sacerdote a cre-scere nell’amore celibe per custodire la purità. Una delle virtù caratterizzanti la statura spirituale del sacerdote è l’obbedienza. Lo sguardo va sempre rivolto a Cristo, che è venuto per fa-re la volontà del Padre. Anche la vocazione di ogni sacerdote deve es-sere segnata dall’obbedienza al Pa-dre, ovvero unire la propria volontà a quella di Cristo. Con l’obb edienza si serve la Chiesa intera, senza l’ob-bedienza c’è confusione e caos, poi-ché la promessa di obbedienza non è il rifiuto della libertà umana, ma il compimento di essa, attraverso un atto libero per l’adempimento di una particolare missione di origine divina. L’obbedienza alla volontà dei superiori è finalizzata a fare emergere nella vita sacerdotale non la propria persona ma soltanto Cri-sto unico protagonista di ogni azio-ne pastorale, perché unico Salvato-re. Ciò comporta obbedienza alla fede della Chiesa e al suo magistero, alla disciplina ecclesiastica, alla sa-cra liturgia. (girolamo casella)
© Osservatore Romano - 10 aprile 2013
«Tu es sacerdos in aeter-num» è stato il tema della riflessione dettata dal cardinale prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, Raymond Leo Burke. Oltre quaranta i chierici, tra cui due vescovi, che hanno partecipato alla settimana di esercizi che si è svolta a Roma presso la casa generalizia dei padri passionisti. Ogni giornata ha avuto inizio con la messa, secon-do una precisa turnazione oraria che ha permesso a ciascun sacerdote di celebrare individualmente con ilVe -tus o il Novus Ordo. E il continuo ri-ferimento alla Vergine Maria, madre dei sacerdoti, attraverso la preghiera del Rosario, ha fatto da cornice all’intensa esperienza spirituale. In-fatti, per il sacerdote è di fonda-mentale importanza ritirarsi in di-sparte con Dio. Si tratta di tornare alla fonte della vocazione e della missione, considerando che le aspet-tative del sacerdote non consistono nella realizzazione di un programma personale, bensì nel compimento del progetto di amore di Dio. Il cardinale Burke, facendo leva anche sulla propria esperienza, ha enucleato le caratteristiche essenziali del sacerdozio: lo stretto legame con l’eucaristia, la configurazione al Sa-cro Cuore di Gesù, il dono del celi-bato, l’obbedienza, la misericordia, la guida morale. E non poteva man-care l’accostamento a Maria, quale faro vigile di ogni sacerdote. Una autentica dimensione spirituale della vita sacerdotale — ha sottolineato il porporato — trova fondamento nella carità pastorale di Cristo, anima del sacerdozio. Il sacerdote, infatti, agi-sce in persona Christi in ogni tempo e in ogni luogo, riceve un “p otere spirituale” che rende la sua vita tra-sparenza di tutti quei comportamen-ti propri di Gesù Cristo. I presbiteri — ha detto citando un passo della Pastores dabo vobis— «sono chiamati a prolungare la presenza di Cristo, unico e sommo pastore, attualizzan-do il suo stile di vita e facendosi quasi una trasparenza in mezzo al gregge loro affidato». Così, se il sa-cerdote, con l’ordinazione, viene configurato a Cristo capo e pastore, la sua vita deve essere, come quella di Cristo, a esclusivo servizio della Chiesa. E il servizio di Cristo trova il suo culmine nel dono totale di sé sulla Croce. Quindi il sacerdote non solo deve fare rivivere ma deve an-che ripresentare con la sua testimo-nianza, con la sua stessa vita, la ca-rità incondizionata di Cristo. L’of-ferta del Sacrificio è l’e s p re s s i o n e più piena della donazione di Cristo, della sua carità pastorale, e «l’euca-ristia è la ripresentazione attualiz-zante del sommo Sacrificio». Per il sacerdote l’esercizio della carità pa-storale non deve perciò essere rele-gato in un mero attivismo funziona-le, bensì deve essere il frutto di una vita costantemente alimentata a quell’amore, che è donato, consu-mato e rinnovato in modo incruento nell’eucaristia. Se la carità pastorale di Cristo co-stituisce il riferimento assoluto e im-prescindibile del sacerdote, ogni momento della sua vita deve essere un ritorno al mistero eucaristico. Soltanto con la devozione eucaristi-ca, egli può approfondire il suo inti-mo rapporto con il Corpo e Sangue di Cristo. La celebrazione eucaristi-ca, inoltre, unita all’adorazione quo-tidiana, non solo alimenta la devo-zione eucaristica, ma prepara il sa-cerdote a essere più pienamente coinvolto nel Sacrificio e intima-mente unito a Cristo. Così, se il pa-radigma insostituibile del sacerdote è la carità pastorale di Cristo, la te-stimonianza dei santi sacerdoti rap-presenta il modello a cui egli si può ispirare come ad autentici testimoni della fede, che hanno incarnato l’amore oblativo di Cristo. Il cardi-nale Burke ha perciò desiderato evi-denziare, con particolare allusione alla spiritualità eucaristica, i tratti sacerdotali della figura di san Gio-vanni Maria Vianney. Il santo cura-to d’Ars si può definire modello di vera devozione eucaristica. Ha cer-cato sempre di attrarre i suoi fedeli a Cristo presente realmente nell’eu-caristia. Infatti, la sua fede eucaristi-ca era tale da riaccendere la devo-zione eucaristica dei fedeli al punto di avvicinarli al sacramento della penitenza. Questo lo conduceva dall’altare al confessionale. Un’altra tessera che il prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica ha aggiunto al prezioso mosaico del sacerdozio ministeriale è quella del celibato. La devozione al Sacro Cuore di Gesù aiuta i pre-sbiteri a comprendere il celibato, non come rinuncia all’immenso do-no del matrimonio bensì come of-ferta del cuore indiviso per il bene della Chiesa, amando i fratelli. Il celibato sacerdotale non significa re-pressione della sfera affettiva, ma offrire, con gioia nella perfetta con-tinenza, tutte le inclinazioni sessuali e affettive per il bene del Regno dei cieli. Quale dono insito nella voca-zione sacerdotale, l’amore celibe va rinnovato quotidianamente, altri-menti inizieranno ad affiorare delle carenze. Ogni dono di Dio va ap-prezzato attentamente, ma soprat-tutto curato, mantenuto e custodito nella sua integrità. Per questo la preghiera aiuterà il sacerdote a cre-scere nell’amore celibe per custodire la purità. Una delle virtù caratterizzanti la statura spirituale del sacerdote è l’obbedienza. Lo sguardo va sempre rivolto a Cristo, che è venuto per fa-re la volontà del Padre. Anche la vocazione di ogni sacerdote deve es-sere segnata dall’obbedienza al Pa-dre, ovvero unire la propria volontà a quella di Cristo. Con l’obb edienza si serve la Chiesa intera, senza l’ob-bedienza c’è confusione e caos, poi-ché la promessa di obbedienza non è il rifiuto della libertà umana, ma il compimento di essa, attraverso un atto libero per l’adempimento di una particolare missione di origine divina. L’obbedienza alla volontà dei superiori è finalizzata a fare emergere nella vita sacerdotale non la propria persona ma soltanto Cri-sto unico protagonista di ogni azio-ne pastorale, perché unico Salvato-re. Ciò comporta obbedienza alla fede della Chiesa e al suo magistero, alla disciplina ecclesiastica, alla sa-cra liturgia. (girolamo casella)
© Osservatore Romano - 10 aprile 2013