Apologetica
Il prurito di riformare la Chiesa con i vademecum
- Dettagli
- Creato: 25 Maggio 2012
- Hits: 4002
Riflessione dedicata a tutti coloro, vecchi e nuovi, che scrivono libri su come riformare la Chiesa in alcuni punti; in tre punti, in cinque punti e con ogni schema da slogan possibile...
“Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell’umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l’umanità pur di combattere la Chiesa", asseriva Chesterton ma potremmo formularla, ad-intra, anche così "Uomini che desiderano riformare la Chiesa per amore della libertà, dell'umanità e del Vangelo finiscono per combattere la libertà, l'umanità, la ragione e il Vangelo pur di riformare la Chiesa".
Il desiderio di rinnovare la Chiesa, di volerla più bella, più conforme al pensiero di Cristo è certamente un desiderio buono, talvolta ispirato dallo Spirito Santo, ma contiene spesso un sottobosco delle nostre visioni di Dio, delle nostre costruzioni ideologiche, dei nostri piccoli orizzonti. Potremmo dare il nostro corpo per essere bruciato ma se non abbiamo la Carità, cioè il pensiero di Cristo, siamo uno strumento afono. Magari rumoroso ma non certo melodioso.
Ed allora come riformare la Chiesa?
Guardiamo ai santi. Hanno avuto la profonda intuizione di avere la priorità di riformare se stessi, non tanto i fratelli. Se hanno puntato il dito su una situazione malata lo hanno fatto in ginocchio. Dentro e fuori. Anzi talvolta prostrati.
Questo perché hanno riconosciuto anzitutto che il potere e la storia appartengono a Dio. Hanno riconosciuto la valenza ontologica del loro essere un nulla amato da Dio, un dono.
Pertanto riformare la Chiesa è azione anzitutto di Dio, soprattutto di Dio, trova compimento in Dio.
Sia visioni progressiste, pseudo-sociali, con il vessillo dei valori, pur buoni, della comunione, dell'ascolto e con il totem (della loro visione) del Concilio Vaticano II, sia le visioni più conservatrici con il vessillo dei valori, pur buoni, della "continuazione" della tradizione, di una purezza teologica e morale, rischiano di fare acqua. I progressisti inneggiano al "nuovo", "finalmente", "da ora in poi".. i tradizionalisti inneggiano "al per sempre", "al di sempre", "fino al CVI", ecc. Insomma quello che conta, sovente, e sotto la cenere, è la brama della tifoseria a garantire uno spazio di identità e di sicurezza.
Uno spazio di sopravvivenza nell'instabilità della modernità. Sono fazioso dunque sono. Ovvio che "l'estremista" non lo ammetterà mai... troppe fatiche lo Spirito dovrà intessere prima di portare equilibrio..
Mentre una certa dialettica è non solo costruttiva, ma utile, gli eccessi sono la risultante della stessa narcisistica malattia.
Perché? Non solo perché talvolta ancorate ad un passato dialettico che va ridimensionato ma perché anzitutto scivolano, entrambe, nel relativismo.
Quand'è che si è relativisti?
Anzitutto quando si pone se stessi come assoluto e non Cristo.
Quando si pone la propria visione di Chiesa sopra quella di Pietro e del Magistero.
Quando ci si sente forti di un'esperienza che va oltre la tradizione.
Quando, con infantilismo adolescenziale, asseriamo velatamente (e talvolta non troppo) "ora arrivo io!". "Fateci largo che ora arriviamo noi che abbiamo intuito ciò che è veramente giusto, cattolico e utile, oggi, perchè si viva il Vangelo!"
Beh, come spesso abbiamo ripetuto su questo sito, primo carisma è il riconsegnare ogni carisma, ogni intuizione, ogni visione del mondo, dell'uomo e della Chiesa, nelle mani di Dio.
Primo dono dello Spirito è mortificare ogni dono dello Spirito perché Dio stesso parli. Avere dunque una radicale libertà interiore, che è la vera e più autentica povertà, avendo incatenato la propria vanità e ogni visione e costruzione vanesia, ai piedi di Cristo e della Chiesa.
E se la tua intuizione è giusta?
Ricorda che Isacco è figlio della promessa prima che delle tue viscere. Dio ti chiede proprio il sacrificio del tuo figlio unico perché tu possa essere fecondo.
Ci ricorda il profetta Aggeo:
«Vi sembra questo il tempo di abitare tranquilli nelle vostre case ben coperte, mentre questa casa è ancora in rovina? Ora, così dice il Signore degli eserciti: riflettete bene al vostro comportamento. Avete seminato molto, ma avete raccolto poco; avete mangiato, ma non da togliervi la fame; avete bevuto, ma non fino a inebriarvi; vi siete vestiti, ma non vi siete riscaldati; l'operaio ha avuto il salario, ma per metterlo in un sacchetto forato. Così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene al vostro comportamento! Salite sul monte, portate legname, ricostruite la mia casa. In essa mi compiacerò e manifesterò la mia gloria - dice il Signore -. Facevate assegnamento sul molto e venne il poco: ciò che portavate in casa io lo disperdevo. E perché? - dice il Signore degli eserciti -. Perché la mia casa è in rovina, mentre ognuno di voi si dà premura per la propria casa. Perciò su di voi i cieli hanno chiuso la rugiada e anche la terra ha diminuito il suo prodotto. Ho chiamato la siccità sulla terra e sui monti, sul grano e sul vino nuovo, sull'olio e su quanto la terra produce, sugli uomini e sugli animali, su ogni prodotto delle mani». (Ag. 1, 4-11)
Salire sul monte vuol dire smettere di dare culto a sé e iniziare subito, senza indugi, nel dare culto a Dio, con il cuore, la mente e le mani.
Siginifca, ricostruire una realtà che ci è data e non ri-crearne un'altra a nostra immagine e somiglianza.
Il rischio di Babele è sempre alle porte ed è somma provvidenza ed amore che Dio "disperda" genti e nazioni finché Egli solo non sia riconosciuto come Signore e non ci sia in noi il desiderio autentico di ricostruire la Sua Casa.. non la nostra.
Paul
per il sito ilcattolico.it
L'immagine proposta: Innocenzo III vede in sogno S. Francesco che sorregge il Laterano
Affresco nella chiesa Superiore della Basilica di S. Francesco - Assisi