GESU’ DI NAZARET

risorto.jpg"Dio dei padri e Signore di misericordia, che tutto hai creato con la tua parola, che con la tua sapienza hai formato l'uomo, perché domini sulle creature fatte da te, e governi il mondo con santità e giustizia e pronunzi giudizi con animo retto, dammi la sapienza, che siede in trono accanto a te e non mi escludere dal numero dei tuoi figli,  perché io sono tuo servo e figlio della tua ancella, uomo debole e di vita breve, incapace di comprendere la giustizia e le leggi. Se anche uno fosse il più perfetto tra gli uomini, mancandogli la tua sapienza, sarebbe stimato un nulla. Con te è la sapienza che conosce le tue opere, che era presente quando creavi il mondo; essa conosce che cosa è gradito ai tuoi occhi e ciò che è conforme ai tuoi decreti. Inviala dai cieli santi, mandala dal tuo trono glorioso, perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica e io sappia ciò che ti è gradito. Essa infatti tutto conosce e tutto comprende, e mi guiderà prudentemente nelle mie azioni e mi proteggerà con la sua gloria."        Sapienza 9, 1-6, 9-11


 
 "Di te ha detto il mio cuore: "Cercate il suo volto"; il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo." Salmo 27, 8-9

Siamo stati convocati "sul monte" da Dio, per bocca di Padre Fabio, suo servo e parroco della parrocchia nella quale Egli ci ha chiamati per incontrarlo e servirlo. Quante volte nell'esecuzione delle nostre mansioni, nell'adempimento dei nostri servizi, delle nostre attività, nel dover scegliere dei programmi, delle linee guida siamo stati assaliti dalla stessa domanda che si fece la folla di Gerusalemme innanzi a Pietro nel giorno di Pentecoste: "Che cosa dobbiamo fare?" At 2,37.
Ognuno di noi è chiamato a svolgere un ministero, una diaconia, un servizio in parrocchia e anche se le realtà delle quali facciamo parte sono diverse fra loro e hanno un cammino specifico già delineato, possiamo comunque convenire che vi è tra esse un comune denominatore: Gesù Cristo.
Se abbiamo scelto di vivere e di concretizzare la nostra vita spirituale in parrocchia, vuol dire che ci accomuna la stessa fede in Gesù Cristo figlio del Dio vivente! Oltre a questo ci accomuna anche lo stesso cammino di conversione, che ogni cristiano cattolico, dal papa Benedetto XVI fino all'ultimo dei cristiani sulla terra, è chiamato ad intraprendere. Non possiamo mai sentirci arrivati nel cammino di fede, nel cammino verso la santità. Oggi il papa sente il bisogno di scrivere e pubblicare un libro e di regalarlo ad ogni credente in Cristo che abiti sulla faccia della terra. Perché?
Perché Joseph Ratzinger ha avvertito la necessità di scrivere un altro testo sulla figura di Gesù di Nazareth quando ne possiamo trovare delle migliaia?
Mi sono documentato e ho scoperto che questo libro il papa non lo ha scritto nella veste di papa Benedetto XVI, ma in quella di Joseph Ratzinger: "...questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del "volto del Signore" Sal 27, 8"  testualmente tratto dalla premessa del libro. Questo vuol dire che il papa ha scritto questo libro come un cristiano tra cristiani, spogliandosi del suo ruolo e della sua autorità. Perché ha sentito questa esigenza?
Cito ancora testualmente dalla premessa del libro: "Poiché non so quanto tempo e quanta forza mi saranno ancora concessi, mi sono ora deciso a pubblicare, come prima parte del libro, i primi dieci capitoli, che vanno dal battesimo al Giordano fino alla confessione di Pietro e alla trasfigurazione. Con la seconda parte spero di poter ancora offrire anche il capitolo sui racconti dell'infanzia che, per ora, ho rimandato, perché mi sembrava soprattutto urgente presentare la figura e il messaggio di Gesù nella sua attività pubblica, al fine di favorire nel lettore la crescita di un vivo rapporto con Lui.". Cosa desumete di importante da questo stralcio della premessa del libro? Io ho capito questo, correggetemi se sbaglio: il papa come pastore del popolo di Dio avverte questa urgenza: presentare la figura del Cristo perché cresca in ogni persona il "vivo" rapporto con Lui. Il papa pubblica il libro incompleto: ciò che conta è la sua tempestiva lettura finalizzata, come abbiamo già detto, alla crescita di un "vivo" rapporto con Gesù. E se questo è il desiderio urgente del papa, io come cristiano della Chiesa di Dio mi sento interpellato a farlo diventare anche il mio! Mi rimane ancora una domanda fondamentale: perché? Qual è la preoccupazione che ha mosso Ratzinger a pubblicare con urgenza questo libro? Può essere che dal suo osservatorio privilegiato ed ispirato, a contatto con tutto il mondo e tutta la Chiesa universale, sotto l'azione dello Spirito Santo, ma avvalendosi anche del rapporto continuo con tutti i cardinali e i vescovi del mondo, abbia avuto il sentore che il popolo cristiano stia rischiando di perdersi in mille problematiche finendo per non vivere un vivo rapporto con Lui, Gesù Cristo. Ma c'è un'altra preoccupazione più grande che, a mio avviso, ha colto il papa teologo Joseph Ratzinger: per avere un vivo e vero rapporto con Gesù bisogna partire dall'avere di Gesù una idea vera, né falsa e né distorta.
Padre Giulio Michelini, docente di Nuovo Testamento presso l'Istituto teologico di Assisi afferma: "In questo senso l'iniziativa del Pontefice è buona per far ritornare i credenti alla radice del problema, perché (forse in Italia in particolare) siamo in una situazione in cui il catechismo che è stato insegnato ai bambini non basta più ed è necessario riappropriarci della fede che ci è stata donata, purché lo si faccia senza sconfessare una tradizione bimillenaria che ci è stata consegnata. Cosa che, invece, sta accadendo, mi sembra con alcune pubblicazioni." Nella chiesa, di cui ognuno di noi fa parte, stiamo vivendo il rischio serio di non avere di Gesù una idea ortodossa, vera: vi è una corrente di pensiero che arriva a concludere che la figura di Gesù è irraggiungibile e che vi è un divario invalicabile tra la figura del Gesù storico e il Cristo della fede, quello per esempio presentato dalle Chiese e in particolare facciamo riferimento alla nostra Chiesa cattolica. Vi è un'altra corrente di pensiero, che dovrebbe venire dal Nord America che spinge per affermare l'idea che il Cristo presentato dalle Chiese è un Cristo falso, un Cristo che non corrisponde alla storicità: un Gesù totalmente diverso da quello che Lui è realmente stato. Questo non è vero, perché certo la Chiesa ha la fatica di presentare il Volto di Cristo, ma è anche sempre stata attenta che non si dicessero delle fandonie, che non si inventassero dei miti, ma che si proclamasse proprio quel Vangelo ricevuto duemila anni fa. Concetti questi sempre tratti da un'intervista a Padre Giulio Michelini.
