Rassegna stampa etica

Il più povero tra i poveri

madre teresadi CARLO CASINI
Il collegamento tra il tema dell’aborto e quello della pace, da lei continuamente proposto, mostra quanto nel pensiero di Teresa di Calcutta la questione della vita nascente fosse centrale. La pace non è un valore qualsiasi: è l’aspirazione massima dei singoli e della società umana nel suo complesso.
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ne indica il fondamento nel riconoscimento della dignità di ogni essere appartenente alla famiglia umana. La santa dei poveri ha riconosciuto tale dignità con i fatti, andandola a cercare e manifestandola laddove essa è meno visibile, tra i rifiutati, i respinti, gli emarginati, gli inutili, i poveri, la cui vita priva di qualsiasi qualità è estromessa dalla società e confinata nelle periferie più estreme. Ebbene Madre Teresa definiva il bambino non ancora nato come «il più povero dei poveri», cioè come colui che si trova nella periferia più estrema delle periferie del mondo. In una lettera inviata al Movimento per la vita italiano nel 1992 ella scrisse: «Chi non è ancora nato è il più debole, il più piccolo ed il più misero della razza umana, e la sua stessa vita dipende dalla madre — dipende da me e da te — p er una vita autentica. Se il bambino non ancora nato dovesse morire per deliberata volontà della madre, che è colei che deve proteggere e nutrire quella vita, chi altri c’è da proteggere? Questa è la ragione per cui io chiamo i bambini non ancora nati i più poveri tra i poveri. Se una madre può uccidere il suo stesso figlio nel suo grembo, distruggere la carne della sua carne, vita della sua vita e frutto del suo amore, perché ci sorprendiamo della violenza e del terrorismo che si sparge intorno a noi? L’aborto è il più grande distruttore di pace oggi al mondo — il più grande distruttore d’a m o re » . Due anni prima, in un altro testo redatto per rispondere a una intervista, Madre Teresa aveva spiegato anche in altro modo il perché della povertà estrema del concepito: «Persino i più poveri dei poveri che dormono per le strade di Calcutta e vivono con i rifiuti non sono tanto bisognosi quanto il bambino non nato che viene ucciso con l’aborto. Nessuno può arrivare ai più poveri che vivono per le strade di Calcutta, ucciderli e, quindi, essere pagato e lodato dalla società per averli uccisi. La legge non permette di uccidere i poveri che vivono nelle strade di Calcutta. Ma la legge “p ermette” di uccidere le vittime di un olocausto e coloro che le uccidono vengono pagati per questo». Santa Madre Teresa di Calcutta ha ripetuto più volte questi pensieri. I momenti più solenni in cui ha espresso il collegamento tra il diritto alla vita dei nascituri e la pace sono stati quello della consegna a lei del premio Nobel per la pace, a Oslo l’11 dicembre 1979, e quello del suo discorso all’Assemblea generale delle nazioni Unite a New York il 26 ottobre 1985. Le due circostanze hanno un significato simbolico elevato, perché la manifestazione di Oslo avvenne nell’anno dedicato alla celebrazione dei diritti del fanciullo e nel Palazzo di Vetro Madre Teresa parlò nel giorno in cui si chiudeva la settimana commemorativa del 40° anniversario della nascita delle Nazioni Unite. Erano presenti re, capi di Stato, diplomatici, giornalisti di tutto il mondo. Nel primo evento, a Oslo, madre Teresa disse: «Io sento che il più grande distruttore della pace oggi è l’aborto, perché è una guerra diretta, un omicidio commesso dalla madre stessa. Leggiamo nelle Scritture, perché Dio lo dice molto chiaramente: “Anche se una madre dimenticasse il suo bambino, io non ti dimenticherò. Ti ho inciso sul palmo della mano”. Siamo incisi nel palmo della sua mano, così vicini a Lui che un bambino non nato è stato inciso nel palmo della mano di Dio. E quello che mi colpisce di più è l’inizio di questa frase, che persino se una madre potesse dimenticare, qualcosa di impossibile, ma perfino se si potesse dimenticare, io non ti dimenticherò. E oggi il più grande mezzo, il più grande distruttore della pace è l’ab orto». Nella seconda circostanza ella disse: «Dobbiamo ringraziare Dio che nel corso di quarant’anni ha permesso alle Nazioni Unite di svolgere la loro attività per il bene di tutti i popoli della Terra. Siamo tutti figli di Dio. Nessuna differenza di colore, di nazionalità o razza deve separarci (...). Oggi viviamo sotto la grave minaccia della guerra nucleare, cerchiamo di scacciare il pensiero dell’Aids, ma non impediamo che vengano uccisi i bambini non ancora nati. L’aborto è una grave minaccia per la pace. Quando eliminiamo un bambino non ancora nato stiamo cercando di eliminare Dio». Non si tratta di affermazioni isolate: madre Teresa le ha ripetute in centinaia di altre occasioni. Esse dimostrano che nel pensiero della santa vi è uno stretto collegamento tra la pace e la vita umana nascente. In contrapposizione viene denunciato lo stretto legame tra aborto e guerra, terrorismo, violenza. Non è certo la singola donna che interrompe la gravidanza a mettere in pericolo la pace ma, piuttosto, l’accettazione dell’aborto come diritto, progresso civile, conquista di civiltà. Il pericolo supremo non è il fatto dell’aborto in sé, spesso causato dall’angoscia, dalla solitudine, dall’ignoranza di una giovane donna, verso la quale madre Teresa ha sempre rivolto uno sguardo di tenerezza, ma l’accettazione del fatto riconoscendo in esso un valore positivo di liberazione umana, fino a incoraggiarlo e a proclamarlo un diritto. Madre Teresa è severa non verso le donne, ma verso i legislatori e i promotori di quella che Giovanni Paolo II chiamava «cultura della morte», «congiura contro la vita», «guerra dei potenti contro i deboli». Nel messaggio inviato ai partecipanti alla conferenza mondiale del Cairo nel 1994 su popolazione e sviluppo, madre Teresa scrisse: «Se accettiamo che una madre possa uccidere persino il proprio figlio, come possiamo dire alle altre persone di non uccidere i propri simili? Parlo ad ogni uomo di tutti i Paesi del mondo: la vita è il più grande dono di Dio. Ho spesso affermato e ne sono sicura che il più grande distruttore di pace nel mondo è oggi l’aborto». E al Congresso degli Stati Uniti il 3 febbraio 1994 disse: «Ogni nazione che accetta l’aborto non sta insegnando al proprio popolo ad amare, bensì a usare violenza per raggiungere ciò che vuole».

© Osservatore Romano - 19 agosto 2017

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