Del resto la nostra fede si basa sulla persona di Gesù ed è nostro desiderio, che sfocia in bisogno, quello di credere di relazionarci con un Gesù vero, non con un prodotto della nostra immaginazione, non con una nostra proiezione, ma men che meno vogliamo farci condizionare dalle tante correnti di pensiero che forse lo strumentalizzano e lo vogliono fare apparire per quello che non è: "Una simile situazione è drammatica per la fede perché rende incerto il suo autentico punto di riferimento: l'intima amicizia con Gesù, da cui tutto dipende, minaccia di annaspare nel vuoto". Questo è il cuore del motivo per il quale Benedetto XVI, tramite questo testo, vuole donarci l'immagine di un Gesù vero e anche se questo libro non lo ha scritto "in quanto papa", questo non toglie che egli parli "da papa".
Rudolf Schnackenburg, forse il più importante esegeta cattolico di lingua tedesca della seconda metà del XX secolo, scrisse un'ultima grande opera dal titolo italiano: "La persona di Gesù Cristo nei quattro Vangeli". Alla fine del libro, quale risultato di una ricerca durata una vita, Schnackenburg afferma: "Mediante gli sforzi della ricerca coi metodi storico-critici non si riesce o si riesce solo in misura insufficiente a raggiungere una visione affidabile della figura storica di Gesù di Nazaret... Il fondamento storico è presupposto, ma viene oltrepassato nella visione di fede degli evangelisti... ", tuttavia Rudolf Schnackenburg ha posto in chiaro come dato veramente storico il punto decisivo: "l'essere relativo a Dio di Gesù e la sua unione con Lui". Questo è anche il presupposto da cui parte il libro del papa: la comunione di Gesù con il Padre: "Questo è il vero centro della sua personalità. Senza questa comunione non si può capire niente e partendo da essa Egli si fa presente a noi anche oggi".
La nostra fede è basata sulla Bibbia ed è per questo che è fondamentale il riferimento a eventi storici reali. Con l'incarnazione di Cristo noi professiamo l'effettivo ingresso di Dio nella storia reale: "Se mettiamo da parte questa storia, la fede cristiana in quanto tale viene eliminata e trasformata in un'altra religione". Quindi la nostra fede trova fondamento anche sul fatto storico.
Si è però sperimentato che il metodo storico è limitato in quanto rimanda a qualcosa che lo supera, a qualcosa di non spiegabile: la fede.
Circa trent'anni fa in America, si è sviluppato il progetto dell'"esegesi canonica", la quale intende leggere i singoli testi biblici nel complesso dell'unica Scrittura, facendoli così apparire in una nuova luce: "Il numero 12 della Costituzione sulla Divina Rivelazione del Concilio Vaticano II aveva già messo chiaramente in risalto questo aspetto come un principio fondamentale dell'esegesi teologica (l'interpretazione critica di testi finalizzata alla disciplina che studia Dio): chi vuole comprendere la Scrittura nello spirito in cui è stata scritta deve badare al contenuto e all'unità dell'intera scrittura".
L'"esegesi canonica", la lettura dei singoli testi della Bibbia nel quadro della sua interezza, è una dimensione essenziale dell'esegesi che non è in contraddizione con il metodo storico-critico, ma lo sviluppa in maniera organica e lo fa divenire vera e propria teologia (la disciplina che studia Dio, letteralmente "discussione intorno a Dio").
"I singoli libri della Sacra Scrittura, come essa stessa nel suo insieme, non sono semplicemente letteratura. La Scrittura è cresciuta nel e dal soggetto vivo del popolo di Dio in cammino e vive in esso. Si potrebbe dire che i libri della Scrittura rimandano a tre soggetti che interagiscono tra loro. Dapprima c'è l'autore singolo o il gruppo di autori, a cui dobbiamo un libro della Scrittura... ma essi appartengono al soggetto comune "popolo di Dio"... al punto che il popolo è il vero, più profondo "autore" delle Scritture. E ancora: questo popolo non è autosufficiente, ma sa di essere condotto e interpellato da Dio stesso che, nel profondo, parla attraverso gli uomini e la loro umanità. Per la scrittura il rapporto con il soggetto "popolo di Dio" è vitale. Da una parte, questo libro, la Scrittura, è il criterio che viene da Dio e la forza che indica la strada al popolo, ma, dall'altra parte, la Scrittura vive solo in questo popolo, che nella Scrittura trascende se stesso e così, nella profondità definitiva in virtù della Parola fatta carne, diventa appunto popolo di Dio. Il popolo di Dio, la Chiesa, è il soggetto vivo della scrittura; in esso le parole della Bibbia sono sempre presenza. Naturalmente, però, si richiede che questo popolo riceva se stesso da Dio, ultimamente dal Cristo incarnato e da Lui si lasci ordinare, condurre e guidare."
Questa spiegazione introduttiva è fondamentale per comprendere la strada intrapresa dal papa riguardo all'interpretazione della figura di Gesù nel Nuovo Testamento; egli ha voluto fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il "Gesù storico" in senso vero e proprio: "Io ritengo che proprio questo Gesù, quello dei Vangeli, sia una figura storicamente sensata e convincente". Il papa afferma che: "Solo se era successo qualcosa di straordinario, se la figura e le parole di Gesù avevano superato radicalmente le speranze e le aspettative dell'epoca, si spiega la sua crocifissione e si spiega la sua efficacia. Già circa vent'anni dopo la morte di Gesù troviamo pienamente dispiegata nel grande inno a Cristo della Lettera ai Filippesi (cfr. 2, 6-11) una cristologia, in cui si dice che Gesù era uguale a Dio ma spogliò se stesso, si fece uomo, si umiliò fino alla morte sulla croce e che a Lui spetta l'omaggio del creato, l'adorazione che nel profeta Isaia (cfr. 45,23) Dio aveva proclamata come dovuta a Lui solo. La ricerca critica si pone a buon diritto la domanda: che cosa è successo in questi vent'anni dalla crocifissione di Gesù? Come si è giunti a questa Cristologia?"
Dopo questo cammino, forse anche complesso, siamo finalmente arrivati al bivio che ci svela ciò che ha mosso il pensiero del papa e che fa da spartito a tutta la stesura del libro: "Naturalmente, credere che proprio come uomo egli era Dio e che abbia fatto conoscere questo velatamente nelle parabole e tuttavia in un modo sempre più chiaro, va al di là delle possibilità del metodo storico. Al contrario, se alla luce di questa convinzione di fede si leggono i testi con il metodo storico e con la sua apertura a ciò che è più grande, essi si schiudono, per mostrare una via e una figura che sono degne di fede. Diventano allora chiari anche la ricerca complessa presente negli scritti del Nuovo Testamento intorno alla figura di Gesù e, nonostante tutte le diversità, il profondo accordo di questi scritti. E' chiaro che con questa visione della figura di Gesù io vado al di là di quello che dice, per esempio, Schnackenburg in rappresentanza di una buona parte dell'esegesi contemporanea."
Il papa chiarisce infine che: "Io ho solo cercato, al di là della mera interpretazione storico-critica, di applicare i nuovi criteri metodologici, che ci consentono una interpretazione propriamente teologica della Bibbia e che però richiedono la fede, senza con ciò voler e poter per nulla rinunciare alla serietà storica."
Da qui parte l'esigenza del Papa: "... presentare il Gesù dei Vangeli come il vero Gesù, come il Gesù storico nel vero senso della espressione".

A conclusione di questa parte introduttiva, a mio modesto parere assolutamente fondamentale per una corretta e chiara lettura del testo, mi piace citare una parte della presentazione del libro fatta a Benevento il 15 luglio 2007 da parte del Cardinale Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e per la Pace: "Il messaggio centrale del libro è che il punto di partenza è la fede e che senza Dio i conti non tornano, nemmeno nel senso umano dei termini. Senza Dio rimane incompleta la visione della realtà. Qualunque percorso che parta dal mondo, dalle cose, dalla storia è insufficiente ed incerto. Perfino il metodo storico-critico ha bisogno della prospettiva di fede e quindi per vedere lo stesso Cristo della storia c'è bisogno del Cristo della fede. Questo è il punto centrale del Gesù di Nazareth. Si dice che quanto è autenticamente umano è anche cristiano. Tutto il problema sta in quell'avverbio "autenticamente". Senza Cristo non è dato all'uomo di conoscere cosa gli appartenga "autenticamente". Il volto di Dio rivelatoci da Gesù ci permette di vedere l'immagine dell'autentico uomo."


Introduzione: Un primo sguardo sul mistero di Gesù.

Iniziamo questo viaggio alla scoperta della figura e del messaggio di Gesù.
In tutti i libri dell'Antico Testamento vi è la presenza della speranza messianica ma solo nel Deuteronomio (libro del Pentateuco chiamato anche libro della Legge di Mosé, per gli Ebrei "Legge-Torà", in cui si parla prevalentemente di Mosé), incontriamo una promessa completamente diversa dalle altre: non viene promesso un re d'Israele e del mondo, un nuovo Davide ma un nuovo Mosé, un nuovo profeta. In tutte le religioni per profeta si intende colui che sa predire il futuro, colui che sa svelare ciò che accadrà, colui che sa interpretare il presente e il futuro, in pratica il ruolo dell'indovino. Solo in Israele il Profeta veniva considerato in maniera diversa: "Non è più sorto in Israele un profeta come Mosé, lui con il quale il Signore parlava faccia a faccia" Dt 34, 10.
Queste parole, oltre a darci il vero senso della figura del profeta in Israele, ci chiariscono anche che non erano riferite semplicemente all'istituzione della casta dei profeti, che del resto, già esisteva, ma a qualcos'altro di portata molto superiore: erano l'annuncio di un nuovo Mosé. Quali erano le caratteristiche che avrebbero contraddistinto questo nuovo Mosé? Per capire e conoscere il nuovo Mosé dovremmo ovviamente prima comprendere e conoscere Mosé stesso e cosa Dio vuole insegnarci tramite la sua figura.
Con Mosé, oggi il Signore ci dice una parola sulla salvezza, sulla liberazione, sul servizio. Iniziamo mettendo in pratica la preghiera di ascolto; cominciamo a fare domande per avere risposte. Subito gli chiediamo le coordinate tempo e spazio: il tempo è 1.300 anni prima di Cristo, lo spazio è l'Egitto.
Quale è il metodo di Dio? Prendere una persona e farle fare l'esperienza di Sé per poi mandarla ai fratelli.
Gli Egiziani erano un popolo religiosissimo: avevano culti e liturgie specialissime per il dio sole, la dea luna.
Gli Ebrei avevano perduto la loro identità, vivevano in schiavitù ed erano diventati mezzo atei. Se dovessi sintetizzare con un titolo il film della vita di Mosé lo intitolerei così: "Dal grido di oppressione al canto di liberazione". Noi dobbiamo cercare di scoprire e di capire cosa è successo fra questi due antipodi per fare in modo che ciò diventi paradigmatico per la liberazione di ogni persona, di ogni famiglia, di ogni nazione.
Pensiamo forse di non essere schiavi? Dio ci viene in aiuto per farci fare l'esperienza del "canto di liberazione".
Questo il nostro metodo: prima faremo parlare Dio e poi faremo domande alla parola di Dio, a ciò che abbiamo ascoltato; perché la fede deve essere sempre colta dalla ragione e dobbiamo convincerci che questa parola è per ognuno di noi oggi.


Percorso del popolo ebraico dal "grido di oppressione al canto di liberazione":

Esodo 1, 6-22 Morte di Giuseppe e oppressione degli Ebrei: "Giuseppe poi morì e così tutti i suoi fratelli e tutta quella generazione. I figli d'Israele prolificarono e crebbero, divennero numerosi e molto potenti e il paese ne fu ripieno.  Allora sorse sull'Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe. E disse al suo popolo: "Ecco che il popolo dei figli d'Israele è più numeroso e più forte di noi. Prendiamo provvedimenti nei suoi riguardi per impedire che aumenti, altrimenti, in caso di guerra, si unirà ai nostri avversari, combatterà contro di noi e poi partirà dal paese". Allora vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati per opprimerli con i loro gravami, e così costruirono per il faraone le città- deposito, cioè Pitom e Ramses. Ma quanto più opprimevano il popolo, tanto più si moltiplicava e cresceva oltre misura; si cominciò a sentire come un incubo la presenza dei figli d'Israele. Per questo gli Egiziani fecero lavorare i figli d'Israele trattandoli duramente. Resero loro amara la vita costringendoli a fabbricare mattoni di argilla e con ogni sorta di lavoro nei campi: e a tutti questi lavori li obbligarono con durezza.
Poi il re d'Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Sifra e l'altra Pua: "Quando assistete al parto delle donne ebree, osservate quando il neonato è ancora tra le due sponde del sedile per il parto: se è un maschio, lo farete morire; se è una femmina, potrà vivere". Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d'Egitto e lasciarono vivere i bambini. Il re d'Egitto chiamò le levatrici e disse loro: "Perché avete fatto questo e avete lasciato vivere i bambini? ". Le levatrici risposero al faraone: "Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità: prima che arrivi presso di loro la levatrice, hanno già partorito! ". Dio beneficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una numerosa famiglia. Allora il faraone diede quest'ordine a tutto il suo popolo: "Ogni figlio maschio che nascerà agli Ebrei, lo getterete nel Nilo, ma lascerete vivere ogni figlia".
Esodo 2, 1-25 Nascita, fuga e vocazione di Mosé: "Un uomo della famiglia di Levi andò a prendere in moglie una figlia di Levi. La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre, prese un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi mise dentro il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. La sorella del bambino si pose ad osservare da lontano che cosa gli sarebbe accaduto. Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Essa vide il cestello fra i giunchi e mandò la sua schiava a prenderlo. L'aprì e vide il bambino: ecco, era un fanciullino che piangeva. Ne ebbe compassione e disse: "È un bambino degli Ebrei". La sorella del bambino disse allora alla figlia del faraone: "Devo andarti a chiamare una nutrice tra le donne ebree, perché allatti per te il bambino? ". "Và", le disse la figlia del faraone. La fanciulla andò a chiamare la madre del bambino. La figlia del faraone le disse: "Porta con te questo bambino e allattalo per me; io ti darò un salario". La donna prese il bambino e lo allattò. Quando il bambino fu cresciuto, lo condusse alla figlia del faraone. Egli divenne un figlio per lei ed ella lo chiamò Mosè, dicendo: "Io l'ho salvato dalle acque! ". In quei giorni, Mosè, cresciuto in età, si recò dai suoi fratelli e notò i lavori pesanti da cui erano oppressi. Vide un Egiziano che colpiva un Ebreo, uno dei suoi fratelli. Voltatosi attorno e visto che non c'era nessuno, colpì a morte l'Egiziano e lo seppellì nella sabbia. Il giorno dopo, uscì di nuovo e, vedendo due Ebrei che stavano rissando, disse a quello che aveva torto: "Perché percuoti il tuo fratello? ". Quegli rispose: "Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi? Pensi forse di uccidermi, come hai ucciso l'Egiziano? ". Allora Mosè ebbe paura e pensò: "Certamente la cosa si è risaputa". Poi il faraone sentì parlare di questo fatto e cercò di mettere a morte Mosè. Allora Mosè si allontanò dal faraone e si stabilì nel paese di Madian e sedette presso un pozzo.
Ora il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Esse vennero ad attingere acqua per riempire gli abbeveratoi e far bere il gregge del padre. Ma arrivarono alcuni pastori e le scacciarono. Allora Mosè si levò a difenderle e fece bere il loro bestiame. Tornate dal loro padre Reuel, questi disse loro: "Perché oggi avete fatto ritorno così in fretta? ". Risposero: "Un Egiziano ci ha liberate dalle mani dei pastori; è stato lui che ha attinto per noi e ha dato da bere al gregge". Quegli disse alle figlie: "Dov'è? Perché avete lasciato là quell'uomo? Chiamatelo a mangiare il nostro cibo! ". Così Mosè accettò di abitare con quell'uomo, che gli diede in moglie la propria figlia Zippora. Ella gli partorì un figlio ed egli lo chiamò Gherson, perché diceva: "Sono un emigrato in terra straniera! ". Nel lungo corso di quegli anni, il re d'Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. Allora Dio ascoltò il loro lamento, si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli Israeliti e se ne prese pensiero."

Esodo 3, 1-15 Roveto ardente e missione di Mosé: "Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: "Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia? ". Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: "Mosè, Mosè! ". Rispose: "Eccomi! ". Riprese: "Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa! ". E disse: "Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe". Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: "Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l'Hittita, l'Amorreo, il Perizzita, l'Eveo, il Gebuseo. Ora dunque il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l'oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. Ora và! Io ti mando dal faraone. Fà uscire dall'Egitto il mio popolo, gli Israeliti! ". Mosè disse a Dio: "Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall'Egitto gli Israeliti? ". Rispose: "Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte". Mosè disse a Dio: "Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro? ". Dio disse a Mosè: "Io sono colui che sono! ". Poi disse: "Dirai agli Israeliti: Io- Sono mi ha mandato a voi". Dio aggiunse a Mosè: "Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione."

Esodo 4, 1-17 I 3 segni: il bastone-serpente, la mano lebbrosa e l'acqua del Nilo trasformata in sangue: "Mosè rispose: "Ecco, non mi crederanno, non ascolteranno la mia voce, ma diranno: Non ti è apparso il Signore! ". Il Signore gli disse: "Che hai in mano? ". Rispose: "Un bastone". Riprese: "Gettalo a terra! ". Lo gettò a terra e il bastone diventò un serpente, davanti al quale Mosè si mise a fuggire. Il Signore disse a Mosè: "Stendi la mano e prendilo per la coda! ". Stese la mano, lo prese e diventò di nuovo un bastone nella sua mano. "Questo perché credano che ti è apparso il Signore, il Dio dei loro padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe". Il Signore gli disse ancora: "Introduci la mano nel seno! ". Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò: ecco la sua mano era diventata lebbrosa, bianca come la neve. Egli disse: "Rimetti la mano nel seno! ". Rimise in seno la mano e la tirò fuori: ecco era tornata come il resto della sua carne. "Dunque se non ti credono e non ascoltano la voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo! Se non credono neppure a questi due segni e non ascolteranno la tua voce, allora prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l'acqua che avrai presa dal Nilo diventerà sangue sulla terra asciutta". Mosè disse al Signore: "Mio Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono mai stato prima e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua". Il Signore gli disse: "Chi ha dato una bocca all'uomo o chi lo rende muto o sordo, veggente o cieco? Non sono forse io, il Signore? Ora và! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire". Mosè disse: "Perdonami, Signore mio, manda chi vuoi mandare! ". Allora la collera del Signore si accese contro Mosè e gli disse: "Non vi è forse il tuo fratello Aronne, il levita? Io so che lui sa parlar bene. Anzi sta venendoti incontro. Ti vedrà e gioirà in cuor suo. Tu gli parlerai e metterai sulla sua bocca le parole da dire e io sarò con te e con lui mentre parlate e vi suggerirò quello che dovrete fare. Parlerà lui al popolo per te: allora egli sarà per te come bocca e tu farai per lui le veci di Dio. Terrai in mano questo bastone, con il quale tu compirai i prodigi".

Esodo 4, 24-26 Circoncisione del figlio di Mosé: "Mentre si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne contro e cercò di farlo morire. Allora Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: "Tu sei per me uno sposo di sangue". Allora si ritirò da lui. Essa aveva detto sposo di sangue a causa della circoncisione."

Esodo 5, 5-23 La paglia e i mattoni: "Il faraone aggiunse: "Ecco, ora sono numerosi più del popolo del paese, voi li vorreste far cessare dai lavori forzati! ". In quel giorno il faraone diede questi ordini ai sorveglianti del popolo e ai suoi scribi: " Non darete più la paglia al popolo per fabbricare i mattoni come facevate prima. Si procureranno da sé la paglia. Però voi dovete esigere il numero di mattoni che facevano prima, senza ridurlo. Perché sono fannulloni; per questo protestano: Vogliamo partire, dobbiamo sacrificare al nostro Dio! Pesi dunque il lavoro su questi uomini e vi si trovino impegnati; non diano retta a parole false! ". I sorveglianti del popolo e gli scribi uscirono e parlarono al popolo: "Ha ordinato il faraone: Io non vi dò più paglia. Voi stessi andate a procurarvela dove ne troverete, ma non diminuisca il vostro lavoro". Il popolo si disperse in tutto il paese d'Egitto a raccattare stoppie da usare come paglia. Ma i sorveglianti li sollecitavano dicendo: "Porterete a termine il vostro lavoro; ogni giorno il quantitativo giornaliero, come quando vi era la paglia". Bastonarono gli scribi degli Israeliti, quelli che i sorveglianti del faraone avevano costituiti loro capi, dicendo: "Perché non avete portato a termine anche ieri e oggi, come prima, il vostro numero di mattoni? ". Allora gli scribi degli Israeliti vennero dal faraone a reclamare, dicendo: "Perché tratti così i tuoi servi? Paglia non vien data ai tuoi servi, ma i mattoni - ci si dice - fateli! Ed ecco i tuoi servi sono bastonati e la colpa è del tuo popolo! ". Rispose: "Fannulloni siete, fannulloni! Per questo dite: Vogliamo partire, dobbiamo sacrificare al Signore. Ora andate, lavorate! Non vi sarà data paglia, ma voi darete lo stesso numero di mattoni". Gli scribi degli Israeliti si videro ridotti a mal partito, quando fu loro detto: "Non diminuirete affatto il numero giornaliero dei mattoni". Quando, uscendo dalla presenza del faraone, incontrarono Mosè e Aronne che stavano ad aspettarli, dissero loro: "Il Signore proceda contro di voi e giudichi; perché ci avete resi odiosi agli occhi del faraone e agli occhi dei suoi ministri, mettendo loro in mano la spada per ucciderci! ". Allora Mosè si rivolse al Signore e disse: "Mio Signore, perché hai maltrattato questo popolo? Perché dunque mi hai inviato? Da quando sono venuto dal faraone per parlargli in tuo nome, egli ha fatto del male a questo popolo e tu non hai per nulla liberato il tuo popolo! ".

Esodo 6, 1° verso L'opera del Signore: "l Signore disse a Mosè: "Ora vedrai quello che sto per fare al faraone con mano potente, li lascerà andare, anzi con mano potente li caccerà dal suo paese! ".

Esodo 7 Le piaghe: confronto fra Mosé e il Faraone: "Il Signore disse a Mosè: "Vedi, io ti ho posto a far le veci di Dio per il faraone: Aronne, tuo fratello, sarà il tuo profeta. Tu gli dirai quanto io ti ordinerò: Aronne, tuo fratello, parlerà al faraone perché lasci partire gli Israeliti dal suo paese. Ma io indurirò il cuore del faraone e moltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nel paese d'Egitto. Il faraone non vi ascolterà e io porrò la mano contro l'Egitto e farò così uscire dal paese d'Egitto le mie schiere, il mio popolo degli Israeliti, con l'intervento di grandi castighi. Allora gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando stenderò la mano contro l'Egitto e farò uscire di mezzo a loro gli Israeliti! ".
Mosè e Aronne eseguirono quanto il Signore aveva loro comandato; operarono esattamente così. Mosè aveva ottant'anni e Aronne ottantatre, quando parlarono al faraone. Il Signore disse a Mosè e ad Aronne: "Quando il faraone vi chiederà: Fate un prodigio a vostro sostegno! tu dirai ad Aronne: Prendi il bastone e gettalo davanti al faraone e diventerà un serpente! ". Mosè e Aronne vennero dunque dal faraone ed eseguirono quanto il Signore aveva loro comandato: Aronne gettò il bastone davanti al faraone e davanti ai suoi servi ed esso divenne un serpente. Allora il faraone convocò i sapienti e gli incantatori, e anche i maghi dell'Egitto, con le loro magie, operarono la stessa cosa. Gettarono ciascuno il suo bastone e i bastoni divennero serpenti. Ma il bastone di Aronne inghiottì i loro bastoni. Però il cuore del faraone si ostinò e non diede loro ascolto, secondo quanto aveva predetto il Signore. Poi il Signore disse a Mosè: "Il cuore del faraone è irremovibile: si è rifiutato di lasciar partire il popolo. Và dal faraone al mattino quando uscirà verso le acque. Tu starai davanti a lui sulla riva del Nilo, tenendo in mano il bastone che si è cambiato in serpente. Gli riferirai: Il Signore, il Dio degli Ebrei, mi ha inviato a dirti: Lascia partire il mio popolo, perché possa servirmi nel deserto; ma tu finora non hai obbedito. Dice il Signore: Da questo fatto saprai che io sono il Signore; ecco, con il bastone che ho in mano io batto un colpo sulle acque che sono nel Nilo: esse si muteranno in sangue. I pesci che sono nel Nilo moriranno e il Nilo ne diventerà fetido, così che gli Egiziani non potranno più bere le acque del Nilo! ". Il Signore disse a Mosè: "Comanda ad Aronne: Prendi il tuo bastone e stendi la mano sulle acque degli Egiziani, sui loro fiumi, canali, stagni, e su tutte le loro raccolte di acqua; diventino sangue, e ci sia sangue in tutto il paese d'Egitto, perfino nei recipienti di legno e di pietra! ". Mosè e Aronne eseguirono quanto aveva ordinato il Signore: Aronne alzò il bastone e percosse le acque che erano nel Nilo sotto gli occhi del faraone e dei suoi servi. Tutte le acque che erano nel Nilo si mutarono in sangue. I pesci che erano nel Nilo morirono e il Nilo ne divenne fetido, così che gli Egiziani non poterono più berne le acque. Vi fu sangue in tutto il paese d'Egitto. Ma i maghi dell'Egitto, con le loro magie, operarono la stessa cosa. Il cuore del faraone si ostinò e non diede loro ascolto, secondo quanto aveva predetto il Signore. Il faraone voltò le spalle e rientrò nella sua casa e non tenne conto neppure di questo fatto. Tutti gli Egiziani scavarono allora nei dintorni del Nilo per attingervi acqua da bere, perché non potevano bere le acque del Nilo. Sette giorni trascorsero dopo che il Signore aveva colpito il Nilo. Poi il Signore disse a Mosè: "Và a riferire al faraone: Dice il Signore: Lascia andare il mio popolo perché mi possa servire! Se tu rifiuti di lasciarlo andare, ecco, io colpirò tutto il tuo territorio con le rane: il Nilo comincerà a pullulare di rane; esse usciranno, ti entreranno in casa, nella camera dove dormi e sul tuo letto, nella casa dei tuoi ministri e tra il tuo popolo, nei tuoi forni e nelle tue madie. Contro di te e contro tutti i tuoi ministri usciranno le rane".

Esodo 12, 29-34 10^ piaga: la morte dei primogeniti: il Faraone fa partire gli Ebrei: "A mezzanotte il Signore percosse ogni primogenito nel paese d'Egitto, dal primogenito del faraone che siede sul trono fino al primogenito del prigioniero nel carcere sotterraneo, e tutti i primogeniti del bestiame. Si alzò il faraone nella notte e con lui i suoi ministri e tutti gli Egiziani; un grande grido scoppiò in Egitto, perché non c'era casa dove non ci fosse un morto! Il faraone convocò Mosè e Aronne nella notte e disse: "Alzatevi e abbandonate il mio popolo, voi e gli Israeliti! Andate a servire il Signore come avete detto. Prendete anche il vostro bestiame e le vostre greggi, come avete detto, e partite! Benedite anche me! ". Gli Egiziani fecero pressione sul popolo, affrettandosi a mandarli via dal paese, perché dicevano: "Stiamo per morire tutti! ". Il popolo portò con sé la pasta prima che fosse lievitata, recando sulle spalle le madie avvolte nei mantelli."

Esodo 13, 17-18a Partenza verso il Mar Rosso: Dio non indica loro la via più breve (quella chiamata dei Filistei) ma quella verso il Mar Rosso (che era la via più lunga). Dio ti imbroglia!: "Quando il faraone lasciò partire il popolo, Dio non lo condusse per la strada del paese dei Filistei, benché fosse più corta, perché Dio pensava: "Altrimenti il popolo, vedendo imminente la guerra, potrebbe pentirsi e tornare in Egitto". Dio guidò il popolo per la strada del deserto verso il Mare Rosso. Gli Israeliti, ben armati uscivano dal paese d'Egitto. "

Esodo 14, 5-31 Il miracolo del mare: "Quando fu riferito al re d'Egitto che il popolo era fuggito, il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo. Dissero: "Che abbiamo fatto, lasciando partire Israele, così che più non ci serva! ". Attaccò allora il cocchio e prese con sé i suoi soldati. Prese poi seicento carri scelti e tutti i carri di Egitto con i combattenti sopra ciascuno di essi. Il Signore rese ostinato il cuore del faraone, re di Egitto, il quale inseguì gli Israeliti mentre gli Israeliti uscivano a mano alzata. Gli Egiziani li inseguirono e li raggiunsero, mentre essi stavano accampati presso il mare: tutti i cavalli e i carri del faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito si trovarono presso Pi- Achirot, davanti a Baal- Zefon. Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco, gli Egiziani muovevano il campo dietro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. Poi dissero a Mosè: "Forse perché non c'erano sepolcri in Egitto ci hai portati a morire nel deserto? Che hai fatto, portandoci fuori dall'Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire l'Egitto che morire nel deserto? ". Mosè rispose: "Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli". Il Signore disse a Mosè: "Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all'asciutto. Ecco io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri". L'angelo di Dio, che precedeva l'accampamento d'Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro. Venne così a trovarsi tra l'accampamento degli Egiziani e quello d'Israele. Ora la nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte. Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte, risospinse il mare con un forte vento d'oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare asciutto, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono con tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri, entrando dietro di loro in mezzo al mare. Ma alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: "Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani! ". Il Signore disse a Mosè: "Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri". Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l'esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull'asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra. In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l'Egitto e il popolo temette il Signore e credette in lui e nel suo servo Mosè."

Esodo 15 Canto di vittoria e di liberazione: "Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero: "Voglio cantare in onore del Signore: perché ha mirabilmente trionfato, ha gettato in mare cavallo e cavaliere. Mia forza  mio canto è il Signore, egli mi ha salvato. È il mio Dio e lo voglio lodare, è il Dio di mio padre e lo voglio esaltare! Il Signore è prode in guerra, si chiama Signore. I carri del faraone e il suo esercito ha gettato nel mare e i suoi combattenti scelti furono sommersi nel Mare Rosso. Gli abissi li ricoprirono, sprofondarono come pietra. La tua destra, Signore, terribile per la potenza, la tua destra, Signore, annienta il nemico; con sublime grandezza abbatti i tuoi avversari, scateni il tuo furore che li divora come paglia. Al soffio della tua ira si accumularono le acque, si alzarono le onde come un argine, si rappresero gli abissi in fondo al mare. Il nemico aveva detto: Inseguirò, raggiungerò, spartirò il bottino, se ne sazierà la mia brama; sfodererò la spada, li conquisterà la mia mano! Soffiasti con il tuo alito: il mare li coprì, sprofondarono come piombo in acque profonde. Chi è come te fra gli dei, Signore? Chi è come te, maestoso in santità, tremendo nelle imprese, operatore di prodigi? Stendesti la destra: la terra li inghiottì. Guidasti con il tuo favore questo popolo che hai riscattato, lo conducesti con forza alla tua santa dimora. Hanno udito i popoli e tremano; dolore incolse gli abitanti della Filistea. Già si spaventano i capi di Edom, i potenti di Moab li prende il timore; tremano tutti gli abitanti di Canaan. Piombano sopra di loro la paura e il terrore; per la potenza del tuo braccio restano immobili come pietra, finché sia passato il tuo popolo, Signore, finché sia passato questo tuo popolo che ti sei acquistato. Lo fai entrare e lo pianti sul monte della tua eredità, luogo che per tua sede, Signore, hai preparato, santuario che le tue mani, Signore, hanno fondato. Il Signore regna in eterno e per sempre! ". Quando infatti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri furono entrati nel mare, il Signore fece tornare sopra di essi le acque del mare, mentre gli Israeliti avevano camminato sull'asciutto in mezzo al mare. Allora Maria, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro a lei uscirono le donne con i timpani, formando cori di danze. Maria fece loro cantare il ritornello: "Cantate al Signore perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e cavaliere! ". Mosè fece levare l'accampamento di Israele dal Mare Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto e non trovarono acqua. Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara, perché erano amare. Per questo erano state chiamate Mara. Allora il popolo mormorò contro Mosè: "Che berremo? ". Egli invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell'acqua e l'acqua divenne dolce. In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova. Disse: "Se tu ascolterai la voce del Signore tuo Dio e farai ciò che è retto ai suoi occhi, se tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi, io non t'infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitte agli Egiziani, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce! ". Poi arrivarono a Elim, dove sono dodici sorgenti di acqua e settanta palme. Qui si accamparono presso l'acqua."

Di tutti questi passaggi vorrei porre l'attenzione su Esodo 13, 17-18a. Gli Ebrei si trovavano nel quartiere Ramses. Percorrendo la strada che costeggiava il Mar Mediterraneo, che si chiamava "Via dei Filistei", avrebbero raggiunto la Palestina in carovana nell'arco di tempo di un mese. Il testo ci narra che Dio non li condusse per questa via, sebbene più corta, perché nel tragitto avrebbero incontrato delle caserme adibite alla custodia dei mercanti che facevano la spola da una parte all'altra. Dio li conduce per la strada più lunga verso il Mar Rosso dove mette alla prova la fede di Mosé e del popolo ebraico. Apre loro il mare e lo richiude dopo il loro passaggio. Il Dio della rivelazione ti imbroglia!

Gli Ebrei sono passati all'asciutto, gli Egiziani no!
Gli Ebrei sono atei, gli Egiziani sono religiosissimi!
Gli Ebrei invocano il nome del Signore, il mare si apre!
Gli Egiziani non invocano il nome del Signore, il mare si chiude!

Questo è il primo nucleo di liberazione, perché la vera liberazione è quella dalla morte, è quella dal peccato!
Qui avviene una liberazione esterna, con Gesù ne avviene una vera e totale!


Chi è il Faraone?

Il faraone è: privilegio, potere, vigliaccheria, religiosità fasulla, dio, colui che riduce l'uomo alla dimensione puramente orizzontale, colui che ti mette le catene e ti obbliga ad amarle, orgoglio e consumismo... in una parola è il peccato!
Il Dio della rivelazione è sempre contro il faraone e gli egiziani.
Ogni persona, famiglia, società che è impastata con i criteri del faraone, che abbiamo appena elencato, produce la morte!


Mosé

Mosé è stato preparato da Dio, 40 anni nel deserto, per fare in modo che non assumesse atteggiamenti faraonici. Mosé ha vissuto 40 anni di trattati con il faraone.
Vuoi sapere chi sei? Devi guardare a Mosé!
Tu sei Mosé e devi portare la liberazione dentro un mondo dominato dal faraone. Il faraone ti distrugge l'immagine di Dio che sei. Ecco perché San Francesco riscopre la necessità del silenzio! Per ritrovare in sé l'immagine di Dio smarrita.

Il cristiano è colui che ha la comprensione profonda della realtà.
Il cristiano non ha nessun nemico: è fratello di tutti.
Il cristiano ha un solo nemico: il faraone.
Il faraone sta fuori di te, ma ha tanti alleati dentro di te.
Quando il cristiano sente "puzza" di faraone, deve sempre andare contro corrente, seguire il Dio del fuori schema. Questo è il mestiere del cristiano! Non deve assecondarsi alla mentalità del mondo, alla mentalità del faraone!
Per riconoscere la "puzza" del faraone devi avere l'antidoto della Parola di Dio senza la quale sei come tutti gli altri.
Il cristiano deve mettere in atto la disobbedienza creativa.
Non siamo chiamati a fare gli eroi, ma a fare ciò che Dio vuole da noi.
Oggi Dio ti parla di schiavitù, devi coscientizzare che sei schiavo, solo allora Dio può agire, solo allora può aprirti il Mar rosso, (le grandi acque nella Bibbia sono le infinite difficoltà della vita).
Fin quando ti senti giusto e vittima, non succede niente; Dio ti viene in aiuto solo se ti senti schiavo e peccatore.
Dio lo trovi nella verità e non nella menzogna!
Solo se conosci la Parola di Dio, solo se la studi, puoi conoscere il Dio della rivelazione, solo dopo puoi fare la riflessione sulla fede e sulla tua vita.
Devi avvicinarti alla Parola con amore e con passione desideroso non tanto di incrementare le tue conoscenze, ma con il desiderio di scoprire e conoscere una persona. Se ti avvicini con il cuore aperto, pieno di desiderio e di passione, ti si rivela davanti un "roveto ardente".
Dio ti ha rivelato il suo nome: Iahwé, il Dio pieno di forza e di passione che ti si fa vicino. Prima era Adonai, il Dio lontano.
Stai molto attento a non cambiare il nome a Dio!
"Rettamente pensare di Dio" Sant'Agostino

Il Signore disse a Mosé di andare a liberare il suo popolo.
Il Signore dice a te di andare a liberare i tuoi fratelli.
Devi coscientizzare che sei portatore di salvezza.
Quando vai a liberare i fratelli, devi buttare la tua potenza (bastone): i tuoi progetti,  per poi riprenderli da Dio.
Devi abbandonare il progetto umano ed accogliere quello divino; con Mosé Dio ci ha impiegato 40 anni!
Per un progetto di liberazione Dio si sceglie sempre i peggiori, infatti sceglie me e te, perché la liberazione appaia da Dio (parabola dei buoi, del campo, delle nozze e degli sciancati).
Quanto amo Dio? Tanto quanto amo i miei fratelli!
Ogni fratello è un roveto ardente perché Dio, per il dono dell'incarnazione, è presente in ogni fratello.
Il Kairos è il tempo opportuno, il momento della venuta di Dio nella tua vita.
Ogni persona più coscientizza l'importanza del tempo che gli è dato, più diventa tutto Kairos: tempo di Dio che gli viene dato: "Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!"         (1 Cor 7, 29-31)

Siamo chiamati a vivere ogni cosa della nostra vita rivestiti di Cristo, nell'ottica della sua vita, alla luce della sua vita, delle sue esperienze. Francesco ne aveva fatto il criterio della sua esistenza; lui voleva diventare Cristo, lui si denuda di tutto per rivestirsi solo di Cristo. Lui il tempo lo rendeva intensissimo, in lui il tempo aveva la portata dell'eternità. Francesco aveva scoperto la sapienza della vita!

Non ci basterebbe una settimana di esercizi spirituali per comprendere e conoscere Mosé stesso. Per poterlo fare, almeno in maniera soddisfacente, dovremmo affrontare questi temi:
- il passaggio "dal grido di oppressione al canto di liberazione";
- chi era il faraone;
- vuoi sapere chi sei? Devi guardare a Mosè! ;
- combattere il faraone che c'è in te ed intorno a te con la "disobbedienza creativa";
- Dio ti rivela il suo nome: Iahwè. Non cambiare il suo nome;
- La Bibbia ti rivela Dio e ti svela chi sei: portatore di salvezza! ;
- Dio mi manda a liberare i fratelli: questa è la mia missione!

Ci "limiteremo" quindi ad affrontare quella che è la caratteristica unica ed essenziale di Mosè: aveva comunicato con il Signore "faccia a faccia", come parla l'amico con l'amico, così egli aveva parlato con Dio: "Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!"         (1 Cor 7, 29-31)

Afferma il papa nel libro: "L'elemento decisivo della figura di Mosé non è costituito da tutti i prodigi che si narrano di lui, né da tutto ciò che ha fatto e ha sofferto sulla via che l'ha condotto dalla "condizione di schiavitù" in Egitto, attraverso il deserto, fino alla soglia della Terra promessa. Il punto decisivo è che ha parlato con Dio come con un amico: solo da lì potevano venire le sue opere, solo da lì poteva venire la Legge che doveva indicare a Israele la strada attraverso la storia".

Rivolgiamo insieme a Dio questa preghiera di sant'Agostino:

" O Dio, dal quale allontanarsi è cadere,
al quale rivolgersi è risorgere,nel quale rimanere è sussistere.
Dio, che nessuno smarrisce se non è ingannato,
che nessuno cerca se non è chiamato,
che nessuno trova se non è purificato...
Fa' che io conosca me e che io conosca te!"

Le ultime parole della preghiera che abbiamo recitato ("che io conosca me e che io conosca te") esprimono un'importante verità: la conoscenza di Dio è anche la via per giungere alla conoscenza di sé: solo conoscendo Dio, conosciamo noi stessi. Solo quando l'uomo accetta nella propria vita il Dio vivente, diventa lui stesso pienamente persona e prende coscienza anche di sé. L'uomo religioso e specialmente colui che desidera diventare santo, come penso desideri ognuno di noi, non cerca altro che il confronto con Dio e lo mette al di sopra di tutto. Lo desidera, anche se sa che uscirà come bruciato da un tale confronto, perché esso non gli rivela solo il suo "essere", ma anche il suo "essere peccatore". San Francesco d'Assisi passava notti intere a ripetere: "Chi sei tu, dolcissimo Iddio mio? E chi sono io, vilissimo servo tuo?", ora sollevando lo sguardo al cielo e illuminandosi tutto, e ora abbassandolo a terra e riempiendosi di confusione.

Ora appare chiaro chi sia il profeta: colui che ci mostra il volto di Dio e in questo modo ci indica la strada che dobbiamo prendere.
Anche noi oggi abbiamo bisogno di veri profeti che ci indicano la via verso il vero "esodo", che consiste nel dovere di cercare e trovare (quale vera direzione, in tutte le vie della storia), la strada che porta a Dio. La vera caratteristica di questo "nuovo Mosé" sarà che parlerà con Dio faccia a faccia, come un amico tratta con l'amico.


Caratteristiche del nuovo Mosè - Gesù.

Il suo tratto distintivo sarà l'accesso immediato a Dio, così da poter comunicare la volontà e la parola di Dio di prima mano, senza falsificarle. Ed è questo che salva, ciò che Israele e l'umanità stanno aspettando.
A questo punto dobbiamo ricordare che Mosé poté entrare nella nube e parlare con Dio come con un amico, ma non vide il suo volto. Mosé rivolse a Dio questa preghiera: "Mostrami la tua Gloria" (Es 33, 18) ma la preghiera non venne accolta: "Tu non potrai vedere il mio volto" (33, 20), "Vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere" (33, 23).
Il papa afferma: "La promessa di un "profeta pari a me" contiene dunque un'aspettativa inespressa ancora più grande: all'ultimo profeta, al nuovo Mosé, sarà concesso in dono quello che è negato al primo -  vedere davvero e immediatamente il volto di Dio e poter così parlare in base alla piena visione di Dio e non soltanto dopo averne visto le spalle. A questo fatto è di per sé collegata l'aspettativa che il nuovo Mosè diventerà il mediatore di un'Alleanza superiore a quella che Mosè poteva portare dal Sinai (cfr. Eb 9, 11-24).

Alla luce di quello che abbiamo appena affermato ascoltiamo cosa dice la fine del Prologo del Vangelo di Giovanni: "Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato" (Gv 1,18).
In Gesù si è compiuta la promessa del nuovo profeta. In Lui si è ora realizzato pienamente quanto in Mosè era solo imperfetto: Egli vive al cospetto di Dio, non solo come amico ma come Figlio; vive in profonda unità con il Padre. Solo partendo da questa base, da questo concetto, si può davvero capire ed avere una luce particolare sulla figura di Gesù, questo è il fondamento. Questa è la base essenziale dalla quale partire per capire la persona di Gesù. Tutto ciò che Gesù sapeva, tutto ciò che Gesù compiva, tutti i vari comportamenti di Gesù possono essere capiti e spiegati solo a partire dal fatto che Lui e il Padre vivono in profonda comunione. Infatti, coloro che lo ascoltavano riscontravano che il suo insegnamento non veniva da nessuna scuola. Gesù non spiegava secondo il metodo interpretativo appreso a scuola, ma spiegava con "autorità".
Tutto ciò che Gesù insegnava trova la sua fonte dall'immediato contatto con il Padre, dal dialogo "faccia a faccia", dalla visione di Colui che è "nel seno del Padre". E' la parola del Figlio.
Per comprendere ancora meglio la figura di Gesù è fondamentale rilevare il fatto che Egli, in maniera ricorrente, si ritirava "sul monte" e lì pregava per notti intere, "da solo" con il Padre. Gesù pregava con il Padre, cioè entrava in una relazione intima e filiale con Lui: questa è l'essenza del contatto fra il Figlio e il Padre, fra il "nuovo Mosè" e Dio, da qui scaturiscono le azioni di Gesù, il suo insegnamento, le sue azioni, la sua sofferenza, il suo comportamento.
A questo proposito il papa afferma e spiega chiaramente che: "Questo "pregare" di Gesù è il parlare del Figlio con il Padre in cui vengono coinvolte la coscienza e la volontà umane, l'anima umana di Gesù, di modo che la "preghiera" dell'uomo possa divenire partecipazione alla comunione del Figlio con il Padre". Ed è sempre il papa che chiarisce e mette un punto finale, spiegando quale è il frutto di questo "pregare" di Gesù con il Padre: "Il discepolo che cammina con Gesù viene in questo modo coinvolto insieme con Lui nella comunione con Dio. Ed è questo che davvero salva: il trascendere i limiti dell'essere uomo, un passo che, in lui, per la sua somiglianza con Dio è già predisposto, come attesa e possibilità, fin dalla creazione".
Ora possiamo finalmente capire perché sia così importante pregare e saper pregare e possiamo capire ancora meglio che vi sono varie modalità di preghiera ma quella essenziale è quella che nasce e scaturisce ed arriva fino a noi grazie a quel "pregare" di Gesù con il Padre: pregare è entrare nello Spirito Santo insieme con Gesù in intima, profonda, totale relazione con il Padre e con Gesù stesso.


Nella cavità della rupe

Nel libro dell'Esodo, si legge che una volta Dio indicò a Mosè una cavità nella rupe, nascosto dentro la quale avrebbe potuto contemplare la sua gloria senza morire: "Gli disse: "Mostrami la tua Gloria! ". Rispose: "Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: Signore, davanti a te. Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia". Soggiunse: "Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo". Aggiunse il Signore: "Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia Gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finché sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere". (Es 33, 18-23)
Commentando questo passo, san Basilio scrive: "Qual è oggi, per noi cristiani, quella cavità, quel luogo, dove possiamo rifugiarci per contemplare ed adorare Dio? E' lo Spirito Santo! Da chi lo sappiamo? Dallo stesso Gesù che ha detto: I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità!" Se dunque, in un senso, noi siamo tempio dello Spirito Santo: "O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!" (1 Cor 6,19-20), in un altro senso, è lo Spirito Santo che è il nostro tempio. Noi siamo il suo tempio umano, egli è il nostro tempio divino. Quali prospettive, quale bellezza, quale potenza, quale attrazione tutto ciò conferisce all'ideale dell'adorazione cristiana! Chi non sente il bisogno di nascondersi, ogni tanto, dal vortice turbinoso del mondo, in quella cavità spirituale per contemplare Dio e adorarlo come Mosè? C'è un luogo, uno spazio, una sorta di nicchia invisibile dentro di noi, sempre pronta per accoglierci, dovunque siamo, qualunque cosa facciamo. In essa possiamo adorare il Padre in spirito e verità. Lo Spirito Santo attira, ai nostri giorni, anime sempre più numerose in quella sua cavità misteriosa che alcuni, abbiamo visto, hanno chiamato "il fondo dell'anima". Esse non sanno darsi pace al pensiero che il Padre, dal cielo, "cerca tali adoratori", li attende, li desidera; scruta, per così dire, la terra in cerca di essi. Li ricerca per riempirli di sé, per saziarli "al torrente delle sue delizie" (Sal 36,9).

Siamo quindi chiamati ad offrire a Dio un nuovo culto cioè un culto reso "con lo Spirito di Dio": "Siamo infatti noi i veri circoncisi, noi che rendiamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci gloriamo in Cristo Gesù, senza avere fiducia nella carne ..." (Fil 3,3), non più solo con l'intelletto, come quello di una volta. Il risultato è che ora l'adorazione deve avvenire attraverso Cristo: "A lui la lode nella Chiesa e in Cristo Gesù" (Ef 3,21).
 E' cambiata la qualità stessa dell'adorazione. Cristo, Uomo-Dio, è la gloria perfetta e il grazie perfetto al Padre. Adorare Dio significa, ormai, unirsi nello Spirito a Gesù Cristo, che è il perfetto adoratore del Padre, il "grande mistero della pietà" (1 Tm 3,16) che ha posto fine a tutta l'empietà.
L'adorazione cristiana è dunque trinitaria nel suo svolgersi, perché è adorazione resa "al Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito Santo", e lo è anche nel suo oggetto, perché è resa insieme "al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo".
Tutto questo significa che quando, mossi interiormente dalla grazia, sentiamo nascere in noi un bisogno di adorazione e ci accorgiamo che le parole non bastano, prostrarsi a terra non basta, neppure il silenzio è sufficiente, tutto è insipido e tutto è infinitamente troppo poco, abbiamo una via d'uscita da questo senso di impotenza. Possiamo, mediante la fede, chiedere allo Spirito Santo (egli non aspetta altro che questo!) di unirci a Gesù Cristo e così, uniti a lui, adorare il Padre. Magari servendoci delle parole della liturgia della Messa che esprimono alla perfezione tutto ciò: "Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio Padre onnipotente, nell'unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli".

Vogliamo ricordare che nel giorno del battesimo, abbiamo ricevuto il dono dello Spirito Santo e con esso tutti i doni che lo caratterizzano fra i quali anche il "dono di scienza" che altro non è se non dono di contemplazione; è un dono mistico che spinge il credente a trovare e scoprire la sua più intima natura nel contemplare, adorare, lodare. Il dono di scienza  ci stimola e conduce a vedere tutta la realtà con gli occhi di Cristo, Scienza di Dio. Maria è una delle icone più belle del dono di scienza e in lei lo Spirito Santo si esprime con questo dono in maniera meravigliosa con l'esultanza del Magnificat. Maria, rapita ben oltre il terzo cielo, dice "grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il Suo nome!" (Lc 1, 46 ss)
Da questo possiamo desumere e sperimentare che la contemplazione nel dono di Scienza porta alla lode, all'esultanza, alla danza di tutto l'essere, al canto, al giubilo.
Gesù, quando andava sul monte a pregare, metteva in pratica il dono di Scienza ed infatti contemplava, adorava, lodava il Padre, giubilava nel fare l'esperienza insostituibile del Suo Amore. Era poi spinto, grazie a questa esperienza di adorazione, ad obbedire ai voleri e ai progetti del Padre: "... sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra." Così ci fa pregare nel "Padre nostro". Ecco perché possiamo affermare, che il dono di Scienza così concepito non si ferma all'adorazione, alla contemplazione, alla lode: ci spinge a mettere in pratica l'obbedienza alla sua Chiesa, al Papa, ai vescovi, ai parroci; questo perché la Chiesa di Dio non è democratica ma fondata su una gerarchia non di ordine umano ma divino, che si regge sulla fede e sull'umiltà. Uno dei mali dei nostri tempi, viziati di narcisismo, di protagonismo è proprio non voler comprendere che la Chiesa non è democratica.
 
Noi tutti siamo chiamati a mettere in pratica quella adorazione "in spirito e verità" di cui Gesù parlava nel suo discorso alla Samaritana, che costituisce la magna charta dell'adorazione cristiana: "Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità". (Gv 4, 23-24)
Le parole "spirito e verità" hanno certamente qui diversi livelli di significato, là, il livello più alto di tutti, è quello in cui "spirito" designa lo Spirito Santo e "verità" indica la Verità che è Cristo stesso.
Lo "spirito e la verità" è ciò che Cristo ha portato sulla terra: è la possibilità nuova creata dalla sua venuta.

Preghiamo con la Chiesa:
"Dio onnipotente ed eterno,
tu non hai bisogno della nostra lode,
ma per un dono del tuo amore
ci chiami a renderti grazie.
I nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza,
ma ci ottengono la grazia che ci salva.
Per Cristo nostro Signore". (dal Messale romano)

Non possiamo però congedarci e ridiscendere dal nostro Sinai, senza aver prima compiuto un gesto concreto che metta il sigillo al nostro itinerario spirituale. Il Sinai è il monte della teofania, ma anche dell'alleanza. Lassù Dio diede a Mosè le tavole della Legge e concluse quella alleanza che Gesù trasformerà, rendendola "nuova ed eterna" nel suo sangue. Il gesto che dobbiamo compiere è dunque quello di rinnovare la nostra alleanza con Dio, scegliendolo di nuovo, in modo consapevole e definitivo, come l'unico Dio della nostra vita.

Insieme con Dio, dobbiamo accogliere anche tutta la sua volontà, espressa nei comandamenti e nel vangelo di Gesù, dicendo, come il popolo sul Sinai: "Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo" (Es 24,7).
Possiamo fare nostra, per l'occasione, questa bella preghiera che i fratelli protestanti di tradizione metodista recitano al termine del rito apposito che celebrano per il rinnovamento dell'alleanza:
"Io non sono più mio, ma tuo.
Mettimi dove vuoi, associami con chi vuoi;
dammi di agire o dammi di soffrire, usami o lasciami da parte;
fa' che io sia esaltato per te o che sia abbassato per te;
fa' che io sia pieno o che sia vuoto;
che io abbia ogni cosa o che non abbia alcuna cosa.
Liberamente e gioiosamente rimetto ogni cosa al tuo beneplacito e alla tua disposizione".


Dio mi manda a liberare i fratelli: questa è la mia missione!

Dopo aver ascoltato Dio che lo chiamava sul Sinai con le parole: "Sali verso di me!", arrivò il momento in cui Mosè ascoltò un comando diverso: "Va', scendi, poi salirai tu e Aronne" (Es 19,24). Lo stesso comando è rivolto adesso a noi,. Dobbiamo "raccontare" del Dio vivente ed invogliare altri a salire sul Sinai. Il nostro "Aronne", da cui cominciare, potrebbe essere il compagno o la compagna che ci vive accanto, il collaboratore, la persona che Dio ci mette sulla strada. Il Sinai, la prima volta lo si scala da soli, la seconda insieme con un altro: non più come semplice scalatore, ma come guida. E' scritto che : "quando Mosè scese dal monte Sinai, non sapeva che la pelle del suo viso era raggiante" (Es 34, 29). Lui non lo sapeva, ma gli altri sì, ed era proprio quella misteriosa luce sul volto e negli occhi di Mosè che parlava ormai agli Israeliti del Dio vivente che camminava in mezzo a loro. Era un'ombra e un'immagine, in attesa che la gloria divina rifulgesse su un altro volto, quello di Cristo: "E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo" (2 Cor 4, 6).

Terminiamo con la preghiera che la Chiesa rivolge a Dio nella festa dell'Epifania:


"Concedi benigno, o Dio,
che, dopo averti conosciuto in terra mediante la fede, possiamo giungere a contemplare, un giorno, a faccia a faccia
lo splendore della tua grandezza.
Per Cristo nostro Signore. Amen".


Catechesi del ritiro della Parrocchia San Francesco di Pesaro a Ginestreto (PU) dal 20 al 21/10/07
di A. Ridolfi